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  Ordine giornalisti
Stampa

Senza la legge dell’Ordine,
giornalisti solo impiegati
di redazione, tenuti a essere
“fedeli” alle aziende.
Non facciamo vincere
gli “ordini” degli editori!
Oggi siamo liberi di dire “no”
senza rischi di licenziamento!
E’ tempo di riforme
incisive riassunte in 11 punti!.

Milano, 10 maggio 2007. Pubblichiamo la lettera aperta che Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, ha indirizzato ai colleghi autolesionisti, che chiedono l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, accogliendo i suggerimenti degli editori e in generale dei “padroni delle ferriere”.


Cari colleghi,  mi permetto sommessamente di ricordare che la parola Ordine significa riconoscimento giuridico di una professione, nel caso particolare della professione di giornalista. L’Ordine, inoltre, è la deontologia. Nel caso specifico le "regole" fissate dal legislatore sono il perno, come afferma il nostro contratto di lavoro, dell’autonomia dei giornalisti. I Consigli degli Ordini sono per legge i giudici disciplinari e in questo campo fanno la loro parte, certamente con alti e bassi.


Sottolineo l’importanza strategica per una società democratica del nuovo diritto fondamentale dei cittadini all’informazione ("corretta e completa"), costruito dalla Corte costituzionale sulla base dell’articolo 21 della Costituzione e dell’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (che è legge "italiana" dal 1955). Questo nuovo diritto fondamentale presuppone la presenza e l’attività di giornalisti vincolati a una deontologia specifica e a un giudice disciplinare nonché a un esame di Stato, che ne accerti la preparazione come prevede l’articolo 33 della Costituzione.


Le considerazioni sopra esposte consentono di risalire alle ragioni che hanno spinto il Parlamento nel 1963 a tutelare la professione di giornalista. L’eventuale abrogazione della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione  di giornalista comporterà questi rischi:


 


1) quella dei giornalisti non sarà più una professione intellettuale riconosciuta e tutelata dalla legge.


 


2) risulterà abolita la deontologia professionale fissata negli articoli 2 e 48 della legge professionale n. 69/1963.


 


3) senza la legge n. 69/1963, cadrà per giornalisti (ed editori) la norma che impone il rispetto del "segreto professionale sulla fonte delle notizie". Nessuno in futuro darà una notizia ai giornalisti privati dello scudo del segreto professionale.


 


4) senza legge professionale, direttori e redattori saranno degli impiegati di redazione vincolati soltanto da un articolo (2105) del Codice civile che riguarda gli obblighi di fedeltà verso l’azienda. Il direttore non sarà giuridicamente nelle condizioni di garantire l’autonomia della sua redazione. Oggi, forti delle regole deontologiche calate nella legge, possiamo dire “no” senza rischi di licenziamento. Domani?


 


5)   una volta abolito l’Ordine, scomparirà l’Inpgi. I giornalisti finiranno nel calderone dell’Inps, regalando all’Inps un patrimonio di 2.500 miliardi di vecchie lire (immobili e riserve).


 


Governo e Parlamento devono preoccuparsi di riformare le leggi sugli ordini e sui collegi professionali nonché di tutelare i saperi dei professionisti. La formazione e gli esami per l’accesso devono essere delegati, come vuole la Ue,  a un altro soggetto (l’Università) anche per garantire il rispetto del principio costituzionale dell’imparzialità. Non possono essere i professionisti a giudicare chi debba entrare nella cittadella delle professioni. E’ condivisibile, infatti, quella parte del decreto legislativo 300/1999 sul riordino dei ministeri che affida l’accesso alle professioni - e quindi anche della professione di giornalista - all’Università. Oggi deve essere tolto agli editori il potere che hanno dal 1928 di “fare” i giornalisti. I giornalisti devono nascere soltanto in Università.


 


Non dimentichiamo:


a) che l’Ordine ha cercato di liberalizzare la professione creando 21 scuole  (o master) di giornalismo. Scuole e master hanno senso se diventano legalmente l’unica via di accesso;


b) che i suoi minimi tariffari non sono vincolanti (come vuole l’Europa);


c) che l’Europa, con la direttiva 36/2005 (“Zappalà”), ha dato disco verde gli Ordini e ai Collegi italiani.


 


Quella direttiva e poi il dlgs 30/2006 (“La Loggia”) hanno stabilito che le professioni intellettuali si possono svolgere sia in via autonoma sia in via dipendente.


 


Vogliamo rimanere professionisti e non tornare alla stagione mortificante del “mestiere”. Guardiamo avanti e non sposiamo le aspettative degli editori, che vogliono i giornalisti asserviti ai loro voleri. Senza Ordine, infatti, rimarranno soltanto gli ordini degli editori.


 


E’ tempo di elezioni  (per il rinnovo dei Consigli dell’Ordine) e anche tempo  di riformare in  maniera incisiva l’Ordine e la professione secondo questi 11 punti:


 


1)                 affermazione della piena validità dell’accesso esclusivo alla professione per mezzo dei master e delle scuole biennali di giornalismo a numero chiuso ancorati all’Università. Sostegno convinto all’Ifg “Carlo De Martino” rilanciato in questi giorni dall’azione comune Regione Lombardia/Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Nella riforma della legge 69/1963 chiarire le incompatibilità, stabilendo che chi fa attività giornalistica non può essere presente nei consigli d’amministrazione delle società multimediali. Le fasi del  procedimento disciplinare vanno ridotte da 5 a 3 (Consiglio regionale, Consiglio nazionale, Cassazione). Decadenza automatica dall’Albo per il giornalista, che assume incarichi  negli uffici marketing e pr. La legge di riforma professionale deve avare un allegato un Testo unico deontologico che riassuma i principi etici della categoria presenti oggi  in varie leggi, nelle carte e nei codici. L’attuale normativa sulla diffamazione sia in sede penale sia in quella civile va cambiata radicalmente, partendo dalla miniriforma votata due anni fa alla Camera e poi affossata al Senato. La normativa sulle intercettazioni telefoniche e sui segreti (istruttorio e professionale del giornalista) va totalmente rivista anche in relazione al Codice della privacy. Vogliamo una legge di un solo articolo: “E’ lecito pubblicata le carte dei fascicoli istruttori sui quali il Gip non abbia apposto il segreto momentaneo”. Il ddl Mastella  blocca, invece, ogni tipo di pubblicazione (intercettazioni telefoniche in testa) e proibisce di  dar conto delle indagini fino al secondo grado di giudizio, con relativa censura riguardante la pubblicazione di verbali d’interrogatorio, delle ordinanze di custodia cautelare, dei verbali di perquisizione e di sequestro. Il ddl Mastella tutela la classe dirigente del Paese. Una vergogna!


C’è bisogno urgente di una nuova legge sulla rettifica che incida sia in sede penale sia in sede civile. Il crescente numero di querele contro giornali e giornalisti rende necessaria una nuova legge sulla rettifica in caso di diffamazione a mezzo stampa. Il problema più significativo è risarcire l'onore delle persone lese e stabilire che la rettifica fatta nei termini previsti dall’articolo 8 della legge 47/1948 ha una funzione di risarcimento e che la stessa evita il procedimento penale e contiene il risarcimento civile. C'è bisogno di una legge di questo genere: i giornali potranno poi scegliere se rettificare o andare al processo penale con il rischio implicito di rischi civilistici. La materia è complessa, perché si tratta di trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza giuridica di tutelare l’identità della persona offesa e il diritto di giornali e giornalisti di riferire quel che accade ai cittadini, titolari a loro volta del diritto costituzionale all’informazione (corretta e completa) elaborato dalla Corte costituzionale e dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo. In sostanza va affermato il principio secondo il quale la persona offesa che non abbia chiesto la pubblicazione di una rettifica o smentita della notizia lesiva non può chiedere il risarcimento del danno lamentato in conseguenza della stessa. Nel caso di rifiuto di pubblicazione di rettifica o smentita, sono civilmente responsabili per il risarcimento del danno, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l'editore. Nel caso di pubblicazione di rettifica o smentita, la persone offesa può chiedere il risarcimento del danno qualora dimostri, in relazione alla gravità dell'illecito e alle circostanze, che l'adempimento non costituisca riparazione sufficiente.


 


2)   impegno dei futuri consiglieri a varare una delibera con la quale l’Ordine della Lombardia  afferma, come Autorità amministrativa,  la prevalenza delle direttive comunitarie sulla normativa nazionale in fatto di iscrizioni al  Registro dei Praticanti  aperto soltanto a coloro che hanno conseguito una laurea almeno di primo livello (triennale): ciò   in base ai principi affermati nella direttiva 89/48/CEE e nella sentenza 10 maggio 2001 della IV sezione della Corte di Giustizia  europea (nella causa C-285/00),


 


3) pieno sostegno alla linea tradizionale del Consiglio dell’Ordine della Lombardia in tema di praticantato d’ufficio, di corsi facoltativi a pagamento per l’aggiornamento professionale dei colleghi e di  quanti in particolare lavorano negli Uffici stampa pubblici e privati in attesa dell’attuazione dell’articolo 45 (“Aggiornamento culturale e professionale”) del Cnlg con il gettito assicurato dall’articolo 116 della legge 388/2000 oggi incamerato dall’Inpgi in mancanza di un’intesa Fnsi/Fieg. E’ una priorità la costituzione del “Fondo nazionale paritetico interprofessionale per la formazione continua dei giornalisti”. Per quanto riguarda i pubblicisti, invece, deve diventare norma vincolante il principio “lombardo” in base al quale chi lavora a tempo pieno da giornalista deve diventare di diritto giornalista professionista, procedura comunque vincolata al possesso del titolo minimo della laurea triennale.  L’iscrizione all’elenco dei pubblicisti va condizionata anch’essa a un  percorso minimo formativo, mentre non dovrebbe essere sufficiente, come avviene oggi, la mera esibizione di 40/60 articoli scritti in 2 anni e retribuiti per acquisire il titolo di pubblicista. Il lavoro autonomo oggi presenta un forte deficit di tutele, che non possono prescindere, a fronte del decoro e  della dignità del lavoro giornalistico, da una tabella vincolante di compensi relativi agli articoli e ai servizi giornalistici. L’anarchia di oggi  indebolisce anche la qualità della stampa.


 


4)     dibattito  sui condizionamenti delle banche e della pubblicità  nella vita dei  giornali di carta, tv, radiofonici e web con l’obiettivo di proporre al Parlamento una organica riforma dell’editoria che faccia prevalere il diritto di cronaca e il diritto dei cittadini all’informazione sulle azioni dei proprietari dei giornali stessi. Gli slogan di questa battaglia altamente civile sono questi: “Banchieri, giù le mani dai giornali” e  “La pubblicità stia al suo posto e non sostituisca l’informazione”. Sviluppare una intensa campagna nei luoghi di lavoro, perché siano respinte certe offerte indebite di favori da parte di pr e aziende. Gli uffici marketing non devono interferire con il lavoro dei direttori e delle redazioni;


 


5)    Difesa del ruolo degli inviati speciali, cancellati come qualifica dal  Contratto del 2001 per  un errore imperdonabile della  Fnsi. Attraverso la figura dell’inviato,  dobbiamo difendere la specificità e l’originalità di ogni giornale inteso come opera collettiva dell’ingegno. No ai giornali copia e incolla, sì ai giornali costruiti  dai giornalisti, che devono tornare a parlare con la gente nelle città e nei paesi della Penisola. Sì ai cronisti, che battono i marciapiedi e consumano le scarpe alla ricerca di notizie. Ferma condanna della scelta degli editori di utilizzare le tecnologie informatiche come taglio dei costi. Chiedere organici delle cronache adeguati alla realtà complessa delle nostre città e delle aree urbane nonché della nostra realtà sociale/economica e della nostra vita civile. Le inchieste sono state sostanzialmente abolite almeno negli ultimi 15 anni. Dobbiamo tornare a fare inchieste, che facciano male a qualcuno, soprattutto ai poteri forti (banche, grande industria, assicurazioni, mondo politico).  I Palazzi non sono luoghi inviolabili!!!!


 


6)    contestazione forte delle accuse di alcuni settori sindacali, che addebitano all’Ordine di aver creato “disordine” e precari. La debolezza del sindacato, invece, ha determinato in tutt’Italia una applicazione parziale del  Cnlg nei luoghi di lavoro e una mancata difesa degli organici redazionali. I Consigli dell’Ordine, come giudici delle iscrizioni nel Registro e nell’Albo, hanno garantito il diritto dei precari al loro status professionale.


 


7) sviluppo dell’azione di comunicazione dell’ente attraverso il portale, le email e “Tabloid”. Bisogna elaborare un piano editoriale che trasformi  “Tabloid” in un trimestrale ad alto contenuto culturale, storico, giuridico, organo di una professione centrale nella vita democratica del Paese. Sviluppare la presenza dell’Ordine nella vita culturale milanese con una serie di dibattiti di vasto impatto.


 


8) crescita qualitativa dei servizi resi dall’ente attraverso un uso sempre più incisivo e innovativo della telematica. L’obiettivo è  quello di avvicinare l’Ordine agli iscritti, garantendo prestazioni soprattutto via web e incrementando le prestazioni di natura legale e fiscale completamente gratuite.


 


9)  La composizione del Consiglio nazionale va ridotto  a un numero di 45 consiglieri, mantenendo il rapporto di  2 a 1 (30 professionisti e 15 pubblicisti). Le votazioni vanno ridotte a un solo turno con le urne aperte per due giorni (16 ore complessive), dando effettive garanzie alle minoranze. La sezione disciplinare del Cnog dovrebbe essere organizzata secondo lo schema del Csm dove la sezione disciplinare è formata da 6 consiglieri, mentre il plenum di palazzo dei Marescialli è di 27 consiglieri.


 


10) prevedere nella riforma della legge professionale che il giornalista sotto inchiesta disciplinare non possa presentare le dimissioni dall’Albo prima della conclusione della fase amministrativa del procedimento.


 


11) prevedere per le Procure della Repubblica l’obbligo di informare i Consigli degli Ordini territoriali sulle iniziative penali in atto a carico degli iscritti e per i presidenti dei Tribunali, delle Corti d’Appello e della Cassazione l’obbligo di trasmettere le sentenze di assoluzione e di condanna (a carico degli iscritti all’Albo) ai Consigli territoriali dell’Ordine perché possano essere avviate le istruttorie disciplinari.


 


Sostenere coloro che hanno una visione moderna della professione di giornalista  e dei diritti connessi.  Cordiali saluti,


 


Franco Abruzzo


presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia


cell. 3357227238 – fabruzzo39@yahoo.it


 


…………………………………………………...

ELEZIONI 2007 PER  L'ORDINE  DEI   GIORNALISTIUNA RIFORMA AL SERVIZIO SOLTANTO DEI CITTADINI.Un Ordine che tuteli la libertà, la dignità e la professionalità dei colleghi!

 


Lista indipendente per l’autonomia della professione giornalistica


sostenuta anche dal “Movimento Giornalisti per la Costituzione”


 


Consiglio regionale PROFESSIONISTI (scheda  VERDE)


Franco ABRUZZO                               Enrico FEDOCCI


Lucia   BELLASPIGA                           Sebastiano GRASSO         


Sergio  D'ASNASCH                              Andrea MONTANARI


 


Collegio revisori dei conti professionisti (scheda  VERDE)

Paolo MASTROMO  e Maurizio MICHELINI

 


Consiglio regionale PUBBLICISTI (scheda  GIALLA)

Cosma Damiano NIGRO, Raffaella PARISI, Giacinto SARUBBI

 


Collegio revisori dei conti pubblicisti (scheda  GIALLA)

Ezio SIMONELLI

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Consiglio nazionale PROFESSIONISTI (scheda  AZZURRA)


Marco VOLPATI, Daniela STIGLIANO, Gianni  DE FELICE, Ruben RAZZANTE, Giuseppe ALTAMORE, Giuseppe BAIOCCHI, Stefano CAMOZZINI, Fabrizio CASSINELLI, Paolo CHIARELLI, Giuseppe CIULLA, Anna DEL FREO, Elena GOLINO, David MESSINA, Andrea MORIGI, Gerry ROMANO.


 


Consiglio nazionale PUBBLICISTI (scheda  ROSA)


Franz FOTI, Domenico TEDESCHI, Alberto ARRIGONI, Jole ZANGARI, Giuseppe ALBERTI, Assunta CURRA’, Onofrio Onelio FRANCIOSO, Isotta Enea GAETA, Franco MARELLI COPPOLA, Mons. Emilio PASTORMERLO, Agostino PICICCO e Massimo SALA.


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COME, DOVE, QUANDO: si vota il 20 maggio (dalle ore 9.45 alle 13.15) e il 21 maggio (dalle ore 9.30 alle 14) alla Sala Orlando dell'Unione del commercio di Milano (C.so Venezia 49).


IL BALLOTTAGGIO si terrà il  27 maggio (dalle ore 9.45 alle 13.15) e il 28 maggio (dalle ore 9.30 alle 14) sempre alla Sala Orlando dell'Unione del commercio di Milano (C.so Venezia 49).


 


Ricordiamo che, dato il sistema elettorale a maggioranza assoluta, è indispensabile trascrivere sulle schede tutti i nomi e i cognomi dei candidati da votare. E altresì indispensabile votare sia al primo turno (20 e  21 maggio) sia al ballottaggio (27 e 28 maggio).  PER VINCERE BISOGNA VOTARE IN BLOCCO I NOMI DEI COLLEGHI!!!!


…………………………..


La lista (con le biografie dei 39 candidati) che si rifà


anche al “Movimento Giornalisti per la  Costituzione”


è nella home page di www.francoabruzzo.it


……………………….

La biografia di Franco Abruzzo è in www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5

…………………….


PASSAPAROLA!


Giovedì 10 maggio - happy hour (h 19-23)


al “Fashion Cafè” di via San Marco 1/Milano.


Appuntamento per i colleghi


professionisti e pubblicisti del Movimento


    “Giornalisti per la Costituzione”


lanciato da Franco Abruzzo


prima del voto del 20/21 e  27/28 maggio


per il rinnovo dei Consigli dell’Ordine.


Appello del presidente dell’Ordine:


“Vi aspetto! E’ tempo di mobilitazione!”.





Editore/proprietario/direttore: Francesco Abruzzo - via XXIV Maggio 1 - 20099 Sesto San Giovanni (MI) - telefono-fax 022484456 - cell. 3461454018
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Decreto legge n. 63/2012 convertito con la legge 103/2012. Art. 3-bis (Semplificazioni per periodici web di piccole dimensioni): 1. Le testate periodiche realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica ovvero on line, i cui editori non abbiano fatto domanda di provvidenze, contributi o agevolazioni pubbliche e che conseguano ricavi annui da attività editoriale non superiori a 100.000 euro, non sono soggette agli obblighi stabiliti dall'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, dall'articolo 1 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, e dall'articolo 16 della legge 7 marzo 2001, n. 62, e ad esse non si applicano le disposizioni di cui alla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008, e successive modificazioni. 2. Ai fini del comma 1 per ricavi annui da attività editoriale si intendono i ricavi derivanti da abbonamenti e vendita in qualsiasi forma, ivi compresa l'offerta di singoli contenuti a pagamento, da pubblicità e sponsorizzazioni, da contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati.
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