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La Stampa Giovedì 9 Novembre 2023 Pagina 31 -la storia-
L'ITALIA DELLO STRAGISMO ISTITUZIONALE TOBAGI INDAGA SU DEPISTAGGI E SEGRETI. Nel nuovo libro della scrittrice i rapporti spesso opachi tra servizi, magistratura e governo Alla base del racconto documenti declassificati e inediti dell'Archivio centrale dello Stato.

di FEDERICO FORNARO

Sifar, Ufficio Affari Riservati, Sid, Sismi, Sisde: quante volte queste sigle sono risuonate nelle aule dei tribunali, scritte negli atti giudiziari e sono state citate nella saggistica sulla storia del terrorismo italiano. Al complesso e spesso conflittuale rapporto tra l'intelligence, la magistratura e il governo, la fresca vincitrice del Premio Campiello, Benedetta Tobagi, ha dedicato un appassionato lavoro di ricerca storica dal titolo Segreti e lacune, potendo consultare, tra gli altri, gli archivi resi fruibili dalla cosiddetta "Direttiva Renzi" del 2014 per la declassifica e per il versamento straordinario di documenti all'Archivio centrale dello Stato. È, infatti, negli archivi che risiede lo straordinario potere detenuto dai servizi segreti in ogni parte del mondo. «Secondo l'antico adagio che chi controlla il passato controlla il futuro, la pura e semplice gestione dei documenti - scrive l'autrice - resta, ancora oggi, un grandissimo strumento di potere. Gli archivi non sono orpelli polverosi e irrilevanti delle pubbliche amministrazioni, ma per molti versi rimangono veri e propri arsenali del potere». Anche per questo motivo, proprio i documenti d'archivio, la gestione degli stessi con la sottesa autonomia di occultare e se necessario distruggere le carte, sono stati l'oggetto di infinite contese tra i magistrati impegnati nella ricerca della verità giudiziaria, con relativi responsabili e mandanti delle stragi e i vertici dei nostri servizi, con un ruolo, talvolta ambiguo, dello stesso governo di turno. Se alcune regole auree, come la tutela della segretezza delle fonti e la gestione manipolatrice delle stesse, sono alle basi dell'agire dei servizi di intelligence in tutto il mondo, la situazione nel panorama italiano a partire dal secondo dopoguerra è stata resa peculiare dalla posizione geopolitica dell'Italia nella Guerra Fredda, Paese di frontiera e di importanza strategica per l'Alleanza Atlantica. In particolare, nel libro viene posta sotto la lente di ingrandimento la dialettica tra i diversi poteri dello Stato in relazione alle inchieste e ai processi per le stragi avvenute tra il 1969 (piazza Fontana, 12 dicembre) e il 1980 (stazione di Bologna, 2 agosto), passando per Gioia Tauro (22 luglio 1970), Peteano (31 maggio 1972), questura di Milano (17 maggio 1973), piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974), treno Italicus (4 agosto 1974). Non c'è stato procedimento giudiziario su queste stragi che non abbia visto almeno un'agenzia d'intelligence impegnata in attività di protezione delle organizzazioni terroristiche di estrema destra, fino al punto che lo «stragismo istituzionale» rappresenta, secondo la Tobagi, una tragica specificità della storia dell'Italia Repubblicana, direttamente collegata al ruolo centrale dell'Italia nel sistema militare difensivo della Nato e al contrasto alla diffusione del comunismo in Occidente. Negli anni si è andato così diffondendosi, come scrisse per la prima volta, nel 1989, lo storico Franco De Felice, un conflitto permanente tra «lealtà al proprio Paese e lealtà ad uno schieramento», che può essere letto, per la Tobagi, anche come «conflitto tra due principi di legittimazione», l'antifascismo, che è tra i fondamenti della Costituzione formale promulgata nel '48, e l'anticomunismo, cardine della «costituzione materiale». In concreto questo ha comportato, ad esempio, la necessità di possedere il nullaosta di sicurezza Nato come precondizione per essere nominati in posizioni apicali degli apparati di sicurezza italiani, servizi segreti compresi. Il tutto avvenne (e forse avviene ancora) in via informale e riservatissima, anche se è storicamente acclarato e ha contribuito ad alimentare l'immagine dell'Italia come una nazione a «sovranità limitata». È contro il muro della «doppia lealtà» che si sarebbero scontrate le richieste di leale collaborazione, formulate in più occasioni dalla magistratura ai vertici della nostra intelligence. Negli anni della cosiddetta strategia della tensione, infatti, era dominante negli ambienti dell'oltranzismo atlantico la teoria del «destabilizzare per stabilizzare». I responsabili delle stragi nere andavano quindi protetti attraverso una serie di azioni di contrasto all'azione investigativa degli inquirenti, a cominciare dai depistaggi e con buona pace di leggi, circolari e della stessa Costituzione italiana. Come testimonia il lavoro dell'autrice sui materiali d'archivio, non tutti i vertici della nostra intelligence hanno avuto comportamenti contrari alla legge. Nonostante le leggi di riforma a partire da quella del 1977, però, la «doppia lealtà» è rimasta un guida costante nel rapporto con gli altri settori dello Stato, sempre correlata a un legame strutturale dei nostri apparati con quelli degli Stati Uniti, che in alcune fasi hanno fatto uso, con estrema disinvoltura, delle cosiddette operazioni coperte. Non a caso, sul finire degli anni Settanta, il capo della Cia, William Colby, definì l'Italia il loro «più grande laboratorio di manipolazione politica clandestina», sebbene si sia dimostrato che gli Stati Uniti fossero contrari alla prospettiva di un golpe militare sul modello della Grecia dei colonnelli. Ci furono, a più riprese, anche tentativi di inquinamento della vita politica attraverso l'uso spregiudicato di dossier alimentato dai servizi sulla vita privata di molti esponenti dei partiti di maggioranza e di opposizione e, in alcuni casi, anche di magistrati colpevoli di ricercare con eccessiva tenacia investigativa la verità sulle stragi nere. Nel libro, infine, viene correttamente ridimensionato il mito dell'importanza del «segreto di Stato» da abolire e la funzione salvifica della desecretazione dei documenti, perché è nella gestione degli archivi che trae origine il potere di oscurare la reale attività dei servizi segreti con buona pace della trasparenza e del «diritto a sapere» (nel rispetto dei vincoli temporali di segretezza) che dovrebbero, in teoria, differenziare le democrazie contemporanee dagli Stati totalitari.—





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