Roma, 22 ottobre 2006. Una redattrice professionista del “Messaggero”, G.V., già pubblicista (dal 18 giugno 1990), iscritta d’ufficio nel Registro dei praticanti con effetto retroattivo, è stata licenziata in seguito ad una sentenza della Corte di Cassazione che nega valore alle decisioni della Corte d’Appello di Pescara che le aveva riconosciuto un rapporto di dipendenza di natura giornalistica ai sensi del Contratto collettivo (“G. V. si recava tutti i giorni nella redazione del Messaggero in Pescara, partecipava alle riunioni di redazione, espletava i compiti che le venivano assegnati dal caposervizio, si tratteneva sul posto di lavoro fino a sera tardi; l'attività da svolgere era concordata con lei sia settimanalmente che quotidianamente, anche in base alla presenza degli altri collaboratori; G.V. si occupava in prevalenza di spettacolo; quando, nel 1992, erano stati introdotti in redazione i computers, ella utilizzava la password di altri redattori, non essendole stata assegnata una propria”). Alla giornalista spetta soltanto il pagamento delle retribuzioni per le prestazioni professionali espletate (art. 2126 Cc). La Corte d’Appello dell’Aquila (in riforma della decisione del Tribunale di Pescara del 29 settembre 2000/2 gennaio 2001) aveva precisato che, proprio in forza dell'iscrizione nell'elenco dei giornalisti pubblicisti, doveva essere affermata la legittimità del rapporto instaurato, con la conseguente illegittimità del recesso intimato a G.V.. Lo stesso giudice aveva escluso infatti che vi fosse stata una risoluzione consensuale del rapporto, ed ha poi determinato le differenze retributive spettanti alla V., prendendo a parametro il compenso stabilito per i giornalisti praticanti nel contratto collettivo di categoria, ordinando alla società di reintegrare l'appellante nel posto di lavoro "con la qualifica di giornalista professionista da intendersi conseguita dalla data del superamento dell'esame".
Ha scritto al Cassazione: “E' da premettersi che in linea generale - come rilevato più volte in analoghe controversie - il rapporto di lavoro giornalistico può essere qualificato subordinato se, come per altre attività lavorative, vi è l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, estrinsecantesi in ordini specifici oltre che in una vigilanza e un controllo assiduo delle prestazioni lavorative, da valutarsi, nel lavoro del giornalista, con riferimento alla peculiarità dell'incarico conferito al lavoratore e alle modalità della sua attuazione. E, in particolare, si è notato che in questo tipo di rapporto di lavoro, la subordinazione non è esclusa dal fatto che il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla continua permanenza sul luogo di lavoro, non essendo neanche incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni (Cass. 17 agosto 2004 n. 16038), essendo invece determinante che il giornalista si tenga stabilmente a disposizione dell'editore, anche nell'intervallo fra una prestazione e l'altra, per evaderne richieste variabili e non sempre predeterminate e predeterminabili, eseguendone direttive e istruzioni, e non quando prestazioni predeterminate siano singolarmente convenute, in base ad una successione di incarichi, ed eseguite in autonomia (cfr. Cass. 26 marzo 2002 n. 4338, Cass. 1 luglio 2004 n. 12095, Cass. 3 febbraio 2005 n. 2005)”.
Ha specificato la Cassazione: “La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso che per l'esercizio del lavoro giornalistico di redattore ordinario, cioè del giornalista professionista stabilmente inserito nell'ambito di una organizzazione editoriale o radiotelevisiva, con attività caratterizzata da autonomia della prestazione, non limitata alla mera trasmissione di notizie, ma estesa alla elaborazione, analisi e valutazione delle stesse, è necessaria l'iscrizione nell'albo dei giornalisti professionisti, e che non è idonea ad integrare detto requisito la iscrizione nel diverso albo dei giornalisti pubblicisti (Cass. 21 maggio 2002 n. 7461, Cass. 5 aprile 2005 n. 7016, Cass. 3 febbraio 2005 n. 2142, Cass. 1 luglio 2004 n. 12095 e numerose altre). Si è tuttavia evidenziato che la nullità del rapporto di lavoro instaurato con soggetto non iscritto nell'albo dei giornalisti professionisti, non derivando dall'illiceità dell'oggetto o della causa, ma dalla violazione della norma imperativa dettata dalla L. 3 febbraio 1963, n. 69, art. 43, non produce effetto nel periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, secondo l'espresso disposto dell'art. 2126 c.c.;
ciò comporta, limitatamente a tale periodo, che il lavoro prestato in carenza di iscrizione deve essere retribuito, con eventuale adeguamento della misura della retribuzione ex art. 36 Cost., comma 1, ma non da diritto alla tutela reintegratoria e risarcitoria di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18.
Erroneamente perciò la sentenza impugnata ha affermato la validità del rapporto in base alla accertata iscrizione della V. nell'elenco dei giornalisti pubblicisti.
Ed a nulla rileva che l'Ordine dei giornalisti d'Abruzzo avesse iscritto la V. con efficacia retroattiva, con decorrenza retrodata, nell'albo dei praticanti giornalisti, poiché - come pure hanno rimarcato le richiamate pronunce - tale provvedimento vale soltanto nei rapporti fra l'aspirante giornalista e l'ordine professionale, limitatamente alla durata della pratica al fine dell'esame di abilitazione professionale, e non anche per convalidare un contratto nullo per difetto di un requisito essenziale, inammissibile essendo la convalida ai sensi dell'art. 1423 c.c..
Lo stesso deve affermarsi quanto al conseguimento da parte della V. della iscrizione nell'albo dei giornalisti professionisti, quando cioè il rapporto era stato risolto ad iniziativa della società editoriale”.
NOTA DI FRANCO ABRUZZO
Bisogna leggere attentamente la sentenza. La Cassazione ha valutato che la professione di giornalista è esercitata per legge soltanto dai giornalisti professionisti (vedi sentenza 11/1968 della Corte costituzionale), mentre i pubblicisti svolgono attività giornalistica (non la professione giornalistica) e vivono di altre professioni, di altri impieghi o mestieri. L'art. 5 del Cnlg dice infatti che nei giornali lavorano soltanto i giornalisti professionisti (e i praticanti giornalisti ex art 35). L'articolo 36 è un articolo ponte: i pubblicisti, che lavorano a tempo pieno, sono retribuiti da professionisti (ex art. 36 Cost) e devono sostenere l'esame di Stato. In sostanza il redattore pubblicista è equiparato al praticante redattore ai fini dell'esame di Stato. Le delibere di retrodatazione dell'Ordine, in tema di iscrizione al Registro, valgono per l'ammissione all'esame di Stato ma, dice la Cassazione, non ai fini contrattuali: questo è il punto debole della sentenza. Delle due l'una: la delibera è fondata o no? Se è fondata si applica il Cnlg al praticante d’ufficio, altrimenti la si disapplica. Solo il giudice può condurre una indagine e stabilire che XW ha lavorato come redattore di fatto e che quindi aveva diritto all'inquadramento contrattuale ab origine. Gli articoli 2, 3, 4, 36 e 41 della Costituzione proteggono XW. L'articolo 41 della Costituzione non autorizza il Messaggero a violare la dignità di XW. La dignità è il limite all'esercizio della libertà di impresa. L'articolo 41 è limpido ed è figlio dell'art. 2: di quell'articolo che, tutelando la dignità della persona (diritto inviolabile!), è il cuore della nostra Carta fondamentale. La Cassazione ha dimenticando un passaggio fondamentale: se ad XW è stato riconosciuto il praticantato d’ufficio, vuol dire che il giornale lo aveva utilizzato in nero, non versando contributi previdenziali e trattenute fiscali. Un editore, che viola la legge, non può vincere sulla base di un sofisma (tu, XW, non eri iscritto al Registro, ergo non puoi pretendere oggi l’inquadramento contrattuale ab origine, ed ora sei licenziabile!). Alcune volte l’applicazione esasperata della legge è un insulto, come nel caso del Messaggero, al buon senso e alla Giustizia stessa!
L’articolo 36 - che fissa una via anomala di praticantato ultraretribuito - è stato voluto nel contratto 2001/2005 dagli editori al fine di indebolire il praticantato fissato nella legge dell’Ordine, mentre nella piattaforma della Fnsi se ne prevedeva addirittura l’abolizione. Questo articolo 36 è un brutto colpo alla figura del giornalista professionista, che è tale per aver superato un esame di stato come tutti gli altri professionisti italiani. I pubblicisti redattori restano tali e in molti casi non chiedono di sostenere l’esame di Stato. Una situazione che la Cassazione censura da anni, non da oggi.
La Fnsi non può piangere avendo inflitto alla legge dell’Ordine un altro brutto colpo, quando ha creato nel suo Statuto le figure del “giornalista professionale” e del “giornalista collaboratore” contrapponendole alle figure legali del giornalista professionista e del pubblicista. La Fnsi farebbe bene, se intende rafforzare la professione, tornare all’antico, cioè ai professionisti e ai pubblicisti. Ha concesso, con la sbagliata decisione dei professionali e dei collaboratori, un vantaggio agli editori, che puntano a distruggere l’Ordine e la professione articolata su figure consolidate e giuridicamente inattaccabili. Serventi mediti sui suoi errori e inverta la marcia. Ne ha la capacità e il coraggio. E’ diabolico continuare a sbagliare. Il sindacato ricordi che il nostro contratto ancora regge perché, unico in Italia, ha una legge alle spalle. La legge è quella sulla professione di giornalista (n. 69/1963). La nostra autonomia tanto sbandierata poggia (vedi l’articolo 1 del Cnlg) sulle regole deontologiche fissate nell’articolo 2 della legge professionale. Se cade quella vecchia legge, diventeremo tutti impiegati di redazione proni agli …ordini degli editori. Soltanto la deontologia fissata nella legge ci rende liberi e capaci di dire molti “no” senza subire attentati alla nostra dignità.
Articolo 36 del Cnlg
Ai pubblicisti che esercitano attività giornalistica in via esclusiva e prestano opera quotidiana con orario di massima di 36 ore settimanali si applica il trattamento economico e normativo previsto per i giornalisti professionisti di cui al primo comma dell'art. 1 del presente contratto con esclusione degli aspetti infortunistici gestiti dall'INPGI e del trattamento previdenziale integrativo di cui all'allegato G salvo quanto previsto dall'art. 11 dello stesso allegato.
L'editore è tenuto a notificare alla Commissione paritetica nazionale di cui all'art. 4 i nominativi dei pubblicisti dipendenti che prestano attività giornalistica secondo quanto previsto dal comma precedente e a rilasciare agli interessati l'attestazione - necessaria ai fini professionali - che gli stessi svolgono attività giornalistica quotidiana alle sue dipendenze, con orario pieno e con il trattamento contrattuale stabilito per i giornalisti professionisti di cui al primo comma dell'art. 1 del presente contratto. Il giornalista pubblicista, superato l'esame professionale, mantiene la qualifica e le mansioni già precedentemente riconosciutegli.
GIURISPRUDENZA RACCOLTA DA FRANCO ABRUZZO
Nullo il contratto di lavoro
per l'espletamento di attività
di praticantato giornalistico
stipulato con soggetto
non iscritto preventivamente
nell'apposito Registro
Il contratto di lavoro per l'espletamento di attività di praticantato giornalistico, stipulato con soggetto non iscritto preventivamente nell'apposito registro previsto dall'art. 33 della legge n. 69 del 1963, è nullo, ancorché non illecito nell'oggetto o nella causa, con la conseguente applicabilità dell'art. 2126 cod. civ. . Poiché, ai sensi dell'art. 1423 cod. civ., il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente, ne consegue che, mancando un'apposita norma che consenta la convalida di un contratto di lavoro giornalistico nullo (fatti salvi gli effetti del suddetto art. 2126 cod. civ.), il provvedimento del Consiglio dell'Ordine dei giornalisti, che iscriva un soggetto nel registro dei praticanti con effetto retroattivo ed attesti lo svolgimento della pratica per un periodo superiore a quello massimo di iscrizione nel registro (equivalente a tre anni), comporta che il periodo di praticantato riconosciuto, seppure utile ai fini dell'ammissione all'esame di abilitazione quale giornalista professionista, non vale, però, a convalidare un rapporto di lavoro affetto da nullità. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio in questione, ha rigettato il ricorso proposto e confermato la sentenza impugnata, con la quale era stato accertato, prospettandosi un'adeguata motivazione al riguardo, che la ricorrente, durante tutto lo svolgimento del rapporto, era stata iscritta unicamente nell'elenco del pubblicisti e che, quindi, non era iscritta nè nell'elenco dei "giornalisti professionisti", nè nel "registro dei praticanti", con la conseguenza che la declaratoria di illegittimità del rapporto e la reintegrazione nel posto di lavoro non potevano rientrare tra gli effetti fatti salvi dall'art. 2126 cod. civ.). (Cass. civ. Sez. lavoro, 06-03-2006, n. 4770; Di Carlo c. Il Messagero Spa ed altro; FONTI Mass. Giur. It., 2006; CED Cassazione, 2006)
L'iscrizione nell'elenco
dei pubblicisti non è idonea
alla costituzione
di un regolare rapporto
di praticantato giornalistico
1. Atteso che l'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti non è idonea alla costituzione di un regolare rapporto di praticantato giornalistico - finalizzato all'iscrizione nell'elenco dei professionisti - e pertanto non può sopperire alla mancanza di una regolare iscrizione nel registro dei praticanti giornalisti di cui all'art. 33 della legge n. 39 del 1963, ne consegue che l'attività di praticantato giornalistico o di giornalista professionista svolta da pubblicista, essendo espletata da soggetto non iscritto al relativo Albo, resta invalida, ancorché non illecita nell'oggetto o nella causa e, quindi, produttiva di effetti per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, secondo il disposto dell'art. 2126 c.c.; tra gli effetti fatti salvi dalla suddetta norma non rientra, però, la reintegrazione in caso di dedotta illegittimità della risoluzione del rapporto nullo. (Cass. civ. Sez. lavoro, 05-04-2005, n. 7016; FONTI Mass. Giur. It., 2005; CED Cassazione, 2005).
2. L'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti, di cui agli art. 26, ult. parte, e 35 l. 3 febbraio 1963 n. 69, non è idonea alla costituzione di un regolare rapporto di praticantato giornalistico, finalizzato alla iscrizione nell'elenco dei giornalisti professionisti, e non può quindi, sopperire alla mancanza di una regolare iscrizione nel registro dei praticanti, di cui all'art. 33 della citata legge. La facoltà dei Consigli dell'Ordine dei giornalisti, regionali e nazionale, ai sensi del comma 2 dell'art. 46 d.P.R. 4 febbraio 1965, come sostituito con l'art. 3 d.P.R. 21 settembre 1993 n. 384, di accertare e dichiarare la sussistenza dello svolgimento della pratica giornalistica (ancorchè esercitata abusivamente, al di fuori, cioè degli schemi del procedimento legale tipico di cui agli art. 33 e 34 della legge n. 69 del 1963, e per un periodo superiore a quello di massima durata di iscrizione nel registro) e la data di effettivo inizio del tirocinio, comporta che il tirocinio accertato, anche a posteriori, sia considerato utile ai fini dell'ammissione all'esame di idoneità professionale. Tale accertamento non vale, però, a sanare la nullità del rapporto di praticantato svoltosi in assenza di una formale iscrizione, all'atto della instaurazione e dello svolgimento del rapporto, nel registro dei praticanti, non essendo tale facoltà prevista dalla legge ( art. 1423 c.c.). Ne consegue che l'attività di praticantato giornalistico (o di giornalista professionista) espletata da soggetto non iscritto al relativo albo resta invalida, ancorchè non illecita nell'oggetto o nella causa e, quindi, produttiva di effetti per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, secondo il disposto dell'art. 2126 c.c.; tra gli effetti fatti salvi dalla citata norma non rientra, però, la reintegrazione in caso di dedotta illegittimità della risoluzione del rapporto di lavoro nullo. (Cass. civ. Sez. lavoro, 21-05-2002, n. 7461; Soc. Nuova Ed. Trentina c. Novello; FONTI Mass. Giur. It., 2002; Diritto e Giustizia, 2002, f. 26 nota di GIACOMARDO; Arch. Civ., 2003, 340).
Redattore ordinario soltanto
se giornalista professionista
Per l'esercizio dell'attività giornalistica di redattore ordinario è necessaria la iscrizione nell'Albo dei giornalisti professionisti. (Cass. civ. Sez. lavoro, 01-07-2004, n. 12095; FONTI Mass. Giur. It., 2004; CED Cassazione, 2004).
Il compito precipuo dell’Ordine
L'Ordine, in particolare, ha il precipuo compito di salvaguardare, erga omnes e nell'interesse della collettività, la dignità professionale e la libertà di informazione e di critica dei propri iscritti.
L'Ordine dei giornalisti - come di norma anche ogni altro ordine professionale - ha natura di ente pubblico associativo esponenziale di una categoria di professionisti, al quale la legge affida la rappresentanza della categoria e conferisce numerose attribuzioni.
(App. Milano, 05-05-2004; Il Sole 24 Ore s.p.a. c. Ordine dei Giornalisti; FONTI Giornale Dir. Amm., 2004, 12, 1322 nota di ORLANDO).