Antichi “mangiari” lombardi. A BookCity in un libro di Emilio Magni.
Milano, 15.11.2017 - A BookCity anche le antiche tradizioni dei “mangiari” lombardi, scomparsi ma riproponibili: sabato 18 novembre l’appuntamento con BookCity è alla libreria Colibrì in via Laghetto a Milano, vicino al Verzée, dove alle 15,30 il giornalista Emilio Magni presenterà il suo ultimo libro “El pancott e altre delizie “ edito da Mursia. “El pancott” era uno dei “millanta” cibi poveri protagonisti un tempo non solo nel mondo contadino e popolare, ma anche nella piccola borghesia, quando non c’era bisogno di fare la dieta e il colesterolo era spauracchio non ancora scoperto. Le donne anziane forse ricorderanno, con qualche emozione, “il pancotto”, la sera sul desco familiare. Qualcuna ancora lo cucina. Ognuna con la sua bella ricetta, a seconda della fantasia. Il libro “El pancott e altre delizie” dunque ripropone una raccolta molto ampia di tutti questi “mangiari” di un tempo andato, semplici, frugali, ma pieni di genialità e di fantasia. Le nuove, moderne generazioni per esempio potrebbero, con questo libro, riscoprire “el pan moijà”, cibo stretto parente del “pancott”, ma di preparazione ancora più semplice. Ecco poi, sempre per restare nei primi piatti, quelli che un tempo erano comunemente chiamate “minestre” , la “supa de luvertis”. Di che cosa si tratta? E’ una zuppa di fiori di luppolo selvatico. Adesso i “luvertis” sono vegetali ora quasi sconosciuti, un tempo erano molto frequenti (assomigliano agli asparagi selvatici) nella cucina delle massaie. Avevamo la frittata con i “luvertis”, “el ris cun i luvertis”. Magni ricorda suo nonno Richén, contadino brianzolo e saggio, che nel pomeriggio quando tornava dal “löch”, sudato e stremato dalla fatica, infilava qualche patata, senza pelarla, sotto la cenere del camino che ancora era calda. Dopo un po’ le estraeva e le pelava, liberando qualche contenuta imprecazione per la scottatura alle dita, poi spruzzava i tuberi bianchi e fumanti con un pizzico di sale e me ne porgeva qualche pezzo. Erano i ”pomm de tera in bornis” e avevano un gusto delizioso. «San de föcch», commentava compiaciuto Richén. In Francia queste patate erano i “pommes natures”. Perché “in bornis”? Perché nel dialetto meneghino “el bornis” è la cenere ancora calda, bollente. Ecco poi la “mazzafamm”, el “stoppagoss”, “mangiari” del Lario, nel cui nome dialettale c’è già la spiegazione. Quasi tutte queste proposte sono combinate con racconti, storie , aneddoti in cui il cibo proposto è protagonista.
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