“E questa sarebbe una Cronaca?”. La voce, inconfondibile, piombava sullo stanzone di piazza Cavour con puntualità quotidiana. E non c’era bisogno di girarsi per sapere chi avesse posto la domanda. Era il segnale che De Barberis (Carlo o Carletto, o anche Debby) era arrivato. Quello era il suo saluto: ironico e provocatorio, ma ugualmente amichevole e affettuoso. Carlo De Barberis ha attraversato da protagonista le stagioni de Il Giorno. Alla metà degli anni ‘70, nella vecchia redazione di via Fava, fra i tavoloni verdi e le macchineda scrivere, era un jolly della Cronaca: nera, bianca, ma anche “cucina”, per dare una mano ai capiservizio. Non era nel gruppo dei senatori (Rizza,Gadda, Acquarone, Delfino), ma per i più giovani era già un punto di riferimento sicuro, degno di una fiducia che lui ricambiava con consigli intelligenti e immancabili provocazioni: “Ecco, arrivano qui con le pezze al sedere, poi diventano professionisti e si montano la testa”. De Barberis era così: lavoro attento e scrupoloso, ma anche un pizzico di goliardia, distribuita senza timori reverenziali. Come quando il grande capo, Gianni Locatelli, tentava invano di sollevare la cornetta del telefono, che Debby aveva subdolamente fissato all’apparecchio con sapienti giri di nastro adesivo. Poi ci furono i lunghi anni passati a Palazzo di Giustizia e spesi, con successo, nel difficile compito di coniugare la precisione delle informazioni e del lessico giudiziario con una prosa accattivante e, quando possibile, leggera. Infine, prima del pensionamento, l’ingresso nella “stanza dei bottoni”, da caposervizio, per orientare e coordinare il lavoro degli altri. Articoli, servizi, turni di notte, ma anche un costante impegno sindacale, che De Barberis ha vissuto al Giorno, nel Comitato di Redazione, e in Lombarda, sempre con disponibilità, entusiasmo e con ineccepibile onestà.
Al di fuori del giornale però la sua grande passione era il mare. Skipper di provate capacità, aveva cominciato a muoversi “in società” con altri colleghi (Giancarlo Rizza e Adalberto Falletta) per poi passare ai lunghi viaggi in solitaria (qualche volta anche con il suo cane), fino ad arrivare alla traversata del Tirreno, dalla Liguria alla Sicilia. Avventure, guai, difficoltà, emozioni, che poi, soltanto se sollecitato, riferiva, da buon cronista, ai colleghi. Ed è impossibile dimenticare il racconto dell’incontro-scontro notturno con una balena. Dormivano tutti e due. Carlo sottocoperta, con la strumentazione automatica in funzione. La balena a pelo d’acqua. E, all’impatto, tutti e due si svegliarono di soprassalto. Così lui, scaraventato giù dalla cuccetta, fece in tempo a salire e vedere la grande coda della balena, che, scocciata, si inabissava. Carlo ci rideva, ma se quella coda avesse colpito la barca…
Ed è stato ancora il mare a riempire gli anni della pensione, con il grande balzo: la prora sulla Costa Azzurra, il trasferimento ad Antibes, la progressiva francesizzazione. Nuovi viaggi, ma negli ultimi tempi, anche tanto tempo passato sulla barca ormeggiata: a controllarla, custodirla, sistemarla, pur sapendo che non si sarebbe più mossa. Infine gli anni della sofferenza, fra la dialisi e l’attesa di un trapianto che non è mai arrivato. E lì, ad Antibes, ieri ci ha lasciato per l’ultima volta. Ciao Debby.