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La CASSAZIONE spiana
la strada a 27 cronisti
dell’Unità: ora potranno
chiedere i danni a Giuliano
Ferrara che aveva definito
la testata “un foglio
tendenzialmente omicida
che predica l'odio e
l'annientamento dell'avversario”

Roma, 13 ottobre 2011. La Cassazione, accogliendo il ricorso presentato da ventisette giornalisti del quotidiano L'Unità», ha in sostanza dato il via libera alla possibilità di chiedere il risarcimento a Giuliano Ferrara, direttore de 'Il Foglio. Come ricostruisce la sentenza 36875 della quinta sezione penale, Ferrara, nel corso della trasmissione 'Porta a porta, aveva qualificato L'Unità “come un foglio tendenzialmente omicida che predica l'odio e l'annientamento dell'avversario”. Ne era scaturita una querela collettiva da parte dei 45 giornalisti dell’Unità, ventisette dei quali si sono costituiti parti civili. In primo grado Ferrara era stato condannato per diffamazione poi la Corte d'Appello di Roma, nel febbraio 2010, lo aveva assolto sostenendo che non aveva fatto altro che esercitare il “diritto di critica giornalistica e di libera manifestazione delle idee socio-politiche”. Contro la pronuncia assolutoria i 27 giornalisti hanno resistito sino in Cassazione e ora la Suprema Corte ha annullato la sentenza ordinando un nuovo processo davanti a un giudice civile che consentirà ai giornalisti di chiedere i danni.


In particolare, la Cassazione criticando la sentenza d'Appello rileva che »mostra di non dubitare del carattere diffamatorio delle affermazioni con cui Giuliano Ferrara qualificò il giornale 'L'Unità ' come foglio tendenzialmente omicida tuttavia ritiene che debba essere applicata la scriminante dell'esercizio di diritto di critica in quanto le espressioni incriminate dovrebbero essere valutate nel contesto del ragionamento svolto da Ferrara, facente riferimento agli attacchi rivolti alla sua persona da Furio Colombo e Antonio Tabucchi i quali, a detta dell'imputato, gli avrebbero mosso accuse polemiche di tale portata da esporre a rischio la sua stessa incolumità personale”. Ebbene, secondo la Cassazione, questa decisione presenta un “vizio logico poichè -scrivono gli ermellini- in tanto si può parlare di esercizio del diritto di critica, in quanto la critica sia riconoscibile nel contesto delle affermazioni offensive e si palesi in modo espresso e non attraverso una mera invettiva: la quale, anche se riferita a un giornale piuttosto che a singoli individui, può ugualmente rivelarsi offensiva per chi a quel giornale collabora condividendone la linea editoriale”. Da qui l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata per nuovo esame davanti al giudice civile. (Adnkronos)


 


CASSAZIONE: GIORNALISTI dell’UNITÀ VINCONO RICORSO CONTRO FERRARA. DIRETTORE del FOGLIO DEFINÌ OMICIDA la  TESTATA FONDATA DA GRAMSCI


Roma, 13 ottobre 2011. È stato accolto dalla Cassazione il ricorso con il quale i giornalisti de L'Unità hanno protestato contro l'assoluzione del direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, che, durante una puntata di Porta a Porta, aveva definito «omicida» il quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Un nuovo giudizio, innanzi alla Corte d'Appello di Roma, dovrà seguire le indicazioni della Suprema Corte (espresse nella sentenza 36875) che fanno presente come «l'invettiva» pronunciata da Ferrara non possa essere scriminata dal diritto di critica giornalistica e da quello alla libertà di pensiero in quanto non erano state rappresentate le critiche a lui rivolte da articoli pubblicati sull'Unità. Il diritto di critica, avvisa la Cassazione, si può riconoscere solo quando «la critica sia riconoscibile nel contesto delle affermazioni offensive e si palesi in modo espresso e non attraverso una mera invettiva: la quale, anche se riferita ad un giornale piuttosto che ad individui singoli, può ugualmente rivelarsi offensiva per chi a quel giornale collabora condividendone la linea editoriale». Il ricorso dei giornalisti dell'Unità è stato patrocinato dall'avvocato Domenico D'Amati. In primo grado Ferrara era stato condannato per diffamazione, ma poi, in appello, il 22 febbraio 2010, era stato prosciolto anche se era stata riconosciuta l'offensività delle sue parole. (ANSA)





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