Home     Cercadocumenti     Chi è     Link  

Cerca documenti
Cerca:
in:


Documenti
Attualitą
Carte deontologiche
CASAGIT
Corte di Strasburgo
Deontologia e privacy
Dibattiti, studi e saggi
Diritto di cronaca
Dispensa telematica per l’esame di giornalista
Editoria-Web
FNSI-Giornalismo dipendente
Giornalismo-Giurisprudenza
  » I fatti della vita
INPGI 1 e 2
Lavoro. Leggi e contratti
Lettere
Ordine giornalisti
Premi
Recensioni
Riforma professione
Scuole di Giornalismo e Universitą
Sentenze
Storia
Tesi di laurea
TV-Radio
Unione europea - Professioni
  I fatti della vita
Stampa

Amanzio Possenti rievoca la figura storica del suo direttore, monsignor Andrea Spada, per 51 anni responsabile dell'Eco di Bergamo.

L‘1  dicembre di 16 anni fa moriva monsignor Andrea Spada, 96 anni, storico direttore per 51 anni del quotidiano ’l’Eco di Bergamo’. La morte avveniva a Schilpario, suo paese natale. A Bergamo,  commemorazione martedì 1 dicembre nella Chiesa delle Grazie.


Andrea Spada, mito del giornalismo a detta di molti colleghi, leggenda vissuta nella realtà per chi, come il sottoscritto, gli è stato accanto per lunghi anni a ‘L’Eco di Bergamo’, la creatura tanto amata. Ricordandone le singolarità umane e professionali, devo sottolinearne - al di là della nitida e scultorea scrittura, di rara sensibilità, chiarezza e armoniosa bellezza di stile negli editoriali - l’impegno forte e generoso  nell’assicurare certezza di  continuità al giornale.


Furono anni duri quelli fra il ’60  e il’70, dei quali seppe tenere per sé – neanche la redazione ne fu mai informata -  l’enorme sforzo  personale segnato, nel silenzio operoso, da fondati  timori di non farcela: confidando nella Provvidenza, che non  gli mancò mai, e dedicandosi ad avvicinare al quotidiano persone giuste, capaci di dare fiato e spinta efficace  in momenti critici, fece uscire ‘l’Eco’ dalle secche di una condizione  preoccupante; e avviò ai successi  nell’incremento costante degli abbonamenti e delle copie vendute. Rinacque un ‘Eco’ ad alto livello, anche grazie alle tecnologie offset.


Era tale il carisma da consentirgli non solo di essere il numero uno del ’suo’ giornale – lo era in modo indiscutibile, riconosciuto Maestro da colleghi autorevoli, in primis Indro Montanelli -   ma da essere atteso dai lettori nel tradizionale appuntamento domenicale in prima pagina. Scriveva gli editoriali il pomeriggio del sabato, nel suo ufficio in fondo al lungo corridoio, nel silenzio totale della redazione; i suoi commenti  avevano  il dono  del graffio cristiano-umano sulla realtà senza mai essere  né tiepidi né confessionali. Così come gli elzeviri di terza pagina, preparatori - mirabili - della riforma liturgica e della Messa in italiano dopo il Concilio.


 Un pizzico di ‘ bergamaschità’ convinta e mai nascosta e un animo sereno gli permettevano di entrare nel gusto della gente, con affetto. Sapeva come ‘fare il giornale’, badava ai titoli e alla qualità espressiva dei testi: raccomandava, negli incontri con i redattori e nelle lettere che ci inviava circa il comportamento sulla notizia, regina della informazione: ‘articoli secchi, scritti bene, completi, senza trionfalismi, fronzoli o  astruserie pseudo letterarie’. Precisava: ‘come si fosse seduti al bar con amici e si narrasse un episodio di cui si è stati testimoni’.  Il titolo, vera vetrin? Occorreva sentirlo dentro di sé ‘nel linguaggio semplice  possibilmente solo con sostantivi’.


Si faceva accompagnare tutte le mattine da mio fratello Renato, capocronista, passeggiando in viale Roma con l’Eco sottobraccio ed evitando quanti lo riverivano (ne era infastidito)  o lo complimentavano (  tagliava subito corto ) e da Renato si faceva raccontare la cronaca della vita cittadina, alla quale partecipava raramente, essendo riservato, da valligiano scalvino. Voleva bene a noi redattori, severo sul lavoro: a me è capitato più volte che mi telefonasse di mattino presto facendomi una risoluta (e meritata) ramanzina poiché aveva  trovato articoli poco graditi  o titoli non  chiari nelle mie pagine. Poi mi invitava ad andare a pranzo con lui -‘a disnà - per sanare a tavola la situazione del rimarco.


Nell’oltre mezzo secolo di guida del giornale, recordman   assoluto - dal 1938 (prima della guerra, durante la quale fu cappellano militare sommergibilista, lui nato in mntagna) sino al 1989 -   ha lasciato testimonianze auree sulla professione del giornalista. Le esprimeva talvolta in dialetto: guardare, capire, scrivere senza enfasi, in buon italiano, essere testimoni mai protagonisti, leggere molto dei colleghi   e rispettare tutti, lettori e notizia, con spirito cristiano.  Quelle ‘regole’ restano ancora e sempre le mie.


AMANZIO POSSENTI





Sito aggiornato al 5 febbraio 2025
GiĆ  editore/proprietario/direttore: Franco Abruzzo (3.8.1939-12.4.2025) Per qualsiasi informazione rivolgersi a Vittoria Abruzzo vittoria.abruzzo@gmail.com
Ā© Copyright 2003-2025 Franco Abruzzo, successori e rispettivi titolari - Tutti i diritti riservati
Provider-distributore: Aruba.it SpA (www.aruba.it) - piazza Garibaldi 8 / 52010 Soci (AR)