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DIRITTO DI CRONACA SOTTO TIRO.

INTERCETTAZIONI. Via al ddl "Alfano"
che punisce 2 volte i giornalisti
(in sede penale e in sede disciplinare).

Il testo del ddl è in allegato.

Cinque anni di carcere ai pubblici
ufficiali che rivelano gli atti, mentre
la pena per i giornalisti, che
pubblicano gli atti anche per
riassunto, va da 1 a 3 anni con
l’aggiunta di una sanzione da 500
a 1.032 euro. Poi scatta la fase
disciplinare: possibile la sospensione
cautelare dal servizio o dall’esercizio
della professione fino a 3 mesi (con
il rischio reale di perdere
conseguentemente il posto di lavoro).

Il Garante della privacy può
“disporre il blocco” delle
informazioni pubblicate in
violazione della nuova legge
e raccolte in maniera non corretta.
Chi non si adegua rischia
il carcere da tre mesi a due anni.

La legge 231/2001 verrà applicata, per la violazione dell’articolo 684 Cp, alle aziende editoriali, con il pagamento di una “sanzione pecuniaria da cento a trecento quote”. L'importo di una quota va da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.550 euro. La sanzione, quindi, può oscillare, in base alle tirature, da un minimo di 25.800 euro a un massimo di 465mila euro. Sarà modificata la legge sulla stampa nel senso che la pubblicazione delle rettifiche dovrà avvenire “senza commento”.

DECISO "NO" DI ORDINE, FNSI, UNCI, ANM E FEJ.


Roma, 13 giugno 2008. Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della giustizia, Angelino Alfano, questo pomeriggio ha approvato all’unanimità, ''in un clima di grandissima concordia'', un disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche, che punisce due volte i giornalisti sia in sede penale sia in sede disciplinare. “Il provvedimento - dice un comunicato di Palazzo Chigi -  ha due punti di forza: arginare la diffusione incontrollata dei contenuti delle intercettazioni e ridimensionare gli oneri derivanti dalle operazioni di intercettazione. Il provvedimento tiene in considerazione il diritto alla riservatezza tutelato dall’articolo 15 della Costituzione e i principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui la legge dello Stato deve garantire un’adeguata protezione della privacy, attraverso la definizione delle categorie di persone assoggettabili a intercettazioni e la natura dei reati; l’individuazione di un termine massimo per la durata delle intercettazioni e la tutela degli interlocutori che siano stati casualmente intercettati. Si riconosce altresì la responsabilità amministrativa della testata giornalistica intesa come soggetto giuridico”. Il riferimento del ministro è alla legge 231/2001, che verrà applicata, per la violazione dell’articolo 684 Cp, alle aziende editoriali,  con il pagamento di  una “sanzione pecuniaria da cento a trecento quote”. L'importo di una quota va da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.550 euro. La sanzione, quindi, può oscillare, in base alle tirature, da un minimo di 25.800 euro a un massimo di 465mila euro.


Altre novità consistono nell’introduzione del termine di durata massima delle intercettazioni, pari a tre mesi, e nella riduzione del numero dei reati. Le nuove limitazioni non si applicheranno, tuttavia, ai reati per mafia, terrorismo e altri reati di gravissimo allarme sociale.


Il disegno di legge prevede, infine, la pena della reclusione fino a cinque anni per chi utilizza o rivela le intercettazioni o altre notizie coperte da segreto, avendo conoscenza qualificata degli atti del procedimento penale, e l’aumento della pena per il giornalista che pubblica arbitrariamente, anche per riassunto, le intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione: arresto da uno a tre anni e sanzione da 500 a 1.032 euro. Come è noto, in questo caso, non è possibile applicare alcuna misura cautelare, neppure interdittiva. Il punto 3 dell’articolo 2 del ddl, però, prevede la modifica dell’articolo 115 (II comma) del Cpp (così come riferisce “Il Sole 24 Ore” di oggi) e l’inserimento di una coda disciplinare che susciterà vaste reazioni: “Di ogni iscrizione nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di violazione del divieto di  pubblicazione commessi dalle persone indicate al comma 1, il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente l'organo titolare del potere disciplinare, che, nei successivi trenta giorni, ove sia stata verificata la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità e sentito il presunto autore del fatto, può disporre la sospensione cautelare dal servizio o dall'esercizio della professione fino a tre mesi”. I giornalisti, quindi, rischiano due sanzioni: una penale e una deontologica con la sospensione dall’Albo fino a 3 mesi. Questa misura comporta la perdita del posto di lavoro. Chi non è iscritto nell’Albo non può esercitare la professione giornalistica.


Sarà modificata la legge sulla stampa nel senso che la pubblicazione delle rettifiche  deve avvenire “senza commento”.  Qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche “non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta”, l’autore dell’articolo ritenuto diffamatorio può, con procedura d’urgenza, rivolgersi al tribunale  al fine di ottenere che sia ordinato al (suo) direttore la pubblicazione della rettifica.


L’articolo 17 del ddl  modifica il “Testo unico sulla privacy” (dlgs 196/2003) e chiama in causa il Garante,  che ha già, in virtù del punto 5 dell’articolo 139 vigente,  il potere di  “vietare il trattamento” di una data notizia che viola le “prescrizioni” contenute nel punto 1 del Codice di deontologia dei giornalisti “a garanzia degli interessati rapportate alla natura dei dati, in particolare per quanto riguarda quelli idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Il nuovo comma 5 dell’articolo 139 stringe vieppiù le maglie e ingabbia l’attività dei giornalisti in una rete di  prescrizioni formalmente condivisibili: “In caso di  violazione delle prescrizioni contenute nel Codice di deontologia o, comunque, delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 137, il Garante può vietare il trattamento o  disporne il blocco”. Il Garante “può vietare il trattamento o  disporne il blocco”, quando il giornalista viola gli articoli non solo il Codice di deontologia ma anche gli articoli 11 e 137 del dlgs 196/2003. Questo insieme di riferimenti normativi fanno da cornice ai  “divieti di pubblicazioni” inseriti nel ddl. Le violazioni di cui parla il ddl, quindi, possono ferire la normativa sulla privacy e, quindi, possono determinare il Garante a “vietare il trattamento o a  disporne il blocco”. Il comma e) dell’articolo 17 del ddl è una vea e propria norma di chiusura molto minacciosa (carcere per i trasgressori):Chiunque, essendovi tenuto, non osserva il provvedimento adottato dal Garante ….è punito con la reclusione da tre mesi a due anni”.


Ad esporre il provvedimento in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che parla di un sistema che ''era degenerato, con la privacy dei cittadini troppe volte violata''. Il testo, spiega Alfano, limita a 3 mesi la durata delle intercettazioni, eleva a 10 anni la soglia punitiva oltre la quale è prevista l'intercettabilità, con una deroga per reati contro la pubblica amministrazione che prevedono una pena non inferiore nel massimo a 5 anni, per i reati di mafia, terrorismo ed in ''tutti quelli di grandissimo allarme sociale''. Ci sarà inoltre la valutazione di un organo collegiale, di un tribunale e non di un singolo soggetto, per decidere l'autorizzazione ad intercettare. Si stabilisce infine l'inutilizzabilità delle intercettazioni prese in un procedimento nel corso di un altro processo.


Capitolo pene: i giornalisti che pubblicano intercettazioni coperte da segreto rischiano da uno a tre anni di carcere. Ma ovviamente, precisa il Guardasigilli, ''non si tratta di pene che possano comportare la custodia in carcere''. Le norme valgono per il futuro, non per i procedimenti in corso.


Ora dalle Camere, prosegue il ministro, ''ci attendiamo un contributo propositivo e costruttivo. Molte norme - ricorda - sono coerenti con la filosofia del ddl Mastella''. Il provvedimento, inoltre, sottolinea, ''risponde alla prerogativa che la Costituzione assegna ai cittadini relativamente alla difesa della propria privacy ed ha la piena copertura europea, perché anche la Convenzione europea per i diritti dell'uomo, nel riconoscere l'inviolabilità diritto privacy, fissa requisiti per garantirne la protezione''. Il ddl, secondo Alfano, non creerà problemi ai magistrati.


''Sono convinto - spiega - che nell'enfatizzare in modo eccessivo il rilievo delle intercettazioni si fa un torto alla magistratura. Non credo sia corretto dire che i magistrati stiano sempre con le cuffie alle orecchie per ascoltare e da lì avviino le indagini. La magistratura potrà continuare a fare il proprio lavoro con efficacia con la conseguenza positiva per i cittadini che vedranno tutelata loro privacy''.


INTERCETTAZIONI: DEL BOCA, UN NUOVO 'LACCIÒ PER GIORNALISTI.


Roma, 13 giugno 2008. Critiche al disegno di legge sulle intercettazioni arrivano anche dal presidente dell'Ordine dei giornalisti, Lorenzo Del Boca, che intravede il rischio di un nuovo 'laccio stretto tra penne e microfoni dei cronisti. «Ancora carcere per i giornalisti! E non consola il fatto che i cinque anni previsti siano stati ridotti a tre, con uno sconto significativo del quaranta per cento», afferma Del Boca in una nota. «Il Governo ritiene che la lotta al malaffare che alberga nel Paese debba rimanere un fatto riservato - quasi privato - fra delinquenti e forze dell'ordine, magistratura compresa. Quello che non è consentito - altrimenti sono manette... - è che la gente sappia quello che accade a casa sua o nei dintorni. È paradossale. I cittadini vengono privati di una loro esigenza fondamentale che è quella di conoscere come vengono amministrati, in che tempi e con quali risultati». «Il diritto di cronaca - continua il presidente dell'Ordine - non c'entra. La parola diritto evoca il privilegio e conduce direttamente a considerare i detentori come corporazione o, peggio, come casta. I giornalisti diritti non ne hanno e non ne vogliono. Accettano il dovere che è proprio della loro professione di informare correttamente, con equilibrio e con onestà intellettuale. Certo, non sono infallibili e qualche esagerazione voyeuristica l'hanno pure accreditata, pubblicando dettagli privati, non necessari per comprendere la vicenda che si stava raccontando e, che, dunque, andavano trascurati». Ma «la necessità di assicurare un rigoroso rispetto e una maggiore attenzione per la dignità altrui non è nemmeno parente con la ghigliottina che punta a escludere tutto e a considerare le violazioni un reato meritevole della prigione». Per Del Boca, «il cittadino deve domandarsi se, con l'applicazione dei provvedimenti del Governo, otterrà più o meno informazioni. Se ne otterrà di meno, significa che un laccio - un altro - è stato stretto fra le penne e i microfoni dei giornalisti. Con buona pace della libertà che si trova a zoppicare ancora di più». (ANSA).


Siddi: “Il 17 valuteremo con l’Ordine e l’Unci le iniziative più opportune”


Roma, 13 giugno 2008. Il Segretario Generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, ha dichiarato:Le nostre posizioni sui provvedimenti che limitano il diritto di cronaca non sono mai cambiate. Già da ora cominciamo a dire al Parlamento e al Governo che noi non siamo mai stati, e saremo, a sostegno degli spioni ma siamo e saremo sempre rispettosi del lavoro della magistratura. Non vogliamo la devastazione delle persone ma esigiamo di far conoscere alla pubblica opinione le notizie che contano affinché si formi una libera consapevolezza dei problemi. Il disegno di legge speriamo consenta al Parlamento di avviare una profonda revisione del provvedimento licenziato oggi dal Governo anche perché vistosamente contrario alle convenzioni internazionali. Le novità del disegno di legge su intercettazioni e le sanzioni ai giornalisti che ne pubblichino i testi, nonché le conseguenti iniziative della categoria, saranno valutate nel corso di una riunione straordinaria della giunta della Fnsi convocata d’urgenza per martedì 17 giugno alla quale hanno assicurato la loro presenza il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Lorenzo Del Boca e il presidente dell’Unione nazionale cronisti, Guido Columba”. (www.fnsi.it)


ANM FORTEMENTE CRITICA - I vertici dell'Anm rispettano «le scelte della politica», ma a proposito del ddl intercettazioni lanciano l'allarme: «con le nuove norme questo importante strumento investigativo non potrà più essere usato per reati di grave allarme sociale come il furto in appartamento, la rapina, lo sfruttamento della prostituzione, il sequestro non a scopo estorsivo, come ad esempio la zingarella che rapisce un bambino...». Il giorno stesso dell'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge sulle intercettazioni, una delegazione dell'Anm guidata dal presidente Luca Palamara, dal segretario Giuseppe Cascini e dal vice segretario Anna Canepa viene ricevuta dal presidente della Camera Gianfranco Fini. Lo scopo è quello di illustrare alla terza carica dello Stato le linee di intervento e le priorità che la magistratura indica per risolvere i gravi problemi del mondo giudiziario, ma visto che la questione intercettazioni è di estrema attualità, un commento anche sul ddl del governo non poteva mancare (Ansa, Agi, Adnkronos).


Unione Nazionale Cronisti Italiani: “L’Europa condanna la legge Alfano” 


Roma, 13 giugno 2008. ”La Corte Europea di Strasburgo ha già condannato la pretesa di mandare in carcere i cronisti che informano i cittadini sulle indagini giudiziarie e tornerà a bocciare il disegno di legge approvato oggi dal governo. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha quindi detto un’altra cosa non vera, dopo aver ripetuto per giorni che le intercettazioni costano un terzo del bilancio della giustizia, e cioè che il disegno di legge ha una piena copertura europea. La Corte di Strasburgo nel giugno 2007 ha infatti riconosciuto la prevalenza del diritto del pubblico di essere informato. E non può essere altrimenti in uno stato di diritto nel quale, come ha recentemente ricordato la Cassazione, i giornalisti devono essere i “cani da guardia” del potere. Il potere politico invece è intollerante dei controlli giudiziari, della magistratura contabile e dell’opinione pubblica e cerca in tutti i modi di evitarli. In questo caso utilizzando il principio della privacy cerca esplicitamente di impedire che i giornalisti informino i cittadini sulle indagini giudiziarie in modo tempestivo e compiuto. Stabilire per il cronista la condanna a tre anni di carcere ma dire, state tranquilli in galera certo non vi mandiamo, equivale esattamente a minacciare: o fate i bravi o in carcere ci andate davvero. L’Unione Nazionale Cronisti Italiani torna a sostenere che il diritto-dovere di cronaca è un principio basilare di un paese democratico e che se si rispettassero le norme esistenti in materia di intercettazioni, trascrizioni ed eliminazioni di quelle non utili all’indagine, ci sarebbe il più ampio rispetto della privacy. Per questo l’Unci sollecita tutti i giornalisti a dare una risposta forte, unitaria e corale al tentativo di limitare la libertà di informazione”. (www.fnsi.it)


Cossiga: “La libertà di informazione è sacra”.



Roma, 13 giugno 2008. ''La libertà di informazione è sacra. I giornali e i giornalisti hanno non solo il diritto, ma il dovere di pubblicare tutte le notizie e le informazioni che acquisiscono anche per diffusione illecita da parte di terzi, in particolare relativamente ai politici e in generale agli esponenti della classe dirigente: manager, alti militari, banchieri, finanzieri, dirigenti sindacali e della associazioni imprenditoriali'': lo afferma il senatore a vita Francesco Cossiga, in una dichiarazione diffusa dal suo portavoce, dopo l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del ddl che prevede da 1 a 3 anni di reclusione per i giornalisti che diffondono le intercettazioni 


''Al Senato - prosegue il presidente emerito della Repubblica - apporterò un emendamento che stabilisca non potersi perseguire penalmente alcun giornalista né sanzionare comunque giornali ed editori per la diffusione di informazioni coperte dal segreto delle indagini o dal segreto istruttorio, comprese le trascrizioni o anche le stesse registrazioni delle intercettazioni telefoniche, legittime o illegittime, se non prima che sia stato condannato il magistrato, o un suo ausiliario o un ufficiale di polizia giudiziaria che ha loro 'passato' le informazioni, o che siano stati abbattuto il gatto o la gatta del custode della Procura e del giudice delle indagini preliminari che, per connessioni sessuali, le abbia portate al gatto o alla gatta del custode della sede del giornale in cui è stata pubblicata la notizia riservata, salvo che il giornalista - conclude - non sia prima incriminato anche per il reato di rapina o furto con scasso nella sede degli uffici giudiziari o come mandatario di tale reato''. (ANSA)


INTERCETTAZIONI: NO A DDL DA FEDERAZIONE EUROPEA GIORNALISTI.


Roma, 15 giugno 2008. No unanime dei giornalisti europei, riuniti a Berlino, al ddl del governo italiano sulle intercettazioni. La delegazione italiana è formata dal presidente, segretario e direttore Fnsi, Roberto Natale, Franco Siddi e Giancarlo Tartaglia. «L'assemblea annuale della Federazione europea dei giornalisti, riunita a Berlino, condanna il progetto di legge del governo italiano che, con la scusa della privacy, vuole stabile sanzioni penali - fino a tre anni di carcere - per i giornalisti che pubblichino informazioni o citino notizie di inchieste giudiziarie. È il caso soprattutto delle intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura.», dice il testo del documento approvato. Il progetto di legge, «è un'iniziativa che mette il bavaglio ai giornalisti e impedisce ai cittadini di essere informati su temi d'interesse pubblico compresi nelle inchieste giudiziaria.Questo modo di procedere - prosegue il documento diffuso da Berlino - è contrario ai principi universali dei diritti dei media e della loro funzione nelle democrazie moderne. I giornalisti, infatti, non devono nascondere le informazioni d'interesse generale, sia originate da fonti libere sia da fonti confidenziali, che essi hanno il dovere di proteggere». E inoltre: «Il progetto di legge del governo italiano è contrario alle convenzioni internazionali e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. L'assemblea annuale della Fej sostiene il sindacato dei suoi colleghi italiani, la Fnsi, nel suo contrasto, nella sua opposizione contro il disegno di legge e fa appello al Parlamento italiano a non approvarlo o a modificarlo profondamente. La Federazione europea dei giornalisti mette sotto osservazione la vicenda e condurrà in ogni sede d'interesse europeo un'iniziativa sociale e etica per la libertà e la qualità del lavoro dei giornalisti. Venti illiberali per tentare di condizionare l'informazione soffiano qua e là in Europa e quello italiano è un caso d'osservazione e mobilitazione professionale e civile». (ANSA)


 


INTERCETTAZIONI. MALAVENDA: “DDL VIETA LA CRONACA GIUDIZIARIA”.


Palermo, 15 giugno 2008.  «La cronaca giudiziaria con il disegno di legge proposto da Alfano non si potrà più fare. E i giornalisti non potranno più raccontare nulla fino a conclusione dell'udienza preliminare». Lo dice all'ANSA l'avvocato Caterina Malavenda, uno dei maggiori esperti italiani sul diritto dell'informazione. «Il disegno di legge - spiega Malavenda - ha modificato le norme del codice di procedura penale che disciplinano gli atti che non si possono pubblicare. Fermo restando che si tratta di atti che lo stesso indagato conosce. Ma il giornalista non ne potrà scrivere, né riportare integralmente i documenti, né per riassunto o sintesi». «I giornalisti, se passa così il testo - aggiunge - potrà scrivere che un indagato è stato arrestato, ma non si potrà dire il perché è finito in cella». Chi scrive qualcosa facendo riferimento agli atti giudiziari sarà punito con l'arresto da uno a tre anni e con l'ammenda fino a 1.032 euro per ogni articolo pubblicato. «Le due pene, detentiva e pecuniaria - spiega Malavenda - non sono alternative, ma congiunte. Il che significa che il carcere è sempre previsto e, anche in un paese dove è difficilissimo finire dentro (condizionale fino a due anni, pene alternative fino a tre), il giornalista ha ottime probabilità di finirci: alla seconda o alla terza condanna per violazione del divieto di pubblicazione, non meno di nove mesi per volta, si superano i due anni e si perde la condizionale; alla quarta o alla quinta si perde anche l'accesso ai servizi sociali e non resta che la cella».


L'avvocato Caterina Malavenda, uno dei maggiori esperti italiani sul diritto dell'informazione, analizzando il disegno di legge proposto dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che riguarda il divieto di pubblicazione delle intercettazioni, precisa che il testo impedisce ai giornalisti di fare cronaca giudiziaria. «Ogni volta che il giornalista vorrà informare sui fatti giudiziari - precisa l'avvocato Malavenda - incorrerà non solo a problemi penali, ma anche disciplinari, perché la procura che indagherà il cronista per queste violazioni dovrà avvertire l'Ordine dei giornalisti affinché lo sospenda per tre mesi dalla professione». E chi insiste a informare rischia anche di essere licenziato. «D'ora in poi - spiega l'avvocato Malavenda - le aziende editoriali dovranno premunirsi contro eventuali pubblicazioni di materiale vietato, con appositi modelli organizzativi, perché la violazione del segreto con questo disegno di legge è stato fatto rientrare nella legge 231 sulla responsabilità giuridica delle società editoriali. Significa che l'editore, per non vedere condannata anche la sua impresa, deve dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni contro le violazioni della nuova legge». «Per chi fa riferimento alla tutela della privacy - sottolinea Malavenda - ricordo che esiste già una legge sulla privacy che prevede sanzioni penali, anche pesanti che vanno in questi casi da sei a 24 mesi di carcere. E la legge è chiara: se il giornalista riporta intercettazioni di persone che non sono coinvolte nell'inchiesta, o sono indagate, vanno punite. Le norme previste dal nuovo disegno di legge si aggiungono a questa legge». «Insomma, sarà difficile fare cronaca giudiziaria e informare i cittadini su fatti che possono essere di rilevanza sociale come per l'inchiesta sulla clinica milanese o sul crac di Parmalat». L'avvocato Malavenda conclude ironicamente: «Per i giornalisti che non vogliono correre problemi basterà che non diano più notizie e saranno tranquilli». (ANSA)


 


INTERCETTAZIONI. ARTICOLO21: “GUANTANAMO PER LIBERTÀ STAMPA”


Roma, 15 giugno 2008. - «La magistratura potrebbe sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale perché il disegno di legge sulle intercettazioni limita la sua autonomia. La norma costituzionale che sarebbe violata è l'art. 112 che prevede l'obbligo per il pm di esercitare l'azione penale. Questa norma verrebbe svuotata se il pm non avesse i mezzi per condurre l'azione penale...». È il parere autorevole dell'avvocato Domenico D'Amati, presidente del comitato giuridico di Articolo21 che interviene sul sito dell'associazione sul tema del ddl sulle intercettazioni. «Non è difficile prevedere che - afferma D'Amati - se il disegno di legge sulle intercettazioni sarà approvato dalle Camere e se la legge approvata sarà promulgata dal Presidente della Repubblica, Berlusconi avrà il suo caso Guantanamo davanti alla Corte Costituzionale. Il primo magistrato cui sarà chiesto di condannare alla reclusione un giornalista per aver dato notizia delle malefatte di qualche esponente della casta, emerse da intercettazioni in sede giudiziaria, manderà gli atti alla Consulta perché annulli la nuova legge. E la Corte Costituzionale non sarà la sola a sancire l'abnormità di questo tentativo di ritorno ai tempi bui, perchè non mancheranno certo di pronunciarsi la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e la Corte di Giustizia dell'Unione». Per D'Amati, «un'altra ragione che potrà portare la legge sulle intercettazioni davanti alla Corte Costituzionale è che essa si presenta come attentato all'autonomia della magistratura. Per l'art. 112 della Costituzione, il Pubblico Ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Questa norma sarebbe svuotata del suo contenuto, se il Pubblico Ministero fosse privato della possibilità di ricorrere, in caso di necessità, allo strumento delle intercettazioni». Afferma il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti, «ci si augura che le opposizioni, dentro e fuori dal Parlamento, vogliano almeno su questi temi trovare una posizione comune e condurre le più opportune iniziative. Ma se e quando questa legge dovesse mai essere approvata per i cronisti dovrà essere sempre e comunque prevalente l'obbligo di dare informazione. Per questo condividiamo nettamente la proposta di autodenuncia avanzata oggi da Marco Travaglio sulle colonne de l'Unità». (ANSA).


 


Intercettazioni. Il direttore di Libero, Vittorio Feltri: “Basta dare sempre  la colpa ai giornalisti” 


Milano, 16 giugno 2008. Vittorio Feltri non ci sta: ''ma è possibile che sia sempre colpa dei giornalisti?'' si chiede a proposito del disegno di legge sulle intercettazioni. E senza mezzi termini dichiara: ''secondo me ha ragione Eugenio Scalfari'' che nel fondo di ieri su La Repubblica sosteneva che siamo di fronte ''a una vera e propria confisca dei poteri del direttore''. 


''Non si devono - dice Feltri - punire i giornalisti ma le fonti. Se non vogliono che si pubblichino le registrazioni delle intercettazioni devono rivolgersi a chi detiene il materiale.


Molto facile dare la colpa allo specchio se la realtà è brutta. Non è che la categoria brilli ma c'è un limite nel considerarci degli imbecilli''.


Viviamo in un Paese spiega il direttore di Libero ''che punisce i giornalisti sottoponendoli a procedimenti penali, mentre nel resto d'Europa i giornalisti che commettono violazioni sono sottoposti a procedimento civile''. ''Una maggioranza che ha governato cinque anni, dal 2001 al 2006, non è stata capace di depenalizzare i reati attraverso stampa, poi legifera in cinque minuti - sottolinea - quando si tratta delle intercettazioni telefoniche. E chi va a punire, i giornali, i giornalisti, gli editori. Ma questo Governo cosa fa?''.


''Nel quinquennio 2001-2006 - ricorda Feltri - ho parlato personalmente con Silvio Berlusconi e mi aveva garantito che ce l'avremmo fatta a garantire una nuova normativa. Invece, non siamo stati capaci neppure di togliere i reati di opinione. Su questa materia passano gli anni e non si legifera. Invece, siccome la registrazione delle intercettazioni fa paura a Lorsignori e a tutti si deve diventare rapidissimi, tempestivi. Lo trovo assurdo e qui non esistono questioni di parte''.


Il direttore di Libero precisa anche: ''sono d'accordo che c'è stato un abuso delle intercettazioni e spesso sono state pubblicate anche quelle che non avevano attinenza con il processo. Ma è possibile che sia sempre colpa dei giornalisti? Ci sarà qualcuno che darà a loro il materiale?'' ribadisce Feltri. ''A me non risulta - continua - che sia mai stato punito nessuno nella magistratura che ha fornito le notizie. Prendetevela con loro''. ''Bisogna trovare il modo - continua il direttore di Libero - per impedire che finiscano sui giornali intercettazioni che non c'entrano nulla, mentre quelle che hanno rilevanza penale non vedo perché non si debbano pubblicare''. (ANSA)



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INTERCETTAZIONI.
Silvio Berlusconi
riduce il carcere
per  i giornalisti
(da 5 a 3 anni)


Controlli possibili solo per i reati punibili con la detenzione superiore a dieci anni e  anche per i reati contro la Pubblica Amministrazione. Giudice collegiale per le autorizzazioni. Niccolò Ghedini, relatore del testo: "Il diveto varrà fino all'inizio del processo


 


di BRUNO PERSANO


Roma, 12 giugno 2008. La fumata bianca è arrivata. Bossi e Berlusconi hanno trovato un accordo sul tema delle intercettazioni. Mentre slitta l'assegnazione delle deleghe ai ministri senza portafoglio, arriva il giro di vite sulle intercettazioni che saranno possibili solo per i reati punibili con la detenzione superiore a dieci anni. Come previsto, la Lega ha ottenuto (Bossi era "abbastanza soddisfatto") la possibilità di autorizzarle anche per quelli contro la pubblica amministrazione e per la corruzione. Intesa anche sull'altro punto "caldo" destinato a scatenare polemiche: fino a tre anni di carcere per i giornalisti che pubblicano il testo di intercettazioni prima dell'inizio del processo e maximulta per i loro editori.


Carcere per i giornalisti. Nei confronti dei giornalisti e delle "talpe" che faranno filtrare all'esterno i documenti riservati delle intercetazioni, il ddl inasprisce le pene ed estende il divieto di pubblicazione "fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare", così come era scritto nel disegno di Mastella approvato alla Camera nell'aprile del 2007 e poi bloccato al Senato perché non c'era accordo nell'allora maggioranza.


Divieto fino al processo. La sanzione contro i giornalisti che pubblicheranno le intercettazioni - tutte le intercettazioni, anche quelle penalmente non rilevanti - passerà da 30 giorni a tre anni di carcere. Finora, la consuetudine vuole che la diffusione delle intercettazioni dopo che l'imputato ne è venuto al corrente, neppure viene perseguita. Domani le cose cambieranno: niente più virgolettati sui giornali finché non inizierà il processo. "Inoltre - spiega l'onorevole Niccolò Ghedini, Pdl, componente della commissione giustizia della Camera e relatore del testo - vorremmo introdurre una multa all'editore del giornale che pubblica le intercettazioni. Sarà formulata in base alla tiratura e potrà raggiungere anche i 300-400.000 euro".


Manette alle "talpe". Probabile anche la riforma del codice penale in quegli aticoli, il 617 e il 684, che prevedono punizioni per chi "prende diretta cognizione degli atti di procedimento penali coperti dal segreto". Come nel ddl Mastella, la pena salirà da uno a tre anni di carcere. Si tratta di una norma che riguarderà in modo particolare i funzionari di cancelleria o i pubblici ufficiali che rendano noti gli atti segreti.


Sì anche per pedofilia e stalking. Nella nuova formulazione del ddl, previsto l'uso delle intercettazioni anche per i casi sospetti di pedofilia e di stalking, le persecuzioni telefoniche o le intrusioni nella vita privata spesso architettate dagli ex coniugi. Ma non sarà più un giudice monocratico a decidere quando e chi intercettare. Per rendere più ponderato l'uso delle intercettazioni da molti giudicate eccessive e non sempre motivate, nel nuovo ddl sarà introdotta la norma che attribuirà la competenza ad un collegio di tre magistrati.


Archivio riservato. Come proposto dal presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno e come già previsto dal ddl Mastella, il nuovo provvedimento dovrebbe istituire un archivio riservato nel quale custodire il testo delle intercettazioni.


Salvi i processi in corso. Tutte le norme, però, non saranno applicate ai processi in corso. Nel ddl sarà contemplata una norma transitoria che renderà possibile l'applicazione della riforma solo ai processi futuri.


Attese le deleghe ai viceministri. Si allontana invece, la possibilità di assegnare già nel Cdm di domani, le deleghe ai viceministri. "Non penso", ha detto il ministro delle Riforme Umberto Bossi, "non credo si facciano domani". Nell'incontro con Berlusconi, ha rivelato il ministro dell'Interno Roberto Maroni, "abbiamo confermato l'accordo con i comuni per la restituzione dell'Ici che non sarà versata: un acconto subito del 50% per venire incontro alle richieste di cassa". Mentre il 31 luglio partirà un tavolo tecnico che definirà i criteri per la ripartizione dell'ulteriore 50%. (www.repubblica.it del 12 giugno 2008)



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Berlusconi  promette 5 anni
di galera ai giornalisti che
pubblicano le intercettazioni,
ma dalla Corte di Strasburgo
viene un forte monito al
Parlamento italiano:
"Prevale l'informazione.
La libertà di stampa è
più forte del segreto istrutto
"NO"  DI CNOG, FNSI, UNCI E ANM.
Le reazioni del giorno dopo (8.6.2008)
Gli auspici di Napolitano.
In coda il commento di Franco Abruzzo al ddl 2005.


 


Questo articolo di Marina Castellaneta, pubblicato il 21 giugno 2007 su “Il Sole 24 Ore”, è sempre attuale ed è monito per il Governo che si accinge a legiferare sulla libertà di stampa.



Il diritto della stampa di informare su indagini in corso e quello del pubblico di ricevere notizie su inchieste scottanti prevalgono sulle esigenze di segretezza. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo che, nella sentenza del 7 giugno scorso, ha condannato la Francia per violazione della libertà di espressione (ricorso n. 1914/02). Questo perché i tribunali interni avevano condannato due giornalisti che avevano pubblicato un libro sul sistema di intercettazioni illegali attuato durante la Presidenza Mitterand. Nell'opera, oltre che stralci di dichiarazioni al giudice istruttore e brogliacci delle intercettazioni, era contenuto l'elenco delle persone sottoposte ai controlli telefonici. Se i giudici francesi hanno fatto pendere l'ago della bilancia verso la tutela del segreto istruttorio, punendo i giornalisti, la Corte europea ha invece rafforzato il ruolo della stampa nella diffusione di fatti scottanti, soprattutto quando coinvolgono politici. In questi casi, i limiti di critica ammissibili sono più ampi, perché sono interessate persone che si espongono volontariamente a un controllo sia da parte dei giornalisti, che della collettività.


La Corte europea ha ammesso che i due autori avevano violato le norme sul segreto istruttorio, ma ha riconosciuto prevalente l'esigenza del pubblico di essere informato sul procedimento giudiziario in corso e sui fatti oggetto del libro, al quale erano allegati alcuni verbali di intercettazioni. È legittimo - secondo i giudici europei - accordare una protezione particolare al segreto istruttorio, sia per assicurare la buona amministrazione della giustizia, sia per garantire il diritto alla tutela della presunzione d'innocenza delle persone oggetto d'indagine. Ma su queste esigenze prevale il diritto di informare, soprattutto quando si tratta di fatti che hanno raggiunto una certa notorietà tra la collettività. Non solo. La Corte europea ha ribaltato l'onere della prova: non tocca ai giornalisti dimostrare che non hanno violato il segreto istruttorio, ma spetta alle autorità nazionali dimostrare in quale modo «la divulgazione di informazioni confidenziali può avere un'influenza negativa sulla presunzione di innocenza» di un indagato. In caso contrario, la protezione delle informazioni coperte da segreto non «è un imperativo preponderante». Ciò che conta è che i giornalisti agiscano in buona fede, fornendo dati esatti e informazioni precise e autentiche nel rispetto delle regole deontologiche della professione. Una bocciatura anche per le pene disposte dai tribunali nazionali. Secondo la Corte europea, infatti, la previsione di un'ammenda e l'affermazione della responsabilità civile dei giornalisti possono avere un effetto dissuasivo nell'esercizio di questa libertà, effetto che non viene meno anche nel caso di ammende relativamente moderate.


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INTERCETTAZIONI.


BERLUSCONI: “5 ANNI


DI CARCERE A CHI


LE PROPAGHERA’.



di Marco Dell'Omo/ANSA


Roma, 7 giugno 2008. Giro di vite in arrivo sulle intercettazioni. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, durante il suo intervento all'assemblea dei giovani industriali a Santa Margherita ligure, annuncia che il prossimo consiglio dei ministri approverà un provvedimento anti-intercettazioni con una pesantissima previsione di carcere per chi violerà le regole: cinque anni ai trasgressori, senza distinzioni tra chi le intercettazioni le esegue e chi le diffonde sulla stampa. Sarà un «divieto assoluto», ha spiegato Berlusconi alla platea dei giovani industriali: le intercettazioni potranno essere eseguite e utilizzate solo nelle indagini sul terrorismo e sulla criminalità organizzata. L'annuncio è stato accolto con preoccupazione dall'Associazione Nazionale Magistrati: «Lo strumento delle intercettazioni - ha sostenuto il presidente dell'Anm Luca Palamara - è fondamentale per le investigazioni non solo sui reati più gravi, ma anche per quelli comuni come le estorsioni. Una selezione drastica rischia di restringere la possibilità di indagare». Perplessità anche da parte dei giornalisti: l'unione nazionale cronisti ha stigmatizzato il ritorno della minaccia del carcere per chi «svolge il suo lavoro correttamente rendendo note le notizie di cui è venuto in possesso». Ma il governo sembra intenzionato ad andare avanti. Il ministro delle Giustizia, Alfano, ha puntato l'indice contro i costi delle intercettazioni, che rappresenterebbero «il 33% dei costi complessivi della Giustizia», un «eccesso cui bisogna porre rimedio». La presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, è già pronta a mettere il testo all'ordine del giorno, non appena arriverà all'esame del Parlamento. «Le intercettazioni - spiega - non possono essere usate come una rete da pesca. Una parte della magistratura ne ha fatto un uso eccessivo». Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, è d'accordo sulla necessità di usare le intercettazioni solo per la lotta alla criminalità e al terrorismo, limitando invece «lo spreco di risorse». Decisamente contrario il Pd, che teme intralci per la giustizia e le forze dell'ordine: «Berlusconi - commenta il ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia - perde il pelo ma non il vizio. Altro che sicurezza e certezza della pena con questo provvedimento non si fa altro che garantire impunità e intralciare il lavoro delle forze dell'ordine, che rischieranno addirittura di essere loro stesse incriminate, arrivando al paradosso di mettere in carcere il controllore al posto del controllato». Il Pd è invece favorevole a una legge che tuteli la privacy dei cittadini e dunque limiti la pubblicazione delle intercettazioni. Posizione condivisa anche dai dipietristi dell'Idv: secondo il capogruppo Massimo Donadi, inoltre, il carcere per i giornalisti rappresenterebbe «un bavaglio alla libertà di informazione». «Evidentemente Berlusconi vuole mettere in libertà vigilati i cronisti italiani», commenta Giuspette Giulietti, deputato Idv e segretario dell'associazione art.21. (ANSA).


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INTERCETTAZIONI: FNSI, GALERA PER CRONISTI ATTO CONTRO CONVENZIONI INTERNAZIONALI. SIDDI, COME DICE BERLUSCONI GIORNALISTI HANNO OBBLIGO DI 'PROPALARE’.


Roma, 7 giugno 2008.  «Ci risiamo! E non ci stiamo! La Fnsi non ci sta. La galera per i giornalisti fino a cinque anni per la sola ragione di aver pubblicato notizia o atti di intercettazioni, che altri dovevano semmai custodire, sarebbe un atto fuori legge. Il diritto-dovere di dar conto di indagini in corso e quelle del pubblico a riceverne informazione prevale sulle esigenze di segretezza, come ha stabilito, un anno fa, la Corte europea dei diritti dell'uomo». Lo afferma Franco Siddi, segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Fnsi. «Con il massimo rispetto per il presidente del Consiglio dei Ministri e con la migliore attenzione al rispetto della dignità delle persone e dei diritti alla riservatezza -aggiunge Siddi- non potremmo mai considerare norma liberale quella che imponga un bavaglio alla stampa. Non si può cancellare per legge, come sarebbe con la previsione di 5 anni di carcere, l'obbligo del giornalista di dar conto delle notizie provenienti da intercettazioni della magistratura, che va ricordato vengono pubblicate quando sono di pubblico interesse».


«I giornalisti non sono nè debbono essere semplice 'buca delle letterè o delle 'soffiate ma hanno l'obbligo deontologico di 'propalare, come dice l'onorevole Berlusconi -prosegue il segretario Fnsi- meglio di divulgare, far conoscere, notizie fondate su fatti, atti e comportamenti veri, lealmente accertati come tali, che siano e che debbono essere conosciuti dai cittadini ai fini di un libera formazione dei propri convincimenti, sia rispetto a chi finisce in un'inchiesta penale ma anche perché sia osservabile come procedono le inchieste stesse».


“Il Governo stabilisca le regole e gli ambiti in cui siano possibili le intercettazioni, pensi alla lotta a tutti i crimini più gravi ma non comprima mai l'esercizio dei poteri e delle funzioni di garanzia democratica. Bisogna mettere i magistrati nelle condizioni di amministrare -aggiunge Siddi- con efficacia la giustizia, risorse, organici, strumenti, e i cittadini in quelle di essere correttamente informati da una stampa libera che non può avere mai il compito di oscurare le notizie scomode”.


La tutela della privacy da parte dei giornalisti, spiega il segretario generale Fnsi, “è regolata da uno specifico codice deontologico, condiviso con il Garante per la protezione dei dati personali. Qualche meccanismo non va? Se ne parli e si decida, ma no a bavagli ideologici”.  “Non risulta, peraltro -prosegue- che la questione privacy sulle intercettazioni sia stata sollevata per la gente comune ma solo da personaggi noti, per i quali la tutele dei dati è fortemente attenuta”.  “Vogliamo, infine, rassicurare il presidente Berlusconi e tutti coloro che ieri come oggi, di quasi tutti i colori politico, hanno pensato a leggi bavaglio: la Fnsi non invoca libertà d'insulto e crede fermamente nella tutela della dignità di tutte le persone. Così come ieri sul disegno di legge Mastella, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e i giornalisti italiani si opporranno a ogni provvedimento -conclude Siddi- che contrasti con questi principi essenziali che fanno parte della nostra civiltà”. (Adnkronos)



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INTERCETTAZIONI: UNCI, TORNA MINACCIA CARCERE PER CRONISTI.


Roma, 7 giugno 2008. «Torna la minaccia del carcere per i cronisti che svolgono il loro lavoro correttamente riferendo le notizie di cui sono venuti in possesso. Addirittura la pena di 5 anni di reclusione, ha anticipato oggi il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, sarà prevista, per chi propagherà il contenuto di intercettazioni telefoniche, da un provvedimento che sarà presentato nel prossimo Consiglio dei Ministri». Lo sottolinea in una nota l'Unione Nazionale Cronisti Italiani, che «in attesa di conoscere nei dettagli il testo del provvedimento annunciato, sottolinea che non è possibile fare confusione tra intercettazioni realizzate in modo abusivo e quelle disposte dalla magistratura e che il contenuto di queste ultime, quando è allegato nei provvedimenti di richiesta di rinvio a giudizio, e quindi è stato portato a conoscenza dell'indagato, diventa pubblico». L'Unci sostiene pertanto che «iniziative proposte per tutelare la privacy, come ha detto l'altro ieri il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, non possono essere utilizzate per ridurre la libertà di stampa e il diritto dei cittadini di essere informati in modo completo e tempestivo sull'andamento delle indagini giudiziarie». L'Unione Cronisti quindi, «invita Fnsi, Ordine dei giornalisti e l'intera categoria a vigilare per evitare che si ripeta il tentativo di eliminare il diritto-dovere di cronaca contenuto nel provvedimento proposto dall'ex ministro Mastella nella scorsa legislatura». (ANSA).


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INTERCETTAZIONI: TOGHE; NO STRETTA, COSì SI DEPENALIZZA.


Roma, 7 giugno 2008. I magistrati bocciano la stretta annunciata dal premier sulle intercettazioni e in particolare l'idea di limitarle solo alle indagini su criminalità organizzata e terrorismo. E avvertono: così si rischia di fatto di depenalizzare alcuni reati. «Lo strumento delle intercettazioni è fondamentale per le investigazioni non solo sui reati più gravi, ma anche per quelli comuni come le estorsioni. - dice il presidente dell'Anm Luca Palamara- Una selezione drastica rischia di restringere la possibilità di indagare». Certo, ammette il leader del sindacato delle toghe, «altra cosa è la pubblicazione delle intercettazioni: va trovato il giusto equilibrio tra il diritto alla riservatezza e quello all'informazione». «Un maggior rigore nel rispetto della privacy è doveroso e molto si può fare per evitare divulgazioni indebite - riconosce Edmondo Bruti Liberati, procuratore aggiunto a Milano e presidente di Magistratura democratica- - ma per diversi tipi di reati le intercettazioni sono strumenti essenziali per raccogliere prove; escluderle per corruzione, concussione, insider trading, significa di fatto depenalizzare questi reati». Anche l'ex procuratore di Torino Marcello Maddalena sottolinea che le intercettazioni sono «uno strumento fondamentale per tutta una serie di reati». E restringendone il campo, «si diminuiscono le possibilità di scoprire gli attori di questi reati». E Antonino Ingroia, pm a Palermo avverte: «il nodo delle intercettazioni è fondamentale :il futuro di indagini sulla criminalità dei potenti dipende dalla tenuta degli strumenti investigativi». (ANSA)


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Le reazioni del giorno dopo


INTERCETTAZIONI: ALFANO, NON VOGLIAMO COMPRIMERE INDAGINI.


Roma, 8 giugno 2008.  «Nessuno vuole comprimere le indagini, o togliere ai magistrati il potere di indagare», ma «razionalizzare il sistema e contenere le spese», visto che i costi delle intercettazioni incidono sul bilancio della giustizia «per oltre un terzo». Lo ha spiegato il ministro della Giustizia Angelino Alfano, a proposito dell'intenzione del governo di operare una stretta sulle intercettazioni, durante un'intervista al Tg4. Della materia si comincerà a discutere nel prossimo Consiglio dei ministri, ha spiegato il Gaurdasigilli, e la base di lavoro sono il disegno di legge messo a punto dal Governo Berlusconi nel 2005 e quello presentato nella scorsa legislatura. Per le intercettazioni «vi è una invasività nella vita dei cittadini, giunta a livelli intollerabili». E a dirlo sono i numeri: tra il 2003 e il 2006, «abbiamo assistito a una crescita di oltre il 50% dei 'bersaglì», cioè delle persone intercettate. C'è dunque un problema di risorse, ma non solo: bisogna «evitare che siano coinvolte persone estranee all'inchiesta»,ha aggiunto il ministro, sottolineando che «oggi il coinvolgimento di soggetti terzi è enorme» e citando «molti casi di persone sbattute in prima pagina e poi assolte». L'attuale sistema di sanzioni «fa acqua da tutte le parti» , ha detto ancora Alfano e «non mi pare che la casistica giudiziaria sia piena di condanne per fughe di notizie». (ANSA).


INTERCETTAZIONI. NATALE (FNSI): CONTRARI A RIFORMA ANNUNCIATA.


Roma, 8 giugno 2008. «I giornalisti italiani non hanno alcuna intenzione di frugare nella vita privata delle persone, e la loro opposizione al disegno di legge messo in cantiere dal governo Berlusconi non ha nulla di corporativo. Siamo contrari alla riforma annunciata perchè vogliamo difendere il diritto della comunità nazionale ad essere informata su vicende di indubbia rilevanza sociale: come sono state, negli ultimi anni, le scalate bancarie, gli scandali del calcio, le varie 'vallettopolì». Lo dice il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, Roberto Natale. «Tutte storie - aggiunge - che hanno giustamente segnato la vita italiana, e che sarebbero rimaste sconosciute se fossero state già in vigore le norme che propone il Presidente del Consiglio. Il diritto alla riservatezza - che è un fondamentale valore civile - non può essere invocato a sproposito per restringere gli spazi di azione di quei poteri di controllo che in democrazia sono rappresentati dalla magistratura e dall'informazione. Il sindacato dei giornalisti - conclude il presidente Fnsi - metterà in atto contro questa proposta ogni azione necessaria, come già aveva fatto nella scorsa legislatura contro l'analogo disegno di legge Mastella. Sapremo dimostrare al Paese chi è che si batte per interessi generali e chi invece vuole sottrarre le proprie azioni al controllo dell'opinione pubblica». (ANSA).


INTERCETTAZIONI. VELTRONI: COSÌ IL GOVERNO IMPEDISCE LE INDAGINI.


Roma, 8 giugno 2008. «Con i limiti che il governo dice di voler mettere sull'uso delle intercettazioni decine di indagini non sarebbero state possibili, tanti crimini non avrebbero trovato il loro colpevole, per i reati di corruzione o concussione, per quelli finanziari e persino per quelli legati alla criminalità organizzata che, come ci dice l'esperienza, spesso sono intrecciati a questi. Siamo davanti a provvedimenti gravi e sbagliati». Lo dichiara Walter Veltroni, segretario del Pd. «Il Partito democratico ha sempre detto di voler affrontare il tema delle intercettazioni in maniera del tutto diversa: i magistrati hanno il diritto di eseguire le intercettazioni ogni volta che lo ritengono necessario, qualunque sia il reato -prosegue Veltroni-. Quella che deve essere tutelata è la privacy dei cittadini che non sono sottoinchiesta e che non hanno commesso reati, quindi è responsabilità degli stessi magistrati che le intercettazioni restino segrete se non per le parti strettamente utili all'inchiesta e alle accuse. Così si permette un uso pieno di uno strumento di indagine rivelatosi essenziale e insieme si tutela la privacy. Il governo vuol fare il contrario impedendo ai magistrati di indagare». (Adnkronos)


INTERCETTAZIONI. CASTELLI: MALIZIOSA FORZATURA MIO PENSIERO.


Roma, 8 guugno 2008. Non c'è nessuna contrapposizione fra la Lega e Silvio Berlusconi in materia di intercettazioni: è il senatore Roberto Castelli, ospite oggi del programma «In mezzora», a chiarire il senso delle sue affermazioni dopo che alcuni giornali on line «hanno voluto malignamente forzare il mio pensiero, inventando una contrapposizione tra la Lega e Berlusconi sul tema delle intercettazioni che non esiste». «Chi ha seguito la mia intervista in tv con la dottoressa Annunziata - spiega Castelli - ha potuto ascoltare che: 1) ho premesso che esprimevo pareri personali che non impegnano la Lega Nord; 2) ho dichiarato e confermo che continuo a ritenere equilibrato il testo sulle intercettazioni che presentai nel 2005, quando ero Ministro della Giustizia, che peraltro ho ripresentato in questa legislatura; 3) ritengo e confermo che in questo momento escludere i reati tipici della cosiddetta 'casta’ non sarebbe compreso dai nostri elettori». (ANSA).



INTERCETTAZIONI: E' SCONTRO MA SU PRIVACY SI DIALOGA. VELTRONI, NORME GRAVI E SBAGLIATE; ALFANO, NON CAMBIANO INDAGINI


di Alberto Mario Pagano/ANSA


Roma, 8 giugno 2008. Le opposizioni mantengono fermo lo 'stop' alla stretta sulle intercettazioni annunciata ieri dal premier Silvio Berlusconi, con Veltroni che giudica le norme "gravi e sbagliate" e Di Pietro che le definisce un "progetto criminogeno". Gli replica il ministro della Giustizia Angelino Alfano, spiegando che "nessuno vuole comprimere le indagini o togliere ai magistrati il potere di indagare, ma razionalizzare il sistema e contenere le spese", visto che i costi delle intercettazioni incidono "per oltre un terzo sul bilancio della Giustizia". In parallelo allo scontro, dalle dichiarazioni degli esponenti dei maggiori schieramenti politici, emerge tuttavia la comune preoccupazione di meglio tutelare il diritto alla riservatezza dei cittadini. Un aspetto, quest'ultimo, su cui si sono espressi con accenti non dissimili l'Anm e il Garante della privacy. Se il leader dell'Idv Di Pietro ritiene che "non è degno di uno stato di diritto che, di fronte al crimine, vengano eliminati gli strumenti a disposizione per combatterlo", il segretario del Pd, pur ribadendo che "i magistrati hanno il diritto di eseguire le intercettazioni ogni volta che lo ritengono necessario", sottolinea che "quella che deve essere tutelata è la privacy dei cittadini che non sono sotto inchiesta e che non hanno commesso reati". Tema che sta a cuore al suo compagno di partito Giorgio Merlo, preoccupato dall'eventualità che si sollevi "l'ennesimo polverone tra chi difende pregiudizialmente le intercettazioni anche contro qualsiasi tutela della dignità delle persone, e chi, invece, le ostacola altrettanto ideologicamente". L'Anm, che conferma la necessità delle intercettazioni come importante strumento d'indagine, riconosce tuttavia che, a volte, si tratta di uno "strumento invasivo" della vita privata dei cittadini. "I fatti relativi alla vita privata degli indagati, e a maggior ragione, delle persone estranee alle indagini, le cui conversazioni siano casualmente captate, non possono e non debbono - dice il segretario dell'Anm Giuseppe Cascini - essere divulgati e pubblicati". E il Garante della privacy è convinto che "un intervento legislativo sia opportuno" e che siano maturi i tempi per trovare il "giusto equilibrio" tra esigenze dei giudici e diritti dei cittadini. La maggior parte degli esponenti del Pdl confermano la necessità della "stretta" proprio per tutelare la sfera privata dei cittadini, e per quella di ridurre le spese eccessive. "E' necessaria una stretta, e bene ha fatto Berlusconi a deciderla", dice Daniele Capezzone, portavoce di Fi, convinto che gli italiani "non sono liberi di parlare serenamente al telefono: ciò non è ammissibile in un Paese libero". "Un taglio agli sprechi ed una stretta alle intercettazioni inutili, che finora hanno solo alimentato morbosa curiosità ", gli fa eco il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri. Il leghista Roberto Castelli precisa che le misure contro le intercettazioni "non saranno assolutamente una norma salva-casta". L'ex ministro della Giustizia, sottolinea infatti che la Lega ritiene che questi strumenti non dovranno subire limitazioni nelle inchieste inchieste riguardanti i reati di concussione e corruzione. (ANSA).


INTERCETTAZIONI. PRESIDENTE FIEG: “LIMITARLE NON E' BUONA IDEA”


Roma, 9 giugno 2008. "Limitare le intercettazioni alle indagini relative a reati di terrorismo e criminalità organizzata non mi sembra affatto una buona idea". Così il Presidente della Fieg, Boris Biancheri. "Un sequestro di persona o la corruzione di un pubblico ufficiale che non hanno connessioni con mafia o camorra - ha aggiunto Biancheri - non sono meno gravi per questo. Quel che e' necessario è che le intercettazioni siano disposte solo in caso di assoluta necessità e che venga tutelato rigorosamente il segreto istruttorio. Si parla di punire il giornalista che scrive una notizia o l'editore che la pubblica: ma va punito in primo luogo chi, violando il dovere di mantenere il segreto sul contenuto di una intercettazione, l'ha comunicata o lasciata trapelare all'esterno" (AGI)


 


INTERCETTAZIONI. L’ORDINE DEI GIORNALISTI ESPRIME  “GRANDE PREOCCUPAZIONE”.


Roma, 10 giugno 2008. "Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti attende con grande preoccupazione l'annunciato provvedimento che il governo sta preparando in materia di intercettazioni". "Pur riservandosi un giudizio finale sul testo che dovrebbe essere approvato dal consiglio dei ministri, l'ordine nazionale - continua un comunicato dell'Ordine - mette in guardia da qualsiasi tentativo di limitare la professione giornalistica e il diritto dei cittadini ad essere informati. Non vi è dubbio sulla necessità di tutelare la libertà di stampa e ovviamente il diritto alla privacy, rispettando norme deontologiche che del resto già esistono. Sarebbe perciò inaccettabile e paradossale che, ancora una volta, fossero i giornalisti a pagare il presso più alto".(ANSA).


 


INTERCETTAZIONI. NAPOLITANO: “SPERO IN SOLUZIONI CON LARGHE INTESE”


Venezia, 10 giugno 2008. ''Spero che si possono trovare soluzioni con larghe intese''. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rispondendo ai giornalisti che gli ponevano domande sulle richieste di diversa regolamentazione delle intercettazioni giudiziarie. Questa, ha precisato Napolitano, ''e' una questione reale, non c'e' dubbio'', ma ''non dispero che, tenendo conto del lavoro degli anni precedenti, si raggiungano larghe intese''. (ASCA)



 


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INTERCETTAZIONI.


ALFANO: “Presto Ddl


per tutela della privacy


con un aumento delle


sanzioni per chi pubblica


e diffonde i messaggi”.


La Fnsi al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: “La nuova legge sulle intercettazioni telefoniche rispetti il diritto-dovere dei giornalisti di informare l'opinione pubblica”  


Roma, 4 giugno 2008.  «Presto vi occuperete delle norme sulle intercettazioni», così il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha annunciato, in commissione Giustizia alla Camera, l'intenzione del governo di presentare un ddl sulle intercettazioni. Alfano ha sottolineato che il 33% della spese del sistema di giustizia« è assorbito dalle intercettazioni. L'esecutivo ha quindi intenzione da un lato di snellire il sistema, realizzando  “il sistema unico nazionale” previsto dalla precedente finanziaria, così da unificare gli ascolti nelle 26 sedi di corte di appello; dall'altro, di studiare nuove norme per “meglio tutelare la privacy”, con un aumento delle sanzioni per chi pubblica e diffonde le intercettazioni. Il punto di partenza sono i due ddl delle ultime legislature: »Verificheremo le identità tra il ddl Berlusconi del 2005 e quello Prodi-Mastella, approvato dalla Camera a larghissima maggioranza. Ho dato incarico ai miei uffici di partire dai punti condivisi per migliorare la tutela della privacy«. (ANSA).


La Fnsi al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: “La nuova legge sulle intercettazioni telefoniche rispetti il diritto-dovere dei giornalisti di informare l'opinione pubblica” 


Roma, 1 giugno 2006. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha ribadito direttamente al presidente della Fnsi Roberto Natale la necessità di una legge sulle intercettazioni con sanzioni per i giornali che pubblicano stralci dei verbali. La Federazione della Stampa ha ribadito al Presidente del Consiglio Berlusconi che ogni eventuale nuova regolamentazione legislativa delle intercettazioni telefoniche dovrà rispettare il fondamentale diritto-dovere dei giornalisti di informare l’opinione pubblica. L’occasione è stata offerta dal ricevimento nei giardini del Quirinale per la Festa della Repubblica. Nella breve conversazione il Presidente della Fnsi, Roberto Natale, ha ricordato al Presidente del Consiglio anche l’attesa della categoria per le riforme dell’editoria e dell’Ordine. L’occasione è stata offerta dal ricevimento nei giardini del Quirinale per la Festa della Repubblica. Nella breve conversazione il Presidente della Fnsi, Roberto Natale, ha ricordato al Presidente del Consiglio anche l’attesa della categoria per le riforme dell’editoria e dell’Ordine. “Capisco le ragioni della stampa - ha affermato l’onorevole Berlusconi in materia di intercettazioni - ma la prima cosa è il diritto alla privacy. Il popolo italiano ha il diritto, quando alza il telefono, di non essere intercettato”. “Nessuna voglia di frugare nella vita privata delle persone - ha replicato Natale - ma ci sono vicende (come è stato ad esempio lo scandalo del calcio) che i cittadini italiani hanno tutto il diritto di conoscere e che una regolamentazione restrittiva avrebbe impedito di divulgare”. Il Presidente del Consiglio si è richiamato alle norme in uso all’estero: “in Europa le intercettazioni si fanno solo sulle organizzazioni criminali di tipo mafioso e terroristico. Comunque nella legge non ci saranno cose straordinarie”. Il sindacato ha sottolineato inoltre che se i giornalisti pubblicano i testi è perché qualcun altro glieli ha passati, e dunque è su quel versante che semmai si dovrà intervenire. (da: www.fnsi.it).


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«La privacy primo diritto».


Berlusconi: “Legge contro


intercettazioni e sanzioni


per i giornali che le ospitano.


In Europa si fanno solo


nelle indagini sulle


organizzazioni


criminali e terroristiche».


di Federico Garimberti/Ansa


Roma, 1 giugno 2008. La legge sulle intercettazioni si deve fare e si farà. Parola di Silvio Berlusconi che per la prima volta, da quando è tornato a palazzo Chigi, rompe il silenzio stampa che si è imposto con i giornalisti al di fuori delle conferenze stampa ufficiali. L'occasione è il ricevimento offerto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della festa del 2 giugno. In realtà, il presidente del Consiglio cerca dapprima di sottrarsi in tutti i modi alle domande dei giornalisti. E in parte ci riesce, dribblando i cronisti. «Sono allergico alle feste di questo tipo, ma questa volta ho ricevuto l'invito con una particolare cordialità e ho sentito il dovere di presenziare», si limita a dire a chi gli chiede come mai, per la prima volta da quando è in politica, abbia deciso di venire al rinfresco nei meravigliosi giardini del Quirinale. Ma quando gli si chiede dell'Iran, ad esempio, torna il silenzio: «Serve ponderazione prima di rispondere», dice allontanandosi dai giornalisti. Solo quando gli il segretario della Federazione nazionale della Stampa, Roberto Natale, gli si avvicina per chiedergli di tutelare il diritto di cronaca nell'eventualità che vi sia una riforma delle norme sulle intercettazioni, il premier risponde nonostante sappia di avere intorno parecchi taccuini: capisco le ragioni della stampa, dice Berlusconi, tanto è vero che nel provvedimento «non ci saranno cose straordinarie». Ma «il diritto alla privacy è la prima cosa perché tutto il popolo italiano ha diritto, quando alza la cornetta, di non sentirsi intercettato». Questo, sottolinea, è quello che mi chiedono gli italiani. Il Cavaliere ricorda a Natale i tanti comizi tenuti in campagna elettorale. «Quando chiedevo in piazza chi si sentisse al sicuro parlando al telefono sa in quanti alzavano le mani? Nessuno». Il segretario della Fnsi insiste, chiedendogli se i lettori non abbiano diritto ad essere informati, Berlusconi si dice pronto a discutere le misure: «Io di natura sono uno che non ha pregiudizi, come dimostra il fatto che sono il più liberale degli editori». Tuttavia, ricorda, «in Europa le intercettazioni si fanno sulle organizzazioni criminali e terroristiche e basta. E noi dobbiamo adeguarci a ciò».  (ANSA)



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INTERCETTAZIONI.


GOVERNO STUDIA DDL,


CON 'INNESTO' NORME.


GIRO DI VITE, MA SI


TENTA SINTESI VECCHI


TESTI BERLUSCONI-PRODI


di Silvia Barocci/ANSA


Roma, 28 maggio 2008.  Nuove norme, più severe, sull'utilizzo delle intercettazioni. Silvio Berlusconi le aveva annunciate più volte nel corso della campagna elettorale, spingendosi persino a dire che il provvedimento era già pronto con tanto di limitazione delle intercettazioni alle indagini su terrorismo, mafia e camorra, oltre che con la previsione di 5 anni di carcere per chi, al di fuori di questi casi, le esegue, 5 anni per chi le usa, e due milioni di euro di multa per chi le pubblica. Ora, tornato a Palazzo Chigi, Berlusconi intende rimettere mano alle norme che consentono ai magistrati di 'spiare' le conversazioni telefoniche. Esigenza avvertita soprattutto all'indomani dell'ultima inchiesta di Napoli che, tramite le intercettazioni, i più stretti collaboratori del neo nominato sottosegretario ai rifiuti Guido Bertolaso. Ma rispetto ai duri annunci fatti in campagna elettorale, ora il governo sembra disposto a cercare un punto di incontro. Con le esigenze investigative, innanzitutto. E anche con l'opposizione. Tant'é che il nuovo testo che il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha dato incarico di predisporre agli uffici del suo dicastero avrà come base di partenza due vecchi ddl: quello


varato dal governo Berlusconi nel 2005 dopo l'estate rovente delle intercettazioni del governatore di Bankitalia Antonio Fazio e dei protagonisti della scalata Antonveneta, e quello varato dal governo Prodi nel 2006 all'indomani della bufera Calciopoli. In ambienti governativi si fa infatti notare che il primo provvedimento aveva avuto il via libera  anche dell'Udc (che su molte leggi di allora aveva frenato e non poco), mentre il ddl Mastella era stato approvato dalla Camera nell'aprile del 2007 con 447 sì, 7 astenuti e nessun voto contrario (salvo poi impantanarsi al Senato). Il governo punterebbe ad approvare il ddl tra due-tre settimane e a una corsia preferenziale in Parlamento Il Guardasigilli Alfano, intervistato da Maurizio Belpietro, conferma che è intenzione del governo limitare le intercettazioni ai reati più gravi mettendo fine al "cattivo costume di vedere registrate e lasciate agli atti telefonate che nulla hanno a che fare con le indagini per poi


vederle, per giunta, pubblicate sui giornali. Tenendo presente che al paese le intercettazioni costano più di 300milioni di euro l'anno". Poi un segnale di apertura all'opposizione: "Vi è una legge della scorsa legislatura da attuare - afferma il ministro - che é quella del sistema unico delle intercettazioni". Alfano riceve poi il suo omologo 'ombra' del Pd, Lanfranco Tenaglia, secondo cui le intercettazioni non sono una priorità ma se il governo volesse insistere sul tema, ci sarebbe allora


l'esperienza della riforma Mastella che - avverte Tenaglia - potrebbe  essere comunque una buona base di partenza". Quel ddl del governo Prodi prevedeva, oltre la riduzione dei centri di ascolto da 163 a 26, anche il divieto di tutti gli atti di indagine (anche in sintesi) almeno fino all'inzio del processo, pena l'arresto fino a 30 giorni o l'ammenda da 10mila a 100mila euro (contro l'attuale ammenda da 51 a 258 euro; carcere da sei mesi a quattro anni per tutti i giornalisti che mettono in pagina informazioni raccolte illecitamente. Il ddl del governo Berlusconi datato 2005 vietava la pubblicazione degli atti non più coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari; pena pecuniaria fino a 5mila  euro per il giornalista (che rischia anche la sospensione dall'ordine) e per l'editore (che a seconda della tiratura può arrivare a pagare fino a  un milione e mezzo di euro). (ANSA).


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INTERCETTAZIONI: ALFANO, SARANNO AMMESSE SOLO PER REATI GRAVI 


Roma, 28 maggio 2008. Ammettere le intercettazioni telefoniche solo per i reati più gravi e impedirle per quelli più lievi: è questo l'obiettivo a cui sta lavorando il governo per mettere ordine in una materia che ha provocato grandi polemiche. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ospite della rubrica di Canale 5 'Panorama del giornò, condotta da Maurizio Belpietro. «Non vogliamo che venga compressa la possibilità di farne uso per i reati più gravi - ha spiegato il ministro - ma vogliamo che finisca il cattivo costume di vedere registrate e lasciate agli atti telefonate che nulla hanno a che fare con le indagini per poi vederle, per giunta, pubblicate sui giornali». Le intercettazioni, ha aggiunto «sono state poco efficienti, poco riservate e troppo costose. Vi è una legge della scorsa legislatura da attuare che riguarda il sistema unico delle intercettazioni che mira appunto a renderle più efficienti, più riservate e meno costose». Su questo il governo intende intervenire «tenendo presente - ha concluso Alfano - che il sistema costa oggi al Paese più di 300 milioni di euro l'anno».(ANSA).


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INTERCETTAZIONI: ALFANO, PROVVEDIMENTO IN DUE SETTIMANE


Roma, 29 maggio 2008. Sarà «pronto in due settimane» il provvedimento sulle intercettazioni: lo assicura il Guardasigilli Angelino Alfano, in un'intervista al Giornale.


MANTENERE EFFICACI INDAGINI, MA SALVAGUARDARE PRIVACY - «Puntiamo a un riordino del sistema che, mantenendo l'efficacia di un sistema inquirente, salvaguardi la privacy di vittime e indagati - spiega -. Non è più possibile vedere sbattuti sui giornali intercettazioni che nulla hanno a che vedere con i procedimenti. E non è più possibile che nessuno paghi per questo. Non vogliamo mettere un bavaglio a nessuno, ma si tratta di una regola di civiltà. Il punto debole iniziale è chi divulga la notizia».


MENO NOTIFICHE INUTILI, FILTRI PER CASSAZIONE - «Meno notifiche inutili e meno scarcerazioni facili. Bisogna aggiornare il sistema con i procedimenti telematici, salvaguardando le garanzie delle parti, ma ottenendo più celerità ed efficienza - spiega il ministro della Giustizia -. Credo che la garanzia dei tre gradi di giudizio sia imprescindibile, ma certamente un filtro per la Cassazione va creato».


RAFFORZARE DISTINZIONE FUNZIONI GIUDICE-PM - «Nel programma c'è il rafforzamento della distinzione delle funzioni e in questa logica ci muoveremo. Ma sulla giustizia non abbiamo totem ideologici, nè bandiere da sventolare, bensì l'esigenza di accorciare la durata dei processi e rendere più efficiente il sistema». (Ansa)


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INTERCETTAZIONI: ALFANO, PROVVEDIMENTO PRONTO IN DUE SETTIMANE = SARÀ SANZIONATA LA DIFFUSIONE E LIMITATO L'AMBITO DI QUELLE UTILIZZABILI


Roma, 29 maggio 2008. Il provvedimento del governo sulle intercettazioni «sarà pronto tra un paio di settimane. Puntiamo a un riordino del sistema che mantendendo l'efficacia dell'azione inquirente salvaguardi la privacy di vittime e indagati». Lo afferma il ministro della Giustizia Antonino Alfano, in un'intervista a 'Il Giornalè. «Non è più possibile -aggiunge- vedere sbattute sui giornali intercettazioni che nulla hanno a che vedere con i procedimenti. E non è più possibile che nessuno paghi per questo». Sarà quindi «sanzionata la diffusione delle intercettazioni e ristretto l'ambito di quelle da inserire nel procedimento. Le altre devono essere cestinate». Alla domanda se non ci sia il rischio che a pagare sia solo il giornalista, Alfano replica: «Non vogliamo certamente un bavaglio per nessuno ma si tratta di una regola di civiltà. Il punto debole iniziale è chi divulga la notizia. Non mi pare che ci siano grandi esempi di di individuazione degli autori di fughe di notizie». (Adnkronos)



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 L’Opinione del 16 aprile 2008.


Malcostume intercettazioni:


La condanna viene scontata in anticipo


Giusta l’idea di mettere regole restrittive


Pene legali e pene illegali


 


di Francesco Carraro


Una delle priorità che non possiamo trascurare, come privati cittadini e come società, è quella di riappropriarci del sacrosanto diritto alla privacy. Per questo, va applaudita senza riserve la decisione con cui Berlusconi ha annunciato che tra i primi provvedimenti del suo nuovo eventuale governo ci sarà un giro di vite sulle intercettazioni: divieto assoluto di effettuarle salvo che per reati di terrorismo e criminalità organizzata, pene severe per chiunque indebitamente le dispone o ne fa uso o le divulga sui giornali. Dubitiamo seriamente che queste misure possano poi produrre un effetto concreto nell’immediato, vista l’endemica e cronicizzata incapacità del nostro sistema legislativo e giudiziario di inverare nei fatti quella chimera che risponde al nome di certezza del diritto e della pena. Tuttavia, anche solo da un punto di vista simbolico, la scelta del leader del PdL ha un peso e una pregnanza che non possono che incontrare il consenso di chi ha solide convinzioni liberali e libertarie. L’uso ossessivo, smodato, sregolato, morboso dello strumento dell’intercettazione, infatti, ha prodotto danni incalcolabili alla vita di migliaia di persone e squarci difficilmente rimarginabili alla credibilità dell’universo giustizia e di coloro che dovrebbero amministrarla in nome del popolo. Vi sono due sole sicurezze, in campo penale, in Italia: la prima è che le pene ‘legali’ non vengono scontate, la seconda è che quelle ‘illegali’ (perché non previste da alcuna norma, come appunto la berlina dei media riservata agli intercettati) inceneriscono per sempre vite, famiglie, identità, non di rado innocenti. I rei conclamati non pagano quasi mai e per intero il prezzo della colpa, mentre gli incolpevoli fin troppo, fin da subito e molto più duramente rispetto a quanto stabilito dai codici. Quanto alla prima certezza, basti pensare che la cosiddetta deterrenza del meccanismo sanzionatorio non può funzionare perché, semplicemente, le pene comminate non vengono scontate oppure lo sono ‘all’italiana’ cioè in misura ridicola e sproporzionata, per difetto, rispetto all’evento: in galera è pressoché impossibile finirci, a meno di essere recidivi di professione, a causa degli innumerevoli riti alternativi, istituti premiali, sconti codificati e indulti periodici che vanno a braccetto con quella farsesca e kafkiana lentezza dell’iter procedurale che sta alla base dell’accertamento dei fatti e dell’irrogazione della punzione. Ne discende che, per quanto sia grave il delitto perpetrato, il suo autore finirà libero in tempi incredibilmente rapidi rispetto alla pena comminata oppure beneficerà dell’effetto prescrizione, per il biblico tempo trascorso dalla commissione del fatto alla pronuncia di condanna.


Basti pensare che sono fuori dagli inizi degli anni novanta i vari compagni che, solo quindici anni prima, commisero il più drammatico assassinio politico della nostra storia recente, il rapimento e  l’omicidio di Aldo Moro. Appena un decennio o poco più e già liberi tutti. Può seriamente ambire a funzioni di dissuasione un meccanismo che macina esempi come questi? Può scoraggiare qualcuno dal delinquere una legge penale che promette, ma non mantiene, che rende la libertà (in forme e modi diversi) agli autori del più grave episodio terroristico ed eversivo del secondo dopoguerra? Ma non è finita qui. E’ la seconda certezza, quella delle pene che abbiamo definito ‘illegali’, a dare la reale misura della perversione del nostro sistema. Perché l’autentico castigo che in Italia non è risparmiato a chiunque finisca sotto i riflettori di un’indagine di rilievo è la crocifissione giornalistico-televisiva riservata con implacabile meticolosità sia agli indagati sia agli sventurati che per qualche ragione finiscono nella rete degli intercettori del malcostume.


Se a questo aggiungiamo l’uso distorto e raramente appropriato della carcerazione preventiva, il quadro è completo. Si sconta la punizione prima della condanna e le nostre cronache sono piene di suicidi d’onore o morti ammazzati dalla depressione o dalle più diverse malattie psicosomatiche dopo aver conosciuto la gattabuia non come naturale


conseguenza di un processo giusto e definitivo, ma solo quale geniale trovata dell’ego ipertrofico di qualche piemme d’assalto. Sia come sia, e a prescindere dalle contraddizioni della custodia preliminare, puntuale come la morte, ad ogni inchiesta di richiamo nazionale decine di persone trovano il loro nome infangato sulle prime pagine dei quotidiani di


maggior tiratura, buttato in pasto al livore o alla curiosità di un pubblico ormai assuefatto alla cultura dello spioncino, a una sensibilità da vojeur levigata negli anni da troppi pessimi reality show. Piovono da cancellerie colabrodo paginate di verbalizzazioni: frasi smozzicate, imprecazioni da osteria, confessioni a mezza bocca, veleni sussurrati in una conversazione che doveva restare segreta. Insomma, tutto quel repertorio di schifezze, colpi bassi, battutacce, cattiverie che ognuno ha l’indiscutibile diritto di dire quando, come e quanto vuole se è tra le quattro mura di casa propria o al telefono con un’altra persona. Ecco, questo diritto in Italia non è contemplato, grazie a questa regia occulta, e mai smascherata, che consente (desidera?) la pubblicazione delle intimità di un indagato (e di chi sfortunatamente ne condivide una chiacchierata) prima non solo di una condanna, ma addirittura di un processo. E’ un malcostume criminogeno, violento, antidemocratico e illiberale che deve cessare se non vogliamo che prenda definitivamente corpo nel nostro ordinamento quella sorta di ufficioso Ministero ombra del Vizio e della Virtù mutuato dai regimi della sharia che controlla i nostri giorni e le nostre notti e rovina la vita a un povero disgraziato non perché abbia commesso un reato, ma perché ha cianciato in maniera non edificante con un amico. La pena da pagare (un’esistenza distrutta, una dignità fatta a pezzi, una storia personale irrimediabilmente imbrattata) è troppo alta, oltre che illegale, per essere ancora tollerata. E se qualche sacerdote della pudicizia (di quelli che discettano in tivù) dovesse obiettarvi che basta comportarsi bene per non essere sputtanati, ditegli di mandare le registrazioni dei suoi rendez-vouz con mogli o amanti varie al Corriere. Siamo ansiosi di leggerli.
















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