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Le ultime 4 interrogazioni presentate al Senato sulla crisi dell'INPGI.

8.6.2021 - Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02580


Atto n. 3-02580 (in Commissione)


Pubblicato l'8 giugno 2021, nella seduta n. 333


LANNUTTI , BOTTO , ANGRISANI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. -


 


http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Sindisp&leg=18&id=1299376


Premesso che:


l'Istituto nazionale per la previdenza dei giornalisti italiani (INPGI) si trova in lenta, graduale ed inesorabile agonia, anche a causa dello svuotamento dalle redazioni di giornalisti di quotidiani, periodici e agenzie di stampa, per effetto di prepensionamenti, susseguitisi a catena soprattutto dal 2009 in poi, con conseguente drastica riduzione dei lavoratori subordinati, assunti a tempo indeterminato, che da tempo sono stati sostituiti da giornalisti lavoratori autonomi con versamento di contributi nelle casse dell'INPGI 2. Ente che registra, invece, un boom di iscritti e con casse piene;


 


l'art. 16-quinquies della legge n. 58 del 2019 prevede dal 2023 l'ingresso nell'INPGI 1 dei "comunicatori" pubblici e privati, per i quali è stato già accantonato, ora per allora e fino al 2031, nel bilancio dello Stato un miliardo e mezzo di euro dei loro futuri contributi previdenziali, proprio per garantire la tenuta dell'Ente dei giornalisti, tenendo conto del fatto che tali "comunicatori" sarebbero contrari al passaggio all'INPGI e pertanto si direbbero pronti anche ad azioni legali; è dal 2011 che la gestione previdenziale e assistenziale dell'INPGI presenta un risultato negativo. All'inizio contenuto, meno 1,3 milioni di euro, poi è stata una sequenza crescente e inarrestabile di risultati negativi. In realtà, i segni di cedimento erano visibili già dal 2008, quando la gestione previdenziale aveva un saldo attivo di 97 milioni di euro, ma le proiezioni per gli anni successivi indicavano già un possibile tracollo. Nel 2013, l'INPGI ha progressivamente trasferito la proprietà degli immobili al Fondo "Giovanni Amendola" e si è deciso di mettere in atto una rivalutazione del patrimonio immobiliare, un escamotage per usare le plusvalenze, fittizie, per coprire le perdite della gestione previdenziale. In parallelo è cominciata la vendita dello stesso patrimonio immobiliare, finalizzata a coprire un disavanzo diventato nel 2020 di 242,2 milioni di euro. La perizia degli immobili è stata affidata alla società Protos Check S.r.l. A quanto è dato sapere non si sarebbe però trattato di una perizia nuova, ma basata su dati forniti dalla stessa INPGI. In sostanza, l'esperto "indipendente" avrebbe ritenuto congrue le stime fatte dall'INPGI stesso. Protos Check è una società romana interamente posseduta da Protos S.p.A., ed è stata creata proprio mentre l'INPGI stava dando il via alla gara per scegliere la società per la costituzione e gestione del fondo immobiliare. Il bando per la scelta del gestore è stato infatti inviato dall'INPGI alla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea il 29 maggio 2013, sette giorni dopo la delibera di costituzione di Protos Check. Ufficialmente Protos ha ricevuto l'incarico di "esperto indipendente" da InvestiRe SGR (all'epoca insieme a Polaris) dopo la conclusione della gara, ma da alcuni atti della gara per scegliere il gestore del fondo risulterebbe che Protos fosse già in contatto con l'INPGI e avesse lavorato per fare le perizie sui valori degli immobili («valori di mercato espressi da INPGI e resi congrui da Protos») da conferire al fondo;


l'INPGI solo lo scorso anno ha perso 855 rapporti di lavoro attivi, che si aggiungono agli 865 del 2019. Inoltre, nel 2020 la differenza tra entrate contributive e uscite per le pensioni è stato di meno188,4 milioni, in quanto sono 14.700 i giornalisti attivi, a fronte di quasi 10.000 pensioni pagate. Di conseguenza l'INPGI1 ha dovuto intaccare il patrimonio per 1,2 miliardi di euro, disinvestendo negli anni titoli, fondi e immobili. La sua riserva tecnica reale ed effettiva (rapporto tra le pensioni in corso e patrimonio) è scesa a 2 anni, contro i 5 previsti per legge;


inoltre l'INPGI 1, nato nel 1926 e privatizzato come fondazione dal 1994, è un ente previdenziale incaricato di pubbliche funzioni, in base all'articolo 38 della Costituzione ed è oggi l'unico ente sostitutivo dell'INPS in Italia in base alla "legge Rubinacci" (legge n. 1564 del 1951), tuttora in vigore dopo 70 anni. Proprio per tale natura, l'INPGI 1 si è addossato l'onere degli ammortizzatori sociali della categoria, per un valore che si aggira intorno a mezzo miliardo di euro (disoccupazione, cassa integrazione, contratti di solidarietà, TFR in caso di fallimento, prepensionamenti, mancati recuperi da aziende fallite, contributi figurativi da corrispondere anche in base all'art. 31 dello Statuto dei lavoratori sulle pensioni dei numerosi giornalisti eletti deputati, senatori, parlamentari europei, sindaci di grandi città, consiglieri e governatori di Regioni e crediti irrecuperabili da aziende fallite);


nonostante la crisi, INPGI continua a sostenere anche per il 2021 l'erogazione di 2,47 milioni di euro per "servizi resi" alla Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) e alle associazioni regionali di stampa, ovvero al sindacato dei giornalisti, considerando che in larga parte si tratterebbe di un onere improprio, perché i "servizi resi" sarebbero un finanziamento a organismi sindacali, sostenuti da tutti i giornalisti iscritti all'INPGI, mentre gli iscritti al sindacato sono solo una minoranza;


il dissesto non ha scalfito neppure lo stipendio del direttore generale INPGI, che ha un contratto di 232.000 euro l'anno, peraltro aumentati di 18.000 euro quando ha preso l'interim dell'Ufficio immobiliare, dopo il pensionamento del precedente titolare. In generale, le spese di struttura INPGI previste nel 2021 ammontano a 24,4 milioni di euro. Una somma composta da 17,3 milioni di costo del personale, considerando i quasi 200 dipendenti; 1,2 milioni di euro per compensi e rimborsi spese per gli organi collegiali e collegio sindacale, compreso il compenso del presidente, pari a 234.576 euro lordi (dato del 2019); 2,28 milioni di euro per acquisto di beni e servizi (tra cui 574.000 per bollette e spese di funzionamento sedi e 500.000 per manutenzione e assistenza attrezzature informatiche); 810.000 per spese legali,


 


si chiede di sapere:


 


quali interventi urgenti il Governo intenda intraprendere per evitare il crac finanziario dell'INPGI 1, la cui riserva tecnica effettiva, ossia il rapporto tra le pensioni pagate ed il suo patrimonio, sarebbe pari alle due annualità, rispetto alle cinque minimali previste dal decreto-legge n. 509 del 1994;


quante siano le unità immobiliari ad uso residenziale o commerciale del Fondo Amendola gestite da SGR InvestiRe da anni invendute o sfitte, quali le relative perdite sui bilanci in rosso dell'INPGI che solo nel 2020 ha accusato una perdita di 242,2 milioni di euro e se il Governo ritenga compatibili gli elevati emolumenti corrisposti al top management con i risultati negativi di gestione;


se ritenga necessario fare chiarezza sul rapporto tra INPGI e Protos, in quanto tale società avrebbe ricevuto ufficialmente l'incarico di "esperto indipendente" da InvestiRe SGR; se sia stato lo stesso professor Micocci, inserito dalla FIEG (Federazione Editori) alla presidenza del Fondo Pensioni Giornalisti, a predisporre il bilancio attuariale dell'istituto; se sia lo Stato o l'INPGI a pagare la differenza sulla spesa degli ammortizzatori sociali;


se il Governo ritenga necessario adoperarsi per facilitare l'ampliamento della platea degli iscritti INPGI, inserendovi coloro che a qualsiasi titolo oggi svolgono attività giornalistica, per anticipare l'ingresso nell'INPGI 1 di circa 9.000 "comunicatori" privati e di altri 5.500 "comunicatori" pubblici, che oggi versano i contributi all'INPS;


se alla luce dei bilanci disastrosi, il Governo ritenga inevitabile e doveroso, come imposto dal decreto-legge n. 509 del 1994, il commissariamento dell'INPGI 1 e il relativo passaggio alla gestione pubblica, sotto l'egida dell'INPS.


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Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02622


Atto n. 3-02622 (in Commissione)


Pubblicato il 16 giugno 2021, nella seduta n. 337


LANNUTTI , PIRRO , PISANI Giuseppe , ANGRISANI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. -http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Sindisp&leg=18&id=1299978


Premesso che:


l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola" (INPGI), già riconosciuto con regio decreto 25 marzo 1926, n. 838, si è trasformato, in attuazione del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, in fondazione dotata di personalità giuridica di diritto privato con autonomia gestionale, organizzativa e contabile, incaricata di attuare la previdenza e l'assistenza a favore dei giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, con riferimento alla corresponsione della pensione di invalidità, vecchiaia e superstiti e dell'indennità di maternità. L'Istituto provvede, altresì, nei confronti dei giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti, che svolgono attività autonoma di libera professione giornalistica, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, ancorché contemporaneamente svolgano attività di lavoro dipendente, attraverso una gestione previdenziale separata, istituita ai sensi del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103. Mentre per i giornalisti iscritti alla gestione principale il sistema contributivo è stato adottato a far data solo dal 1° gennaio 2017, per tale gestione separata le prestazioni pensionistiche sono erogate con il sistema contributivo puro;


l'INPGI da anni vive uno stato di sofferenza dovuto allo svuotamento dalle redazioni di giornalisti di quotidiani, periodici e agenzie di stampa, all'effetto dei prepensionamenti, susseguitisi a catena soprattutto dal 2009 in poi, con conseguente drastica riduzione dei lavoratori subordinati, assunti a tempo indeterminato, che da tempo sono stati sostituiti da giornalisti lavoratori autonomi con versamento di contributi nelle casse dell'INPGI 2. Istituto che registra, invece, un boom di iscritti e con casse piene;


oggi il numero degli iscritti attivi all'INPGI è diminuito dai 18.328 del 2010 ai 14.719 del 2020. Il numero di pensioni erogate è invece aumentato da 6.992 del 2010 a 9.944 del 2020. Il rapporto tra attivi e pensionati è di conseguenza passato da 2,62 del 2010 a 1,53 del 2020;


la gestione previdenziale è in rosso dal 2011. Nel 2019 ha avuto un risultato negativo per 154 milioni di euro e nel 2020 per 188,4 milioni (meno 204,6 milioni nel preventivo 2021). Per tamponare le perdite, a partire dal 2013, l'INPGI ha progressivamente trasferito la proprietà degli immobili al fondo immobiliare "Giovanni Amendola", di cui l'INPGI è l'unico azionista, e si è deciso di mettere in atto una rivalutazione del patrimonio immobiliare, un escamotage per usare le plusvalenze, fittizie, per coprire le perdite della gestione previdenziale. In parallelo è cominciata la vendita dello stesso patrimonio immobiliare, finalizzata a coprire un disavanzo. Il NAV del fondo immobiliare è attualmente inferiore rispetto al valore di conferimento degli immobili;


nonostante la crisi e la necessità incombente di ricavare il massimo profitto dagli immobili a disposizione, non sempre la gestione di questi è stata trasparente e vantaggiosa per l'INPGI. Una su tutte, la vicenda dell'edificio di 10 piani in largo Loria 3, a Roma, collocato in una zona di pregio a circa un chilometro dalle Terme di Caracalla. Questo immobile a uso uffici è quello di maggiori dimensioni che l'INPGI abbia mai posseduto in Italia dagli anni '60. L'edificio ha persino una sala mensa da 560 posti e un parcheggio in garage per 80 auto. Ed è anche quello che gli ha reso di più economicamente, in quanto fino al 2004 è stato affittato come sede dell'ENEL per i suoi allora 550 dipendenti a un canone annuo di un milione 800.000 euro. Successivamente, l'edificio viene affittato dall'INPGI con un contratto dal 2007 al 2025, per 2 milioni 100.000 euro all'anno, alla società "Milano '90" del noto immobiliarista Sergio Scarpellini (deceduto nel 2018) con possibilità di subaffitto a terzi. Grazie al subaffitto, il palazzo di largo Loria è diventato così la sede dei gruppi consiliari del Comune di Roma. L'INPGI per anni ha ignorato l'importo esatto del subaffitto, interrotto nel 2015 quando quattro consiglieri di opposizione del Movimento 5 Stelle, tra i quali il futuro sindaco di Roma Virginia Raggi, dopo una scrupolosa verifica dei contratti di affitto stipulati dal Comune di Roma, non in linea con la legge sul "FARE", hanno chiesto e ottenuto dal Campidoglio la rescissione anticipata dei contratti di locazione troppo onerosi. Tra questi vi era appunto quello di largo Loria;


 


in quel frangente l'INPGI venne a sapere che in soli 7 anni e mezzo il Comune di Roma aveva speso (si tratta di denaro pubblico) 52 milioni di euro, l'ammontare corrisposto alla società Milano '90 per il canone di subaffitto pari a 9.519.645,77 euro all'anno, ovvero 7 milioni 420.000 euro in più all'anno di quanto pagato di affitto all'INPGI dalla Milano '90;


considerato, inoltre, che, a quanto risulta agli interroganti:


il Comune di Roma era stato informato dall'INPGI della disponibilità dell'immobile di largo Loria, prima ancora che tale disponibilità fosse stata pubblicizzata con avvisi a pagamento su vari giornali e prima che cominciasse la trattativa con la società Milano '90. Il Comune aveva pagato per vari decenni l'affitto del grande immobile in lungotevere de' Cenci 5, di fronte all'isola Tiberina, in pieno centro storico, sede allora anche dell'ordine nazionale dei giornalisti. In questo edificio aveva sede l'ufficio sfratti e patrimonio immobiliare del Comune. Quando l'amministrazione capitolina ha saputo della possibilità di prendere in affitto il palazzo di largo Loria, stranamente non ha colto l'occasione e ha preferito sperperare denaro pubblico pagando ben 9 milioni 520.000 euro lordi all'anno, anziché i 2 milioni 100.000 euro richiesti dall'INPGI. In 7 anni e mezzo di permanenza in subaffitto nello stabile di largo Loria, il Comune ha dunque complessivamente pagato più del doppio del valore stesso dello stabile, indicato nel bilancio INPGI del 2014;


dopo essere stato a lungo subaffittato, dal 2015 il palazzo di largo Loria è sfitto ed ha subito più volte anche tentativi notturni di occupazione da parte di sfrattati, di senza tetto, tanto che un commissario di polizia che era intervenuto d'urgenza è caduto al buio all'interno del palazzo ed è rimasto gravemente ferito,


si chiede di sapere:


poiché l'INPGI è una fondazione privata che esercita una funzione pubblica, com'è la previdenza, quali interventi urgenti intenda intraprendere il Governo per salvaguardare l'Istituto previdenziale, anche con iniziative normative;


se intenda intervenire per trovare una soluzione che salvaguardi il patrimonio immobiliare, anche alla luce dell'annuncio di un possibile commissariamento dell'INPGI a breve;


se ritenga di dover intervenire con la creazione di un fondo speciale presso l'INPS, simile a quello proposto nel 2003 per l'INPDAI, con "clausole di salvaguardia dei diritti acquisiti", per risolvere lo squilibrio strutturale della previdenza giornalistica tra numero di contribuenti e numero di assistiti.


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Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02624


Atto n. 3-02624 (in Commissione)


Pubblicato il 17 giugno 2021, nella seduta n. 338


LANNUTTI , PIRRO , PISANI Giuseppe , ANGRISANI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. -


 


http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Sindisp&leg=18&id=1300108


Premesso che:


l'INPGI è l'istituto nazionale per la previdenza dei giornalisti italiani ed è stato privatizzato con il decreto legislativo n. 509 del 1994. Tra tutte le casse professionali è l'unico sostitutivo dell'AGO. Dal 1951, con l'entrata in vigore della "legge Rubinacci" (legge n. 1564 del 1951), l'INPGI ha infatti garantito le prestazioni assistenziali (dal 1981 gli ammortizzatori sociali) e previdenziali dei giornalisti, pur essendo indipendente dall'INPS. E, anche dopo la privatizzazione del 1995, la sua gestione principale ha svolto tutte le funzioni proprie dell'INPS per i giornalisti dipendenti, compresa l'erogazione degli ammortizzatori sociali. Possono essere assicurati all'INPGI esclusivamente gli iscritti all'ordine dei giornalisti: qualsiasi ampliamento della platea ad altri soggetti non giornalisti deve necessariamente passare dall'approvazione di una legge dello Stato;


l'INPGI si trova da tempo in lenta e inesorabile agonia, anche a causa dello svuotamento dalle redazioni di giornalisti di quotidiani, periodici e agenzie di stampa, per effetto di prepensionamenti, susseguitisi a catena soprattutto dal 2009 in poi, con conseguente drastica riduzione dei lavoratori subordinati, assunti a tempo indeterminato, che da tempo sono stati sostituiti da giornalisti lavoratori autonomi con versamento di contributi nelle casse dell'INPGI 2. In particolare, il numero degli iscritti attivi all'INPGI è diminuito dai 18.328 del 2010 ai 14.719 del 2020. Il numero di pensioni erogate è invece aumentato da 6.992 del 2010 a 9.944 del 2020. Il rapporto tra attivi e pensionati è di conseguenza passato da 2,62 del 2010 a 1,53 del 2020. Il rapporto tra uscite per pensioni IVS (invalidità, vecchiaia, superstiti) ed entrate per contributi IVS correnti nel 2020 è arrivato al 166,31 per cento (era del 158,86 per cento nel 2019);


nel 2017 l'INPGI ha chiuso il suo primo bilancio formalmente in rosso (pari a meno 100,6 milioni di euro), la perdita di esercizio si è poi aggravata nel 2018 (meno 161,4 milioni), nel 2019 (171,4 milioni) e del 2020 (242,2 milioni). La gestione previdenziale è però in rosso dal 2011 (dal 2010 la gestione di entrate e uscite correnti), nel 2019 ha avuto un risultato negativo per 154 milioni di euro e nel 2020 per 188,4 milioni (meno 204,6 milioni nel preventivo 2021);


negli anni precedenti, a partire dal 2013, l'INPGI ha progressivamente trasferito la proprietà degli immobili al fondo immobiliare "Giovanni Amendola", di cui è l'unico azionista, e si è deciso di mettere in atto una rivalutazione del patrimonio immobiliare, un escamotage per usare le plusvalenze, fittizie, per coprire le perdite della gestione previdenziale. In parallelo è cominciata la vendita dello stesso patrimonio immobiliare, finalizzata a coprire un disavanzo. Il NAV (net asset value) del fondo immobiliare è attualmente inferiore rispetto al valore di conferimento degli immobili;


dunque il patrimonio netto, che è strettamente correlato alla riserva tecnica (quella che garantisce per legge il pagamento delle pensioni in essere), a fine 2010 era pari a 1,725 miliardi di euro, è poi leggermente aumentato nei tre anni successivi (1,788 a fine 2013), quindi è balzato a 1,906 nell'esercizio 2014, il primo successivo alla creazione del fondo immobiliare, per poi iniziare a diminuire, fino a crollare nel 2020 a 1,160 miliardi di euro (dai 1,403 miliardi del 2019);


considerato che:


il vero nodo per l'INPGI è la liquidità nelle casse, necessaria per le spese per pensioni, stipendi e costi vari. Ogni anno, i soldi che entrano per contributi IVS sono inferiori alle uscite per oltre 200 milioni di euro, cifra destinata ad aumentare anche a causa di purtroppo prevedibili chiusure, licenziamenti, crisi aziendali e dei nuovi prepensionamenti varati dal Governo con il disegno di legge di bilancio per il 2020. E senza avere ancora contezza degli effetti della crisi da COVID-19;


una delle ipotesi avanzate è quella non risolutiva dei "comunicatori", ovvero una legge che obblighi a iscriversi all'INPGI i diversi lavoratori coinvolti nell'informazione e nella comunicazione, anche non giornalisti, con trasferimento all'Istituto delle relative masse contributive oggi giacenti all'INPS. Questa soluzione, fortemente osteggiata dalle associazioni rappresentative dei comunicatori, è stata presentata come l'unica possibilità di sopravvivenza dell'INPGI;


a quanto risulta agli interrogati, i vertici dell'Istituto della previdenza giornalistica avrebbero studiato un modo per incassare quella liquidità necessaria alla sopravvivenza dell'ente, con una soluzione che consisterebbe nel trasferire gli immobili del fondo immobiliare in una SICAF (società di investimento a capitale fisso) al 51 per cento della gestione separata (INPGI 2) e al 49 per cento della gestione principale (INPGI 1). In pratica, i soldi dei giornalisti collaboratori andrebbero a "finanziare" le esigenze di cassa della gestione dei giornalisti dipendenti. In particolare, i vertici avrebbero ipotizzato un passaggio di immobili dal fondo "Giovanni Amendola" al fondo ex Hines, opportunamente rinominato, separato dal fondo immobiliare e trasformato in SICAF, con quote, appunto, al 51 per cento INPGI 2 e al 49 INPGI 1. In questo modo, sostengono i fautori della proposta, si metterebbe "a fattor comune" le risorse delle due gestioni (immobili di pregio e liquidità) per la valorizzazione e la massimizzazione dei risultati ottenibili. Tutto questo, appunto, "attraverso 'un patto' tra le due Gestioni",


si chiede di sapere:


quali interventi urgenti si intenda intraprendere per evitare il crac finanziario dell'INPGI 1;


se si ritenga necessario intervenire per scongiurare l'ennesima manovra non risolutiva, che rischia di compromettere anche le casse in salute dell'INPGI 2, manovra che si dovrebbe realizzarsi con il passaggio di immobili dal fondo "Giovanni Amendola" a un fondo separato e trasformato in SICAF;


quale soluzione si intenda avanzare per garantire le pensioni dei giornalisti italiani, considerando che la Costituzione garantisce il diritto della pensione per tutti i lavoratori;


se si intenda prevedere una garanzia pubblica per l'INPGI e i giornalisti, tornando nell'alveo proprio della legge Rubinacci. È bene per questo ricordare che la privatizzazione dell'INPGI del 1994 non ha trasformato la natura delle prestazioni: l'INPGI è una fondazione privata che comunque esercita una funzione pubblica, com'è la previdenza. Il decreto legislativo n. 509 vieta però che le casse privatizzate ricevano finanziamenti pubblici diretti o indiretti, a esclusione "di quelli connessi con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali". Ciò significa che i soli soldi che possono arrivare dallo Stato devono essere legati alla riduzione delle aliquote contributive a carico dei datori di lavoro, per esempio per incentivare le assunzioni: questi precedenti dimostrano, dunque, come sia di fatto possibile.


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Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02655


Atto n. 3-02655 (in Commissione)


Pubblicato il 24 giugno 2021, nella seduta n. 341


LANNUTTI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. -


http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Sindisp&leg=18&id=1300360


Premesso che:


l'Istituto nazionale per la previdenza dei giornalisti italiani (INPGI) si trova in lenta, graduale ed inesorabile agonia, anche a causa dello svuotamento dalle redazioni di giornalisti di quotidiani, periodici e agenzie di stampa, per effetto di prepensionamenti, susseguitisi a catena soprattutto dal 2009 in poi, con conseguente drastica riduzione dei lavoratori subordinati, assunti a tempo indeterminato, che da tempo sono stati sostituiti da giornalisti lavoratori autonomi con versamento di contributi nelle casse dell'INPGI 2. Ente che registra, invece, un boom di iscritti e con casse piene;


il 2020 si è chiuso "in rosso" per il quarto anno di fila a meno 242,2 milioni di euro. La gestione previdenziale, cioè le entrate contributive meno le uscite per pagare le pensioni, è invece negativa da 10 anni e l'anno scorso è arrivata a meno 188 milioni. La riserva tecnica di 1,144 miliardi di euro basta appena a coprire due annualità delle attuali pensioni;


quindi, nonostante, la cassa di previdenza dei giornalisti ha evitato finora il commissariamento. E ora che, a fine giugno 2021, viene a scadere il termine dell'ultimo rinvio per procedere alla nomina di un commissario dell'ente, con un chiaro mandato per la messa in sicurezza dell'Istituto, che è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e di quello dell'economia e delle finanze, è spuntato un emendamento al decreto "sostegni bis" che chiede un'altra proroga di sei mesi, fino al 31 dicembre 2021;


a giudizio degli interroganti è evidente che, se la norma dovesse passare, avrà l'effetto di dare altro tempo ai vertici della cassa di previdenza giornalistica, ma anche agli editori. Questi ultimi, infatti, non vedono certo di buon occhio un commissariamento che potrebbe frenare i prepensionamenti che si vanno preparando ora che il beneficio della "cassa COVID" è esaurito;


considerato che:


solo pochi mesi il consiglio generale della Federazione italiana editori giornali (FIEG) aveva ribadito l'assoluta insufficienza degli interventi previsti nella legge di bilancio per il 2021 a fronte di una crisi dell'editoria aggravata dalla pandemia. È bene ricordare che con la legge di bilancio erano stati stanziati 370 milioni di euro fino al 2027 per i prepensionamenti di giornalisti e poligrafici e complessivamente 109 milioni per il 2020 per la filiera editoriale. A questi si sono aggiunti 125 milioni di euro nei vari decreti emergenziali che si sono succeduti, sotto forma di crediti di imposta per gli investimenti pubblicitari, per i servizi digitali, la tax credit per le edicole oltre che una serie di misure che hanno garantito l'accesso alla cassa COVID coperta dallo Stato. La legge di bilancio per il 2021 ha consolidato questi impegni per l'ammontare di 100 milioni di euro, di cui 25 milioni per sostenere gli abbonamenti cartacei e digitali sotto forma di voucher alle famiglie con basso reddito;


il commissariamento è visto da molti come "fumo negli occhi". Tanto che sono molte le proposte avanzate finora per evitarlo. Tra queste, vi è quella che prevede l'arrivo anticipato nell'INPGI 1 di tutti i lavoratori della filiera dell'editoria, oltre ai "comunicatori", che tra privati e pubblici, raggiungono circa 14.500 addetti. Un trasferimento che è previsto dall'art. 16-quinquies della legge n. 58 del 2019, ma a partire dal 2023. Quest'ipotesi però trova indisponibili tanto gli interessati quanto i loro rappresentanti sindacali, a fronte di un problema non solo di frammentarietà delle posizioni contrattuali e quindi previdenziali dei lavoratori dell'editoria, che anzi andrebbe affrontato, ma anche e soprattutto di garanzia pubblica delle pensioni. L'ampliamento della platea degli iscritti porterebbe comunque pochi benefici alle magre casse dell'Istituto, visto che si tradurrebbe in nemmeno 20 milioni di euro di benefici all'anno per un quinquennio;


altra proposta sul tavolo messa a punto per incassare quella liquidità necessaria alla sopravvivenza dell'ente consisterebbe nel trasferire gli immobili del fondo immobiliare in una SICAF (società di investimento a capitale fisso) al 51 per cento della gestione separata (INPGI 2) e al 49 per cento della gestione principale (INPGI 1). In pratica, i soldi dei giornalisti collaboratori andrebbero a "finanziare" le esigenze di cassa della gestione dei giornalisti dipendenti,


si chiede di sapere:


quali interventi urgenti si intenda intraprendere per evitare il crac finanziario dell'INPGI 1;


 se si intenda intervenire per evitare che vi sia una nuova proroga al 31 dicembre 2021 della situazione attuale, che finirebbe per rappresentare un ulteriore motivo di depauperamento delle già provate casse dell'INPGI 1, visto che per gli editori sarebbe l'occasione per procedere con altri prepensionamenti;


se si intenda trovare una soluzione che salvaguardi l'INPGI 1 e quindi se si ritenga inevitabile e doveroso, come imposto dal decreto legislativo n. 509 del 1994, il commissariamento dell'Istituto e il relativo passaggio alla gestione pubblica, sotto l'egida dell'INPS.


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