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Un pianista racconta la biodiversità al pianoforte. Nel cd “Animale musicale” Michele Sganga interpreta la voce della natura

di Paola Pastacaldi

Ho ascoltato il pianista Michele Sganga quest’estate ad uno dei tre concerti del mattino de La Milanesiana, intitolati Il respiro della musica, nella bella sala delle Otto Colonne di Palazzo Reale. Era presente Paolo Terni, musicologo di vasta e raffinata sensibilità, a commentare o meglio illustrare questa suggestiva nicchia che può essere la Biodiversità al pianoforte, un’idea espressa attraverso una serie di composizioni di grandissimi e noti compositori, interpretati e incisi in un cd dal titolo filosofico, Animale musicale. Grazie a dodici brevi brani, piccoli gioielli che raccontano momenti zoologici e non solo, ascoltiamo l’interpretazione di autori che raccontano non tanto il suono onomatopeico di questi animali, ma la voce e l’emozione che essi rappresentano per l’ambiente e l’uomo. I brani descrivono come in un catalogo di racconti: una tartaruga, un piccolo asino bianco, dei pulcini nei loro gusci, uno stormo di uccelli e il Santo di Assisi, il volo del calabrone, il movimento degli insetti, ma anche dei fiabeschi pesci d’oro e un altrettanto fiabesco uccello profeta.


Si può davvero migliorare l’ascolto della musica, introducendo con somma semplicità un tema caro e vitale per l’uomo, come  quello dell’ambiente? Direi di sì ed è ciò che ha realizzato Michele Sganga, nato a Roma, diplomato in pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia, con studi di composizione, e una laurea in Lettere con una tesi su “L’orizzonte filosofico di Luigi Nono”, partendo anche dal presupposto che l’ascoltatore, spesso privo di riferimenti utili, rischia di affidarsi al solo piacere delle composizioni, restando insoddisfatto, perché non comprende fino in fondo quello che ascolta. I brani proposti sono di Jacques Ibert, Olivier Messiaen, Robert Schumann, Modest Musorskij, Franz Liszt, Nikolaj Korsakov, Claude Debussy e Aleksandr Nicolaevic Skrjabin.


“Il repertorio musicale legato alla natura è di una vastità che lascia senza parole. Il tema degli animali in musica è stato declinato in un catalogo infinito”, spiega Michele Sganga. “Numerosi compositori di ogni epoca hanno avvicinato l’immensa ricchezza delle specie naturali, quale fonte di ispirazione per l’arte dei suoni. Ne è nata una produzione sorprendente di linguaggi, stili, punti di vista per una gamma strumentale oltremodo varia, dal piccolo ensemble alla grande orchestra. Gli esempi di musica “bestiale” ispirati alla natura si  moltiplicano, ingrossando il catalogo che risulta interminabile”.


Ma si può scavare ancora una piccola nicchia dentro l’immensa armonia che lega natura, uomo e musica?


Michele Sganga è mosso da un’intenzione filosofica che nasce da una particolare sensibilità, l’amore per la natura e l’ambiente, anche nel suo aspetto scientifico, come racconterà più avanti.


“Ho cercato di raccontare e piegare i temi al solo pianoforte. Va da sé che quando c’è un’orchestra la proposta sia ricca di timbri, come in Pierino e il lupo di Sergej Prokofiev, dove le singole voci riflettono benissimo sul piano simbolico la biodiversità. Io ho cercato di creare un bestiario in musica, ho cercato un repertorio sugli animali, ma passando attraverso un messaggio, direi civico, il tema di una presa di coscienza e di responsabilità. Non volevo restare trincerato nel mondo classico, separato dal mondo presente. E’ ovvio che il mio lavoro è suonare, ma mi sono accorto che in questo modo le persone mi vengono incontro e il loro ascolto si fa più partecipe. Nel mio messaggio sull’ambiente cresce un avvicinamento alla musica”.


Michele Sganga riflette su quello che sta dicendo. Sta toccando confini molto delicati e non vuole essere frainteso, ma poi è sincero: “Affronto l’autore e il concerto come fossero un autore e un concerto pop. Penso a quelle persone che ascoltano i recital e dopo dicono: mi sembra bello, ma di musica classica non capisco nulla. Io credo che dovrebbero venire, invece, a questi concerti con la stessa carica di emozione che si ha andando ad altri concerti ”.


Non occorre fare nomi, possiamo farli noi, Jovanotti, Morandi, la Pausini? Svecchiare i recital, un annoso problema della musica classica. Michele Sganga sorride. La Sonata n. 10 di  Alexandr Skrjabin, per esempio, manifesta un guizzare nervoso nella descrizione di insetti primordiali e di misteriosi organismi. Emozionante e segreta, direi, senza saper spiegare il perché, la sonata apre porte ad un mondo sotterraneo.


“E’ il mio pezzo forte quella Sonata, uno degli ascolti del Novecento meno facili. Tuttavia, con la scusa del tema animalesco, io riesco a parlare con il pubblico, a proporgli l’ascolto di questo pezzo e a farlo amare. Ad esempio, racconto di come, a mio avviso, Skrjabin si comporti quasi da entomologo. A proposito di questa sonata, l’autore scrisse: “La mia decima è una sonata di insetti, gli insetti sono nati dal sole. Sono i baci del sole”. Lo fece in una lettera un anno prima di morire. E’ poi interessante scoprire come nella partitura musicale originale compaiono anche indicazioni utili all’esecutore quali “con esaltazione”, “con ebbrezza”, “luminoso”, “radioso”, “pulsante”, ma anche “spegnendosi”, “estinguendosi a poco a poco”, alludendo ad una decomposizione. Nella Sonata degli insetti pare, infatti, che la vita stessa vada consumandosi, per poi rigenerarsi, e nel microcosmo, infine, si riflette il macrocosmo. Non a caso Skrjabin era un musicista interessato a tematiche teosofiche e mistiche e tutto ciò ha avuto un esito rilevante nella sua musica”.


Come mai tanto interesse per la scienza ambientale?


“Mi viene da un hobby preciso. Sono un appassionato di scienze, leggo da anni riviste di divulgazione scientifica cui sono abbonato. Mi imbatto in approfondimenti e mi sono creato una mia visione del mondo. Riesco ad individuare quattro livelli di biodiversità. Il primo è quello degli esseri viventi, cioè la varietà di animali e di piante; il secondo è quello dell’interconnessione degli animali fra di loro e con l’ambiente, cioè gli ecosistemi; il terzo livello è quello culturale, l’incontro o lo scontro tra i popoli e le loro tradizioni. Infine, mi pare possibile individuare anche un quarto livello di tipo psicologico, ed è questo il terreno su cui i compositori del mio programma si interrogano e ci interrogano, proponendo una diversità di approcci alla natura. “La mia musica non è, quindi, una parata di animali; è caso mai il contrario di uno zoo. E non è nemmeno un bioparco, io desidero aprirle, le gabbie degli animali. Hanno molto da insegnare agli uomini e anche noi musicisti, in quanto uomini, siamo animali da osservare, perciò il titolo delle mie esecuzioni è Animale musicale. L’animale che io vorrei catturare siamo noi, noi stessi. Noi siamo animali musicali onnivori con un grande bisogno di biodiversità, anche e soprattutto nel senso culturale e psicologico”.


Stiamo pensando ai concerti che si trasformano in conferenza, alle chiacchierate col pubblico, alle guide all’ascolto. Mi sembra che siano formule efficaci.


“E’ vero, io uso la formula di parlare col pubblico. Cerco di parlare sul filo di ciò che sento, a volte prima, a volte dopo il pezzo. Scopro che così che le persone vengono incontro alla musica in modo diverso; immediatamente il pezzo piace”.


Lo ha spiegato benissimo e con grande garbo Paolo Terni all’ultima edizione de La Milanesiana, conservando la magia e la natura imprendibile della musica, come l’ha definita Ludovico Einaudi (ci sentiamo su questo punto di suggerire la lettura di due libri di Paolo Terni: Il respiro della musica e La melodia nascosta, entrambi di Bompiani). Michele Sganga continua a collaborare con Paolo Terni e insieme stanno riflettendo attorno ai temi del suo nuovo programma e prossimo cd, nel quale saranno proposte musiche di Franz Liszt.


“L’autore di Ile de feu (L’isola di fuoco), Olivier Messiaen, ha composto anche un Catalogue d’oiseaux (Catalogo d’uccelli) risultato di una vita intera dedicata all’ornitologia. Riteneva gli uccelli i migliori musicisti del mondo. Ma non si accontentò di una trascrizione onomatopeica del loro canto. Per esempio, il brano inserito nel mio cd è dedicato alle isole della Papuasia, un paesaggio ancestrale, tellurico, che sconvolgeva i visitatori, ed è del 1950. Nel mio cd ci sono anche altri brani paesaggistici, come Cloches à travers les feuilles di Claude Debussy, dove il suono delle campane richiama la presenza dell’uomo, si sente il respiro del vento e il paesaggio che accoglie gli animali. Oppure La lune descend sur le temple qui fut (La luna che cala sul tempio che fu), una suggestiva, quasi ipnotica, evocazione dell’astro notturno. Vede, ci sono due approcci al tema, quello onomatopeico e quello di chi cerca una connessione più profonda”.  


Ecco, è vero, l’ascolto della voce animale o della natura suggeriscono altre emozioni. Il raglio dell’asino in Le petit ane blanc, di Jacques Ibert, è un approccio all’acquerello. Ascoltare il brano di Franz Liszt, St. Francois d’Asissi. La prédication aux oiseaux, dedicato alla leggenda del Santo che predica agli uccelli  forse aiuta a capire meglio quello di cui stiamo parlando, non solo e non tanto la voce degli uccelli, ma la voce, il messaggio umano e divino di Francesco, in un intreccio di diverse identità biologiche. Sulla stessa linea si colloca il profetico messaggio del brano di Robert Schumann, Vogel als Prophet.


Michele Sganga aggiunge: “Vede, Franz Liszt in questo brano  ripercorre letteralmente il testo dei Fioretti, il numero 16, dal caos del canto degli uccelli al Santo che riesce a catturare la loro attenzione e dialogare con loro”.


Riascoltiamo il pezzo di Modest Musorgskij, dai Quadri di una esposizione, Il balletto dei pulcini nei loro gusci, poi il celebre Volo del calabrone nella trascrizione di Sergej Rachmaninov, da La favola dello zar Saltan di Rimskij Korsakov, quando il protagonista viene trasformato in un insetto. Si materializza qualcosa nell’ascolto, che va oltre il soggetto materiale della musica, quello che dà il titolo ai brani animali, e che riguarda un amore antico, un sogno. L’armonia della biodiversità nella vita odierna, ormai perduta per forza di cose, perché soffocata dall’inquinamento, viene miracolosamente ritrovata.


“Pensare alla biodiversità grazie al pianoforte – sottolinea Michele Sganga nel libretto di introduzione al cd – può essere una emozione indimenticabile e una provocazione, affinché non si perda il senso di quel dono musicale che è la vita stessa, per l’uomo come per gli animali”.


 


Titolo: Animale Musicale. Biodiversità al Pianoforte


Produzione: Sonicview 2011


Artista: Michele Sganga (piano)


Etichetta/Distribuzione: Sonicview/Officina della Musica


Vedi: http://www.sonicview.it/?p=836


 


 


 






















 



 



 



 



 


 


 





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