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Il premier Letta e la sua battaglia per l’abolizione dei vitalizi dei parlamentari. Ovvero quando tra il dire e il fare c'é di mezzo il mare...

Nota di Pierluigi Franz


(11/12/2013) - Tre anni fa l'attuale Presidente del Consiglio Enrico Letta fu il primo firmatario di un'apprezzabile e condivisibile proposta di legge per abolire i vitalizi dei parlamentari. Il documento (vedere allegati 1 e 2 qui sotto) é però


rimasto lettera morta, restando chiuso nei cassetti di Montecitorio senza neppure essere stato mai esaminato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera finendo così in un cestino.


Ci si attendeva ora che da premier l'onorevole Letta, coerentemente con quanto aveva ipotizzato il 21 dicembre 2010, ripresentasse questa sua proposta come iniziativa dell'Esecutivo e quindi con ben altra valenza, ma soprattutto con ottime chances di veder trasformata in legge la sua proposta. Purtroppo, almeno per il momento, queste aspettative sono andate deluse. Il numero 1 di palazzo Chigi deve essere evidentemente rimasto ancora suggestionato dalla lavata di capo fattagli in una lettera dell'aprile 2011 dal presidente dell'Associazione degli ex parlamentari, Gerardo Bianco, già segretario del Ppi (vedere allegato 3 qui sotto).


Coraggio, quindi, Presidente Letta, si ravveda! Anche se sarebbero stati opportuni alcuni aggiustamenti, la Sua proposta n. 3981 andava davvero nel segno giusto prevedendo, tra l'altro, l’abrogazione dell’istituto dell’assegno vitalizio e il divieto di accumulo del vitalizio con i contributi graziosamente elargiti da Pantalone (cioé dall'INPS o da altri enti previdenziali anche privatizzati come l'INPGI per i giornalisti) in base ad una distorta interpretazione dell'art. 31 dello Statuto dei Lavoratori in vigore dal 1970 (vedere allegato 4 qui sotto) a favore di chi venga eletto deputato, senatore, europarlamentare, Governatore di Regione, Sindaco di grandi città, ecc..


Secondo alcune stime abbastanza attendibili il costo di questa ingiustificata e privilegiata doppia pensione per i parlamentari a carico dell'INPS e degli altri enti previdenziali pubblici e privati avrebbe addirittura superato i 5 miliardi di euro (oltre 10 mila miliardi di lire) in 43 anni e mezzo di applicazione della norma contenuta nella legge n. 300. Viceversa, ripetiamo, per il parlamentare la doppia pensione arrivava dal cielo assolutamente gratis!


La proposta di legge n. 3981 presentata nella passata legislatura da Enrico Letta, ma non più da lui riproposta, prevedeva inoltre il cumulo tra pensione e redditi da lavoro dei parlamentari, cioé l'esatto opposto di quanto chiesto ora dall'onorevole Maria Anna Madia (giovane parlamentare ruspante del Pd scelta da Matteo Renzi a far parte del suo team e destinata a far presto carriera nel mondo politico) nel suo discutibile, quanto stravagante e contestato emendamento presentato nei giorni scorsi alla legge di stabilità per il 2014 all'esame delle Commissioni Lavoro e Bilancio della Camera.


La filosofia del progetto di legge di 3 anni fa dell'onorevole Letta è, a mio parere, da condividere al 100 per cento. Come si legge in un articolo pubblicato sul sito internet dello stesso premier (vedere allegato 2 qui sotto), si prefiggeva infatti di affermare un principio sacrosanto: "è giusto che la politica venga retribuita, ma non è giusto che lasci privilegi per tutta la vita".


Peccato, che appena 2 settimane fa, lo stesso premier Letta se ne sia, però, completamente dimenticato quando ha presentato a nome del Governo - ottenendo poi la fiducia - un nuovo pesante taglio delle pensioni più alte che, nonostante la sentenza  della Consulta n. 116 del 5 giugno scorso avesse già dichiarato incostituzionale una misura analoga introdotta dai Governi Berlusconi e Monti, mira a colpire di nuovo dal 2014 i titolari di pensioni superiori ai 90 mila euro lordi l'anno e addirittura in misura ben più pesante (6% oltre i 90 mila 168 euro lordi l'anno e fino a 128 mila 812 euro lordi l'anno; 12% oltre i 128 mila 812 euro lordi l'anno e fino a 193 mila 218 euro lordi l'anno e 18% oltre i 193 mila 218 euro lordi contro il precedente 5% oltre dopo i 90 mila, 10% oltre i 150 mila e 15% oltre i 200 mila euro lordi). Ma, guarda caso, questo taglio non avrebbe colpito anche i sostanziosi vitalizi dei


parlamentari (il viceministro Pd dell'Economia Stefano Fassina, accortosi della "svista", ha ora promesso di volerla correggere con un apposito emendamento alla Camera per risolvere la questione, che altrimenti rischia di costituire un grave precedente in materia di equità).


Il punto, però, è che resterebbe comunque una profonda ingiustizia che, invece, la proposta Letta di 3 anni fa mirava correttamente ad eliminare. Difatti si manterrebbe sostanzialmente in vita la doppia pensione per tutti quei cittadini eletti deputati, senatori, europarlamentari, Governatori di Regioni, Sindaci di grandi città, ecc., che al momento della loro elezione risultavano titolari di una posizione contributiva previdenziale. Fino al 1999 tutti costoro si sono visti regalare i contributi sia per la parte di loro competenza come lavoratori, sia per la parte di competenza datoriale.


Dal 2000, per effetto di un'apposita disposizione (art. 38 della legge n. 488 del 23 dicembre 1999 - legge finanziaria per il 2000, vedere allegato 5 qui sotto), approvata ad hoc per cercare di mettere a tacere una campagna scandalistica di stampa messa in atto da parte di alcuni giornali, é, invece, rimasta ad esclusivo carico del parlamentare la parte dei contributi già di competenza del lavoratore. La maggiore novità della legge 488 consisteva, appunto, nel lasciare a carico dell'INPS e degli altri enti previdenziali competenti solo la quota già a carico dell'azienda prima dell'aspettativa parlamentare.


Purtroppo, però, l'errore di fondo è stato quello di mantenere in parallelo anche l'elargizione del famigerato vitalizio a spese di Pantalone che, come abbiamo visto, lo stesso Premier Letta avrebbe voluto cancellare già 3 anni fa.


Mi permetto, quindi, di avanzare una proposta di una semplicità elementare e che si adegua perfettamente sia alla formulazione letterale dell'art. 31 dello Statuto dei Lavoratori, sia alla spending review del binomio Monti-Fornero: "I lavoratori eletti deputati o senatori hanno diritto a mantenere il loro posto di lavoro per tutta la durata del mandato e a vedere accreditati dalla Camera o dal Senato i contributi previdenziali originariamente versati dall'azienda presso cui lavoravano. Resta, tuttavia, a esclusivo carico del deputato e del senatore la quota di contributi già di sua spettanza come lavoratore. Deputati e senatori già iscritti ad enti previdenziali prima della loro elezione non hanno alcun diritto di percepire vitalizi da Camera o Senato".


In sintesi, un qualsiasi lavoratore (magistrato, manager, dirigente bancario, medico ospedaliero, professore universitario o di scuola, militare, sindacalista, giornalista ecc.) eletto deputato o senatore ha diritto a mantenere il precedente posto di lavoro per tutta la durata del mandato parlamentare e a vedersi poi accreditare i contributi nello stesso identico modo in cui avveniva prima della sua elezione. Pertanto la Camera o il Senato dovrebbero


sostituirsi all'azienda per i contributi relativi alla sola parte aziendale, mentre il deputato o il senatore dovrebbe versare la sua quota di pertinenza così come già avveniva in precedenza. Ma senza più godere di alcun vitalizio a spese di Pantalone.


Anche se ovviamente questa normativa non potrebbe avere effetto retroattivo, costituirebbe comunque un atto di buona volontà del Parlamento nei confronti dei cittadini e nessuno potrebbe più lamentarsi degli ingiustificati privilegi oggi goduti da deputati e senatori. E si accontenterebbe finalmente dopo 3 anni lo stesso premier Letta con un consistente risparmio per le casse dello Stato che compenserebbe il mancato gettito conseguente all'eliminazione del taglio sulle pensioni oltre 90 mila euro al momento reintrodotto nella legge di stabilità per il 2014 con il voto di fiducia al Senato.


Pierluigi Roesler Franz


Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati presso l'Associazione Stampa Romana


 


                                                                                              xxxxxxxxxxxxxxxxxx


 


                                                                                                    ALLEGATO 1


 Dal sito:


http://leg16.camera.it/camera/browse/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=16&codice=16PDL0054320&back_to=http://leg16.camera.it/126?tab=2-e-leg=16-e-idDocumento=3981&sede=&tipo=


 


                                                                                     XVI LEGISLATURA


 


                                                                                CAMERA DEI DEPUTATI N. 3981


 


                                                                                    PROPOSTA DI LEGGE                                                                                         d'iniziativa dei deputati   LETTA, BOCCIA, DAL MORO, DE MICHELI, GARAVINI, MAZZARELLA, MOSCA, VACCARO


 Nuove disposizioni concernenti il trattamento pensionistico dei parlamentari


                                                                                Presentata il 21 dicembre 2010


   


Onorevoli Colleghi! — L'odierno quadro demografico, caratterizzato da un rilevante incremento della speranza di vita alla nascita e da un ridotto tasso di fertilità, ha imposto negli ultimi quindici anni importanti riforme della previdenza obbligatoria, che hanno profondamente inciso sulla disciplina previgente. La riforma adottata con la legge 8 agosto 1995, n. 335, e poi a più riprese modificata, ha comportato il ridimensionamento dei trattamenti pensionistici e la decisa tendenza verso l'elevazione dei requisiti anagrafici e contributivi per il pensionamento, ponendo a proprio fondamento il principio dell'equità attuariale tra contributi versati nel corso della vita attiva e trattamento pensionistico.


       La legge 24 dicembre 2007, n. 247, ha tra l'altro previsto, in ossequio al principio dell'equità attuariale e in considerazione della maggiore frammentarietà delle moderne carriere lavorative, la cumulabilità dei periodi contributivi afferenti a diverse forme di previdenza obbligatoria (cumulabilità piena per i lavoratori soggetti al solo sistema contributivo e solo in parte limitata per i restanti lavoratori).


       Sforzo del disegno di riforma perseguito negli ultimi anni è stato inoltre quello di procedere verso una progressiva armonizzazione dei trattamenti, eliminando le situazioni di favore verso alcune categorie precedentemente determinate da una normativa stratificata e disomogenea.


       In questo quadro l'attuale regolazione dell'assegno vitalizio di cui fruiscono i parlamentari si configura – per la sproporzione tra contributi versati e trattamenti percepiti e per l'età anticipata alla quale è possibile accedere ai suddetti trattamenti – come un vero e proprio privilegio, la cui conservazione sarebbe particolarmente odiosa agli occhi dell'opinione pubblica.


     La presente proposta di legge intende, al contrario, garantire ai cittadini che svolgono il mandato parlamentare, e solo per il periodo del mandato, un trattamento in tutto e per tutto analogo a quello che gli altri cittadini si vedono riconosciuto in relazione ai propri periodi di lavoro. Il parlamentare non verrebbe in questo modo favorito (come invece accade con la normativa vigente), né danneggiato (cosa che potrebbe disincentivare l'impegno in politica di particolari categorie di soggetti, con detrimento per la democrazia).


    La normativa proposta estende quindi ai periodi di esercizio del mandato parlamentare l'applicazione delle norme generali che disciplinano il sistema pensionistico obbligatorio, assimilando tali periodi, ai soli fini pensionistici, ai periodi di esercizio di attività di lavoro subordinato. Tali periodi saranno pienamente ricongiungibili con gli altri periodi di contribuzione.


   Si prevede, infine, la possibilità per gli Uffici di presidenza delle due Camere di istituire un fondo di previdenza complementare a capitalizzazione, alimentato unicamente dai contributi volontari dei parlamentari e con esclusione di ogni onere a carico del bilancio dello Stato.


  Quanto agli odierni assegni vitalizi che, com’è noto, gli Uffici di presidenza delle due Camere hanno disciplinato in assenza di un'idonea regolazione di legge, la presente proposta di legge ne fa venire meno il presupposto e ne prevede la soppressione.


 


PROPOSTA DI LEGGE


Art. 1.   (Trattamento pensionistico dei periodi di esercizio del mandato parlamentare).


1. Il trattamento pensionistico dei periodi di esercizio del mandato parlamentare è regolato dalle norme generali che disciplinano il sistema pensionistico obbligatorio dei lavoratori dipendenti e autonomi contenute nella legge 8 agosto 1995, n. 335.


 


2. Ai fini pensionistici, l'esercizio del mandato parlamentare è assimilato ad attività di lavoro dipendente.


 


3. È considerata retribuzione pensionabile ai fini dell'applicazione dell'aliquota contributiva, nonché del calcolo del trattamento pensionistico, l'indennità annua spettante ai parlamentari a norma dell'articolo 69 della Costituzione, stabilita ai sensi della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e rideterminata dall'articolo 1, comma 52, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.


 


4. Gli uffici di Presidenza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, dispongono la soppressione di ogni forma di assegno vitalizio per i parlamentari.


 


                                                                                                      Art. 2.


                           (Totalizzazione dei periodi assicurativi e cumulo tra pensione e redditi da lavoro).


 


1. Ai periodi assicurativi relativi all'esercizio del mandato parlamentare si applicano le disposizioni generali in materia di totalizzazione di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, nonché le norme in materia di cumulo di cui all'articolo 72 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, estese ai sensi dell'articolo 44 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.


 


2. È fatta salva per il parlamentare la possibilità di optare per la contribuzione figurativa relativa all'attività di lavoro dipendente dalla quale è collocate


in aspettativa in ragione dell'elezione al Parlamento. Si applicano in tale caso le norme di cui all'articolo 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, e all'articolo 38 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.


 


3. È comunque fatto divieto di cumulare, ai fini del calcolo della pensione, i contributi versati in relazione al periodo di esercizio del mandato parlamentare con altri contributi relativi al medesimo periodo.


 


 


                                                                                                      Art. 3.


                                                        (Gestione della previdenza obbligatoria dei parlamentari).


 


1. La gestione della previdenza obbligatoria dei parlamentari è affidata all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) nell'ambito del fondo pensioni lavoratori dipendenti. Gli Uffici di presidenza delle due Camere possono deliberare di avvalersi dell'INPS per la corresponsione degli assegni già maturati in relazione ai periodi di esercizio del mandato parlamentare precedenti alla data di entrata in vigore della presente legge. A tale scopo i medesimi Uffici di presidenza provvedono a fornire all'INPS tutte le informazioni necessarie e a rimborsarlo annualmente dei pagamenti da esso effettuati in relazione ai citati assegni.


2. Gli Uffici di presidenza delle due Camere sono tenuti, nei confronti dell'INPS, agli adempimenti previsti per i sostituti d'imposta dei lavoratori dipendenti.


 


                                                                                                     Art. 4.


                                                                                   (Previdenza complementare).


 


1. Gli Uffici di presidenza delle due Camere possono prevedere l'istituzione di un fondo di previdenza complementare a capitalizzazione, alimentato unicamente dai contributi volontari dei parlamentari, con esclusione di ogni onere a carico del bilancio dello Stato.


 


                                                                                                      Art. 5.


                                                                                              (Entrata in vigore).


 


1. La presente legge si applica a decorrere dalla XVII legislatura.


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                                                   ALLEGATO 2


 


La nostra battaglia per l’abolizione dei vitalizi


Pubblicato il 24 ottobre 2011 in Proposte


http://www.enricoletta.it/proposte/abolizione-vitalizi-parlamentari-la-proposta-di-legge/


Si chiama ‘Nuove disposizioni concernenti il trattamento pensionistico dei parlamentari’, ed è una proposta di legge n. 3981 depositata alla Camera il 21 dicembre 2010, primo firmatario Enrico Letta, cofirmatari i parlamentari Francesco Boccia, Gianni Dal Moro, Paola De Micheli, Laura Garavini, Eugenio Mazzarella, Alessia Mosca e Guglielmo Vaccaro, cliccare su:


http://leg16.camera.it/camera/browse/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=16&codice=16PDL0054320&back_to=http://leg16.camera.it/126?tab=2-e-leg=16-e-idDocumento=3981&sede=&tipo=


Nell’ambito di una riorganizzazione del sistema pensionistico dei parlamentari, il testo presentato propone il suo inserimento all’interno delle norme generali che disciplinano il sistema pensionistico obbligatorio dei lavoratori dipendenti ed autonomi, prevedendo un cumulo tra pensione e redditi da lavoro evitando l’accumulo dei contributi versati durante il mandato ad contributi ‘altri’, relativi allo stesso periodo. La proposta –  avanzata da Enrico già in occasione della campagna per le primarie del 2007 –  prevede quindi l’abrogazione dell’istituto dell’assegno vitalizio, perché è giusto che la politica venga retribuita ma non è giusto che lasci privilegi per tutta la vita.


Si tratta di una risposta non demagogica alle esigenze di sobrietà ed equità poste dalla difficile situazione che viviamo in questo periodo e alle richieste di riforma e di sblocco che i più diversi livelli della società, dalla gente ‘normale’ alle associazioni nazionali e istituzionali, fino al presidente Napolitano, avanzano all’unisono, ormai da qualche tempo, alla classe politica.


Vale la pensa di segnalare, a questo proposito, la legge regionale n.13 emanata dall’Emilia Romagna, voluta fortemente da Matteo Richetti, Presidente dell’Assemblea legislativa e approvata dal Parlamento regionale il 23 dicembre 2010, negli stessi giorni in cui la proposta di legge nazionale veniva depositata. Nell’articolo 5 si prevede proprio l’abrogazione dell’istituto dell’assegno vitalizio regionale, a partire dal 1 gennaio 2011.


Affrontare la riforma del sistema pensionistico parlamentare proprio nel pieno della crisi potrebbe essere un passo importante anche verso l’abbassamento dei toni nello scontro tra politica e gente ‘normale’, che percepisce sempre più l’istituzione parlamentare come una ‘casta’ fatta di privilegi, portando a ridurre la distanza e la sfiducia verso il Parlamento e contribuendo a riaprire un dialogo costruttivo con tutti coloro che stanno aspettando di ritornare ad una Politica, con l’iniziale maiuscola.


 


 


                                                                                                    ALLEGATO 3


 


ItaliaOggi


Numero 084  pag. 2 del 9/4/2011


Pd, lavata di capo di Gerardo Bianco a Enrico Letta che vuol abolire il vitalizio


 


 di Franco Adriano 


http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1709350&codiciTestate=1


«Caro Enrico, sono davvero curioso di leggere la relazione che accompagnerà il tuo preannunciato progetto di legge sull'abolizione del vitalizio parlamentare e sulla regolamentazione delle primarie nella vita dei partiti». Appartengono allo stesso partito, il Pd, eppure il presidente dell'Associazione degli ex parlamentari, Gerardo Bianco, già segretario del Ppi da cui proviene anche Enrico Letta, non si è trattenuto dal fargli un clamoroso liscio e busso finora rimasto riservato.


 


La lettera risale a tre giorni fa ed ora è stata pubblicata anche sul sito internet dell'associazione. «In verità, mi è parsa abbastanza balzana l'idea di abbinare i due argomenti», attacca Bianco, «ma, a pensarci bene, forse un nesso c'è, ed è quello di concepire la nostra democrazia come un sistema politico per ricchi!» All'anziano leader democristiano non interessa tanto l'argomento delle primarie per le quali «non inganni la prima esperienza prodiana di offerta dell'obolo da parte dei votanti; la seconda ha già dimostrato che occorrono parecchie risorse economiche». E se diventassero obbligatorie per legge «saranno solo i paperoni o le loro “marionette” a giocarsi la partita». Ma è sul vitalizio che Bianco è sbottato: «Mi verrebbe da dire, tu quoque Henrice nella giostra del qualunquismo nostrano, senza un minimo di riflessione». Nella sua lunga lettera Jerry White spiega a Letta che il riconoscimento della indennità ai parlamentari ha la sua origine («antica, e a.C.») nel principio che tutti i cittadini possano accedere alla massima carica elettiva («ricchi o poveri che siano»). È una «garanzia» per evitare anche per il dopo mandato «la subordinazione ai corposi interessi di lobbies». «Da seniores». conclude Bianco, «potremmo, forse, offrire qualche utile suggerimento come abbiamo da tempo proposto, ma ci basta, comunque, che venga rispettata la nostra storia che, prima o poi, sarà anche la vostra, di persone che hanno inteso servire con passione l'Italia e non inseguire “privilegi” che tali non sono».


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                                                                                            ALLEGATO 4


 


LEGGE 20 maggio 1970, n. 300 Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attivitàsindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento. (GU n.131 del 27-5-1970 )    


 


                                                                                                    Art. 31.


 


(Aspettativa  dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali).


 


 I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre funzioni pubbliche


elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato.


 


 La  medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.


 


 I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria di cui al regio decreto-legge  4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed  integrazioni,  nonché a carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l'esonero.


 


Durante i periodi di aspettativa l'interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime.


 


Le  disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per il  trattamento di pensione e per malattia, in relazione all'attività espletata durante il periodo di aspettativa.


 


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                                                                                            ALLEGATO 5


Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27-12-1999


(Supplemento Ordinario n. 227)


LEGGE 23 dicembre 1999, n. 488


Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2000).


 


Art. 38 (Contributi pensionistici di lavoratori dipendenti che ricoprono cariche elettive e funzioni pubbliche)


1. I lavoratori dipendenti dei settori pubblico e privato, eletti membri del Parlamento nazionale, del Parlamento europeo o di assemblea regionale ovvero nominati a ricoprire funzioni pubbliche, che in ragione dell'elezione o della nomina maturino il diritto ad un vitalizio o ad un incremento della pensione loro spettante, sono tenuti a corrispondere l'equivalente dei contributi pensionistici, nella misura prevista dalla legislazione vigente, per la quota a carico del lavoratore, relativamente al periodo di aspettativa non retribuita loro concessa per lo svolgimento del mandato elettivo o della funzione pubblica. Il versamento delle relative somme, che sono deducibili dal reddito complessivo risultando ricomprese tra gli oneri di cui all'articolo 10,  comma 1, lettera e), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, deve essere effettuato alla amministrazione dell'organo elettivo o di quello di appartenenza in virtù della nomina, che provvederà a riversarle al fondo dell'ente previdenziale di appartenenza.


 


2. Le somme di cui al comma 1 sono dovute con riferimento ai contributi relativi ai ratei di pensione che maturano a decorrere dal 1° gennaio 2000.


 


3. I lavoratori dipendenti di cui al comma 1, qualora non intendano avvalersi della facoltà di accreditamento dei contributi di cui al comma 1 medesimo secondo le modalità previste dall'articolo 3 comma 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 e successive modificazioni, non effettuano i versamenti relativi.


 


4. I soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 564 del 1996, che non hanno presentato la domanda di accredito della contribuzione figurativa per i periodi anteriori al 31 dicembre 1998 secondo le modalità previste dal comma 3, articolo 3, del decreto legislativo, 16 settembre 1996, n. 564 e successive modificazioni, possono esercitare tale facoltà entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.


 


5. A decorrere dal 1o gennaio 2000 il diritto agli sgravi contributivi previsti all'articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978 n. 218 e successive modificazioni e integrazioni è riconosciuto alle aziende che operano nei territori individuati ai sensi dello stesso articolo come successivamente modificato e integrato che impiegano lavoratori anche non residenti per le attività dagli stessi effettivamente svolte nei predetti territori.


6. La disposizione di cui al comma 5, si applica anche ai periodi contributivi antecedenti il 1° gennaio 2000 e alle situazioni pendenti alla stessa data; sono fatte salve le maggiori contribuzioni già versatee le situazioni oggetto di sentenze passate in giudicato.


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