COSTANZI, Edoardo. - Nacque il 14 agosto 1864 a Vermiglio, paese della Val di Sole nel Trentino, da Edoardo, guardia di polizia, e Anna Briani. Fu costretto dalle modeste condizioni finanziarie della famiglia a interrompere gli studi alla prima classe del ginnasio di Rovereto per recarsi a lavorare prima a Mantova come garzone di negozio e poi in una tipografia roveretana, dove iniziò il mestiere. All'età di ventitré anni si trasferì nel Regno d'Italia, trovando un impiego nella tipografia milanese di Vallardi. Cominciarono allora gli anni della sua formazione ideologica e politica, in forma essenzialmente autodidattica e maturata attraverso la diretta esperienza della lotta sindacale. Attivo militante del movimento operaio italiano, raggiunse ben presto posti di responsabilità. Dopo appena quattro anni già dirigeva l'organo professionale La Tipografia milanese, e nel 1892 collaborò all'organizzazione del congresso costituente del Partito dei lavoratori italiani. Questo suo esplicito impegno politico e l'attività di agitatore svolta nella vertenza salariale dei tipografi gli costarono qualche mese dopo la perdita dell'impiego, e la vicenda contribuì non poco a spostarlo su posizioni abbastanza vicine a quelle del sindacalismo rivoluzionario.
Nelle critiche circostanze politiche delle elezioni amministrative del 1894 il C. fu tra i candidati del Partito socialista italiano nel collegio elettorale milanese e, pur senza riuscire eletto, ottenne una buona affermazione personale. L'ondata di repressione antipopolare e antisocialista del governo crispino non lo risparmiò: il C. fu tra i numerosi socialisti processati per sovversivismo, subendo una condanna a tre mesi di confino a Borgo San Donnino. Rientrato a Milano nel 1895, fu eletto membro della segreteria regionale del partito socialista e poi direttore de La Battaglia, che era il giornale della Federazione socialista provinciale di Milano. Nelle elezioni politiche del 1896, riproposto candidato dal partito, svolse una intensa campagna elettorale a sostegno della candidatura di Filippo Turati.
Influenzato dagli avvenimenti di quegli anni, che richiedevano la solidarietà delle forze politiche democratiche, il C. si schierò sulla linea riformista predominante nel partito. In particolare, modificando le sue precedenti convinzioni in materia di tattica elettorale, egli divenne un sostenitore dei vantaggi per il proletariato di esercitare il diritto di voto e abbandonò le suggestioni del rivoluzionarismo oltranzista, senza però transigere sull'ideale collettivista e sul principio della lotta di classe antiborghese.
Nel 1897, mentre il movimento operaio trentino, in fase di crescita tumultuosa e contrassegnata da non poche sconfitte nei conflitti di lavoro, si trovava di fronte a grossi problemi di riorganizzazione, maturò l'occasione d'incontro tra il C. e i socialisti di Trento. A quel tempo il movimento sindacale nel Trentino non disponeva ancora di organi differenziati da quelli del partito, tutto facendo capo in pratica agli stessi dirigenti politici, i cui esili quadri trovavano sempre più difficoltà a fronteggiare la crescente ampiezza e complessità delle spinte rivendicative dei lavoratori. Cesare Battisti fu tra i primi a rendersi conto dell'urgenza di rimediare a questo stato di cose con una maggiore articolazione e distribuzione delle cariche e fu proprio in questa prospettiva che il C. fu chiamato a ricoprire il posto di segretario del partito e direttore del suo organo ufficiale L'Avvenire del lavoratore. In questa veste il C. giunse a Trento nel settembre del 1897.
Il suo nome resta legato a un periodo decisivo per la storia delle organizzazioni sindacali nel Trentino. Egli diede pratica attuazione a un'esigenza, ormai generalmente avvertita, di distinguere il programma politico da quello economico (contratti di lavoro, livelli salariali, riduzioni della giornata lavorativa, legislazione sociale, ecc.), sulla base dell'apoliticità del sindacato. Non che questo sottintendesse nel C. divergenze di fondo dal socialismo riformista su cui era orientato il partito trentino, ancorché fosse in lui più rigida l'interpretazione del principio dell'intransigenza tattica e dell'autonomia dagli altri partiti: ma l'obiettivo di un inquadramento di massa delle forze lavoratrici aveva fatto giungere anche per il Trentino il tempo di dotare il movimento sindacale di propri organismi direttivi e di gestione, distinti da quelli identificabili politicamente.
Il C. affrontò questo difficile compito con la precisa consapevolezza di dover adattare le scelte al tipo e al livello di sviluppo ambientale locale della classe dei salariati. Da questo punto di vista, l'istituzione di una Camera del lavoro rappresentava per lui già un problema. L'esperienza fatta con la Camera del lavoro di Milano lo aveva fornito di discrete conoscenze sul funzionamento di questo istituto: il fatto, però, di attribuirgli (contro la regola) funzioni che in realtà spettavano meglio alle leghe di resistenza, gli dava la persuasione che questo tipo di organismo convenisse solo in presenza di uno sviluppo industriale sufficiente a dar vita a un proletariato moderno, spinto dalla elevata conflittualità dei rapporti di lavoro a impegnarsi in un'azione agitatoria e rivendicativa di medio o lungo periodo.
Nello stato di arretratezza del tessuto socioeconomico del Trentino queste condizioni non avevano riscontro: esisteva piuttosto un proletariato ancora largamente legato alla campagna, ad insediamento sparso o fluttuante nei cicli del l'emigrazione. Per questo proletariato il C. pensava che fosse più utile una forma di organizzazione provvista di competenze più ampie - dal collocamento alla cooperazione ai sussidi - e perciò in grado di accendere su questo terreno, e in modo continuativo, "l'interesse materiale e morale" dei lavoratori che solo episodicamente, invece, era legato ad azioni di sciopero.
A tale scopo il C. preferì procedere subito ad istituire un segretariato del lavoro, apolitico e aconfessionale, col compito statutario di dirigere gli uffici di collocamento per gli emigranti, di incentivare lo sviluppo del movimento cooperativistico tra i braccianti, cioè con un programma di un certo respiro, adatto a evitare che lo spirito associativo potesse spegnersi nell'inattività o nella mancanza di prospettiva. Aderendo al principio del centralismo, il C. concepì il segretariato come uno strumento per riorganizzare la classe operaia trentina su base provinciale e per qualifiche professionali, all'interno delle grandi federazioni sindacali austriache. Il 4 sett. 1898, in occasione del I Congresso delle società operaie italiane dell'Austria svoltosi a Rovereto, le sue proposte furono discusse e approvate e il 15 gennaio dell'anno successivo il segretariato del lavoro cominciò a operare ufficialmente sotto la direzione dello stesso Costanzi. Solo il 12 marzo, dopo un lungo e non facile lavoro preparatorio in seno alla commissione esecutiva del segretariato, fu inaugurata a Trento anche la Camera del lavoro. A quel punto, il movimento sindacale fu in possesso di strutture organizzative autonome e poté avviare la formazione dei suoi quadri: un processo assai lento, peraltro, che non impedì sul momento il difetto di una eccessiva concentrazione di cariche nella persona del Costanzi. Gli effetti non tardarono a manifestarsi. Benché impegnato politicamente tanto da candidarsi alle elezioni politiche supplettive del 1898, il C. si sforzò soprattutto di potenziare l'associazionismo operaio intensificando la propaganda sindacale e attivando nuove società. In questo fu favorito dall'ondata di malcontento che si levò nella prima metà del 1899 dalla classe operaia, duramente colpita dal carovita nel potere d'acquisto dei salari. Si aprì un periodo di intensa agitazione e di scioperi che però gli organi sindacali, appena costituiti e a ranghi ancora incompleti o poco sperimentati, non riuscirono a controllare e a disciplinare. Delusioni o sconfitte accesero rabbiose polemiche che coinvolsero lo stesso C. che, dopo aver sollecitato un alleggerimento dei suoi incarichi, sì decise infine a dimettersi e ad abbandonare il Trentino nel dicembre del 1899.
All'inizio del 1900, raccogliendo le raccomandazioni dei dirigenti del partito socialista austriaco, fece un giro di propaganda in Lombardia per mettere in guardia i lavoratori italiani emigranti nei paesi dell'Austria dal prestarsi ad azioni di crumiraggio, un male purtroppo abbastanza diffuso da suscitare non poche apprensioni non solo a livello di solidarietà di classe, ma degli stessi rapporti interpersonali con gli operai locali. Fu questo l'ultimo impegno del C. che in qualche modo abbia avuto un legame coi problemi del proletariato in territorio austriaco. In seguito si stabilì a Milano reinserendosi nelle organizzazioni del sindacalismo italiano e solo alla fine del 1903 fece una breve riapparizione a Trento dove fino all'aprile del 1904 prestò la sua opera di direttore tecnico presso il giornale Il Lavoro, sorto per iniziativa dei sindacalisti del segretariato e della Camera del lavoro, che in quel momento erano in aperta rottura col partito. Due anni dopo si trasferì a Genova, e qui subì l'influenza della destra socialriformista, che aveva una forte presenza nel movimento operaio ligure. Passato su queste posizioni, entrò a far parte della redazione del Lavoro, organo ufficiale della corrente riformista di G. Canepa. Fino alla guerra mondiale, benché schedato dalla polizia, il suo impegno politico si andò progressivamente allentando, salvo che nei periodi elettorali, durante i quali egli continuò a essere un attivo propagandista.
Allo scoppio della guerra si schierò dalla parte dell'interventismo democratico. Al principio del 1918 i fuorusciti italiani dall'Austria, repubblicani e socialriformisti, si associarono nella Democrazia sociale irredenta, a sostegno degli obiettivi di guerra democratici e in aperto dissenso con le aspirazioni dell'interventismo nazionalista che gran parte degli irredenti rifugiati in Italia aveva fatto proprie. Coerentemente con le sue scelte ideali, il C. entrò nel Consiglio direttivo della sezione genovese della Democrazia sociale irredenta e come membro di questa associazione tenne anche qualche conferenza, tra cui una, particolarmente calda di memorie personali, dedicata alla celebrazione di Cesare Battisti.
Nel dopoguerra, dopo una breve e piuttosto sorprendente collaborazione all'Idea nazionale, rientrò a Trento e sul finire del 1920 aderì al partito socialista locale, di ispirazione battistiana, assumendo la direzione del suo giornale ufficiale Il Popolo. Poco dopo prese a dirigere anche l'Avvenire del lavoratore, pubblicato dalla sezione trentina della Cooperativa del lavoro, di cui fu eletto anche segretario. Alle elezioni politiche del 1921 fu candidato nella lista del "Blocco economico", di concentrazione democratica. Con l'avvento del fascismo cessò ogni attività politica e, trasferitosi a Sesto San Giovanni (Milano) condusse privatamente la sua vita finché vi decedette il 5 dicembre del 1940.
OPERE: Il prossimo e ciò che gli appartiene, Milano 1896; Abbasso l'astensione!, Milano 1896; Il partito soc. e l'autonomia del Trentino, Rovereto 1897; Il suffragio universale diretto per il Parlamento e la Dieta, Riva 1898; Agli elettori della Curia del suffragio univ., ibid. 1898.
BIBLIOGRAFIA: G. Raffaelli, Il movimento operaio nel Trentino dal mutualismo alla prima Camera del lavoro, in Movimento operaio, VII (1955), pp. 243-251; R. Monteleone, Il movimento social. nel Trentino, 1894-1914, Roma 1971, pp. 73, 86-98, 101-110, 215; Id., La politica dei fuorusciti irredenti nella guerra mondiale, Udine 1972, pp. 120, 186.
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