Roma, 1 gennaio 2019 - A distanza di 12 anni dai fatti é divenuta definitiva la condanna per colpa grave inflitta dalla Corte dei Conti all'ex sindaco di Milano Letizia Moratti, alla sua giunta e ad alcuni dirigenti comunali a versare complessivamente poco più di un milione di euro per il danno erariale causato per le 'consulenze d'oro', connesse all'assunzione senza i necessari presupposti di 6 addetti stampa e al conferimento di 11 incarichi professionali esterni e di consulenze presso il Comune lombardo assegnati a non laureati. E' l'effetto della sentenza inappellabile con cui le Sezioni Unite Civili della Cassazione hanno respinto, dichiarandolo "inammissibile", il ricorso dell'ex sindaco di Milano all’epoca sostenuto dal centrodestra.
In primo grado la Corte dei Conti della Lombardia nel 2009 aveva quantificato un risarcimento di circa 360 mila euro complessivi a carico degli incolpati, di cui 132 mila di spettanza della Moratti. Ma sette anni dopo su ricorso della Procura della Corte dei Conti della Lombardia l'indennizzo era stato triplicato dalla Corte dei Conti centrale d'appello di Roma, utilizzando i criteri del sindacato di ragionevolezza economica sulla scelta discrezionale della pubblica amministrazione. L'ex primo cittadino di Milano ed altri 21 incolpati, tra cui l'ex vicesindaco Riccardo Decorato, erano stati così condannati a risarcire all'erario complessivamente 1.082.674 euro. Metà della cifra, cioé 591 mila euro, era stata addebitata alla Moratti in relazione a due voci di spesa: gli 11 incarichi dirigenziali esterni assegnati a non laureati e la nomina di alcuni addetti stampa pagati 'troppo'.
I fatti risalgono al maggio 2006 quando la giunta di Palazzo Marino deliberò le 'consulenze d'oro'. Inizialmente la Corte dei Conti aveva contestato quattro ‘voci’ di spesa: il conferimento di 11 incarichi dirigenziali a soggetti esterni senza i requisiti richiesti; la nomina di Carmela Madaffari a dirigente responsabile della Direzione Centrale Famiglie e Politiche Sociali con più di 217 mila euro all'anno nonostante alcuni "infortuni professionali" e la sua sospensione da direttore generale dell'Asl di Locri; il doppio stipendio e il doppio incarico assunti da due dirigenti che erano già consiglieri regionali; l'assunzione e l'indebito inquadramento dirigenziale di 6 addetti alla comunicazione di Palazzo Marino per rimpolpare l’ufficio stampa che aveva così raggiunto quota 20 dipendenti.
I giudici contabili avevano riscontrato nell’operato di Letizia Moratti “il connotato della grave colpevolezza, ravvisabile in uno scriteriato agire, improntato ad assoluto disinteresse dell’interesse pubblico alla legalità e alla economicità dell’espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo spettante all’organo di vertice comunale”. I magistrati di viale Mazzini avevano anche confermato la “grave colpevolezza della condotta” in capo a tutti gli assessori che allora votarono le delibere con cui erano state conferite le cosiddette ‘consulenze d’oro’ per le quali era anche stata avviata un’inchiesta in sede penale da parte della Procura, poi archiviata.
La Corte dei conti, operando un'analisi specifica dei requisiti soggettivi di ciascuno dei sei dirigenti esterni del Comune di Milano in argomento, era pervenuta alla conclusione secondo cui nessuno dei nominati era in possesso delle specifiche competenze professionali richieste dalla legge, ritenendo di identificare in competenze di tipo tecnico in senso ampio (cioè adeguate ai diversi incarichi da ricoprire), considerando irrilevanti al riguardo le esperienze politiche. Con lo stesso metodo e per analoghe ragioni la Corte dei conti aveva affermato l'insussistenza dei presupposti stabiliti dalla legge n. 150 del 2000 e dal regolamento attuativo d.P.R. 21 settembre 2001, n. 422 nei confronti dei sei addetti all'Ufficio Stampa, escludendo anche l'applicabilità del meccanismo dello spoils system per gli addetti in posizione di staff, così come per i dirigenti cui erano stati affidati incarichi di natura gestionale.
Le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte, presiedute da Angelo Spirito, con sentenza n. 33365 del 24 dicembre scorso, scaricabile cliccando su http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20181224/snciv@sU0@a2018@n33365@tS.clean.pdf , hanno ribadito che, in applicazione dell'art. 111 della Costituzione, non é possibile impugnare le decisioni della Corte dei Conti Centrale d'Appello se non per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. Ma non é questo il caso. Di qui la definitività delle condanne al risarcimento per danno erariale.
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
Cassazione Sezioni Unite Civili Sentenza n. 33365 del 24 dicembre 2018 (Presidente Angelo SPIRITO, Relatore Lucia TRIA) - IN http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20181224/snciv@sU0@a2018@n33365@tS.clean.pdf