Istanbul, processo alla stampa per «terrorismo». Alla sbarra 29 giornalisti, accusati di complicità con il predicatore Gülen. La Turchia è il Paese con il maggior numero di giornalisti in prigione, circa 150 secondo diverse associazioni per i diritti umani.
in Corriere della Sera
28.3.2017 - Lo chiamano il processo al «braccio mediatico» di Feto, l'organizzazione terroristica che farebbe capo a Fethullah Gülen, il predicatore islamico rifugiato negli Usa e accusato di aver orchestrato il fallito golpe del 15 luglio scorso. Sul banco degli imputati, ieri ad Istanbul, c' erano 29 giornalisti, tra cui l' ex cantante pop Atilla Tas che rischia, come gli altri, una condanna a 15 anni di prigione. L' accusa, per tutti, è di «terrorismo» ma nelle 196 pagine redatte dalla procura, fa notare il Centro per la libertà di Stoccolma, «non c' è un singolo episodio di attività criminale ma solo stralci di articoli, notizie e messaggi critici su Twitter». Per il pm il fatto di aver lavorato per i giornali o le tv che sono state chiuse dopo il 15 luglio sembra essere già indizio grave di colpevolezza. Molti degli imputati avevano lavorato per il quotidiano Zaman , un tempo il più venduto in Turchia, messo sotto sequestro e poi chiuso nel 2016. Alla prima udienza erano presenti 27 dei 29 accusati. Due sono latitanti, tra questi c' è Said Sefa, accusato di essere l' autore dell' account twitter di Fuat Avni che con tre milioni di follower e le sue rivelazioni sull' Akp ha fatto infuriare Erdogan. Per lui è stato chiesto l' ergastolo. La Turchia è il Paese con il maggior numero di giornalisti in prigione, circa 150 secondo diverse associazioni per i diritti umani. Ma il presidente Erdogan continua a ripetere che sono criminali: «Datemi la lista, la guardo e vi dico che sono tutti ladri, pedofili, terroristi». Tra questi c' è Deniz Yücel, il corrispondente di Die Welt , la cui detenzione ha causato non poche frizioni con Berlino. Ieri, proprio in Germania, i turchi hanno cominciato a votare per il referendum che si terrà il 16 aprile e che potrebbe trasformare la Turchia in una Repubblica presidenziale. I sondaggi danno ancora il sì e il no testa a testa. Decisivi saranno, dunque, anche i voti dei 2,5 milioni di turchi che vivono in Europa. (MO.RI. SAR.)
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