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EQUO COMPENSO: anche il Consiglio di Stato dà ragione all'Ordine nazionale dei Giornalisti (e al suo presidente Enzo Iacopino). La delibera va riscritta e dovrà garantire con il rispetto della dignità dei cronisti autonomi i principi consacrati nell'articolo 36 della Costituzione. Battuti e perdenti Presidenza del Consiglio dei Ministri/Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nonché la Fieg. Batosta indiretta anche per FNSI e INPGI, sostenitori incauti della delibera demolita da due giudizi ormai passati in giudicato. La sentenza ha confermato l'illegittimità della distinzione tra giornalisti autonomi e parasubordinati. Franco Abruzzo: "Per l'Ordine è una vittoria napoleonica e una consacrazione del suo ruolo fissato nella sentenza 11/1968 della Consulta". IN CODA la sentenza del CdS, quella del Tar Lazio nonché la sentenza 11/1968 della Consulta sulla professione giornalistica e sulla legittimità dell'Ordine.

di Francesco M. de Bonis

Roma, 17 marzo 2016. Il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento della delibera sull'equo compenso che era stata sottoscritta il 19 giugno 2014 da Governo, Fnsi, Fieg e Inpgi e contro la quale  l’Ordine dei giornalisti aveva presentato ricorso.  Il Consiglio di Stato ha confermato "con motivazione parzialmente diversa" la sentenza 05054/2015 del Tar Lazio che aveva annullato in precedenza la deliberazione assunta dalla Commissione ministeriale per la determinazione dell'equo compenso. “La delibera introduce - si legge nella sentenza del Tar -  parametri di 'equo compenso' non proporzionati alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, e del tutto insufficienti a garantire un'esistenza libera e dignitosa al giornalista autonomo”.  Si era trattato di una prima vittoria napoleonica dell’Ordine nazionale dei giornalisti contro Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico, nonché Fieg, Fnsi e Inpgi. Quella sentenza riconosceva il ruolo dell’Ordine, che tutela la “dignità” dei propri iscritti (ex sentenza 11/1968 della Consulta). “(La delibera realizza)  -  afferma il Tar Lazio - una “indebita restrizione del campo applicativo rispetto alla chiara indicazione della legge ("giornalisti iscritti all'albo non titolari di rapporto di lavoro subordinato ...")”. Nella pronuncia del Consiglio di Stato - depositata ieri - viene respinto con decisione anche l'appello incidentale proposto dalla Fieg. La sentenza ha confermato l'illegittimità della distinzione tra giornalisti autonomi e parasubordinati e ha condiviso le posizioni del Tar che aveva annullato la delibera in quanto contrastante con i principi derivanti dall'articolo 36 della Costituzione. Per il Consiglio di Stato un compenso può definirsi equo se è coerente con quello previsto dai contratti collettivi.  Anche secondo il Consiglio di Stato, quindi, la delibera sull'equo compenso va riscritta. La legge sull’equo compenso include sia il lavoro autonomo libero professionale sia il lavoro autonomo coordinato e continuativo. Si legge nella sentenza:"Il Collegio osserva che la legge 233/2012, rubricata “Equo compenso nel settore giornalistico”, nell’istituire l’equo compenso ha richiamato, sostanzialmente, quali parametri per la sua determinazione, i principi di proporzionalità sanciti dall’art. 36 Cost., aggiungendo il richiamo alla necessaria “coerenza” del compenso con la disciplina stabilita (per le retribuzioni dei giornalisti dipendenti) dalla contrattazione collettiva. In tal modo, ha evidenziato la ratio di apprestare una disciplina retributiva per tutte le forme di lavoro autonomo giornalistico, in quanto connotate da alcuni caratteri del lavoro subordinato e pertanto meritevoli di tutele assimilabili a quelle ad esso assicurate. In altri termini, ciò che la normativa in esame intende garantire è una tendenziale equità retributiva tra chi è dipendente (ed è quindi retribuito sulla base dei criteri stabiliti attraverso la contrattazione collettiva) e chi non lo è, e quindi resta sottoposto alla forza contrattuale dell’editore, aspetto fondamentale che prescinde dall’organizzazione dello svolgimento della prestazione lavorativa. Pertanto, non sembra possibile modificare il dato testuale, che si riferisce indistintamente a tutte le forme di lavoro non subordinato, attraverso il collegamento a qualificazioni e discipline che non riguardano il settore giornalistico".


1. La sentenza del Consiglio di Stato si può leggere cliccando su: https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=WD35SM3RQR4TSXQDNUF7JCZQ5Y&q=giornalisti


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2.La sentenza del Tar Lazio è in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=17405



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3. La sentenza 11/1968  della Corte costituzionale   è in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5813




 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 




 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 






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