ROMA — «Questa di imbavagliare i giornalisti è una tentazione che torna ciclicamente», dice il segretario della Fnsi — il sindacato unico dei giornalisti — Raffaele Lorusso.
Cosa risponde al sottosegretario Delmastro che parla di “misure allo studio”, in senso restrittivo, per i giornali?
«Primo: i giornalisti non fanno intercettazioni. Secondo: il giornalista ha il dovere di dare notizie che abbiano una rilevanza pubblica e sociale. Purtroppo per il governo c’è una giurisprudenza europea che è intervenuta più volte per ribadire che il giornalista esercita il suo ruolo anche quando scrive di notizie coperte da segreto istruttorio. Sono principi a cui devono attenersi tutti i paesi del Consiglio d’Europa».
La contestazione generale è: le intercettazioni sui giornali rovinano le persone.
«L’informazione non è fare i copia e incolla di intercettazioni ma spiegarne contesto e valore pubblico. E il segreto istruttorio non fa certo capo al giornalista, che appunto ha le proprie fonti e una missione di interesse pubblico a cui attenersi».
Perché tutta questa attenzione sui giornalisti, o forse contro, da parte di un pezzo di politica?
«Il problema non è tutelare il cittadino comune ma fare in modo che non si pubblichino notizie su personaggi di serie A. Il diritto alla riservatezza è inversamente proporzionale alla notorietà, lo scrisse anche il Garante della privacy Stefano Rodotà nel 1996. Poi non per forza comportamenti con una rilevanza pubblica ne hanno una anche penale».
Pensa che la destra risenta di una certa cultura censoria?
«Non voglio accusare nessuno di comportamenti censori ma poco tempo fa Meloni ha detto di essere pronta ad affrontare le questioni del settore con tutti i suoi attori, problematiche che ci portiamo avanti da decenni. Ad esempio le querele bavaglio, con richieste di risarcimento danni milionarie per spaventare i cronisti, c’è una proposta di legge contro questa pratica che viene presentata puntualmente a inizio legislatura e cade nel dimenticatoio. C’è un intero settore che sta facendo la sua transizione digitale cercando di salvaguardare l’occupazione. Parliamo di questo piuttosto».
Secondo lei si sta mandando un segnale alla stampa o c’è una reale volontà di intervenire con norme restrittive?
«Sarebbe inutile perché per aggirare quel tipo di censura basta un sito registrato all’estero. Comunque è un po’ il segno dei tempi, anche il precedente governo andò oltre la direttiva sulla presunzione di innocenza dando restrizioni alle procure nelle comunicazioni ai giornalisti. Oppure si pensi ai sequestri di pc e telefoni subiti da alcuni giornalisti, altri sono stati pedinati, con lo scopo di scoprirne la loro fonte».