Cassazione: l'INPGI batte la ULSS 21 di Legnago (Verona) per i contributi previdenziali dovuti per il giornalista che ne curava la comunicazione.
di PIERLUIGI ROESLER FRANZ
21.8.2020- Le prestazioni di giornalista addetto al servizio stampa di un ente pubblico non economico esulano dal contratto d'opera professionale ed integrano un rapporto di lavoro dipendente, qualora vengano svolte con continuità, vincolo di subordinazione e retribuzione determinata, nonché con stabile inserimento del giornalista medesimo nell'ambito dell'organizzazione pubblicistica dell'ente. In sostanza l'adibizione al servizio stampa di un ente pubblico non qualifica di per sé il rapporto di lavoro nel senso dell'autonomia, dovendosi valutare in concreto l'esistenza o meno della subordinazione, che spetta al giudice accertare.
Applicando questi principi la Sezione Lavoro della Cassazione con ordinanza n. 16931 depositata ieri 12 agosto 2020 (Presidente Guido Raimondi, relatore Federico Balestrieri), scaricabile dal sito http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20200812/snciv@sL0@a2020@n16931@tO.clean.pdf , ha definitivamente dato ragione all'INPGI, assistito dall'avvocato Marco Gustavo Petrocelli, confermando la precedente sentenza della Corte d'appello di Roma che aveva condannato la ULSS 21 di Legnago (Verona) a pagare 105 mila euro per contributi omessi relativi al giornalista Stefano Cucco, che curava la comunicazione, perché era stato da essa erroneamente inquadrato come collaboratore autonomo. E' stato così confermato quanto avevano accertato gli Ispettori dell'INPGI che avevano, invece, inquadrato il rapporto di lavoro come dipendente.
Va tuttavia sottolineato il grave ritardo registrato tra la decisione di appello e quella della Suprema Corte: ci sono voluti addirittura 6 anni, una tempistica inaccettabile nel 2020 che viola le ripetute e univoche direttive della Corte Europea per i diritti dell'Uomo.
P.F.
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