11.12.2020 - Da una situazione di crisi, si dice, possono aprirsi, dopo lutti e sciagure, notevoli prospettive di riscatto. Civile, sociale, politico, economico. È l'ottimismo della ragione. A suggerirlo - non è uno sterile afflato consolatorio - è il retaggio antico della tragedia classica.
Ed è, anche, la vulgata ricorrente, nei secoli, della tradizione, tramandata dalla saggezza popolare. Dopo la peste una luce nuova inizio' ad illuminare il mondo. Dal buio del Medioevo, via via, spuntò la fiamma del Rinascimento, l'alba dell'era moderna. Le streghe, i pregiudizi, le superstizioni entrarono nel libro fatuo delle leggende. Venne avanti la scienza, si fece strada Galileo, tre caravelle violarono l'incognito della colonne d'Ercole. E scoprirono l'America. E venne pure la riscoperta dei classici.
Dopo l'immane dramma della seconda guerra mondiale, alle distruzioni seguì il grande
positivo sforzo della ricostruzione, alla miseria e alla povertà pose rimedio il miracolo
economico, alle ingiustizie sociali una nuova stagione dei "diritti". Dalla notte della barbarie alla civiltà dell'umanesimo. Dal male alla prorompente gioia della vita. Della Libertà.
Ma il destino dell'uomo cambia con il mutar dei tempi. Il nuovo millennio si è aperto
dinnanzi a una temperie di decadenza, che avvolge una società umiliata dall'ignoranza - "con la cultura non si mangia", vaneggia una canea montante di incolpevoli imbecilli - lo sfrenato
edonismo dei consumi genera egoismo, superficialità. Ognuno pensa a se stesso. Arretrano le "competenze". Tutti dissertano di tutto. Viene irrisa la scienza. Trionfa, soprattutto, solo il sapere del dottor Google. Con buona pace dei cretini.
Tempi duri, dunque, pericolosi. Ma la Speranza non può, non deve morire. Del resto, per chi sa leggere i messaggi dell'Olimpo, c'è perfino l'annuncio implicito di Minerva e di Seshat, dee della saggezza, della conoscenza e della sapienza che, per contrastare il virus, hanno dato incarico a un giovane ministro, della salute, che quel nome propiziatorio, Speranza, lo ha fatto proprio. Sarà vinta la orribile pandemia che ha falciato milioni di persone. Requiem per una intera generazione di anziani, portatori di esperienza e di valore, crudelmente sottratti alla vita. Sarà vinta anche la "cultura dello scarto" e dell'indifferenza - denunciata da Papa Francesco - che quegli anziani, superstiti, considera inutili ed ingombranti. E vorrebbe lanciarli, anche solo metaforicamente, dalla Rupe Tarpea. Tornerà ad emergere, finalmente, una società solidale che si prende cura dei deboli, che soccorre il prossimo in difficoltà. Che condivide ed integra il meritorio impegno di migliaia di volontari ogni giorno in trincea, anche solo recuperando antichi slanci di "pietas" umana, restituendo senso civile e dimensione morale a una comunità in larga parte corrotta. Per egoismo, per superficialità e, ripeto, per sostanziale, incolpevole, ignoranza. Che pure, quest'ultima, è una sindrome erniciosa, una sorta di "peste" della coscienza (perciò senza colpa ma grave e di difficile cura) che colpisce buona parte del corpo sociale. E se ne avvertono, purtroppo, le conseguenze in ogni ambito della vita pubblica. È' malata anche la politica. E lo è perché il contagio viene dalla società che la esprime,
se è vero, come è vero, che il Parlamento è eletto a suffragio universale, che l'esecutivo è sorretto da una maggioranza parlamentare. E quel che è peggio trovano abbondante pascolo populismi di varia natura, i "leghismi" e le fratellanze fascistoidi, i "sovranismi" , patologie dello spirito che sconfinano nello sciovinismo fomentatore d'odio nei confronti del "foresto" e del "diverso", popolati da figure di miserabili demagoghi, interessati solo a seminar zizzania e scompiglio nella soave corte della convivenza civile. Legittimati, purtroppo - ecco il segno
della decadenza che ci affligge - da una malintesa dichiarazione di imparzialità dei media in generale e dei "talk show" televisivi, ignari di ogni imperativo deontologico, che riservano loro, sempre, ampie finestre aperte dalle quali si affacciano, con ipocrita veste professionale di commentatori politici, a sputare invereconde, distruttive, sentenze. cosa è la politica? È - dovrebbe essere - la scienza che regola la vita sociale, è moralità attiva, è informazione corretta, è sentimento intellettuale. Il demagogo non può essere "politico"; rappresenta semmai, nel migliore dei casi, l'antipolitica. È antitetico ai principi
dell'organizzazione, è promotore di disordine sociale, pesca nel torbido per finalità
utilitaristiche, diffonde false notizie. È' animato da spirito di potenza e di sopraffazione. Arriva il vaccino anticovid: "non vaccinatevi - dice - è dannoso alla salute, subirete pesanti conseguenze. Non indossate la mascherina, serve solo a farvi respirare male". E, ancora, si oppone – ancorchè indegnamente asssiso nelle istituzioni - alle misure restrittive finalizzate a contenere il virus dilagante. "Liberi tutti, grida, non ascoltate i portatori di sventure, aprite i negozi, i ristoranti, le piste da sci, le discoteche. Gli scienziati mentono, sono complici di un complotto per distruggere l'economia!".
Davvero, una volta sconfitto il virus, potremo vedere l'altro effetto, positivo, offerto dal Covid in ritirata, ovvero un mondo migliore, rigenerato, riscattato, finalmente, dalle suggestioni del male? È bello pensarlo. Forse si tratta solamente di una illusione. Ma, all'orizzonte, vedo muoversi un'ombra, in controluce si staglia la figura di Enea, che abbandona le rovine di Troia, portando sulle spalle il vecchio padre Anchise. E tiene per mano un bambino, il figlio Ascanio. Enea fugge da un presente tragico.. Va in cerca di un futuro di pace. Regge il fardello dell'anziano genitore. Perché sa che non potrà andare avanti senza la memoria e l'esperienza del passato