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PREVIDENZA - NO ALLE RIFORME FARLOCCHE! BASTA CONFUSIONE! L'Inpgi/1 (che ha come iscritti solo giornalisti dipendenti), dal 1951 ente sostitutivo dell'Inps, non ha nulla da spartire con le Casse dei liberi professionisti, come afferma la sentenza 214/1972 della Corte costituzionale (testo in coda, ndr), e con le professioni "senza Albo" (legge 4/2013). Inglobare nell'INPGI e nel contratto Fnsi/Fieg mestieri collaterali al giornalismo è una soluzione disperata e giuridicamente sbagliata che non salva, comunque, l'Istituto. La proposta di legge di riforma delle casse (privatizzate dal dlgs 509/1994) in discussione alla Camera può riguardare unicamente la gestione separata dell'Istituto (o Inpgi/2) alla quale sono iscritti i giornalisti liberi professionisti. Il futuro dell'Inpgi/1 ha due prospettive: o torna ente di diritto pubblico (come era fino al 1994) o viene assorbito dall'Inps. La seconda soluzione è sostenuta dalla crisi della Fondazione che si riassume nell'aumento costante del numero dei pensionati e nella diminuzione altrettanto costante del numero dei contribuenti, mentre la vendita degli immobili, per far cassa, appare sostanzialmente in difficoltà. Quest'anno, come si legge nel bilancio preventivo, l'Istituto dovrà smobilitare titoli per 150 milioni di euro per pagare le prestazioni.

di Pierluca Danzi


Roma, 16-26 luglio 2017. Sul blog dell'Inpgi è apparso in questi giorni un articolo dal titolo "INPGI/NECESSARIA LA RIFORMA DELLE CASSE DI PREVIDENZA, PURCHE’ SI ALLARGHI LA PLATEA DEGLI ISCRITTI" (testo in coda, ndr). L'ignoto autore dell'articolo sostiene che "è tempo di riformare il sistema della Casse di previdenza dei professionisti. La proposta di legge 4495 “Di Salvo-Galati-Di Gioia”, all’esame della XI Commissione Lavoro della Camera, intende cambiare la disciplina degli enti previdenziali privati e garantire l’autonomia delle Casse di previdenza". Si legge ancora: "Un punto particolarmente delicato che per INPGI merita grande attenzione e’ l’applicazione del Testo Unico non solo ai soggetti iscritti in ordini e collegi professionali, ma anche agli appartenenti alle c.d. nuove professioni, ossia quelle non organizzate in ordini e collegi. Gli appartenenti a tali nuove professioni potrebbero costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria. Nel caso dell’INPGI si potrebbero far confluire dentro l’Ente tutte quelle figure professionali interconnesse in qualche modo con l’attività giornalistica. Ad esempio la platea dei comunicatori, portavoce, direttori della comunicazione, content manager, storyteller, etc. Riunendo in questo modo professionalità giornalistiche simili tra loro, si avrebbe un riordino del settore in grado di favorire l’accrescimento della solidità economica-finanziaria dell’ ente e lo sviluppo di sinergie gestionali a tutela degli interessi degli iscritti". Grande è la confusione tra gli attuali dirigenti dell'Istituto teleguidati dai vertici della Fnsi ormai in crisi esistenziale per via della diminuzione degli iscritti e dell'incapacità di stipulare il nuovo contratto di lavoro con le trattative ferme da due anni (con la Fieg che prende tempo sul  rinnovo del patto). Due gli errori fondamentali che si colgono dall'articolo pubblicato nel blog dell'Inpgi:


a) la classe dirigente dell'Istituto e della Fnsi (che è un tutt'uno) sta ripetendo l'errore del 1994, quando, con l'ok del sindacato, l'Inpgi venne inserito nella riforma del dlgs  n. 509 in compagnia delle  Casse delle altre professioni intellettuali (organizzate in Ordini e Collegi). La collocazione dell'Inpgi, - ente pubblico (ex leggi Rubinacci del 1951 e Vigorelli del 1955) dal 1951 al 1994 - tra le casse privatizzate è in contrasto con la sentenza n 214/1972 della Corte costituzionale (presidente Costantino Mortati): “Insussistente l'analogia fra la Cassa di previdenza  dei giornalisti e quelle degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei geometri. In sostanza, la cassa dei giornalisti costituisce un settore autonomo del complesso sistema previdenziale predisposto a tutela dei lavoratori dipendenti e i cui compiti sono assolti principalmente dall'INPS".  Governo e Parlamento hanno tradito quel giudicato costituzionale (protetto dall'art. 136 Cost.) quando hanno deliberato la collocazione dell'Inpgi tra le casse privatizzate dei liberi professionisti.


b) esistendo l'Ordine dei Giornalisti, non possono costituirsi associazioni professionali para/giornalistiche disciplinate dalla legge 4/2013. Le cd "nuove professioni" (comunicatori, portavoce, direttori della comunicazione, content manager, storyteller) per di più non sono vincolate a una deontologia del tipo di quella giornalistica. Ed è la deontologia fissata per legge che fa la professione giornalistica  e ne garantisce l'autonomia (si legga sul punto l'articolo 1/comma 3  del Contratto giornalistico Fnsi/Fieg che ha forza di legge ex dpr 153/1961 emanazione della legge  n. 741/1959). "L'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista" (così il comma 5/a del dl 138/2011 sulla riforma delle professioni intellettuali). I  "nuovi professionisti" eseguono,invece, le disposizioni del committente e non possono opporre dinieghi operativi in nome di una deontologia fissata per legge  (che non hanno).


CONCLUSIONE/1: l'Istituto di previdenza dei giornalisti deve tornare ente di diritto pubblico come è stato dal 1951 al 1994, quando le pensioni dei giornalisti erano garantite dallo Stato, oppure essere assorbito dall'Inps. L’Inpgi era ed  è ente sostitutivo dell’Inps (art. 76 della legge 388/2000 che recupera le leggi Rubinacci e Vigorelli), peculiarità che non appartiene alle altre Casse privatizzate dei liberi professionisti. Il futuro dell'Inpgi/1 è segnato. La  crisi della Fondazione frattanto diventa drammatica perché aumenta il numero dei pensionati e cala quello dei contribuenti, mentre la vendita degli immobili, per far cassa, appare sostanzialmente in difficoltà. Da sottolineare che esiste il diritto alla pensione (art 38 Cost), ma non al quantum dice la giurisprudenza costituzionale. Così i giornalisti in caso di default rischiano di ricevere l'assegno sociale (501,89 euro lordi al mese x 13). Con riferimento alla sentenza 214/1972 della Consulta, Governo e Parlamento devono al più presto rispolverare lo 'schema Inpdai' del 1995/1996: da ente privatizzato come l'Inpgi/1 con il dlgs 509/1994, l'Inpdai  (che navigava in brutte acque) tornò prima ente di diritto pubblico per poi essere assorbito dall'Inps. Questa storia dovrebbe ripetersi con l'Inpgi/1 che oggi accusa una gestione fallimentare sotto la regia di Fnsi e Fieg. Solo così le pensioni dei giornalisti sarebbero al sicuro. 


CONCLUSIONE/2: la riforma in discussione alla Camera  può riguardare la gestione separata  dell'Istituto (o Inpgi/2) alla quale sono iscritti i giornalisti liberi professionisti.


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SENTENZA 18 DICEMBRE 1972  n. 214, Deposito in cancelleria: 30 dicembre 1972.  Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 3 del 3 gennaio 1973. Pres. MORTATI - Rel. ROCCHETTI


LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Prof. COSTANTINO MORTATI, Presidente - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - Dott. LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO AMADEI - Prof. GIULIO GIONFRIDA, Giudici,


ha pronunciato la seguente  SENTENZA


nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122 (disposizioni varie per la previdenza e assistenza sociale attuate dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola"), promosso con ordinanza emessa il 6 aprile 1970 dal pretore di Roma nel procedimento di esecuzione mobiliare vertente tra l'Esattoria comunale di Roma e Giulia Mario Mariano, iscritta al n. 283 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 267 del 21 ottobre 1970.


Visti gli atti di costituzione dell'Esattoria comunale di Roma e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;


udito nell'udienza pubblica del 22 novembre 1972 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;


uditi l'avv. Giuseppe Mesiano, per l'Esattoria, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto in fatto:


Nel corso del procedimento esecutivo proposto dalla Esattoria comunale di Roma nei confronti di Giulia Mario Mariano per il recupero di un credito tributario, il pretore di Roma ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122, che dichiara non sequestrabili né pignorabili le somme corrisposte agli aventi diritto dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti a titolo di pensioni, assegni ed altre indennità, e che perciò restano totalmente esenti da ogni procedura esecutiva, anche per pagamento di tributi.


Secondo il giudice a quo, la norma impugnata, sottraendo le pensioni dei giornalisti al principio, che nel nostro ordinamento avrebbe carattere generale, della pignorabilità, benché limitata, per crediti d'imposta, degli stipendi, pensioni ed indennità, avrebbe introdotto una disparità di trattamento priva di fondamento razionale, "avuto riguardo ai criteri della logica e dell'equità e ai principi giuridici enunciati dagli articoli 2 e 53 della Costituzione". Ed invero, l'intangibilità delle pensioni dei giornalisti non solo sarebbe del tutto arbitraria, rispetto al diverso trattamento riservato alle pensioni di altre categorie di professionisti e degli stessi pubblici dipendenti, ma costituirebbe altresì un ingiustificato privilegio, in quanto sottrae una categoria di cittadini ai doveri nascenti dal sistema tributario vigente.


L'ordinanza è stata ritualmente notificata comunicata e pubblicata.


Dinanzi alla Corte si è costituito l'Esattore del Comune di Roma il quale, con deduzioni depositate il 5 novembre 1970, ribadisce sostanzialmente gli argomenti contenuti nella ordinanza di rinvio, deducendo altresì l'illegittimità costituzionale della norma impugnata, in relazione all'art. 53 della Costituzione, sotto il profilo che la intangibilità delle pensioni dei giornalisti sottrae tale categoria di contribuenti all'osservanza coattiva del precetto costituzionale.


Si è costituita altresì, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 9 novembre 1970, sostenendo la infondatezza della questione.


L'Avvocatura contesta che nel nostro ordinamento esista un principio generale relativo alla parziale pignorabilità e sequestrabilità delle pensioni, perché, accanto alle disposizioni che prevedono la loro pignorabilità nella misura del quinto, esiste il principio generale, sancito nell'art. 128 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, che stabilisce la incedibilità, insequestrabilità e impignorabilità delle pensioni di previdenza sociale, e al quale il legislatore si è ispirato nel disciplinare il trattamento previdenziale dei giornalisti. Il fatto poi che, per i pubblici dipendenti e per alcune categorie di liberi professionisti, sia prevista una diversa disciplina, può essere agevolmente spiegato, secondo la difesa dello Stato, con il particolare status di lavoratore dipendente da riconoscersi ai giornalisti, profondamente diverso sia da quello dei pubblici impiegati che dei liberi professionisti.


All'udienza le parti costituite hanno concluso in conformità delle loro precedenti deduzioni.


Considerato in diritto:


1. - Il pretore di Roma, con l'ordinanza in epigrafe, denunzia alla Corte l'art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122, che dichiara totalmente insequestrabili ed impignorabili le somme corrisposte agli iscritti per pensioni, assegni ed altre indennità, dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti. Secondo il giudice a quo, la norma in tale articolo contenuta sarebbe illegittima nella parte in cui esonera quelle somme anche da procedure coattive per pagamento di tributi ed entro la misura di un quinto di cui all'art. 545 del codice di procedura civile. La illegittimità deriverebbe dalla violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, per difformità di trattamento rispetto a fattispecie analoghe, in quanto le somme erogate per le medesime causali da casse di previdenza di professionisti, quali avvocati, dottori commercialisti, ragionieri, geometri, sono invece assoggettate alle stesse disposizioni vigenti per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, e perciò sequestrabili e pignorabili, per crediti nascenti da tributi ed entro la misura di un quinto (art. 2 d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180).


2. - La questione non è fondata.


Va innanzi tutto rilevato che, nel nostro ordinamento, non può ritenersi esistente, secondo sostiene il giudice a quo, un principio di carattere generale relativo alla sequestrabilità e pignorabilità degli stipendi e pensioni per determinati crediti, tra cui quelli relativi al pagamento dei tributi. Accanto alle norme citate, che ammettono la assoggettabilità ad atti coattivi di pensioni da pagarsi da privati o da pubbliche Amministrazioni, esistono le norme che escludono le pensioni di qualsiasi importo, erogate dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, da ogni azione esecutiva, tranne che per crediti verso lo stesso Istituto erogante (art. 128 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, e art. 69 legge 30 aprile 1969, n. 153).


La tesi della eccezionalità della norma denunziata, che concerne l'esonero della perseguibilità delle pensioni dei giornalisti, non trova quindi conforto nella realtà normativa e non può perciò fornire la base di appoggio alla eccezione di illegittimità della stessa norma per violazione del principio di eguaglianza.


3. - Parimenti è insussistente l'analogia che vi sarebbe, a detta dell'ordinanza, fra la cassa di previdenza dei giornalisti e quelle degli avvocati, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei geometri.


Invero, né i giornalisti sono liberi professionisti, né la loro cassa di previdenza ha gli stessi compiti delle casse che gestiscono la previdenza a favore dei sopraindicati esercenti professioni liberali.


È vero, peraltro, che dalla legge che disciplina la loro attività (legge 3 febbraio 1963, n. 69) i giornalisti sono qualificati giornalisti-professionisti, ma tale denominazione è loro conferita al solo fine di distinguerli dai "pubblicisti", per quanto concerne la professionalità dell'impegno di lavoro dei primi, che deve essere esclusivo e continuativo, cosa che non occorre invece per quegli altri che, unitamente all'attività giornalistica, possono anche esercitare altre professioni o impieghi (art. 1, comma quarto, detta legge).


Comunque sia poi in merito a tale qualificazione, certo è che i giornalisti-professionisti sono lavoratori dipendenti, il cui rapporto di lavoro è regolato da contratti collettivi, onde è certo che liberi professionisti o professionisti, nel senso tradizionale, essi non sono.


4. - Ancora meno sussiste poi una analogia tra la struttura e gli scopi della cassa dei giornalisti e le finalità di quella dei liberi professionisti di cui si è detto, perché la prima, e cioè l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola" (legge 20 dicembre 1951, n. 1564), cui possono iscriversi solo i giornalisti che hanno in atto un rapporto di lavoro, sostituisce a tutti gli effetti le corrispondenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie (art. 1) e cioè non solo quelle attinenti alla pensione di vecchiaia e invalidità, ma anche quelle che concernono la disoccupazione involontaria, la tubercolosi, le malattie e gli assegni famigliari (art. 3), mentre le ricordate casse di liberi professionisti hanno compiti ben più limitati e circoscritti.


In sostanza, la cassa dei giornalisti costituisce un settore autonomo del complesso sistema previdenziale predisposto a tutela dei lavoratori dipendenti e i cui compiti sono assolti principalmente dall'INPS e dall'INAM.


Appare perciò - come del tutto logico e naturale che la legge 9 novembre 1955, n. 1122, abbia esteso all'Istituto previdenziale dei giornalisti tutti i benefici, privilegi ed esenzioni tributarie previsti per l'Istituto nazionale della previdenza sociale (art. 10), e quindi anche la norma impugnata, contenuta nell'art. 1, concernente la insequestrabilità ed impignorabilità delle pensioni, la quale è poi anche essa una disposizione estensiva della normativa prevista in materia per l'INPS dall'art. 128 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827.


Deve quindi concludersi che la lamentata violazione dell'art. 3 della Costituzione non sussiste.


per questi motivi  LA CORTE COSTITUZIONALE  dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 9 novembre 1955, n. 1122, avente ad oggetto disposizioni varie per la previdenza e l'assistenza dei giornalisti italiani, questione proposta con l'ordinanza in epigrafe in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione.


Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1972.


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INPGI/NECESSARIA LA RIFORMA DELLE CASSE DI PREVIDENZA, PURCHE’ SI ALLARGHI LA PLATEA DEGLI ISCRITTI (in https://inpginotizie.it/index.php/2017/07/14/riforma-casse-prev-platea/).


E’ tempo di riformare il sistema della Casse di previdenza dei professionisti. La proposta di legge 4495 “Di Salvo-Galati-Di Gioia”, all’esame della XI Commissione Lavoro della Camera, intende cambiare la disciplina degli enti previdenziali privati e garantire l’autonomia delle Casse di previdenza.


La normativa che oggi regola il settore della previdenza dei liberi professionisti, gestita da Enti previdenziali privati, risale a piu’ di venti anni fa, sia per le casse che gia’ esistevano nella forma di enti pubblici, sia per quelle costituite direttamente in forma di persone giuridiche private. Tra le piu’ importanti novita’ della nuova norma, oltre a un’ apertura alle professioni non ordinistiche, e’ prevista l’introduzione di una tassazione agevolata che, in armonizzazione con il regime dei fondi pensione, negli intendimenti del legislatore dovrebbe favorire l’accorpamento tra enti previdenziali esistenti.


Secondo quanto si legge ne “la Relazione in tema di assetto normativo del settore delle casse previdenziali private” (consultabile cliccando su questo link) approvata all’unanimita’ alla Camera dalla Commissione parlamentare di controllo sull’attivita’ degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza: “l’obiettivo del riordino e’ garantire l’autonomia delle casse, facendo si’ che esse possano assolvere nel settore previdenziale la funzione pubblica di rilevanza costituzionale individuata dall’articolo 38, tutelando i diritti degli assicurati ad usufruire delle prestazioni previdenziali in un quadro di sostenibilita’ finanziaria e di solidita’ economico-finanziaria delle casse”.


Un primo tema sul quale la Commissione ritiene necessario innovare – scrivono i vicepresidenti della Bicamerale di controllo sugli Enti di previdenza Titti Di Salvo e Giuseppe Galati – e’ quello della tipologia degli enti, della loro struttura e del relativo modo di operare. Sono 15 le casse previdenziali privatizzate (Cassa Nazionale del Notariato, Cassa Forense, CIPAG, CNPADC, INARCASSA, CNPR, ENASARCO, ENPACL, ENPAF, ENPAIA, ENPAM, ENPAV, FASC, INPGI e ONAOSI), mentre sono stati costituiti direttamente come enti privati cinque casse (EPPI, ENPAB, ENPAP, ENPAPI ed EPAP).


Un punto particolarmente delicato che per INPGI merita grande attenzione e’ l’applicazione del Testo Unico non solo ai soggetti iscritti in ordini e collegi professionali, ma anche agli appartenenti alle c.d. nuove professioni, ossia quelle non organizzate in ordini e collegi. Gli appartenenti a tali nuove professioni potrebbero costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria.


Nel caso dell’INPGI si potrebbero far confluire dentro l’Ente tutte quelle figure professionali interconnesse in qualche modo con l’attivita’ giornalistica. Ad esempio la platea dei comunicatori, portavoce, direttori della comunicazione, content manager, storyteller, etc. Riunendo in questo modo professionalita’ giornalistiche simili tra loro, si avrebbe un riordino del settore in grado di favorire l’accrescimento della solidita’ economica-finanziaria dell’ ente e lo sviluppo di sinergie gestionali a tutela degli interessi degli iscritti.





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