ADDIO A FIORANI IL «CITTADINO» DALLA PARTE DEI DIRITTI DI TUTTI
di GIANGIACOMO SCHIAVI/correredellasera 16/10/2022
Il cittadino. Era conosciuto così Adolfo Fiorani. Il nome unito al titolo che si portava dietro con dolce leggerezza dagli anni di piombo, quando faceva parte di quella squadra di cronisti detti pistaroli, capitanati dal grande Marco Nozza, diventata la brigata di pronto intervento nell'Italia degli attentati e dei processi.
Aveva alle spalle una gavetta leggendaria fatta di marciapiedi di provincia e di fatiche giornalistiche consumate nei retrobottega della professione, non si era fatto mancare niente Fiorani, nera, bianca, giudiziaria, lo sport e gli spettacoli nella speranza di un'assunzione, ed era già grande quando a Milano è entrato all'Avanti.
Era già «il cittadino» quando nel 1985 è arrivato al Corriere con mansioni diverse da quelle dell'inviato abituato a dettare i pezzi a braccio da un telefono a gettoni: ma per il sogno di una vita si è rimesso in gioco nel lavoro di cucina, prima caposervizio alla Metropoli, poi alla Cronaca di Milano. È qui che di Adolfo Fiorani abbiamo conosciuto il lato più bello e più vero, quello umano, fatto di sensibilità e attenzione verso i cronisti più giovani e di leale collaborazione nei momenti difficili. La sua simpatia era travolgente. Con lui la redazione si è sentita una grande famiglia: le notizie, ma anche la capacità di stemperare le tensioni. C'era sempre qualcuno intorno lui. Chiedevano uno dei suoi formidabili racconti: di quel mondo scomparso che usava la Lettera 22, le geremiadi dei grandi inviati, i paradossi del cronista che telefonava in redazione perché era cambiato all'ultimo minuto l'esito di un processo e dettava così: «Dove ho messo sì, mettete no e viceversa». E il titolo di «cittadino»? È una vecchia storia: Genova 1974, sequestro Sossi, Fiorani diretto a una conferenza stampa viene fermato dai vigili e perde la notizia. Allora si fa portare al comando e rilascia una dichiarazione spontanea che durerà un'ora: «Scriva, io cittadino Adolfo Fiorani.». Quel titolo diventerà leggenda, ma anche simbolo di intransigenza sui diritti, sui doveri e sull'onestà di un cronista ironico e buono che oggi abbracciamo come se fosse qui: ciao Adolfo, uno di noi.
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