BRUXELLES. Dal nostro inviato Adriana Cerretelli
Un accordo a Ventisette relativamente rapido al vertice europeo. Senza lo psicodramma della lunga nottata negoziale. Dopo aver rimescolato le facce di una ventina di candidati mandando in scena il caos, alla fine l'Europa è ritornata al ticket iniziale. Facendo una scelta non proprio esaltante: due illustri sconosciuti, due figure mediocri, almeno stando a quanto hanno fatto finora.
Sarà il premier belga Herman Van Rompuy, popolare fiammingo, 62 anni, politico di lungo corso con scarsa esperienza internazionale, il primo presidente stabile dell'Unione europea: due anni e mezzo di mandato, rinnovabili.
Sarà un'inglese, socialista, il ministro degli Esteri della Ue: ma non il giovane e brillante David Miliband, trattenuto in patria perché una risorsa preziosa da mettere alla guida del partito laburista che probabilmente in primavera perderà le elezioni. Invece una donna, perché la variabile femminile era diventata quasi obbligatoria. Dunque la baronessa Catherine Ashton, 53 anni, attuale commissario Ue al Commercio. Respinta l'opzione Peter Mandelson.
Era partita puntando molto in alto, l'Europa: voleva addirittura dotarsi della prima Costituzione della sua storia per cavalcare la globalizzazione con tutte le armi del caso. L'aveva addirittura scritta, la Costituzione.
È andata come è andata. Il Trattato di Lisbona, sul quale si è poi ripiegato, non ha rinunciato però alla creazione delle due nuove cariche perché, almeno nelle intenzioni, dovrebbero servire a dare unità e coerenza all'azione europea, all'interno come all'esterno.
«Abbiamo fatto una scelta eccellente, Van Rompuy è un negoziatore nato, lo fa da tutta la vita» ha commentato il presidente francese Nicolas Sarkozy, padrino della nomina insieme al cancelliere tedesco Angela Merkel.
Proprio la partenità franco-tedesca della nomina ha rischiato fino all'ultimo di farla saltare. Si temeva infatti la rivolta dei paesi medio-piccoli contro il direttorio Parigi-Berlino. Del resto il premier svedese Fredrick Reinsfeldt, il presidente di turno dell'Unione, non aveva esitato a esternare tutto il suo malumore. «Non sottovalutate la Ashton e neanche il suo ruolo» ha avvertito, a cose fatte, il premier britannico Gordon Brown che si è rassegnato a presentare il suo nome soltanto dopo aver constatato ancora una volta che Tony Blair non decollava.
Saranno pure i soliti ignoti ma guadagneranno cifre di tutto rispetto, 293mila euro all'anno più i rimoborsi delle spese di viaggio, in concreto il triplo della Merkel secondo i calcoli della Handelsblatt. Il presidente del Consiglio esattamemte quanto quello della Commissione. Il nuovo ministro degli Esteri leggermente di meno.
La partita delle nomine, che sembrava essersi ingarbugliata in modo inestricabile, si è risolta in casa socialista, poco prima del vertice. Una riunione all'ambasciata austriaca ha affondato senza il minimo pudore le chances di Massimo D'Alema, che pure era stato designato all'unanimità candidato degli euro-socialisti nemmeno 10 giorni fa. Con un incredibile voltafaccia, il loro leader Martin Schulz è riuscito ad affermare "candidamente", si fa per dire, che per essere candidato «non basta essere socialista ma si deve anche provenire da un governo socialista in carica».
Condizione inedita e sorprendente, quel che ci voleva per pugnalare D'Alema forte e chiaro addirittura prima che cominciasse il vertice. Non contento, una volta che Brown si è arreso e ha presentato il nome della Ashton, Schultz è riuscito anche a fingere lacrime di coccodrillo accusando il governo Berlusconi «di non essere stato abbastanza fattivo» nell'operazione. Una pagina pessima di cronaca europea, uno schiaffo gratuito al candidato socialista italiano, che tra l'altro conferma la crisi in cui si dibatte il socialismo europeo.
Un presidente di un piccolo paese, un ministro degli Esteri di uno grande. Il copione è stato rispettato. Con Francia e Germania che, manovrando dietro le quinte, sono riuscite a mettere comunque un piede in un posto importante del nuovo servizio diplomatico europeo che dipenderà dalla Ashton. Alla testa del segretariato generale del Consiglio per un anno e mezzo resterà il francese Pierre De Boissieau. Dopo di che gli subentrerà un altro popolare, questa volta tedesco, Uwe Corsepius, attuale consigliere della Merkel alla politica estera.
Non solo. I mercanteggiamenti di ieri sera hanno visto di fatto assegnare al presidente della Bundesbank Axel Weber la successione nel 2011 di Jean-Claude Trichet alla guida della Bce. Alla testa dell'Eurogruppo, invece, i giochi non sono ancora chiusi ma salgono precipitosamente le quotazioni della francese Christine Lagarde. Le ambizioni dell'Italia per Giulio Tremonti potrebbero quindi risultare deluse.
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Testo in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=2263
Roma, 31 luglio 2008.
Anche alla Camera
dopo il Senato
approvazione all'unanimità
L'Italia ha ratificato
il Trattato di Lisbona
(GUUE C 115 - 9.5.2008)
Il testo è in allegato
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Testo in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=1500
Ue, firmata la "Carta dei
diritti fondamentali",
polemiche sui fischi
di sinistra ed euroscettici
La Carta in allegato
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