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CEDU. Diffamazione, il giornalista non è un Pm. Se i tribunali condannano il cronista senza tener conto di quest’aspetto e senza valutare il diritto della collettività a essere informata su questioni di interesse generale è certa la violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tanto più nei casi di una sanzione pecuniaria elevata.

di Marina Castellaneta
www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com


20.2.2015 - Non si può chiedere a un giornalista, che pubblica un articolo su una questione di interesse generale come la presunta corruzione di un politico, anche usando toni provocatori, un grado di precisione analogo a quello richiesto per stabilire la fondatezza di un’accusa in sede giudiziaria.


Se le autorità giurisdizionali nazionali condannano il cronista per diffamazione senza tener conto di quest’aspetto e senza valutare il diritto della collettività a essere informata su questioni di interesse generale è certa la violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tanto più nei casi di condanna in sede penale e di una sanzione pecuniaria elevata. Lo ha chiarito la Corte di Strasburgo nella sentenza del 10 febbraio (ricorso n. 32104/06) con la quale la Romania è stata condannata, per violazione dell’articolo 10 della Convenzione che assicura la libertà di espressione, anche perché i giudici nazionali non si sono attenuti ai parametri di Strasburgo in materia di libertà di stampa.


A presentare il ricorso alla Corte era stato un giornalista di un settimanale che aveva pubblicato un articolo sul sindaco di una cittadina chiedendone le dimissioni perché coinvolto in presunti atti di corruzione. Il giornalista aveva usato toni provocatori, affermando che il politico era al vertice di una piramide di “cattivi” e che era in atto un sistema simile a quello mafioso. Il giornalista era stato condannato per diffamazione. Una conclusione che la Corte europea ha ritenuto in contrasto con la Convenzione. Prima di tutto - osserva Strasburgo - i giudici nazionali non hanno preso nella dovuta considerazione il fatto che la stampa ha l’obbligo di informare su questioni di interesse generale e che la collettività ha diritto di riceverle.


Il giornalista, inoltre, aveva fornito notizie accurate e attendibili, chiedendo un commento al sindaco e rispettando così le regole deontologiche, senza che trasparisse, dal testo dell’articolo, un intento diffamatorio. Nessun cenno, poi, alla vita privata, ma unicamente notizie legate alla funzione pubblica del politico. Il reporter, inoltre, aveva fornito anche alcuni documenti ufficiali a sostegno del proprio articolo che conteneva giudizi di valore con una base fattuale sufficiente a costituire un ragionevole fondamento per le critiche.


Certo non si può chiedere a un giornalista - chiarisce Strasburgo - la stessa precisione e accuratezza che compete alle autorità giudiziarie per accertare la colpevolezza. Gli standard sono diversi così come gli obblighi. D’altra parte, il giornalista non deve certo provare le accuse ma solo fornire un fondamento ragionevole alla base delle critiche espresse sulla stampa. E questo anche con toni provocatori.


La Corte europea, poi, precisa che non è possibile utilizzare i precedenti in materia di diffamazione per condannare un giornalista. Riflettori puntati anche sulle sanzioni comminate non conformi agli standard di Strasburgo. La condanna penale, infatti, è in sé contraria alla Convenzione tanto più che comporta il suo inserimento nel casellario giudiziario del giornalista. Non solo. Anche la sanzione pecuniaria, di 1.200 euro, non supera il vaglio di Strasburgo perché eccessiva in quanto 4 volte superiore allo stipendio medio mensile in Romania. Di qui la condanna dello Stato in causa. – TESTO IN http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/comunitario-e-internazionale/2015-02-19/diffamazione-giornalista-non-e-pm-205749.php?uuid=ABYEemxC



 



 



 



 



 



 






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