La prima edizione di questo volume, Il lusso di sognare l’Italia, con una selezione tra 30 mila lettere di italiani emigrati nei diversi Paesi del mondo, arrivò nelle librerie nel lontano 1990. Pensate, proprio mentre l’Italia entrava per la prima volta nell’emergenza profughi: il 13 luglio di quell’anno a Brindisi erano sbarcati da una nave “carretta” 4.000 albanesi, primo segno dell’esodo biblico dai Balcani. Se oggi, nell’avanzato terzo millennio, ritengo giusta la decisione dell’editore Schena di ripubblicare questa storia dimenticata da chi è nato nell’ultimo dopoguerra e sconosciuta alla nuova generazione di italiani, è perché queste pagine profumano di attualità. Illuminano anni in cui milioni di nostri connazionali lasciarono le loro terre, con le valigie tenute insieme dallo spago, per raggiungere altrove il lavoro e la fortuna e ricordano a noi fortunati che abbiamo vissuto in un’Europa senza guerre, cosa sia una guerra, cosa un dopoguerra, cosa, ancora, esserne usciti - e non per nostri meriti, non del tutto - cadendo dal lato giusto dell'Europa. Quello delle libertà.
Ci fanno riflettere sull’attualità del tema “emigrazione degli italiani” che cresce più dell’immigrazione straniera: secondo gli impressionanti dati elaborati dal Centro studi Idos (organizzazione indipendente sponsorizzata tra gli altri da Unar, Caritas e Chiesa Valdese) nel 2017 se ne sono andati dall’Italia per fare nuove esperienze lavorative e formative circa 285 mila cittadini, più del 30 per cento con la laurea in tasca (per il loro percorso di studi lo Stato aveva investito oltre 9 miliardi), due su tre non ritornano più. E’ una cifra che si avvicina al record dell’emigrazione nel Dopoguerra, quello degli anni Cinquanta, quando a lasciare il Paese erano in media 294 mila italiani l’anno (risale ad allora il film del regista Pietro Germi dall'eloquente titolo Il cammino della speranza).
Ma soprattutto è attuale e merita di essere riscoperto, in tempi di crisi dell’editoria e del mestiere di giornalista, l’autore del libro, quell’Annibale Del Mare che avevo imparato ad apprezzare come puntuale corrispondente della Gazzetta del Mezzogiorno da Milano quando, nei primi anni Settanta, ho lavorato agli Interni di quell’amato quotidiano di Puglia e Basilicata dove mi aveva chiamato (e per questo gli sono stato sempre grato) il direttore Oronzo Valentini.
Mi aiuta a parlare di lui, Annibale, una foto che ho sott’occhio, pubblicata su una copia arretrata della Gazzetta procuratami da Nicola Mascellaro, l’attivo ed efficace custode della memoria di quel quotidiano: la foto mostra l’incontro avvenuto nell’ottobre 1943 a Bari tra Annibale, ripreso in uniforme di capitano dell’Esercito di Liberazione, con il colonnello Ian Munro, capo del servizio stampa del P.W.B. (Psychological Warfare Branch, del Quartier generale alleato) che sovrintendeva all’attività della stampa, della radio e delle informazioni. La figura di Munro mi suggerisce di procedere cercando, nel disegnare un ritratto di Annibale, di rispondere alla cosiddetta regola delle 5 W che guidano lo stile giornalistico anglosassone: Who? («Chi?»); What? («Che cosa?»); When? («Quando?»); Where? («Dove?»); Why? («Perché?»).
Dall’8 settembre all’editoria della fratellanza. Quando muore in una casa di cura milanese, a 96 anni, il 24 gennaio del 2011, pochi collegano la notizia di quella scomparsa alla figura di un gigante della stampa italiana. Eppure Annibale lo era stato. Giudizio di chi, da giovane, lo aveva avuto come lontano maestro? No, è il ritratto che trovo delineato nei ritagli del mio archivio. Per esempio, sentite che cosa scrive di lui il 24 gennaio 2013 il Corriere della Sera, a firma di Carlo Baroni: “Intanto lui c’era quando la Storia decise di prendere la strada giusta. Aveva 30 anni, di cui 5 passati sotto le armi, gli occhi del cronista e la smania di un Paese che si sentiva nuovo. Dietro c’erano le macerie di una guerra che non voleva finire, davanti la certezza di potercela fare. ‘Il popolo italiano è assetato di verità dopo tanti anni di menzogne’: questo l’attacco dell’articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 28 ottobre 1943. La firma era quella di Annibale Del Mare, Poche righe per dire che era stata ripristinata la libertà di stampa. Il segnale che niente sarebbe stato più come prima”.
Annibale visse in primo piano con le forze anglo-americane quegli eventi politici dei giorni seguiti all’armistizio dell’8 settembre 1943. Lo ha fatto, come egli stesso ha scritto, essendosi trovato a vivere “per fortunate e fortunose vicende in una posizione non marginale di osservatore e testimone e, talvolta, persino di improvvisato, o quasi, protagonista, di fatti non secondari del Regno del Sud, a Brindisi e a Bari”.
Nato a Savona il 13 luglio 1914 da genitori cremonesi, s’era laureato in Lettere moderne all’Università Cattolica di Milano. Richiamato alle armi come ufficiale nell’ottobre 1940, fu inviato in Puglia con una divisione antisbarco. Da capitano dell’esercito partecipò così alla guerra di liberazione dai nazisti (dopo l’8 settembre 1943) a fianco degli eserciti alleati, facendo parte dell’Ufficio stampa del governo presieduto da Pietro Badoglio, meritandosi anche una Croce di guerra al merito.
In quei giorni, poi, conobbe un altro personaggio che gli sarebbe stato amico e che ne avrebbe arricchito - in seguito – il cammino professionale: Aldo Moro. Nato a Maglie (Lecce), anche il futuro leader democristiano, all’epoca capitano dell’Aeronautica, ebbe contatti con l’ufficio stampa del governo Badoglio. Del Mare lo descrisse in uno dei suoi libri di maggiore successo (“Italia dopo”, 1975) come “sempre elegante, alto, bello, nei lineamenti e nel portamento, figurava certamente come uno degli ufficiali più brillanti e affascinanti del porto di Bari”. Moro, destinato a diventare un pilastro della Repubblica, è sempre stato nei suoi pensieri, e profondo fu il suo dolore (come di tutta l’Italia civile) derivatogli dal rapimento dello statista con lo sterminio della sua scorta e dal suo successivo assassinio da parte dei terroristi nel 1978.
Fin nei più sperduti villaggi dell’Amazzonia. In Puglia Annibale incontrò i militari americani e fece amicizia anche con molti figli e nipoti di emigranti italiani che erano andati a cercare fortuna al di là dell’Atlantico. Italiani nel cuore che, una volta tornati in America, avevano cominciato a scrivergli, chiedendogli sempre più notizie, informazioni, documentazioni sull’Italia lontana. Andavano ascoltati per farli sentire meno lontani. Che fare? Idea: un giornale. Per questo fondò nel 1948 il mensile “Cronache d’Italia”, “per far conoscere il volto sereno del paese, diffondere fiducia nella patria dopo il disastro della guerra, il fallimento del fascismo e il difficile avvio della rinascita delle istituzioni e della vita sociale”. Una missione, un impegno a cui tenere fede per sempre. Mensilmente arrivavano le sedici pagine con le notizie del Belpaese per i 5 mila italiani che erano stati costretti a lasciarlo. Arrivavano fino nei più sperduti villaggi della foresta amazzonica, da cui l’emigrante Lucchetta Germano gli aveva scritto in traballante italiano questo semplice ma poetico pensiero da cui deriva il titolo di questo libro: “Siamo uomini nudi e sporchi di questa tara rossa ma quasi ogni note si prendiamo il lusso di sognare la nostra bela Italia”.
Divenne il giornale più letto del mondo, esperienza che andò avanti fino al dicembre 1963. Del Mare rispondeva personalmente a ogni lettera, provava a risolvere problemi, dava una mano ai nostri emigranti. Un “ministro degli Esteri” più vicino alla gente e con la porta sempre aperta a ogni richiesta. Un gigante buono dell’editoria che richiamava l’attenzione dei giornalisti della carta stampata e della televisione più bravi dell’epoca.
Grande sostegno dai giornali. Edilio Rusconi, direttore di Oggi (storico settimanale che con prezioso slancio ha sempre sostenuto il suo lavoro, e - una delle tante coincidenze – anni dopo anche il mio) incaricò Vittorio Buttafava di intervistarlo nella sede della sua casa e bottega, in via Vincenzo Vela a Milano (laddove oggi sorge l’impresa creativa Streamcolors creata da mio figlio Giacomo e dalla sua sposa Giuliana) e pubblicò un’intera pagina dal titolo “Fa da solo un giornale: un giovane milanese dirige, scrive, finanzia e spedisce l’unico giornale per gli italiani all’estero” (il testo integrale lo trovate a chiusura del libro). Giorgio Vecchiato sul Popolo: “Il giornale più diffuso al mondo non è il Times, ma Cronache d’Italia e nasce alla periferia di Milano” (oggi via Vela è a due passi da piazzale Loreto, in centro, Ndr). E Milano Sera gli appunta una medaglia insolita sul petto: “Annibale Del Mare scrive da solo un giornale per gli italiani all’estero. Il Fregoli del giornalismo: direttore, redattore, fattorino”. Ad aiutarlo a riempire le pagine di storie e dati utili, oltre alla moglie Liana, una figura inedita: il “corrispondente consolare”, un incarico del tutto onorifico e quindi non retribuito, che comportava il compito di collegamento tra la collettività italiana del paese estero e l’ufficio consolare più vicino.
Quella “porta sempre aperta” evocatami dalla figlia Serenella era il simbolo della sua apertura nella cultura e nella sua mente. Uno spirito d’iniziativa non comune. Capace di fargli organizzare tra il 1955 e il 1974 ben 910 spedizioni per esportare l’italianità. Nasceva la “Nave del ricordo fraterno”, 500 mila buoni libri arrivati per donazioni cospicue e ripetute dei grandi editori, Rizzoli e Mondadori in testa, distribuiti in 60 Paesi, con la nascita di 2.500 bibliotechine e sale di lettura italiana nelle locali biblioteche.
Il galateo dell’emigrante. Nel 1955 vide la luce l’iniziativa “Tricolori nel mondo” e, con la collaborazione del Comitato milanese “Onore alla bandiera”, per dieci anni spedì in tutto il mondo, a chiunque ne facesse richiesta, migliaia di tricolori. Poi le tante collaborazioni a giornali, con la direzione del quotidiano La Patria e la collaborazione con testate quali L’Italia, Nuovo Corriere della Sera, La lettura, Corriere lombardo, Il Giornale della sera, La Nazione, Il Gazzettino, Oggi e Gente, oltre alla citata Gazzetta pugliese. Inoltre creò e diresse la rivista Italy’s Life, in lingua inglese, per far. conoscere anche negli Stati Uniti la ripresa economica dell’Italia nel secondo dopoguerra e si dedicò alla produzione libraria con L’Italia libera e la sua politica estera, Storia d’Italia dopo l’8 settembre, La guerra è passata – I partiti dicono, Al calar del sole, Italia dopo e, prima di varare Il lusso di sognare l’Italia, “Buona fortuna, Emigrante”, un manualetto-guida dalle dimensioni tascabili che, in sole 40 pagine, affrontava con parole semplici e amichevoli i temi della figura e del destino di chi espatria. I titoli di alcuni capitoli? “Ogni uomo ha un posto nella vita e nel mondo”, “Tu sei l’Italia”, “Nel tuo mestiere puoi essere qualcuno”, “Difendi i tuoi risparmi”. Insomma, una sorta di galateo dell’emigrante, che fu stampato e ristampato in centinaia di migliaia di copie. (Gran parte della documentazione, 26 buste e 8 scatole per uno sviluppo di 8 metri lineari, è stata donata da Annibale e conservata nell’Archivio di Stato di Milano “perchè le carte avessero una casa duratura e una compagnia degnissima").
Il grande cuore di Milano. Chi ha dato ad Annibale la forza di realizzare tutte queste iniziative? La curiosità viene esaudita da Pasquale Satalino, giornalista che ha legato la sua vita alla Fiera del Levante, a Bari e al Sud intero. “Le sue energie fisiche non bastavano certamente e men che meno le sue disponibilità finanziarie. La risposta la dà egli stesso, semplicemente: ‘Tanti e tanti, specie nella nostra Milano, che consideravo allora l’unica città in cui anche l’impossibile poteva realizzarsi grazie al suo gran cuore ravvivato dal piacere dell’operosità, della creatività, dell’umanità’ “(Gazzetta, 16 dicembre 1990). Scorrendo le pagine di questo suo bel libro affiorano nomi prestigiosi come quelli di Raffaele Mattioli e Ferruccio Lanfranchi, Enrico Falck e Giordano Dell’Amore, Franco Marinotti e Angelo Rizzoli (per restare alla sola Milano) ma anche sigle singolari come il Vus, gruppo dei Vecchi universitari sportivi, o categorie come quella delle vedove dei professionisti, che gareggiavano nel raccogliere libri. A Rovereto c'è poi una vecchia maestra che rilega libri sgualciti, prima di spedirli a Del Mare. E si va avanti così fino alla soglia degli anni Ottanta, quando “il nocchiero sente le sue forze declinare”, scrive Del Mare nell’ultima pagina del suo libro che Mario Cervi (1921-2015), nel presentare la prima edizione, considera “un prezioso contributo alla conoscenza di un'altra Italia cui dobbiamo gratitudine e solidarietà”.
Ha avuto, il nostro Annibale, il dono di una vita lunga ed esemplare, di un’attività intensa e benemerita, sempre con l’obiettivo di diffondere la cultura italiana all’estero. Obiettivo per il quale ha ricevuto nel 1973 la Medaglia d’oro del presidente della Repubblica per i benemeriti della cultura, dell’arte e della scuola. Insomma, Del Mare è stato un esempio di professionalità e dedizione giornalistica. Per tutti. Da riscoprire, con il suo mondo senza confini, anche grazie a questo ritrovato suo libro. Buona lettura. ()
NOTA A PIE’ DI PAGINA.
* Salvatore Giannella (Trinitapoli, BT, 1949) è un giornalista più volte premiato per il suo impegno e la capacità di scavare nella Storia e nelle storie. È stato direttore di Genius (1985), L’Europeo (1985-1986) e Airone (1986-1994). Ha curato le pagine di cultura e scienze di Oggi (2000-2007). Dal 2012 al 2017 ha avuto una rubrica su Sette, lo storico magazine del Corriere della Sera. Ha sceneggiato docu-film per la Rai, per il popolare programma La Storia siamo noi. Ha curato libri di Tonino Guerra (La valle del Kamasutra e Polvere di sole, Bompiani) e di Enzo Biagi (Consigli per un Paese normale, Rizzoli). Ha pubblicato con Chiarelettere Voglia di cambiare, diario di viaggio nell’Europa e Operazione Salvataggio, dedicato agli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre. Ha ideato e coordina nel Montefeltro marchigiano l’Arca dell’Arte e il premio Rotondi ai salvatori dell’arte, giunto nel 2018 alla ventunesima edizione. Su sua idea è nato a Cassina de’ Pecchi, alle porte di Milano, il MAiO (Museo dell’arte in ostaggio), dedicato alle 1643 opere d’arte trafugate durante il secondo conflitto mondiale e ancora oggi «prigioniere di guerra». Cura un seguitissimo blog “al positivo”: Giannella Channel. A luglio 2018 è uscito il suo nuovo libro-bussola In viaggio con i maestri, sottotitolo: Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo (Minerva, Bologna). Protagonisti del nostro tempo (dalla A di Alberto Angela e Arbore alla Z di Alex Zanardi e Zavoli) svelano esperienze e curiosità dei loro personaggi guida.