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PENSIONI - PEREQUAZIONE AUTOMATICA SBILANCIATA

di Marco Perelli Ercolini
vice presidente vicario FederSPeV

Le aliquote di rivalutazione  non vengono applicate sulla singola fasce di pensione, ma rilevata l’entità della pensione, l’indice avviene sull’intero importo della pensione, cioè sul totale dell’assegno. Ciò può portare al paradosso che trattamenti di pensione più bassi possano godere di perequazione superiore a trattamenti di pensione più alti e che la scure fiscale che si applica su questi aumenti in base alla aliquota fiscale marginale, può abbassare non in senso progressivo, ma nel suo valore assoluto questo, peraltro molto ridicolo, aumento mensile inferiore alle somme delle dita della mano e dei piedi. Infatti non è chiaro se è prevista la norma di salvaguardia  in caso di passaggio nella fascia superiore  del minimo garantito del tetto di aumento previsto nella fascia superata.  


La perequazione automatica è il meccanismo che dovrebbe garantire nel tempo lo stesso potere di acquisto dei trattamenti economici della pensioni, intese come retribuzione differita, mediante una “contrattazione obbligatoria” tra ente previdenziale e lavoratore: il lavoratore durante tutta la vita lavorativa versa una determinata contribuzione e l’ente previdenziale si impegna a garantire al lavoratore nel post lavorativo raggiunta l’età pensionabile e una certa anzianità contributiva un vitalizio che dovrebbe mantenere nel tempo un certo valore economico.


Purtroppo la perequazione automatica dopo vari insulti di riforme ha perso la sua originaria prerogativa: inflazione reale del mercato molto differente rispetto alla inflazione rilevata dall’Istat,  indici scalari di rivalutazione sulle fasce di pensione cambiati, blocchi della rivalutazione adottata a più riprese e così via.


Nell’attualità, nella ricerca affannosa e insaziabile di soldi con l’ultima invenzione, anche nel tentativo di evitare censure di anticostituzionalità,  sono state cambiate le tabelle di applicazione degli indici rivalutativi per l’inflazione intercorsa nel 2013: sono state cambiate le fasce e i nuovi indici di rivalutazione  non si applicano sulla singola fasce di pensione, ma rilevata l’entità della pensione l’indice avviene sull’intero importo della pensione cioè sul totale dell’assegno. Ma ecco la illogicità applicare il 100% sui trattamenti di pensione sino a tre volte il minimo INPS può portare ad aumenti superiori rispetto all’applicazione del 90% sulle somme di pensione che oltrepassano le  tre volte il minimo INPS e così via anche per le altre fasce (a prescindere dal blocco totale per quei trattamenti superiori ai 2.972,6 euro lordi mensili)… ma c’è di più:  la scure fiscale che si applica su questi aumenti in base alla aliquota fiscale marginale può abbassare non in senso progressivo, ma nel suo valore assoluto questo peraltro molto ridicolo aumento mensile inferiore alle somme delle dita della mano e dei piedi.


Ma io mi chiedo…è vero questo distorto meccanismo?…mi sono sbagliato? (lo spero, ma ne dubito)…possono nel rispetto dello spirito della cosiddetta perequazione automatica delle pensioni i trattamenti perequativi non rispettare la progressività? Cioè una pensione di entità maggiore può avere aumenti inferiori a quelli adottati per i trattamenti più bassi? 


Ma con questo spirito di punire il risparmio e lo stimolo a guadagnare di più, si pensa di costruire il risanamento dell’economia?


29 ottobre 2013





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