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Stampa

Elezione 2010. ORDINE GIORNALISTI LOMBARDIA
Franco Abruzzo spiega perché
è disponibile a riassumere
la presidenza dell’Ordine di Milano:
“Chiedo ai colleghi di dare
un’occhiata alle biografie
dei candidati e a quello che hanno fatto
nella professione e negli
incarichi finora ricoperti.
Da 35 anni, memore della lezione
di Walter Tobagi, mi batto da una
sola parte: quella di una
professione onesta e pulita
al servizio dei cittadini.
Facciamo vincere questa linea”

In 11 punti i problemi che condizionano il “mestiere” e la sua libertà: “Servono consiglieri competenti e preparati. Sono pronto a fare la mia parte con la passione e l’entusiasmo ben noti ai colleghi lombardi. Bisogna difendere l’istituto del praticantato d’ufficio, che, con la mia presidenza 1989/2007, ha consentito ad almeno 4.000 cittadini di ritrovare una dignità professionale negata dagli editori (con il sindacato silenzioso). Qualcuno mi ha accusato di ‘calvinismo’. Ne vado fiero. Nel 2008 il Cdr del Corriere della Sera ha scoperto il peso crescente dell’Ufficio Marketing nella fattura del giornale e dei periodici del Gruppo. Il Consiglio dell’Ordine di Milano ha richiamato ripetutamente l’attenzione dei giornalisti lombardi sull’argomento a partire dalla delibera del novembre 1986, che poi ha ispirato nel 1988 la stesura dell’articolo 44 del Cnlg. Fummo profeti inascoltati. Il mio programma sul punto è chiaro: senza il rispetto delle regole deontologiche il giornalismo è destinato a morire. La vigilanza del Consiglio deve esser ferrea. I Cdr, invece, devono segnalare al Consiglio tutti gli abusi contrattuali (penso anche al mobbing) di cui vengono a conoscenza. Tacere aiuta gli editori spregiudicati e mortifica soprattutto i colleghi deboli e precari, i freelance e i collaboratori. L’Ordine avrà in futuro un ruolo eminente con l’istituzione al suo interno della figura del ‘ Mediatore’ nelle controversie civili”.

di Franco Abruzzo

Milano, 7 maggio 2010. Il 26 aprile ho deciso di scendere in campo per combattere l'ultima battaglia “per rimettere al centro dei giochi il valore dell'informazione, valore che ci è stato ‘scippato’ da un management editoriale senza cultura (sensibile solo al differenziale a breve delle trimestrali) e da un ceto di pubblicitari (concessionarie e centri media) che considerano il lettore solo come un consumatore da imbonire”. 41 giornalisti professionisti e pubblicisti hanno raccolto il mio appello. Così è nata la  “squadra” e la “LISTA CIVICA INDIPENDENTE”: 42 giornalisti, che intendono scacciare  dalle istituzioni coloro che usano le istituzioni per fini  inconfessabili.  Ordine ed Fnsi sono realtà diverse e hanno funzioni diverse. L’Ordine cura la disciplina deontologica e la legalità deontologica nonché le iscrizioni all’Albo, difendendo la libertà  dei cronisti. Oggi il potere riduce e taglia i contributi all’editoria, mentre in Parlamento avanza una  normativa, che, se approvata, limiterà il diritto di raccontare ai cittadini quello che accade nei  “Palazzi” dove il potere viene esercitato. Anche il diritto dei cittadini a conoscere ne risulterà fortemente indebolito. La Fnsi e le sue strutture regionali devono occuparsi del contratto e delle condizioni materiali degli iscritti. Oggi assistiamo a una invasione  di campo. Il sindacato condiziona il futuro dell’Ordine scegliendone i futuri dirigenti. Nel contempo sta applicando malamente il contratto, firmando a gogò stati di crisi di aziende, che magari  presentano bilanci  con  utili consistenti (è il caso della Mondadori).


Ho pubblicato e fatto conoscere il programma della “LISTA CIVICA INDIPENDENTE” (in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5605). A quel documento voglio aggiungere 11 punti di riflessione, che costituiscono argomenti che dovrebbero essere sviluppati dal futuro Consiglio dell’Ordine:


1.                              L’uso smodato dei collaboratori a discapito dei redattori interni. Questo problema, che avrebbe dovuto risolversi con i prepensionamenti, invece, si è acuito. I collaboratori assidui devono essere assunti almeno con l’art 2 Cnlg;


2.                               L’uso di collaboratori esterni con funzioni di direzione o di vicedirezione, pagati a partita Iva;


 


3.                              L’uso di collaboratori da casa con computer collegato all’azienda con pagamenti come bolletta del telefono, ristoranti, taxi e altro in modo da non risultare come collaboratori. Non pagano così nemmeno l’Inpgi 2.  Anche questi collaboratori devono essere assunti almeno con l’art 2 Cnlg;


4.                               Contratti interinali, che vengono disdetti proprio pochi giorni prima del periodo in base al quale, per  legge, i giovani hanno diritto all’assunzione. Vengono mandati a casa e dopo un anno, magari, vengono richiamati sempre con contratti interinali;


5.                               Tutto questo genera una debolezza della categoria, che, essendo totalmente nelle mani delle case editrici, è purtroppo in alcuni casi  disposta a tutto pur di sopravvivere;


6.                                Preoccupano il problema della commistione pubblicità-informazione e il potere crescente rappresentato dagli interessi degli azionisti/proprietari delle diverse aziende editoriali. I giornalisti vengono chiamati sempre più spesso a combattere battaglie per “conto terzi”. Un esempio. Dal “capo” di  un magazine  è stato chiesto a un redattore non di raccontare i fatti, ma di “uccidere” un personaggio. Come un killer. Si parla bene di alcuni azionisti  e dei poteri economici/bancari/industriali allineati. E così via…. Che fare? Come arginare tali pericoli? Fra il 1989 e il 2007 l’Ordine di Milano,  ha frenato diversi tentativi di palese corruzione dei giornalisti. La vigilanza su questo punto dovrebbe essere di livello “calvinista”.


7.                              Rafforzare l’insegnamento  della deontologia professionale e battersi perché sia affermata la responsabilità delle aziende per fatti che riguardano le violazioni deontologiche.


8.                               Impedire, ex art. 44 Cnlg,  ai  Pr di scrivere articoli sui giornali se  non con la pubblicazione di tutti i dati identificativi in modo tale che il lettore sappia che sta leggendo un pubbliredazionale. Questo discorso vale per la carta stampata,  per Internet, per la Tv,  per la radio e per  i social forum.


9.                               Per un po’ di anni ridurre il numero delle scuole di giornalismo a 5/7 in tutt’Italia. Il mercato è quello che è: non bisogna illudere i giovani.


10.                            E per chi vuole fare sindacato imporre regole deontologiche precise sulle incompatibilità.


11.                            Esercitare un controllo severo  sugli “abusi”  della libertà di stampa collegati alla violazione delle regole deontologiche.


Sono pronto a fare la mia parte con la passione e l’entusiasmo  ben noti ai colleghi lombardi. Bisogna difendere l’istituto del praticantato d’ufficio, che, con la mia presidenza 1989/2007, ha consentito ad almeno 4.000 cittadini di ritrovare una dignità professionale negata dagli editori  (con il sindacato silenzioso).  Qualcuno mi ha accusato di ‘calvinismo’. Ne vado fiero. Nel 2008 il Cdr del Corriere della Sera ha scoperto il peso crescente  dell’Ufficio Marketing nella fattura del giornale e dei periodici del Gruppo. Il Consiglio dell’Ordine di Milano ha richiamato ripetutamente l’attenzione dei giornalisti lombardi sull’argomento a partire dalla delibera del novembre 1986, che poi ha ispirato nel 1988 la stesura dell’articolo 44 del Cnlg. Fummo profeti inascoltati.  Il mio programma sul punto è chiaro: senza il rispetto delle regole deontologiche il giornalismo è destinato a  morire. La vigilanza del  Consiglio deve esser ferrea.  I Cdr, invece, devono segnalare al Consiglio tutti gli abusi contrattuali (penso anche al mobbing) di cui vengono a conoscenza. Tacere aiuta gli editori spregiudicati e mortifica soprattutto i colleghi deboli e precari, i freelance e i collaboratori. L’Ordine avrà in futuro un ruolo eminente con l’istituzione al suo interno  della figura del ‘ Mediatore’ nelle controversie civili”. 


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