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#CrisiInpgi1. Favole/2 I comunicatori? Non salveranno le nostre pensioni.La legge sull’ingresso (dal 2023) di altre figure professionali è vaga. E prevede una nuova, pesante riforma subito dopo le elezioni. Ma nessuno lo dice. E voi, vi fidate ancora? Seconda puntata sulle favole che ci hanno raccontato e ci raccontano ancora.
di Daniela Stigliano/Giunta Fnsi e consigliera uscente del Consiglio generale Inpgi (candidata per Sos Inpgi-Garanzia pubblica per le pensioni)
6.2.2020 - La formula magica è: ingresso dei comunicatori nell’Inpgi. Una specie di abracadabra capace di riportare l’oro nelle casse di via Nizza rimaste a secco. È questa la favoletta bella che raccontano molti candidati della maggioranza dell’Inpgi e della Fnsi (e pure ahimè qualcuno di una presunta opposizione) e che i vertici dell’Istituto e del Sindacato stanno portando in giro per l’Italia, come una Madonna in processione, in un tour elettorale senza contradditorio alcuno, come si conviene a chi rivendica democrazia (in casa altrui).
Peccato che neppure l’arrivo dei comunicatori o di chi per loro, nel 2023 o prima, potrebbe salvare l’Inpgi e le nostre pensioni: servirebbe solo a prolungarne l’agonia ma conservando, per qualche anno, poltrone e lauti compensi della maggioranza. A meno di non trasferire in via Nizza tutti gli iscritti all’Inps, punto che non sembra essere all’ordine del giorno e che neppure la presunzione di alcuni è finora arrivata a pensare. Oppure di pretendere e assicurarsi la garanzia pubblica delle nostre pensioni, come chiediamo noi di Sos Inpgi.
A dirlo sono numeri e fatti, tutti verificabili dai documenti ufficiali. Leggeteli, prima di decidere a chi consegnare l’Inpgi con il vostro voto alle elezioni di febbraio.
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