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Il risotto alla milanese raccontato da Emilio Magni in “El risott cun l’unda” (Mursia).

5.12.2019 - Con altri mangiari antichi della cucina lombarda c’è il risotto giallo alla milanese, quello con lo zafferano, che, assieme alla “cassoeula”, la ”busècca”, l’osso buco sta resistendo, o addirittura disinvoltamente arginando la massiccia e irriverente ondata di cibi americani. Per coloro che amano la cucina tradizionale, Emilio Magni ci racconta del risotto alla milanese nel suo ultimo libro “El risott cun l’unda”, edito da Mursia (il nono libro pubblicato da questa casa editrice), per la collana “Golosia”. Dopo aver esplorato nei ricordi di antichi mangiari contadini ormai quasi completamente dimenticati come la “mazzafamm” di Lezzeno, dopo aver scritto della appetitosa “cassöeula” quasi fosse una dea popolare scesa dall’Olimpo per esaltare la “Pacciada” breriana  e compiacere all’epiglottide del popolo, Magni si è eccitato per il risotto giallo. Ci rivela che il vero risotto alla milanese deve essere servito con l’onda, ovvero non deve essere né troppo asciutto, tantomeno brodoso: «El dev avècch l’unda», raccomandano i cuochi e gli appassionati della cucina meneghina. A differenza della “cassöeula”, e di altre pietanze della tradizione contadina, il risotto giallo non è nato nella povertà, grazie alla fantasia della “resgiura”. “El risot cun l’unda”  è geminato nelle cucine dei ricchi perché  preziosi sono alcuni suoi ingredienti: il burro, il brodo di manzo e di gallina, lo zafferano, il midollo di bue,con generose grattugiate di parmigiano reggiano. “El risott” ha furoreggiato per secoli e ancora appassiona il popolo. E’ diventato addirittura  un mito delle plebe più trasgressiva. Qualche vecchio “ligera”, sopravvissuto al tramonto  della Milano popolare, povera ma assai gaudente, racconta che era nelle osterie della “mala” dove i “pranzett eran propri bôn”. Entusiasmava in questi templi pagani pieni di fumo, di olezzi di pietanze e di droghe, dove talvolta incombevano baruffe, risse e balenava qualche coltello, il risotto alla milanese, quello con lo zafferano, el “risott giald”, meglio ancora “el risott cun l’unda”. Sul “risotto alla milanese”, la cui ricetta garante è depositata a Palazzo Marino, vi hanno furoreggiato “penne nobili” come Carlo Emilio Gadda, Gianni Brera, il comasco e delizioso Aldo Buzzi il quale ha una sua ricetta “versione lariana”.  Cuochi famosi hanno stilato la loro ricetta.

    Con questo libro ho ritrovato l’elegia del “risott cun l’unda” gironzolando negli emozionanti ricordi delle vecchie osterie milanesi, ascoltando racconti di antica “gente” che nel bene e nel male fu interprete, per non dire “eroina” di questo bel mondo sdraiato un po’ di qua, un po’ di là dei Navigli, con dilatazioni morbide in altri quartieri popolari. Ecco qui in queste pagine, dunque il variopinto e allegro popolo che ha cantato e suonato le vere canzoni  della “mala” e che ci ha dato dentro con i “pranzett”, dove era sempre trasgressione.  “El risott cun l’unda”  è dunque protagonista di storie vere, altre colorate e ingarbugliate dalla fantasia, alcune delle quali arrivano fino a molto lontano nel mondo, comunque sempre nate intorno a tavoli coperti di cerate delle osterie “de Milan”.

Racconto infine che “el risott cun l’unda” è ancora orgoglio in alcune trattorie milanesi e dei dintorni.

 

 

 

 




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