Roma, 24 giugno 2011. ''Con riferimento alla tematica riguardante la tutela legale, la Direzione Generale della Rai precisa - in una nota - che la vicenda in esame, che verra' affrontata nella seduta del Consiglio del 7 luglio, ha sollevato una problematica di carattere generale, che riguarda tutti gli operatori del Servizio Pubblico impegnati nel settore editoriale, giornalisti e programmisti, dipendenti e collaboratori esterni''.
''La recente pronuncia della Cassazione, che, come e' noto, ha qualificato la Rai organismo di diritto pubblico, infatti, determina la possibilità che l'assunzione integrale del rischio per la responsabilità civile di tutti gli operatori del comparto editoriale, ivi compreso il danno da diffamazione - quello piu' 'tipico', piu' ontologicamente connesso alla professione - esponga l'Azienda a responsabilità erariale, laddove l'Azienda medesima si troverebbe a sostenere costi a causa di reati commessi, per definizione, con dolo dai suoi collaboratori.
Tant'è che la Corte dei Conti, con riguardo alle ultime elezioni amministrative, ha richiesto gli atti relativamente alle sanzioni applicate a Rai (Tg1 e Tg2) dall'Agcom e che, in caso di colpa grave potranno determinare ipotesi di responsabilita' erariale. In tal caso, Rai si vedrà costretta a rivedere le prassi contrattuali che hanno sino ad oggi garantito la tutela legale. Del resto, è vero che la mancanza di tutela potrebbe indurre gli operatori del comparto editoriale ad un eccesso di prudenza, di cautela, incompatibili con il lavoro di inchiesta, ma anche, molto piu' semplicemente, connesso a qualunque attivita' che coinvolga soggetti terzi, nell'ambito di una professione fondata sul principio costituzionalmente protetto del diritto - dovere di informare e di essere informati.
Appare, dunque, evidente - conclude la nota - che il tema della tutela legale ha determinato l'emersione di un problema di dimensioni enormi, che solo una decisione condivisa e supportata dall'intera Azienda, Direzione Generale e Consiglio di Amministrazione in tutte le sue componenti, può superare, eventualmente anche attraverso l'assunzione di un rischio che, in quanto di carattere generale, non può che essere sostenuto consapevolmente da tutti gli organi, tecnici e di governo, della Rai''. (ASCA)
Legge 47/1948 sulla stampa. Articolo 11. Responsabilità civile.
Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l'editore (12).
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(12) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-23 gennaio 2001, n. 20 (Gazz. Uff. 31 gennaio 2001, n. 5, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 12 sollevata in riferimento all'art. 68, primo comma, della Cost.
Massime
In tema di diritti della personalità umana, esiste un vero e proprio diritto soggettivo perfetto alla reputazione personale anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge ordinaria, che va inquadrato nel sistema di tutela costituzionale della persona umana, traendo nella Costituzione il suo fondamento normativo (Corte cost. n. 184 del 1986, n. 479 del 1987), in particolare nell'art. 2 (oltre che nell'art. 3, che fa riferimento alla dignità sociale) e nel riconoscimento dei diritti inviolabili della persona. L'art. 2 cost., nell'affermare la rilevanza costituzionale della persona umana in tutti i suoi aspetti, comporta che l'interprete, nella ricerca degli spazi di tutela della persona, è legittimato a costruire tutte le posizioni soggettive idonee a dare garanzia, sul terreno dell'ordinamento positivo, ad ogni proiezione della persona nella realtà sociale, entro i limiti incui si ponga come conseguenza della tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali nelle quali si esplica la sua personalità. L'espresso riferimento alla persona come singolo rappresenta certamente valido fondamento normativo per dare consistenza di diritto alla reputazione del soggetto, in correlazione anche all'obiettivo primario di tutela "del pieno sviluppo della persona umana", di cui al successivo art. 3 cpv. cost. (implicitamente su questo punto Corte cost. 3 febbraio 1994 n. 13). Infatti, nell'ambito dei diritti della personalità umana, con fondamento costituzionale, il diritto all'immagine, al nome, all'onore, alla reputazione, alla riservatezza non sono che singoli aspetti della rilevanza costituzionale che la persona, nella sua unitarietà, ha acquistato nel sistema della Costituzione. Trattasi quindi di diritti omogenei essendo unico il bene protetto. (Cass. civ. Sez.III 10-05-2001, n. 6507; Cancani c. Pagliarini;FONTI Mass. Giur. It., 2001 - Giust. Civ., 2001, I).
Affinché la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell'onore possa considerarsi lecita espressione del diritto di cronaca e non comporti responsabilità civile per violazione del diritto all'onore devono ricorrere tre condizioni: A) utilità sociale dell'informazione; B) verità oggettiva o anche soltanto putativa, purché frutto di diligente lavoro di ricerca; C) forma civile dell'esposizione dei fatti e della loro valutazione, che non ecceda lo scopo informativo da conseguire e sia improntata a leale chiarezza, evitando forme di offesa indiretta. (Cassazione civile, Sez. III, sent. n. 8284 del 16-09-1996; CONFORMI: Sez. I, sent. n. 4871 del 05/05/1995; Sez. I, sent. n. 982 del 07/02/1996; Sez. 3, sent. n. 747 del 24/01/2000).
In tema di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, qualora la divulgazione della notizia lesiva dell'altrui reputazione sia avvenuta su quotidiani a diffusione solamente locale, l'elemento della comunicazione a più persone della notizia diffamatoria relativa ad un soggetto che vive e lavora nel luogo medesimo deve considerarsi "in re ipsa", poiché la notizia, in un ambito territoriale più ristretto, si propaga con maggiore facilità e si rivolge specificamente alla sfera dei consociati tra i quali è destinata a creare il discredito sociale. (Cassazione civile, Sez. III, sent. n. 11420 del 01-08-2002).
In materia di responsabilità civile per notizie diffuse a mezzo stampa, può ricondursi al legittimo esercizio del diritto di informazione e di critica anche l'attribuzione ad un soggetto di un reato, quando non si traduca in una enunciazione immotivata ma possa ricavarsi, con l'ordinario raziocinio dell'uomo medio e con minore o maggiore fondamento dalla concatenazione di un certo numero di fatti veri, obiettivamente e correttamente riferiti, che rivestano interesse per una collettività più o meno vasta di soggetti. (Cassazione civile, Sez. III, sent. n. 196 del 10-01-2003).
La responsabilità civile del proprietario e dell'editore, per i reati commessi col mezzo della stampa, si fonda sull'art. 11 della legge 8 febbraio 1948 n. 47, e non sull'art. 2049 cod. civ., che prevede una forma di responsabilità indiretta, e ricorre, quindi, indipendentemente da quella del direttore. (Cassazione civile, Sez. III, sent. n. 9892 del 19-09-1995).
Il proprietario e l'editore, essendo responsabili civilmente per i danni conseguenti ai reati commessi col mezzo della stampa in solido con il direttore e l'autore dell'articolo, sono obbligati per l'intero nei confronti del danneggiato, ai sensi dell'art. 1292 cod. civ., ma con diritto di regresso nei rapporti interni con gli altri coobbligati secondo la gravità delle rispettive colpe e le conseguenze che ne sono derivate (art. 2059 cod. civ.). (Cassazione civile, Sez. III, sent. n. 9892 del 19-09-1995).
La responsabilità solidale dell'editore con l'autore del reato in ordine al risarcimento del danno, prevista all'art. 11 della legge 8 febbraio 1948 n. 47, concerne soltanto i reati "commessi a mezzo della stampa", quelli cioè nei quali la pubblicità inerente alla diffusione della stampa è mezzo di esecuzione del reato, e non pure i "reati di stampa", fra i quali va ricondotta l'omessa pubblicazione di rettifica su un giornale, prevista dall'art. 8 della citata legge. (Cassazione civile, Sez. III, sent. n. 4799 del 24-07-1981).