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La Stampa Giovedì 4 Maggio 2023 Pagina 27 – L’INTERVENTO - DIFENDIAMO LA LIBERTÀ DI STAMPA NEL MONDO OVUNQUE VENGA CALPESTATA, A PERDERE SIAMO TUTTI - Dal Giardino dei Giusti l'appello ai media perché sostengano i giornalisti arrestati da Mosca E una mostra itinerante di installazioni fotografiche sull'Ucraina ci richiama all'empatia.

di GABRIELE NISSIM*

Nella Giornata della libertà di stampa, il mio pensiero va a Pablo Picasso che accettò l'invito del governo repubblicano spagnolo di produrre un'opera che rappresentasse la Spagna e la sua battaglia per la libertà durante l'esposizione internazionale di Parigi del 1937. Picasso decise di dipingere un quadro che raffigurasse il bombardamento di Guernica del 26 aprile del 1937, perpetrato dalle squadre tedesche della legione Condor con l'aiuto dell'Aviazione legionaria italiana. L'operazione bellica inizialmente doveva distruggere il ponte Renteria, ma i bombardamenti tedeschi alle 16,30 colpirono la città basca di Guernica mentre migliaia di persone si trovavano al mercato. Centinaia di contadini morirono con il bestiame e l'intera città fu rasa al suolo. Picasso dipinse immagini di angoscia di un simbolismo universale: la mamma con un neonato senza vita in braccio che grida al cielo disperata, un cavallo che somiglia a un asino, simbolo della brutalità, un cadavere con le stigmate sulla mano sinistra che stringe una spada spezzata, simbolo di martirio. Ma anche un pallido fiore di speranza per un futuro da ricostruire, assieme alla colomba della pace che ha un moto di strazio prima di cadere a terra. Il quadro era un manifesto contro la crudeltà della guerra, ma non lasciava dubbi sulle responsabilità di chi aveva scelto la distruzione: il nazifascismo con le sue bombe. Con lo stesso spirito di Picasso, l'artista russo Danila Tkachenko, assieme a un gruppo di fotografi ucraini, ha voluto usare l'arte fotografica per creare un manifesto itinerante il cui scopo è quello di sviluppare l'empatia attorno alle barbarie della guerra. Come non essere solo spettatori inermi di fronte all'attacco bellico in Ucraina? I media informano ogni giorno ma non sono in grado di trasmettere la prossimità degli eventi come era riuscito a fare Picasso. Una cosa è sentire le notizie, un'altra è mettersi nei panni degli altri come permettono la creazione artistica e letteraria, osserva Edgar Morin. Tkachenko ha progettato di portare la sua mostra, dal titolo Inversione, dal Giardino dei Giusti di Milano (dove ieri è stata esposta per un giorno) a tutte le più belle piazze d'Europa per contrapporre la pace e la bellezza di cui godiamo con la distruzione di un popolo europeo ai nostri confini. Il messaggio è chiaro e forte. Non solo ci fa immaginare cosa significherebbe una bomba contro gli edifici di una nostra città, ma ci fa comprendere con l'arte delle istallazioni fotografiche che le distruzioni in Ucraina distruggono anche una parte della nostra identità europea. È il grande insegnamento di Raphael Lemkin, l'artefice della Convenzione dell'Onu per la prevenzione dei genocidi a cui si ispira il Giardino dei Giusti di Milano. Quando si colpisce una parte, sosteneva il giurista ebreo polacco, si impoverisce l'intera umanità. Quanto ci si sente amputati nell'anima si crea empatia. Se non lo si capisce si diventa vili ed indifferenti. Il meccanismo dell'indifferenza è purtroppo umano: si ripete quando può sembrare che anche la più terribile delle tragedie sia uno tsunami che non ci tocca da vicino e da cui conviene stare alla larga. È quanto ha cercato di fare la propaganda di Putin. Con le sue fake news fin dal primo giorno ha cercato di ingannare tutti. Ha parlato di operazione militare speciale e non di guerra e invasione, ha sostenuto che l'Ucraina non aveva una sua identità ma era una parte della Russia, ha dichiarato che rappresentava una minaccia nucleare per la Russia, che era intervenuta contro un regime nazista che riproponeva l'ideologia di Hitler. Ha invertito il rapporto tra vero e falso, ha rappresentato l'aggressore come l'aggredito. Allo stesso modo in cui Hitler nel 1939 nel parlamento tedesco alla vigilia della guerra dichiarò, come ricorda Yehuda Bauer, che la fantomatica «internazionale ebraica» stava portando il mondo a una guerra e bisognava impedirlo con un'operazione militare difensiva. Putin ha cercato di trasformarci, come ammoniva Primo Levi, in una zona grigia inerme, come se l'invasione dell'Ucraina non riguardasse la nostra stessa esistenza e la libertà dell'Europa. Il castello di menzogne crolla, però, di fronte alle immagini delle distruzioni della guerra che i fotografi ucraini e gli artisti russi oggi hanno messo davanti ai nostri occhi. Esattamente come l'enorme tela di Picasso su Guernica, mostrano la responsabilità dell'aggressore. Ieri il nazifascismo. Oggi la Russia di Putin. Così le gigantografie di morte esposte nei luoghi più belli delle nostre città ci richiamano all'empatia per le vittime di una guerra che ci colpisce da vicino e ci impedisce di essere solo spettatori. Il dittatore russo per la sua impresa non solo ha dovuto ricorrere alla propaganda ma ha messo all'indice e ha cercato di spezzare la vita delle voci libere dei giornalisti che lavorano a Mosca. Ricordiamo la condanna a 25 anni di carcere di Vladimir Kara Murza, accusato di alto tradimento per avere condannato la guerra e per avere difeso i detenuti colpevoli di reati di opinione, e l'arresto del giornalista americano Evan Gershkovich, corrispondente del Wall Street Journal. Oggi è in atto una repressione politica in Russia che ci ricorda i tempi di Breznev e del comunismo sovietico. Per questo non dobbiamo commettere gli errori che una generazione fece nei confronti dei dissidenti sovietici, lasciati soli nelle loro straordinarie battaglie di libertà. Oggi noi di Gariwo (Gardens of the Righteous Worldwide) da questo Giardino facciamo una proposta a tutte le testate italiane. Almeno per una settimana intera vorremmo che su tutte le pagine dei giornali venissero messe in evidenza le foto dei giornalisti indipendenti arrestati in Russia e in Bielorussia e si creasse così un movimento per la loro liberazione. Quando si colpisce la libertà di stampa di un collega in un altro Paese, anche noi perdiamo una fonte di informazione. Come del resto hanno capito i resistenti ucraini (dovremmo forse chiamarli i nuovi partigiani) la guerra si potrà forse arrestare prima se le voci libere in Russia riusciranno a seminare il loro pensiero. Ecco le ragioni della nostra solidarietà.


*presidente di Gariwo, che racconta i Giusti dell'umanità e crea i Giardini dei Giusti


 


 





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