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3. ACCESSO E FORMAZIONE.
Lettera a Franco Abruzzo.
Praticanti d’ufficio. Iacopino:
“Un atto di civiltà, una risposta
all’arroganza di editori (e
talvolta di direttori, capi
redattori e via scendendo
per li rami), un momento
di dignità in questo mestiere
che troppo spesso accetta
o subisce compromessi”.

Milano, 27 luglio 2009. Ricevo e volentieri pubblico questa lettera di Enzo Iacopino, consigliere segretario dell’Ordine nazionale dei Giornalisti.


Caro Franco, scrivo a te*, il primo praticante d’ufficio, per evitare che possa trovare spazio un equivoco che è nato perfino in un membro della “Toc toc tribù”, una collega, Anna, diventata professionista nella 90 sessione d’esami, la prima da quando sono segretario.


Ho bisogno di chiarire a chi non mi conosce che detesto ragionare per generi: i praticanti d’ufficio, quelli delle scuole, quelli tradizionali (merce rara questi ultimi).Considero la possibilità del riconoscimento del praticantato d’ufficio un atto di civiltà, una risposta all’arroganza di editori (e talvolta di direttori, capi redattori e via scendendo per li rami), un momento di dignità in questo mestiere che troppo spesso accetta o subisce compromessi.


Senza dimenticare le colpe delle aziende. Incurante delle conseguenze (per una esigenza morale) vogliamo parlare della Rai e dei fantasiosi contratti da programmista regista o autore testi applicati negli anni a decine di colleghi che fanno i giornalisti? Tipologie, prevengo l’obiezione, previste dalla normativa, sia chiaro. Solo che chi le subisce fa il giornalista, appunto, e non altro.  Il Consiglio nazionale dell’Ordine, possono testimoniarlo in tanti, ha reso giustizia a decine di colleghi, ai quali questo riconoscimento era stato negato dagli Ordini regionali, in base ad una interpretazione non condivisa o a una istruttoria non adeguata.


Ma il problema sono i tanti dei quali si sa poco. Nulla sulla preparazione e ancor meno del nulla sulle loro testate. Pratiche costruite con testimonianze di colleghi che sono una la fotocopia dell’altra, errori di scrittura compresi, predisposte dall’aspirante praticante lasciando in bianco solo lo spazio per il nome e la firma del teste.


Andrea Camporese e gli uffici dell’Inpgi mi odieranno. Ma proporrò in occasione del prossimo Consiglio nazionale dell’Ordine che vengano trasmessi all’Istituto di previdenza, per gli accertamenti necessari, tutti i dati in nostro possesso, acquisiti in occasione della presentazione delle domande d’esami. E chiederò che sistematicamente vengano inoltrate all’Inpgi tutte le delibere di riconoscimento di praticantato d’ufficio perché i suoi ispettori facciano quelle verifiche che l’Ordine non può (?) o non riesce a fare.


Sarà necessario che anche gli Ordini regionali, tutti perché ci sono quelli che meritoriamente sono da tempo su questa strada, ci trasmettano ben più di un nome legato al riconoscimento di un diritto e ci forniscano, invece, elementi di conoscenza indispensabili per poter avere un effettivo quadro nazionale della situazione.


Quando sono stato eletto segretario, Franco,  avevo stabilito alcuni obiettivi per me. Il primo: eliminare quella vergogna della macchina per scrivere agli esami professionali, nel 2007. Il secondo: verificare che le scuole fossero davvero tali e non finzioni per appagare la vanità di questo o quel docente, accademico o giornalista che fosse. Ce n’erano altri, dei quali ti (vi) faccio grazia.


Ora assumo un impegno. Da troppo tempo sento fare battute e battutine sui praticantati d’ufficio, con tanto di riferimenti geografici. Un presidente di un Ordine, pochi giorni fa, mi segnalava singolari migrazioni dal Lazio di aspiranti pubblicisti in fuga dal colloquio valutativo meritoriamente inserito per iniziativa del presidente Bruno Tucci e del suo Consiglio. Ma migrazioni analoghe ci sarebbero state anche per aspiranti praticanti d’ufficio. Abbiamo il dovere morale di fare quest’azione di verifica per la quale occorre, è indispensabile, la collaborazione degli Ordini regionali che spero non la negheranno. Qualcuno giorni fa ironizzava su questi miei richiami alla moralità, dimenticando il suo passato “rivoluzionario” in Sicilia per giustificare i compromessi, le vergogne, che voleva fossero condivisi dall’Ordine. Non ci sarò su questa strada. Non l’ho mai percorsa e nulla mi tenterà a farlo. Abbiamo il dovere di rendere tutto chiaro, trasparente, cristallino a tutte le latitudini. Dobbiamo farlo per i ragazzi delle scuole, per quelli che sfruttati cercano un praticantato d’ufficio, per quanti si ostinano a voler fare questo nostro mestiere avaro di gratificazioni d’ogni natura.  E dobbiamo farlo, consentimelo, per poter avere rispetto di noi stessi.


Enzo Iacopino - Consigliere segrtario dell’Ordine nazionale


* Prometto di non infastidirti, almeno per un po’. 


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RISPOSTA (vecchia di 24 ore) di FRANCO ABRUZZO


Franco Abruzzo a Enzo Iacopino. “Le istanze di praticantato d’ufficio sono anche denunce di evasione fiscale  e previdenziale. Perché non vengono trasmesse all’Ispettorato del Lavoro, all’Ispettorato Inpgi e alle Procure della Repubblica?. Solo così si può bloccare il malcostume  delle delibere compiacenti di praticantato d’ufficio. Gli Ordini regionali sono enti pubblici non economici e i dirigenti sono pubblici  ufficiali tenuti, ex art. 331  Cpp, a denunciare alla Procura i fatti-reato. Il  Consiglio nazionale deve richiamare i presidenti regionali ai loro doveri e chiedere alle Procure generali di vigilare sulle delibere di praticantato d’ufficio. Durante la mia  presidenza, le delibere (dell’Ordine di Milano)  di praticantato d’ufficio venivano contestualmente  trasmesse: a) all’Ordine nazionale; b) alla Procura generale; c) all’Ispettorato provinciale del Lavoro; d) all’Ispettorato Inpgi.  In una riunione al Cnog  mi fu rimproverato di far spendere in raccomandate troppi soldi all’Ordine di Milano. Io denunciavo i fatti ex post, ma nulla vieta che si  agisca ex ante”.


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Testo in: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=4130


2. ACCESSO E FORMAZIONE.


Enzo Iacopino scrive a Franco Abruzzo: “Non sono


le scuole a produrre troppi  giornalisti, ma gli Ordini regionali


con i praticanti d’ufficio”. Abruzzo. “D’accordo,


ma le istanze di praticantato d’ufficio sono denunce di evasione


fiscale e previdenziale. Perché non vengono trasmesse


all’Ispettorato del Lavoro all’Ispettorato Inpgi e alle Procure della Repubblica?”.


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Testo in: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=4128


1. ACCESSO E FORMAZIONE.


Michele Partipilo scrive a Franco Abruzzo:


“Le scuole di giornalismo non hanno creato


la crisi occupazionale”. Replica di Abruzzo: “La


crisi è figlia del calo drammatico delle entrate


pubblicitarie e diffusionali. Gli allievi sono le vittime


d’una situazione senza sbocchi”.


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