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Abruzzo scrive ai direttori dei giornali: ”Attenti al nuovo Testo unico sulla privacy”



1. Il legislatore  ha attribuito all’Ordine professionale il compito di giudicare i giornalisti, che violano le regole deontologiche sulla riservatezza

2. Le violazioni delle norme sulla privacy fissate nel Codice del 3 agosto 1998 - che fa parte integrante del Testo unico - potranno comportare un’eventuale sanzione disciplinare e anche un risarcimento del danno, ma non potranno avere, come tali, riflessi penali, se non nel caso in cui sfocino in una lesione penalmente rilevante (sotto il profilo della diffamazione a mezzo stampa) della dignità e dell’identità personale dei cittadini protagonisti di fatti di cronaca.

3. Il diritto di cronaca, quindi, non abbraccia la pubblicazione di notizie  e immagini idonee a consentire l'identificazione di un minore.

4. Il peso del Codice del 1998 è notevolmente aumentato: dal 1° gennaio 2004 avrà il rango di norma primaria, che vincola maggiormente i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti giornalisti. Con imponenti ricadute nel campo civilistico: la violazione, è un esempio, del principio dell’essenzialità dell’informazione potrebbe innescare cause rilevanti  economicamente sotto il profilo del risarcimento del danno.

Milano, 18 novembre 2003. Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, ha scritto ai direttori responsabili di quotidiani, periodici, testate radiotelevisive e testate web, richiamando la loro attenzione  sul Dlgs n. 196/2003 (Testo unico in materia di protezione dei dati personali in vigore al 1° gennaio 2004).

Questo il testo della lettera:


“Cari colleghi, con questa lettera intendo richiamare la vostra attenzione sul nuovo Testo unico di protezione dei dati personali, che assorbe la vecchia legge 675/1996 e che entra in vigore dal 1° gennaio 2004. Vi trasmetto anche un mio saggio sull’argomento, presentato in occasione di un convegno organizzato il 2-3 ottobre dal Csm. I passaggi più significativi sono questi:

1. Le violazioni delle norme sulla privacy fissate nel Codice del 3 agosto 1998 - che fa parte integrante del Testo unico - potranno comportare un’eventuale sanzione disciplinare e anche un risarcimento del danno, ma non potranno avere, come tali, riflessi penali, se non nel caso in cui sfocino in una lesione penalmente rilevante (sotto il profilo della diffamazione a mezzo stampa) della dignità e dell’identità personale dei cittadini protagonisti di fatti di cronaca. L’articolo 15 del Testo unico recita: “Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del Codice civile. Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell'articolo 11”. L’articolo 2050 Cc prevede la “responsabilità per l’esercizio di attività pericolose”, mentre il danno non patrimoniale è trattato dall’articolo 2059 Cc. L’articolo 11 del Testo unico, che regola le “Modalità del trattamento e i requisiti dei dati”, afferma che “i dati personali oggetto di trattamento sono: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati….”.

2.  Il legislatore  ha attribuito all’Ordine professionale il compito di giudicare i giornalisti, che violano le regole deontologiche sulla riservatezza.

3. Il peso del Codice del 1998 è notevolmente aumentato: dal 1° gennaio 2004 avrà il rango di norma primaria, che vincola maggiormente i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti giornalisti. Con imponenti ricadute nel campo civilistico: la violazione, è un esempio, del principio dell’essenzialità dell’informazione potrebbe innescare cause rilevanti  economicamente sotto il profilo del risarcimento del danno.

4. Importante appare il principio secondo il quale “possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico”. In sostanza i cittadini hanno il diritto di rinunciare alla loro privacy e di parlare anche dei loro dati sensibili. I  cronisti possono raccontare i comportamenti tenuti in pubblico da una persona e quindi possono riferire le circostanze di una malattia resa evidente ad esempio dal tremolio di una mano o dall’incertezza dell’eloquio. Per «interessato» si intende “la persona fisica, la persona giuridica, l'ente o l'associazione cui si riferiscono i dati personali”.

5. C’è un altro articolo del Dlgs n. 196/2003, che è di grande rilievo nell’esercizio del diritto di cronaca: è il 50. L’articolo 50, richiamato l’articolo 13 del Dpr n. 448/1988, contiene “il divieto di  pubblicazione e divulgazione con qualsiasi mezzo di notizie o immagini idonee a consentire l'identificazione di un minore si osserva anche in caso di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti giudiziari in materie diverse da quella penale”.  Il diritto di cronaca, quindi, non abbraccia la pubblicazione di notizie  e immagini idonee a consentire l'identificazione di un minore.

Vi  chiedo di far distribuire il testo del Codice e il mio saggio sul Testo unico tra i colleghi che trattano l’attualità sul campo o al desk in modo che il lavoro sia coordinato. Il saggio incorpora un’analisi dettagliata dei 13 articoli del Codice. Resto a disposizione per eventuali chiarimenti, dibattiti e incontri”.





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