(Napoli, 23 gennaio 2017) - La figura di Giuseppe Calise, deceduto a Portici nel gennaio del 2017, ha due dimensioni: quella del cronista- tale per vocazione, istinto e temperamento- e quella del professionista socialmente impegnato che ha un forte senso delle scelte di campo da compiere e dalle quali, per dignità e coerenza, mai bisogna retrocedere. Si intrecciano così, in lui, le responsabilità redazionali assunte nel quotidiano Il Mattino (il più storicamente diffuso nell’Italia meridionale) e il dovere morale di resistere, anche con l’autogestione, ai gruppi di pressione per non venire mai meno agli obblighi etico-morali e deontologici della completezza, tempestività, autonomia e oggettività dell’informazione.
A Milano il suo primo lavoro. Operatore di Radiostampa, incomincia a conoscere il mondo del giornalismo trasmesso a distanza. Le vicende della città, in un periodo di forti tensioni politico-sindacali, vengono da lui seguite così attentamente che Il Mattino gli chiede di diventare il proprio corrispondente dalla Lombardia. Cronaca e giudiziaria i settori preferiti anche perché più dal di dentro consentivano a lui non solo di raccontare compiutamente i fatti che scuotevano l’opinione pubblica, ma anche le ragioni per cui accadevano.
Il Mattino ne apprezza subito le qualità e gli propone di trasferirsi a Napoli, nella redazione centrale di via Chiatamone. Una scelta professionale non facile, dai molti risvolti problematici. Milano è una grande piazza editoriale e chi ci lavora con impegno può fare molta strada. Ma quando confida le sue esitazioni e perplessità, si sente dire:”Sì, a Milano si può andare molto lontano, ma Il Mattino è il giornale della tua città”. Calise, allora, non ha più dubbi.
A Napoli mette in campo tutto il suo dinamismo: la capacità di selezionare prontamente le notizie, organizzare il lavoro, inviare velocemente i cronisti sui fatti. Il Mattino gli affida la gestione dei Circondari, la redazione che si occupa dei popolosi comuni della provincia, specie quella vesuviana: una fascia con oltre 500mila abitanti. A lui il compito di organizzare le redazioni locali e una vasta rete di corrispondenti. I risultati editoriali sono più che soddisfacenti. Il diritto dei cittadini a essere informati trova piena attuazione.
In un quotidiano dal forte radicamento territoriale come Il Mattino, il settore della Cronaca di Napoli è uno dei più strategici, quello che più dà prestigio e responsabilità a chi lo dirige. Il racconto della città deve diventare sempre più strumento del suo sviluppo. Cronaca bianca e nera, e giudiziaria, sono per questo importanti chiavi di lettura. Calise diventa responsabile del settore, lui stesso impegnato in prima persona come cronista-scrittore. I fatti e le ragioni: una successione incalzante (strage di via Caravaggio, corruzione politica, omicidio di Anna Parlato Grimaldi che scuote i “quartieri bene” della città, l’assassinio di Giancarlo Siani che rivela l’intreccio criminale di camorra e ambienti politico-amministrativi). E’ il profilo di una società allo sbando che Calise contestualizza bene e proietta sul piano nazionale anche come corrispondente del Messaggero.
E’ una ricerca di verità che concorre a guadagnare, a Napoli, le giuste solidarietà e attenzioni. Allora il senso del dovere spinge il cronista-scrittore a scandagliare ancor più cause e motivazioni fin dove è possibile spingersi. Così avviene con un suo libro sul delitto Siani, così avviene mediante i quotidiani rapporti con i vertici dell’ordine pubblico e della vita amministrativa napoletana. Non c’è Direttore (Paolo Graldi, Roberto Ciuni, Pasquale Nonno) che, lungo i 35 anni complessivi di lavoro svolti, non abbia avuto con Calise un rapporto fiduciario pieno. Da qui l’ulteriore responsabilità di Capo redattore dell’Ufficio centrale fino alla decisione, presa nel 2001, di ritirarsi a vita privata (tra Portici e la campagna casertana di Vairano Patenora).
Non è una resa o un abbandono, ma solo la consapevolezza ,irremovibile, che la sua stagione professionale doveva concludersi, che nuovi interessi meritavano ora la sua attenzione: gli affetti familiari, la natura. Ai colleghi del Mattino apparve un po’come un Cincinnato che si ritirava in campagna “carico di lodi e di rimpianti”. Gli espressero amicizia e riconoscenza regalandogli una zappa nuova e luccicante.
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La cronaca è una grande lezione di vita che intreccia passione e cultura. Giuseppe Calise ha fatto anche un’esperienza politico-amministrativa al Consiglio comunale di Portici eletto nel Partito socialista, ma con voti del tutto personali. Tuttavia in questo ruolo non resiste a lungo: riunioni troppo inconcludenti, distanza crescente dai problemi della comunità. Lascia anche perché non intendeva minimamente sottrarre tempo ai suoi impegni professionali.
Alla metà degli anni Settanta è in prima linea quando si tratta di difendere la proprietà pubblica del Mattino. E’ il periodo in cui la Banca d’Italia ordina agli Istituti di Credito di dismettere presenze e proprietà di giornali. Il Banco di Napoli deve allora liquidare la Sem (proprietaria delle testate Il Mattino e Corriere di Napoli, degli impianti e dell’immobile di via Chiatamone). E’ un periodo di pericolose concentrazioni di giornali e di tendenza alla mono-informazione (Giampaolo Pansa lo racconta nel libro “Comprati e venduti”). Ci sono equilibri democratici da difendere.
Calise, sempre più vicino alle strutture rappresentative della professione (Associazione napoletana della Stampa, Unione Cronisti, Ordine dei Giornalisti) è fra i primi ad aderire al nascente Movimento dei Giornalisti Democratici. E’ uno dei cinque cronisti del Mattino che si ribellano alla censura, imposta dall’allora Direzione del giornale, di un documento del Consiglio comunale che chiedeva un confronto pubblico sul ruolo del Mattino, sul nuovo Editore che sarebbe subentrato, sulle garanzie per i dipendenti e per i lettori.
Attraverso il “Comitato di lotta Giornalisti-Poligrafici” di cui Calise era un fervente animatore, venne elaborato un “Libretto verde” che conteneva analisi e proposte capaci di schierare Il Mattino, ma con maggiore visibilità, sul piano della democrazia, del pluralismo e del meridionalismo. Quando si trattò di dare un segno tangibile di irrinunciabilità a questi propositi e a questi obiettivi, Calise partecipò attivamente all’autogestione del giornale, fatto unico nella storia del quotidiano fondato nel 1892 da Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao. Quest’azione di resistenza e di autonomia durò il tempo necessario per far comprendere al nuovo Editore, il gruppo Rizzoli, che Giornalisti e Poligrafici avevano idee chiare nella consapevolezza del ruolo che il Mattino doveva svolgere a Napoli e nelle regioni meridionali.
Cronista di razza “per istinto e per vocazione”, si è scritto di Giuseppe Calise: un giornalista che dalla lezione della vita, e dalle vicende che raccontava, aveva tratto la propria cultura, che con la narrazione dei fatti aveva consolidato il carattere e la professionalità mai disgiunti da un forte, crescente sentimento di autonomia, indipendenza e libertà (pronto sempre a mandare a quel paese, senza se e senza ma,chiunque attentasse a questi valori che esprimevano la sua inconfondibile identità).