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PREVIDENZA & GIUSTIZIA. LE CASSE NON HANNO POTERI PARLAMENTARI. - Pubblichiamo la sentenza n. 7516/2017 e l'ordinanza n. 7568/2017 con le quali la Corte di Cassazione (VI sezione civile) ha censurato i prelievi sulle pensioni deliberati sia dalla Cassa dottori commercialisti sia dalla Cassa Ragionieri. I provvedimenti violano l'articolo 23 della Costituzione secondo il quale “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” (è il principio classico delle democrazie liberali “no taxation without representation”). La trattenuta non può essere introdotta con un atto amministrativo come ha fatto anche l'Inpgi. La giurisprudenza della Corte costituzionale è costante nel ritenere illegittima la norma che violi "l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, quale elemento essenziale dello Stato di diritto" e che questo limite costituzionale imposto al legislatore induce, a maggior ragione, a ritenere contrario al principio di ragionevolezza l'atto infralegislativo, amministrativo o negoziale, con cui l'ente previdenziale debitore riduca unilateralmente l'ammontare della prestazione mentre il rapporto pensionistico si svolge.


1. LAVORO CIVILE, Sentenza n. 7516 del 23/03/2017 (Presidente MAMMONE GIOVANNI, Relatore RIVERSO ROBERTO) in http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20170323/snciv@sL0@a2017@n07516@tS.clean.pdf


SENTENZA sul ricorso 3528-2011 proposto da:


CASSA NAZIONALE PREVIDENZA ASSISTENZA A FAVORE DOTTORI COMMERCIALISTI CNPADC C.F. 02114101005, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO CHIGI 5, presso lo studio dell'avvocato ANGELO PANDOLFO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;- ricorrente –


contro


DE SALVIA FRANCESCO C. F. DSLFNC40B09F0590, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO TROGO 21, presso lo studio dell'avvocato MARIO FARAMONDI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti; - controricorrente –


 avverso la sentenza n. 304/2010 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 30/01/2010 R.G.N. 3050/2008;


udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/12/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;


udito l'Avvocato LUCANTONI SILVIA per delega orale Avvocato PANDOLFO ANGELO;


udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso per il rigetto del ricorso.


                                                Svolgimento del processo


Con la sentenza n.304/2010, la Corte d'Appello di Bari rigettava l'appello proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti (CNPADC) avverso la sentenza del Tribunale di Foggia, che aveva accolto la domanda di De Salvia Francesco diretta ad ottenere la pensione di vecchiaia secondo i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla legge n. 21/1986 non derogabili da parte del regolamento adottato dalla Cassa nel 2004. A fondamento della pronuncia la Corte affermava che il d.lgs.509/1994 e l'art.3, comma 12 della I. 335/1995, pur avendo conferito alla Cassa poteri riguardanti i criteri di determinazione della misura del trattamento pensionistico (salvo il pro rata), non avevano attribuito alla stessa Cassa il potere di incidere sulla disciplina contributiva e delle prestazioni e pertanto sui requisiti per l'accesso alle pensioni, salvo i poteri già previsti in base alla normativa preesistente. Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti affidando le proprie censure a sette motivi, ai quali resiste De Salvia Francesco con controricorso.


                Motivi della decisione


1. Con il primo motivo la CNPADC lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 38, comma 2, Cost. perché l'interpretazione accolta dalla Corte di Appello non consente alla Cassa di adeguare i requisiti di accesso alle pensioni per far fronte a situazioni di crisi e di aggiustare il tiro allo scopo di garantire la tenuta finanziaria del sistema.


2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 2 Cost. perché la soluzione accolta viola il principio di solidarietà.


3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 3 Cost. in quanto la sentenza impugnata ponendo gli effetti della riforma solo sui giovani iscritti si pone contro il principio di eguaglianza. 


4.- Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 3, comma 2, d.lgs 509/1994 che attribuisce agli enti previdenziali il potere di deliberare in materia di contributi e prestazioni.


5. Con il quinto motivo la ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 2, commi 1 e 2, d.lgs. 509/1994 che attribuendo agli enti previdenziali privatizzati l 'autonomia gestionale conferisce agli stessi il potere di emanare provvedimenti in materia di contribuzioni e prestazioni.


6. Con il sesto motivo la ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 3, comma 12, legge 335/1995 che nella sua previgente formulazione prevedeva il diritto delle Casse di stabilire diverse determinazioni dei trattamenti pensionistici.


7. Con il settimo motivo la ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 1, comma 763, Legge 296/2006 che ha definitivamente riconosciuto l'autonomia normativa delle Casse privatizzate.


8. I motivi di ricorso, i quali possono essere esaminati unitariamente per la connessione che li correla, sono infondati.


9. Sotto il profilo fattuale è pacifico che il dott. De Salvia Francesco, in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi previsti dall'art.2 della legge 21/1986 si è visto negare dalla Cassa l'erogazione della prestazione pensionistica in conseguenza dell'entrata in vigore del nuovo regolamento di disciplina delle funzioni di assistenza e di solidarietà approvato con decreto ministeriale del 14.7.2004 con il quale sono stati elevati i requisiti per l 'accesso alla pensione di vecchiaia.


10. Circa il potere degli enti privatizzati di emanare previsioni regolamentari la giurisprudenza di questa Corte si è pronunciata fin dalla sentenza n. 7010 del 05/04/2005 affermando che in relazione alla "potestà normativa degli enti previdenziali privatizzati, le disposizioni in tema di privatizzazione dei soggetti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza (artt. 2 e 3 D.Lgs. n.509 del 1994) non hanno attribuito agli enti privatizzati il potere di incidere sulla disciplina sostanziale di tali assicurazioni (v. Corte Cost. n. 248 del 1995 e n.15 del 1999), nè sulla normativa in materia di contributi e prestazioni, salvi i poteri di cui essi, eventualmente, già disponessero, sulla base della normativa preesistente. La legge n.335 del 1995 ha, poi, perfezionato le disposizioni dirette alla garanzia di stabilità di bilancio dei predetti enti, attribuendo incisivi poteri in materia di contributi e prestazioni quali si evincono dal riferimento, sub art. 3, comma 12, legge n. 335 cit., alla "riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, nel rispetto del principio del pro rata , in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti". Ne consegue che, alla stregua del tenore letterale della menzionata disposizione, i poteri attribuiti riguardano i criteri di determinazione della misura dei trattamenti pensionistici e non anche i requisiti per l'accesso ai medesimi o per la loro concreta fruizione. Nè tale conclusione è smentita dalla successiva disposizione dello stesso comma, in materia di pensionamenti anticipati di anzianità, per i quali è prevista, con efficacia non retroattiva, l'estensione di disposizioni sui requisiti minimi di età e di contribuzione di cui dall'art. 1, commi 17 e 18, della citata legge n.335 del 1995.


11. Sulla stessa scia si collocano tutte le successive sentenze (cfr. n. 20235/2010, n. 13607/2012, 14/2015) le quali hanno ribadito l'illegittimità delle deliberazioni adottate nel tempo dagli enti privatizzati di cui al d.lgs 30 giugno 1994, n. 509, con le quali sono stato introdotte modifiche in peius in materia di accesso a pensione o criteri di calcolo meno favorevoli per l'assicurato.


12. In particolare questa Corte con la sentenza n. 25212 del 30/11/2009 ha stabilito che in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare - in funzione dell'obbiettivo di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione - atti o provvedimenti che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere tali atti incompatibili con il rispetto del principio del "pro rata" - che è stabilito in relazione "alle anzianità già maturate", le quali concorrono a determinare il trattamento medesimo - e lesivi dell'affidamento dell'assicurato a conseguire una pensione di consistenza proporzionale alla quantità dei contributi versati.


13. E' stato pure ribadito (sentenza n. 8847 del 18/04/2011) che sulla violazione della regola del "pro rata" di cui all'art. 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, non può rilevare, in senso contrario, il disposto dell'art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il quale va interpretato nel senso che la disposta salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509 ed approvati dai Ministeri vigilanti, non vale a sanare la illegittimità dei provvedimenti adottati in violazione della precedente legge vigente al momento della loro emanazione.


14. Gli stessi orientamenti hanno poi ricevuto il suggello delle Sez. Unite con le pronunce nn. 17742/2015 e 18136/2015, da ritenersi richiamate, le quali hanno disatteso tutte le censure, pure qui sollevate, con le quali si sostiene la legittimità dei provvedimenti adottati dalla Cassa e la sanatoria per effetto dell'art. 1 comma 763 della legge 296/2006. Si è affermato al contrario che in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994, per i trattamenti maturati prima del 10 gennaio 2007 il parametro di riferimento è costituito dal regime originario dell'art. 3, comma 12, della I. n. 335 del 1995, sicché non trovano applicazione le modifiche "in peius" per gli assicurati introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell'attenuazione del principio del "pro rata" per effetto della riformulazione disposta dall'art. 1, comma 763, della I. n. 296 del 2006, come interpretata dall'art. 1, comma 488, della I. n. 147 del 2013.


15. Si tratta di pronunce fondate su argomenti a carattere generale che valgono anche per le modifiche in peius (introdotte con il nuovo "Regolamento di disciplina del regime previdenziale", approvato con Decreto interministeriale 14 luglio 2004 ed applicato a decorrere dall'I. gennaio 2005) che hanno aggravato i requisiti anagrafici e contributivi per l'acceso a pensione di vecchiaia; modifiche che non possono perciò trovare applicazione al caso di specie.


16. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. 


                                   P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio liquidate in euro 3200, di cui euro 3000 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Roma, così deciso nella camera di consiglio del 7.12.16.


§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§


2. - Cassazione Sez.SESTA CIVILE, Ordinanza n.7568 del 23/03/2017 (Presidente CURZIO PIETRO Relatore ARIENZO ROSA). IN http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20170323/snciv@s6L@a2017@n07568@tO.clean.pdf


ORDINANZA sul ricorso 22361-2015 proposto da: CASSA NAZIONALE Dl PRVVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in persona del Direttore Generale nonché procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BARTOLONI 44/46, presso lo studio dell'avvocato Mattia PERSIANI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIOVANNI BERETTA; - ricorrente – Contro


SALVADOR MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELL’UNIVERSITA', 11, presso lo studio dell'avvocato .ANGELA STANI, che lo rappresenta e difende; - controricorrente – avverso la sentenza n. 771/2014 della CORTE D'APPELLO DI VENEZIA, depositata il 28/01/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/01/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO


                                       Rilevato:


che Salvador Mario, titolare di pensione di vecchiaia a carico della Cassa Nazionale di Previdenza ed assistenza in favore dei Ragionieri e dei Periti Commerciali dal 1997, adì il giudice del lavoro del Tribunale di Venezia per sentire dichiarare l'illegittimità del prelievo sul trattamento pensionistico, operato dalla Cassa, a decorrere dall'1.1.2004 e sino al 31.12.2008, a titolo di contributo straordinario di solidarietà, in attuazione dell'art. 40 del Regolamento di esecuzione adottato dalla stessa Cassa con delibera 20.12.2003 e per sentire condannare quest'ultima alla restituzione delle somme indebitamente percepite; che la domanda venne accolta e che, a seguito di impugnazione della Cassa di previdenza, la Corte d'appello di Venezia, con la sentenza in data 25.3.2015, respinse l'appello;


che la Corte, condividendo la sentenza di primo grado, ritenne che l'art. 40 del Regolamento, adottato con delibera del 20.12.2003, che aveva introdotto il contributo di solidarietà, era illegittimo, in quanto violava i limiti imposti dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, e ledeva l'affidamento dell'assicurato, già pensionato, e finiva per incidere su un diritto acquisito; che, secondo la Corte d'appello, tale diritto non poteva essere travolto dallo "ius supeveniens" costituito dalla I,. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, norma, questa, non configurata come interpretativa e non dotata, perciò, di efficacia retroattiva;


che di tale sentenza la Cassa chiede la cassazione, affidando l'impugnazione a tre motivi, ai quali ha opposto difese, con controricorso, Salvador Mario;


che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie;


Considerato: che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;


che, col primo motivo, la ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n.3 c.p.c., vizio di violazione o falsa applicazione della l,. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, come modificato dall'art. 1, comma 763, della legge 296/2006 in relazione alla norma di interpretazione autentica di cui all'art. 1 comma 488 legge 147 del 2013;


che, con il secondo, la Cassa lamenta violazione dell'art. 3, comma 12, 1. 335/95, in relazione all'art. 40 del Regolamento della Cassa Nazionale di Previdenza dei Ragionieri entrato in vigore il 1 gennaio 2004, e, con il terzo, violazione dell'art. 2 del decreto legislativo 509/1994 in relazione all'art. 40 del vigente regolamento di esecuzione;


che, nella sostanza, la ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe violato la legge nel dichiarare l'illegittimità del predetto contributo, che comportava, invece, un sacrificio temporaneo e quantitativamente modesto, e che il legislatore ha previsto espressamente la salvezza, a titolo di sanatoria con efficacia retroattiva, degli atti e delle deliberazioni assunte precedentemente dalle forme di previdenza sostitutive dell'assicurazione generale obbligatoria già approvate dai Ministeri vigilanti, con la conseguenza che la Corte di merito sarebbe incorsa in errore nel ritenere illegittimo il contributo temporaneo straordinario di solidarietà, non tenendo conto del fatto che lo stesso era stato adottato nel rispetto del principio di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile previsto dal D. lgs. n. 509 del 1994, art. 2 e che non incideva sulla proporzione fra la quantità dei contributi versati dai pensionati e l'ammontare delle prestazioni pensionistiche agli stessi corrisposte;


che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;


che, premesso che i motivi vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, deve essere richiamato quanto affermato in controversia del tutto sovrapponibile da questa Corte nella pronunzia del 6.4.2016 n. 6702, in base a principi ed argomentazioni del tutto condivisi da questo Collegio; che è stato rilevato come, anche in relazione ad analoga questione riguardante la Cassa di Previdenza ed Assistenza dei Dottori Commercialisti, con la sentenza n. 25212 del 30/11/2009, sia stato affermato che "in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare - in funzione dell'obiettivo di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione - atti o provvedimenti che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie il contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere tali atti incompatibili con il rispetto del principio del "pro rata" - che è stabilito in relazione "alle anzianità già maturate", le quali concorrono a determinare il trattamento medesimo) - e lesivi dell'affidamento dell'assicurato a conseguire una pensione di consistenza proporzionale alla quantità dei contributi versati"; che nello stesso senso si sono pronunziate Cass. 25029 e n.25030 del 2009, nonchè Cass., Sez. 6, n. 2749 del 2013, Cass. 56 del 2015, e che analoghi principi sono enunciati nelle sentenze n. 25895, n. 26032, n. 26943 del 2014 con riguardo a controversie nelle quali era parte la odierna ricorrente e, da ultimo, da Cass. 6.4.2016 n. 6702 cit.;


che, in particolare, in tale ultima sentenza, è stato rilevato che nel nostro sistema non vige il principio della intangibilità del trattamento pensionistico esistente nel momento in cui abbia avuto inizio l'iscrizione dell'interessato alla Cassa di previdenza, non essendo interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dì rapporti di durata, e quindi di modificare la disciplina pensionistica fino al punto di ridurre il quantum del trattamento) previsto, limitando, allorché si verifichino determinati presupposti, il detto trattamento con riferimento alla proporzione fra contributi versati ed ammontare delle prestazioni; che, però, è stato osservato che è necessario che la legge sopravvenuta non oltrepassi il limite della ragionevolezza, ossia che non leda l'affidamento dell'assicurato in una consistenza della pensione, proporzionale alla quantità dei contributi versati; che, d'altra parte, la giurisprudenza della Corte costituzionale è costante nel ritenere illegittima la norma che violi "l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, quale elemento essenziale dello Stato di diritto" (Corte Cost. 10.2.1993 n. 39, 26.1.1994 n. 6,28.2.1997 n. 50, 23.12.1997 n. 432, 22.11.2000 n. 525) e che questo limite costituzionale imposto al legislatore induce, a maggior ragione, a ritenere contrario al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost., comma 2) l'atto infralegislativo, amministrativo) o negoziale, con cui l'ente previdenziale debitore riduca unilateralmente l'ammontare della prestazione mentre il rapporto) pensionistico si svolge, ossia non si limiti a disporre pro futuro, con riguardo) a pensioni non ancora maturate, in quanto in tal caso l'iniziativa unilaterale, e non legislativa, colpirebbe più gravemente la sicurezza dei rapporti giuridici;


che, nelle decisioni sopra richiamate è stato escluso che possa rinvenirsi la giustificazione del provvedimento in questione nel contenuto della norma dettata dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, esulando il detto atto dai previsti "provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico" non potendo la trattenuta considerarsi legittima a seguito della entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, perché detta norma incide sui sistema dei pro rata, che è estraneo alla tematica del contributo di solidarietà che interessa la presente causa;


che - come rilevato in particolare da Cass. 6702/2016 cit. - in questa situazione di raggiunto assetto della giurisprudenza di legittimità sulla portata e sull'ambito di applicazione della clausola di garanzia costituita dalla regola del pro rata di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12, nella sua originaria formulazione, non incide sulla soluzione della presente questione la disposizione qualificata come di interpretazione autentica della L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge dì stabilità 2014) che ha previsto: "L'ultimo periodo della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, si interpreta nel senso che gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della I. 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine"; che, invero, tale norma pone come condizione di legittimità degli atti che essi siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo, cosi come affermato dalla stessa ricorrente; che il contenuto della memoria della ricorrente è inidoneo ad incidere sulla indicata soluzione della controversia, dovendo osservarsi che le considerazioni relative all'obiettivo della salvaguardia dell'equilibrio finanziario della Cassa ed al rispetto in maniera attenuata del principio del pro rata per trattamenti pensionistici maturati, peraltro, a partire del 1.1.2007, nei sensi affermati da ultimo da Cass. s u. 8 settembre 2015 n. 17742, possono assumere rilevanza con riferimento a quanto previsto dall'art. 41 del regolamento di esecuzione; che il contributo straordinario di solidarietà, previsto dall'art. 40 del Regolamento, rappresenta una misura adottata in violazione del principio della riserva di legge ai sensi dell'art. 23 Cost, posto che la delegificazione, con attribuzione della potestà normativa alle singole casse, deve ritenersi riguardare la variazione delle aliquote contributive, la riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, da adottarsi comunque nel rispetto del principio del pro ) rata in relazione alle anzianità già maturate; che, in ogni caso, come affermato da questa Corte con sentenza 17742/2015, in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994 (quale la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali), per i trattamenti maturati prima del 1° gennaio 2007 il parametro di riferimento è costituito dal regime originario dell'art. 3, comma 12, della 1. n. 335 del 1993, sicché non trovano applicazione le modifiche "in peius" per gli assicurati introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell'attenuazione del principio del "pro rata" per effetto della riformulazione disposta dall'art. 1, comma 763, della 1. n. 296 del 2006, come interpretata dall'art. 1, comma 488, della I. n. 147 del 2013; che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell'art. 375, n. 5, cod. proc. civ., e le spese sono regolate come da dispositivo, ritenendosi ancora sussistenti i giustificati motivi per la relativa compensazione, ravvisati, nel precedente giurisprudenziale più volte richiamato, nell'evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e nella problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente, nonchè nel mutamento del quadro normativo di riferimento; che sussistono le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 quater, dPR 115 del 2002;


                     PQM


rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell'art.13, comma1bis, del citato D.P.R. .                                                           





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