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La sentenza in coda

Sezioni unite civili
della Cassazione
(sentenza 16 luglio
2008 n. 19497).

“L’Inpgi ha natura
pubblica. La disciplina
legislativa rende l'Istituto
un unicum nel panorama
degli enti previdenziali
privatizzati dal dlgs 509/94”

dal nostro corrispondente

Roma, 8 settembre 2008. Le sezioni unite civili della Cassazione, con la sentenza 19497/2008,  hanno accolto i ricorsi proposti dagli avvocati dell’Inpgi, Angelini, Giordano e Leto, avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense, che aveva negato l’iscrizione nell’elenco speciale aggiunto all’Albo degli Avvocati, necessaria per patrocinare direttamente le cause della Fondazione.  Gli avvocati dell’Inpgi, con questa sentenza, sono stati di fatto parificati ai legali interni dell’Inps, La Cassazione arriva a questa conclusione riconoscendo che l’Inpgi è una “istituzione pubblica”, come ha sostenuto nel suo ricorso l’avvocato Angelini. La Cassazione (sezioni unite civili), con la sentenza 13398 dell’8 giugno 2007, aveva già riconosciuto che “le casse dei professionisti sono organismi di diritto pubblico”.


Si legge nella sentenza 19497/2008:


“L'avv. Angelini  ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi illustrati con memoria.


2. Con il secondo motivo si deduce che la sentenza impugnata ha violato il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 3, comma 4, lett. b), e del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, art. 1, per avere ignorato che l'INPGI, al di là della natura giuridica formale di fondazione di diritto privato, ha natura di "istituzione pubblica" per effetto della relazione funzionale con lo Stato e, comunque, per avere trascurato le profonde differenze che esistono rispetto alle altre casse di previdenza dei liberi professionisti. Infatti, da un lato, le entrate dell'INPGI non derivano dall'adempimento di un'obbligazione di tipo privatistico, liberamente negoziata, ma da contribuzioni (dei datori di lavoro) obbligatorie per legge e, dall'altro, le funzioni assistenziali e previdenziali svolte sono le medesime per le quali l'istituto è stato istituito e sono rilevanti dal punto di vista pubblicistico, come è dimostrato dall'attribuzione di poteri pubblicistici e dal carattere sostitutivo delle forme di previdenza e assistenza assicurate rispetto a quelle gestite dall'assicurazione generale obbligatoria dell'INPS e dell'INAIL. La disciplina legislativa rende l'INPGI un unicum nel panorama degli enti previdenziali privatizzati e, in particolare, delle casse di previdenza dei liberi professionisti, non solo perchè la previdenza e l'assistenza erogata dall'istituto sostituisce le corrispondenti forme di assistenza e previdenza obbligatorie, ma anche in quanto tali forme comprendono prestazioni (come la cassa integrazione, i prepensionamenti, il t.f.r., l'erogazione delle tre ultime mensilità) che normalmente sono a carico dello Stato e, comunque, non sono erogate dalla casse di previdenza dei liberi professionisti. Inoltre l'INPGI assicura soggetti di un rapporto di lavoro subordinato (mentre l'assicurazione dei giornalisti liberi professionisti è oggetto di una gestione sperata) ed eroga prestazioni in base al principio di automaticità e quindi indipendentemente dal versamento dei contributi; è dotato di specifici e penetranti poteri pubblicistici (può irrogare sanzioni amministrative con ordinanza di ingiunzione e ha poteri ispettivi per l'accertamento dei crediti contributivi); è soggetto al controllo generale di gestione della corte dei conti e alla giurisdizione contabile per responsabilità amministrativa per danno erariale; è assoggettato alle norme sulla totalizzazione dei periodi assicurativi proprie degli enti pubblici e di quelle dei soggetti privati. Erroneamente, infine, il consiglio nazionale forense ha ritenuto rilevante esclusivamente la natura formale del rapporto di lavoro con l'INPGI, mentre il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, nell'interpretazione data dalla sentenza di questa corte n. 9096 del 2005, considera più che questo aspetto la natura pubblica sostanziale dell'ente, individuando, peraltro, alcuni aspetti differenziali del rapporto di lavoro pubblico rispetto a quello privato o irrilevanti, come il segreto d'ufficio, o insussistenti, come quelli relativi alla stabilità che caratterizzerebbe solo il primo, mentre è proprio anche del secondo.


Il motivo è fondato.


……Ora, dalla disciplina normativa dell'attività dell'INPGI emergono una pluralità di elementi dai quali risulta che l'istituto svolge funzioni diverse dai soggetti previdenziali privati e analoghe, se non identiche, alle funzioni degli enti pubblici di previdenza e assistenza.


Infatti: a) la provvista finanziaria non proviene da contribuzioni dei professionisti, ma dall'obbligatorio contributo dei datori di lavoro (la gestione dei contributi dei liberi professionisti è autonoma e separata da quella ordinaria); b) la previdenza e l'assistenza erogate dall'istituto sostituiscono, a differenza di quelle delle casse di previdenza dei liberi professionisti, le forme di previdenza e assistenza obbligatorie e consistono in prestazioni analoghe a quelle a carico dello Stato (cassa integrazione, prepensionamenti, t.f.r. ecc.); c) a differenza di quanto avviene per le casse di previdenza dei liberi professionisti, opera il principio dell'automatismo delle prestazioni previdenziali; d) l'istituto è dotato di poteri autoritativi, sia per l'accertamento per mezzo del proprio corpo di ispettori dei crediti contributivi, sia per l'irrogazione delle sanzioni; e) la corte dei conti non solo esercita il controllo di gestione, ma ha giurisdizione sulla responsabilità amministrativa per danno erariale dei dipendenti; f) la disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi è quella che vale per gli enti pubblici e non quella dei soggetti privati.


In conclusione, la disciplina dell'attività svolta dall'INPGI giustifica ampiamente il riconoscimento della natura pubblica delle funzioni assistenziali e previdenziali svolte.


...................................................................................................



INPGI- Sentenza delle sezioni unite civili della Cassazione


 


Gli avvocati interni dell’Istituto possono iscriversi all’Albo e difenderlo in giudizio. La Fondazione “gode delle caratteristiche degli enti pubblici”. Abruzzo: “Sentenza  importante per un  altro aspetto in quanto inquadra l’Inpgi tra gli enti pubblici”.


 


Roma, 5 settembre 2008. “Una sentenza importante che porterà ad una notevole riduzione delle spese legali e ad una ancor più efficace tutela dei crediti contributivi che l’Istituto vanta nei confronti delle aziende editoriali per la difesa dei diritti dei giornalisti italiani”.  E’ questo il commento del Presidente dell’Inpgi Andrea Camporese dopo la lettura delle motivazioni della Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Civili Riunite, contenute nella sentenza del 25 luglio, che chiude un annoso contrasto interpretativo con l’Ordine degli Avvocati. Fino ad oggi l’Inpgi è stato costretto ad affidare centinaia di cause a professionisti esterni.


“Gli avvocati dell’Inpgi – sottolinea Camporese – vedono finalmente riconosciuto un diritto che si affianca alla pregevole attività svolta che ha portato l’Istituto negli ultimi anni a vincere oltre il 90 per cento dei giudizi. E’ importante anche che la Corte abbia ribadito la specificità del nostro Istituto sia nell’ambito dell’ordinamento generale, sia nell’ambito degli stessi enti privatizzati, ridefinendone correttamente connotazioni e poteri”.


La Corte ha accolto i ricorsi proposti dagli avvocati Angelini, Giordano e Leto, avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense di Roma che aveva negato l’iscrizione nell’elenco speciale aggiunto all’Albo degli Avvocati, necessaria per patrocinare direttamente le cause dell’INPGI.


La Corte ha cassato la decisione impugnata e - come di rito - ha rinviato al Consiglio Nazionale Forense per l’assunzione del relativo provvedimento di iscrizione.


L’iter processuale per l’iscrizione degli avvocati all’elenco speciale, pertanto, non è ancora concluso; tuttavia è stato enunciato il principio, a cui dovrà attenersi il Consiglio Nazionale Forense.


La sentenza riveste notevole importanza anche al di là del fine immediato per cui è stata pronunciata. In essa, infatti, viene affrontato il problema relativo alla peculiare natura dell’INPGI che in qualità di “ente previdenziale privatizzato”, gode, sotto l’aspetto funzionale, di caratteristiche degli enti pubblici e, sotto l’aspetto strumentale, dei minori vincoli connessi alla disciplina di diritto privato.


Più in particolare, il massimo organo giurisdizionale – nel decidere in ordine al diritto delle ricorrenti ad ottenere il patrocinio in favore dell’INPGI - analizza e chiarisce la realtà specifica dell’Istituto.


Invero, la Cassazione subordina l’iscrizione degli avvocati all’elenco speciale, all’esigenza di tutelare l’indipendenza della professione di avvocato e l’autonomia di giudizio e d’iniziativa dello stesso e – sulla scorta di una recente evoluzione giurisprudenziale – ritiene che la “libertà e l’indipendenza dell’avvocato” possano sussistere non solo in presenza di un rapporto di pubblico impiego ma anche nell’ambito di un rapporto di lavoro di diritto privato – come quello degli avvocati dipendenti del Servizio Legale - purché il datore di lavoro persegua finalità pubblicistiche.


Finalità pubblicistiche che vengono desunte in particolare nelle seguenti prerogative mantenute dall’INPGI a seguito dell’intervenuta privatizzazione della natura giuridica dell’ente e degli strumenti di gestione: l’obbligatorietà della contribuzione a carico del terzo datore di lavoro; l’operatività del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali; il carattere sostitutivo delle forme di assistenza e previdenza erogate dall’INPGI; il riconoscimento di poteri autoritativi per l’accertamento, attraverso un proprio corpo di ispettori, dei crediti contributivi; nonché la giurisdizione della Corte dei Conti anche sulla responsabilità per danno erariale dei dipendenti.


(da: http://www.inpgi.it/circolari/2008/inpgi_circolari-2008-comunicato-sentenza-cassazione.htm)


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La sentenza


AVVOCATO E PROCURATORE


Cass. civ. Sez. Unite, 16-07-2008, n. 19497


 


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


SEZIONI UNITE CIVILI


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. PRESTIPINO Giovanni - Primo Presidente f.f.


Dott. SENESE Salvatore - Presidente di Sezione


Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere


Dott. VITRONE Ugo - Consigliere


Dott. VIDIRI Guido - Consigliere


Dott. DURANTE Bruno - Consigliere


Dott. PICONE Pasquale - Consigliere


Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere


Dott. SALME' Giuseppe - rel. Consigliere


ha pronunciato la seguente:


sentenza


sul ricorso proposto da:


E. Angelini, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio dell'avvocato LUCIANI MASSIMO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale del notaio Dott. Paolo Fenoaltea di Roma, rep. 13972 del 27/07/07, in atti;


 


- ricorrente -


 


contro


PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI ROMA, PROCURATORE GENERALE PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA, CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI ROMA;


 


- intimati -


 


avverso la decisione n. 96/07 del Consiglio nazionale forense di ROMA, depositata il 16/07/07;


 


udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/08 dal Consigliere Dott. Giuseppe SALME';


 


udito l'Avvocato Massimo LUCIANI;


 


udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI Vincenzo, che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo, in subordine per il rigetto.


 


Fatto Diritto P.Q.M.


Svolgimento del processo


Con provvedimento dell'8 aprile 1999 il consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma ha cancellato l'avv. E. Angelini, addetta all'ufficio legale dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (OMISSIS) (INPGI), dall'elenco speciale di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 3, comma 4, lett. b). Con decisione del 17 maggio 2000 il consiglio nazionale forense ha confermato la cancellazione e con sentenza di questa corte n. 15147 del 2001 è stato rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza indicata.


 


A seguito della pronuncia di queste sezioni unite n. 9096 del 2005, che ha confermato la decisione del consiglio nazionale forense favorevole all'iscrizione nell'elenco speciale di un avvocato di ufficio legale di un'azienda municipale avente forma di società per azioni, le cui quote societarie erano integralmente detenute dall'ente territoriale, l'avv. A. ha chiesto la reiscrizione nell'elenco speciale, ma il consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, con Delib. 22 dicembre 2005, l'ha negata e il consiglio nazionale forense, con sentenza del 16 luglio 2007, ha confermato tale deliberazione.


 


Per quanto ancora rileva in questa sede il consiglio nazionale forense ha osservato che: a) anche se non era corretta la qualificazione dell'INPGI come società per azioni e l'equiparazione alla Cassa forense, contenute nella deliberazione del consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, doveva essere ribadita l'inapplicabilità dell'eccezione, come tale insuscettibile di interpretazione estensiva o di applicazione analogica, al divieto di iscrizione nell'albo degli avvocati perchè la ratio di tale eccezione consiste in ciò che (non tanto la natura pubblica delle finalità perseguite dall'ente e quindi dell'ente stesso, quanto) la natura pubblica del rapporto d'impiego è tale da far presumere che l'avvocato-dipendente sia al riparo dal rischio di condizionamenti nell'esercizio della sua professione; b) tale conclusione è valida anche a fronte della cosiddetta privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, in quanto permangono alcune fondamentali differenze con il rapporto di lavoro subordinato privato (necessità del pubblico concorso per il reclutamento; stabilità rafforzata insieme con la deroga alla disciplina civilistica delle mansioni; il segreto d'ufficio; regime delle incompatibilità); c) la fattispecie decisa con la sentenza n. 9096 del 2005 è diversa perchè nel caso deciso si trattava di una società per azioni a totale partecipazione pubblica, mentre nella specie si tratta di fondazione, rispetto alla quale non è rilevante la natura del soggetto che ha effettuato l'apporto patrimoniale, e, comunque, non è decisiva la natura dell'ente, certamente diversa rispetto alle casse di previdenza dei liberi professionisti per il rilievo pubblico della funzione svolta, perchè l'azione di tale ente è disciplinata dal diritto privato, come privato è il rapporto di lavoro con i suoi dipendenti; d) non vi sarebbe prova nè dell'esercizio in via esclusiva delle funzioni proprie dell'ufficio legale, in situazione di indipendenza ed estraneità rispetto alla gestione e all'amministrazione dell'ente, nè della stabilità del rapporto d'impiego; e) il D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 5, comma 2, aggiunto con il D.L. n. 510 del 1996, art. 9, convertito in L. n. 608 del 1996, dispone che il dipendente dell'ufficio legale di ente trasformato in persona giuridica privata conserva l'iscrizione nell'elenco speciale, finchè dura il rapporto di lavoro e la collocazione nell'ufficio legale, ma il comma 3, dello stesso art., dispone che alle controversie relative al periodo anteriore alla data di trasformazione continuano ad essere attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, il che dimostrerebbe che, se non ci fosse la norma transitoria la trasformazione implicherebbe la perdita del diritto all'iscrizione nell'elenco speciale.


 


L'avv. Angelini ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi illustrati con memoria.


 


Il consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma non ha svolto attività difensiva.


 


Motivi della decisione


1. Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza del consiglio nazionale forense per difetto assoluto di motivazione, ultrapetizione, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria in quanto, dopo avere affermato che la motivazione della deliberazione del consiglio dell'ordine di Roma era erronea per avere ritenuto, contrariamente al vero, che l'INPGI è una società per azioni e, erroneamente, che ha natura analoga alla Cassa nazionale forense, invece di annullare per questi motivi tale deliberazione ne ha integrato la motivazione e modificato il dispositivo, dichiarando la mancanza di prova degli altri requisiti necessari per l'iscrizione nell'elenco speciale che il consiglio dell'ordine locale aveva implicitamente ritenuto esistenti nel momento in cui aveva fondato il proprio provvedimento esclusivamente sulle affermazioni relative alla natura dell'ente.


 


Il motivo non è fondato.


 


E' costante affermazione di queste sezioni unite, a partire dalla sentenza 892/73 (alla quale hanno fatto seguito, in senso conforme le sentenze nn. 4130/80, 6331/90, 9291/94 e 8429/04) che, in materia di ricorsi relativi all'iscrizione o cancellazione dagli albi professionali il consiglio nazionale forense non deve limitare le proprie valutazioni ai profili di legittimità, essendo anche giudice del merito. Pertanto deve condurre un'autonoma indagine sui fatti, anche in base ad elementi diversi da quelli posti dal consiglio dell'ordine a fondamento della deliberazione impugnata, potendo altresì utilizzare eventuali fonti di prova formatesi successivamente alla predetta deliberazione.


 


2. Con il secondo motivo si deduce che la sentenza impugnata ha violato il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 3, comma 4, lett. b), e del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, art. 1, per avere ignorato che l'INPGI, al di là della natura giuridica formale di fondazione di diritto privato, ha natura di "istituzione pubblica" per effetto della relazione funzionale con lo Stato e, comunque, per avere trascurato le profonde differenze che esistono rispetto alle altre casse di previdenza dei liberi professionisti. Infatti, da un lato, le entrate dell'INPGI non derivano dall'adempimento di un'obbligazione di tipo privatistico, liberamente negoziata, ma da contribuzioni (dei datori di lavoro) obbligatorie per legge e, dall'altro, le funzioni assistenziali e previdenziali svolte sono le medesime per le quali l'istituto è stato istituito e sono rilevanti dal punto di vista pubblicistico, come è dimostrato dall'attribuzione di poteri pubblicistici e dal carattere sostitutivo delle forme di previdenza e assistenza assicurate rispetto a quelle gestite dall'assicurazione generale obbligatoria dell'INPS e dell'INAIL. La disciplina legislativa rende l'INPGI un unicum nel panorama degli enti previdenziali privatizzati e, in particolare, delle casse di previdenza dei liberi professionisti, non solo perchè la previdenza e l'assistenza erogata dall'istituto sostituisce le corrispondenti forme di assistenza e previdenza obbligatorie, ma anche in quanto tali forme comprendono prestazioni (come la cassa integrazione, i prepensionamenti, il t.f.r., l'erogazione delle tre ultime mensilità) che normalmente sono a carico dello Stato e, comunque, non sono erogate dalla casse di previdenza dei liberi professionisti. Inoltre l'INPGI assicura soggetti di un rapporto di lavoro subordinato (mentre l'assicurazione dei giornalisti liberi professionisti è oggetto di una gestione sperata) ed eroga prestazioni in base al principio di automaticità e quindi indipendentemente dal versamento dei contributi; è dotato di specifici e penetranti poteri pubblicistici (può irrogare sanzioni amministrative con ordinanza di ingiunzione e ha poteri ispettivi per l'accertamento dei crediti contributivi); è soggetto al controllo generale di gestione della corte dei conti e alla giurisdizione contabile per responsabilità amministrativa per danno erariale; è assoggettato alle norme sulla totalizzazione dei periodi assicurativi proprie degli enti pubblici e di quelle dei soggetti privati. Erroneamente, infine, il consiglio nazionale forense ha ritenuto rilevante esclusivamente la natura formale del rapporto di lavoro con l'INPGI, mentre il R.D.L. n. 1578 del 1993, art. 3, nell'interpretazione data dalla sentenza di questa corte n. 9096 del 2005, considera più che questo aspetto la natura pubblica sostanziale dell'ente, individuando, peraltro, alcuni aspetti differenziali del rapporto di lavoro pubblico rispetto a quello privato o irrilevanti, come il segreto d'ufficio, o insussistenti, come quelli relativi alla stabilità che caratterizzerebbe solo il primo, mentre è proprio anche del secondo.


 


Il motivo è fondato.


 


Il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, dopo avere previsto (al comma 2) l'incompatibilità tra l'esercizio della professione forense e l'impiego in amministrazioni o istituzioni pubbliche soggette a tutela o vigilanza dello Stato, delle province e dei comuni, fa eccezione (comma 4), e consente quindi l'iscrizione in un elenco speciale annesso all'albo professionale, per gli avvocati degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui al comma 2, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera.


 


Con la sentenza n. 15417 del 2001, pronunciata su ricorso della ricorrente (e altri) avverso la cancellazione dall'elenco speciale effettuata dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma dell'8 aprile 1999, questa corte ha confermato la sentenza del consiglio nazionale forense, di rigetto dell'impugnazione proposta avverso la predetta cancellazione, sul rilievo che il carattere pubblico dell'attività svolta dall'INPGI non fa venir meno la natura privata dell'ente espressamente affermata dalla legge e non fa venir meno la natura privata dei rapporti di lavoro sorti, come quello di specie, successivamente alla privatizazione operata con il D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 1.


 


Tuttavia, l'affermazione secondo la quale sarebbe decisiva, al fine di accertare la sussistenza dei presupposti dell'eccezione alla regola dell'incompatibilità tra esercizio della professione forense e rapporto di impiego con amministrazioni o istituzioni pubbliche, la forma giuridica assegnata alla struttura dell'ente piuttosto che la natura della funzione svolta, risulta contraddetta dalla successiva evoluzione della giurisprudenza di questa corte che ha ritenuto rilevante la relazione tra le funzioni svolte dall'ente e l'attività pubblica, indipendentemente dalla natura privatistica del soggetto e dalla strumentazione giuridica utilizzata (Cass. n. 715/2002; 3899/2004 n. 715). In tale evoluzione si colloca la sentenza 9096 del 2005, che, ai fini dell'iscrizione nell'elenco speciale degli avvocati che operano alle dipendenze di amministrazioni e istituzioni pubbliche, ha ritenuto che debba considerarsi “istituzione pubblica” la società per azioni costituita da un comune per gestire un servizio pubblico, interamente partecipata dal comune stesso e finanziata con entrate di natura pubblicistica, non ostandovi nè la forma societaria assunta dalla struttura nè (implicitamente, ma necessariamente) la natura privatistica del rapporto di lavoro con il professionista legale.


 


La corte ritiene che debba essere condiviso l'orientamento più recente in quanto, se la ratio della deroga al regime d'incompatibilità deve essere individuata nell'esigenza di tutelare l'indipendenza della professione e l'autonomia di. giudizio e d'iniziativa, tale libertà sussiste se l'attività dell'avvocato possa essere svolta in un autonomo ufficio legale dell'ente e la destinazione dell'avvocato a detto ufficio sia stabile e non revocabile ad nutum (Cass. n. 3733/2002, 14213/2005), presupposti la cui ricorrenza non richiede necessariamente che il rapporto di lavoro tra l'avvocato e l'ente debba avere natura pubblica, potendo sussistere anche nel rapporto di lavoro privato con un soggetto che, comunque, persegue finalità pubblicistiche. A tal fine deve rilevarsi che sul piano della stabilità del rapporto quello con il privato non presenta differenze decisive rispetto a quello con il soggetto pubblico, se si tengono presenti sia la tutela reale che assiste il primo e sia la disciplina del demansionamento e del licenziamento per giusta causa del lavoro privato. Inoltre, già da tempo (Cass. n. 2094 del 1989) è stato affermato che tra i requisiti richiesti per la iscrizione nell'elenco speciale degli avvocati non rientra il superamento di uno specifico pubblico concorso, che, invece, secondo la stessa sentenza impugnata, costituisce un elemento differenziale fondamentale tra lavoro subordinato alle dipendenze di amministrazioni pubbliche e lavoro subordinato privato.


 


Ora, dalla disciplina normativa dell'attività dell'INPGI emergono una pluralità di elementi dai quali risulta che l'istituto svolge funzioni diverse dai soggetti previdenziali privati e analoghe, se non identiche, alle funzioni degli enti pubblici di previdenza e assistenza.


 


Infatti: a) la provvista finanziaria non proviene da contribuzioni dei professionisti, ma dall'obbligatorio contributo dei datori di lavoro (la gestione dei contributi dei liberi professionisti è autonoma e separata da quella ordinaria); b) la previdenza e l'assistenza erogate dall'istituto sostituiscono, a differenza di quelle delle casse di previdenza dei liberi professionisti, le forme di previdenza e assistenza obbligatorie e consistono in prestazioni analoghe a quelle a carico dello Stato (cassa integrazione, prepensionamenti, t.f.r. ecc.); c) a differenza di quanto avviene per le casse di previdenza dei liberi professionisti, opera il principio dell'automatismo delle prestazioni previdenziali; d) l'istituto è dotato di poteri autoritativi, sia per l'accertamento per mezzo del proprio corpo di ispettori dei crediti contributivi, sia per l'irrogazione delle sanzioni; e) la corte dei conti non solo esercita il controllo di gestione, ma ha giurisdizione sulla responsabilità amministrativa per danno erariale dei dipendenti; f) la disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi è quella che vale per gli enti pubblici e non quella dei soggetti privati.


 


In conclusione, la disciplina dell'attività svolta dall'INPGI giustifica ampiamente il riconoscimento della natura pubblica delle funzioni assistenziali e previdenziali svolte.


 


3. Con il terzo motivo la ricorrente censura, siccome affetta da eccesso di potere, la sentenza impugnata non essendo comprensibili le ragioni in base alle quali ha ritenuto d'ufficio non provate la stabilità dell'ufficio legale e lo svolgimento, in via esclusiva e in posizione di indipendenza e autonomia, di funzioni di consulenza e, fino all'agosto 2000, di difesa legale dell'ente da parte della ricorrente, a fronte di specifiche attestazioni rilasciate dal direttore generale dell'ente in data 4 luglio e 11 ottobre 2005, peraltro non contestate e in mancanza di un supplemento d'istruttoria.


 


Il motivo, ove fosse ritenuto come diretto a censurare il travisamento dei fatti, per avere erroneamente ritenuto controverso un fatto che invece era da considerare pacifico o non contestato, sarebbe inammissibile, trattandosi di errore suscettibile, ricorrendo le condizioni previste dall'art. 395 c.p.c., n. 4, di essere dedotto come motivo di revocazione, mentre, per quanto rilevato sub 1), sarebbe infondato se letto come censura dell'esercizio di poteri valutativi officiosi, dei quali, in realtà, il consiglio nazionale forense è fornito.


 


Tuttavia, una corretta interpretazione della censura, al di là del testo della rubrica del motivo, porta a ritenere che la ricorrente intenda criticare la mancanza o l'insufficienza della motivazione della sentenza impugnata in relazione al contenuto dei documenti puntualmente trascritto nel ricorso. Tale censura, alla luce dell'art. 360 c.p.c., u.c., come modificato con il D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, applicabile nella specie ratione temporis, è ammissibile e appare anche fondata.


 


Infatti, a fronte dell'esplicita attestazione da parte del direttore generale secondo la quale l'avv. A. era "appartenente all'Ufficio legale dell' INPGI...con compiti di consulenza e difesa relativamente agli affari dell'ente" (nota 4 luglio 2005) e che "Gli avvocati addetti non sono soggetti ad alcun rapporto di subordinazione, nè di gerarchia funzionale rispetto ai dirigenti dell'apparato amministrativo dell'ente. Agli avvocati...è riconosciuta, ancora oggi, piena autonomia rispetto all'apparato amministrativo della fondazione" (nota dell'11 ottobre 2005) nonchè delle ripetute dichiarazioni secondo le quali l'Ufficio legale era stato istituito fin dalla nascita dell'istituto, aveva sempre svolto le sue funzioni e tutt'ora le svolgeva, la sentenza si limita ad affermare apoditticamente che manca la prova che la ricorrente fosse addetta in via esclusiva all'ufficio legale e che nessuna prova esiste della stabilità di detto ufficio, mentre avrebbero dovuto essere indicate le ragioni per le quali le precise attestazioni del direttore generale non sono state ritenute rilevanti e attendibili.


 


4. L'accoglimento del secondo e del terzo motivo comportano l'assorbimento del quarto con il quale, in via meramente subordinata, ove fosse ritenuta fondata l'interpretazione seguita dal consiglio nazionale forense, la ricorrente prospetta la questione di illegittimità costituzionale del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, comma 4, lett. b), in relazione all'art. 3 Cost., e art. 33 Cost., comma 5, per l'ingiustificata compressione della libertà costituzionale di esercizio dell'attività professionale e per la disparità di trattamento con gli addetti agli uffici legali degli enti indicati dall'art. 3, comma 2, del R.D.L. citato.


 


Per la peculiarità della controversia, caratterizzata dall'evoluzione della giurisprudenza della corte e dalle oscillazioni della stessa giurisprudenza del consiglio nazionale forense le spese di questo giudizio possono essere compensate.


 


P.Q.M.


La corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia al consiglio nazionale forense. Compensa le spese.


 


Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezione Unite Civili, il 22 gennaio 2008.


 


Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2008



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Abruzzo: “Sentenza


importante per un


altro aspetto in quanto


inquadra l’Inpgi tra


gli enti pubblici”.


 


Milano. Franco Abruzzo ha così commentato la sentenza: “Corretta e giusta la dichiarazione di Camporese, ma  monca, perché sorvola sull’aspetto cruciale della decisione delle sezioni unite civili della Cassazione: gli avvocati dell’Inpgi sono stati di fatto parificati ai legali interni dell’Inps, dell’Inail, delle Regioni e dei comuni. L’Inpgi in sostanza è un ente pubblico. L’Istituto, quindi, si affretti ad applicare il decreto 112/2008, convertito dal Parlamento, sulla libertà di cumulo. E per quanto riguarda l’Inpgi2 applichi le regole Inps in tema di esenzione per chi incassa meno di 5mila euro all’anno e per chi è vincolato dalla cessione del diritto d’autore. Chiedo a Camporese di rendere pubblica la sentenza  o almeno di comunicare il numero della stessa perché possa  essere rintracciata e resa di dominio pubblico. Lo merita”.


 


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In: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=2450


 


Pubblicata in "Gazzetta" la


legge di conversione 133/2008.


 


In vigore il dl 112/08:


l’articolo 19 proclama


la libertà di cumulo tra


redditi e pensioni di


anzianità o anticipate.


Cancellato (di fatto)


l’articolo 15


del Regolamento Inpgi.


 






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