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L'INPGI HA NEGATO L'ACCESSO, MA LA DIREZIONE PREVIDENZA DEL MINISTERO DEL LAVORO HA MESSO A DISPOSIZIONE DEL PRESIDENTE DELL'UNPIT, FRANCO ABRUZZO, LE NOTE NN. 36/1944 E 36/1945 (compresi i pareri correlati del Ministero dell'Economia) CON LE QUALI IL 20 FEBBRAIO SONO STATE APPROVATE IN PARTE O IN TUTTO LE DELIBERE nn. 62 E 63/2016 DELL'ISTITUTO SULLA RIFORMA REGOLAMENTARE E SUL PRELIEVO A CARICO DEI GIORNALISTI PENSIONATI. LE NOTE VENGONO SUBITO MESSE A DISPOSIZIONE (soo in allegato) DEI PENSIONATI PERCHÉ SE NE AVVALGANO IN SEDE GIUDIZIARIA EX ARTT. 23 E 24 DELLA COSTITUZIONE.
INPGI - Pubblichiamo le massime della Cassazione e degli insegnamenti della Corte costituzionale che avrebbero dovuto sbarrare la strada al varo del prelievo (sotto forma di "contributo straordinario") sulle pensioni dei giornalisti deliberato dal CdA dell'Istituto e approvato dal Ministero del Lavoro il 20.2.2017 (con Nota n. 36/1945) di concerto (ma non d'intesa) con il Ministero dell'Economia. Il Ministero del Lavoro - errore madornale - ha dimenticato che il prelievo è un tributo (sentenze 116 e 304/2013 della Consulta). Un tributo può essere istituito (ex art. 23 della Costituzione) solo dal Parlamento: "Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge". Il Cda dell'Inpgi, - quando ha deciso (con la delibera n. 63 del 28.9.2016) di mettere le mani nella tasche di suoi iscritti in quiescenza -, ha sostenuto "di aver tenuto conto sia degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione sia dei principi e delle argomentazioni espresse al riguardo dalla Corte costituzionale nella sentenza 173/2016". Ma non è così. Basta confrontare la documentazione prodotta qui sotto con la citata Nota n. 36/1945 del Ministero del Lavoro che pubblichiamo (con la Nota 36/1944 che ratifica la riforma) e alla quale è allegato il parere di segno opposto del Ragioniere generale dello Stato (che opera nell'ambito del Ministero dell'Economia). Per quanto riguarda il contributo straordinario, il Ragioniere generale dello Stato "rinvia alla valutazione di codesto Dicastero (il Lavoro, ndr) riguardo la legittimità del provvedimento alla luce della criticità presentate, per l'analoga contribuzione istituita con la delibera n. 24 del 27 luglio 2015, nella nota n. 1379 indirizzata all'Inpgi il 2 febbraio 2016". Quel "NO" al prelievo è racchiuso nel punto 3 di questo documento. Le due NOTE del LAVORO con i pareri del MEF sono in allegato (clicca in alto o in basso per scaricare i documenti).

Ricerca e note critiche di Franco Abruzzo/presidente di Unpit

1) 20.2.2017. Il Ministero del Lavoro approva la riforma regolamentare (Nota 36/1944) e il provvedimento che introduce il prelievo sotto forma di  "contributo straordinario" (Nota n. 36/1945)  sulle pensioni dei giornalisti. Nel comunicato Inpgi del 21.2.2017 (in http://www.inpgi.it/?q=node/1519) si legge: "Nel contempo, è stata approvata l’introduzione di un contributo di solidarietà da applicare, in via temporanea e per la durata di 3 anni, a tutti i trattamenti di pensione erogati dall’Inpgi con importo pari o superiore a  38.000,00 euro lordi annui, con percentuali crescenti in base alle diverse fasce reddituali. I Ministeri, in particolare, hanno sottolineato come tale misura costituisca – in adesione ai criteri esposti in proposito dalla Corte Costituzionale – una efficace attuazione del principio di equità intergenerazionale posto alla base dei sistemi previdenziali". Il contributo è previsto dalla delibera Inpgi n. 63/2016 che  si può leggere in http://www.inpgi.it/sites/default/files/INPGI-Delibera%20n%2063_2016%20-%20Istituzione%20del%20contributo%20di%20solidariet%C3%A0.pdf . Il prelievo è approvato dal Ministero del Lavoro per via amministrativa con la Nota 36/1945 (del 20/2/2017). Il prelievo è un tributo (leggere sul punto le sentenze 116 e 304/2013 della Corte costituzionale) che può essere istituito (ex art. 23 della Carta fondamentale) solo dal Parlamento: "Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge".


Il prelievo forzoso consentirà all'Inpgi di risparmiare circa 19 milioni di euro nel triennio fino al 31 dicembre 2019 - cioè 6 milioni e 333 mila euro l'anno. Vi sarebbero obbligati 6.554 giornalisti pensionati: il che significa un prelievo forzoso individuale medio di 960 euro lordi annui, cioè 80,5 euro lordi al mese. La manovra è articolata in scaglioni con aliquote percentuali diverse in base all'importo lordo della pensione. Eccoli:


 - fino a 37.999 euro lordi annui: nessun prelievo. Sono così esonerati 2.756 giornalisti pensionati.


 - da 38 mila a 56.999 euro lordi (ne sono interessati 2.065 pensionati): prelievo forzoso dell'1%, variabile da un minimo di 0,1 ad un massimo di 189,9 euro lordi annui (15,8 euro lordi mese).


 - da 57 mila a 74.999 euro lordi (ne sono interessati 2.034 pensionati): prelievo forzoso del 2%, variabile da un minimo di 190 euro lordi annui (15,8 euro lordi mese) ad un massimo di 549,7 euro lordi annui (45,8 euro lordi mese).


 - da 75 mila a 109.999 euro lordi (ne sono interessati 2.024 pensionati): prelievo forzoso del 5%, variabile da un minimo di 550 euro lordi annui (45,8 euro lordi mese) ad un massimo di 2.299,2 euro lordi annui (191,6 euro lordi mese).


 - da 110 mila a 149.999 euro lordi (ne sono interessati 326 pensionati): prelievo forzoso del 10%, variabile da un minimo di 2.300 euro lordi annui (191,6 euro lordi mese) ad un massimo di 6.299,1 euro lordi annui (524,9 euro lordi mese).


 - da 150 mila a 199.999 euro lordi (ne sono interessati 70 pensionati): prelievo forzoso del 15%, variabile da un minimo di 6.300 euro lordi annui (525 euro lordi mese) ad un massimo di 13.797,4 euro lordi annui (1.150 euro lordi mese).


 - oltre 200 mila euro lordi (ne sono interessati 35 pensionati): prelievo forzoso del 20% variabile da un minimo di 13.797,4 euro lordi annui (1.150 euro lordi mese) ad un massimo di 52.300 euro lordi annui (4.358 euro lordi mese).   (La Nota 20/2/2017 n. 36/1945 del Ministro del Lavoro di concerto con il collega dell'Economia è stata illustrata dal dg dell'Inpgi in https://inpginotizie.it/index.php/2017/02/21/nota-tecnico-illustrativa-del-direttore-generale/ ).


2) il contributo di solidarietà è stato introdotto per via amministrativa con la Nota n. 36/1945 (del 20/2/2017) del ministro vigilante del Lavoro. Le Casse  non hanno poteri parlamentari. La Cassazione ha bocciato il prelievo imposto per via amministrativa dalle Casse dei dottori commercialisti e dei ragionieri. Gli atti amministrativi (le Note dei ministeri vigilanti) per di più sfuggono allo scrutinio della Corte costituzionale (vedi ordinanza  n. 254/2016 della stessa Corte costituzionale). Si può dire che la "tecnica normativa secondaria" utilizzata dall'Inpgi e dai Ministeri vigilanti è stata costruita appositamente per sfuggire alla valutazione della Consulta (vedi ordinanza della Consulta stessa n. 254/2016).


3) Le leggi 1564/1951 (“Rubinacci”) e 1122/1955  (“Vigorelli”) in sostanza dicono  che  “la previdenza e l’assistenza, fornite dall’Inpgi, sostituiscono a tutti gli effetti,  nei confronti dei giornalisti, le corrispondenti forme di previdenza e  di assistenza obbligatorie” e che “all’Inpgi si applicano tutti i benefici, privilegi  ed esenzioni tributarie previsti per l’Inps” nonché “le disposizione di legge o di regolamento vigenti per le  corrispondenti forme  di previdenza e di assistenza sociale delle quali  quelle gestite dall’Istituto sono sostitutive”. L’articolo 26 della legge 67/1987 ripete che l’Inpgi “gestisce  in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti”. Dice il comma 4 dell’articolo 76 della legge 388/2000: “Le forme  previdenziali gestite dall’Inpgi devono essere coordinate con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sia generali che sostitutive”. In sostanza l’Inpgi deve coordinare (con delibere ad hoc) le sue decisioni con le norme che  regolano le prestazioni fornite dall’Inps. Su questa linea si muove la Nota 2.2.2016 n. 36/1379 del Ministero del Lavoro scritta di concerto con il Ministero dell'Economia: "E'  rimesso alle scelte responsabili di efficace gestione degli Organi di codesto Istituto considerare la possibilità dì armonizzare il proprio ordinamento previdenziale al sistema generale, adottando le opportune soluzioni..." (in http://riformagiornalisti.it/files/2016/02/nota-ministero.pdf).


Accade, però, che sui pensionati Inps non gravi alcun prelievo di solidarietà. Il principio dell'uguaglianza è stato dimenticato dall'Inpgi e dai Ministeri vigilanti del Lavoro e  dell'Economia (nonché dalla Fnsi che governa la Fondazione con la Fieg). I giornalisti pensionati  sono stati discriminati rispetto a tutti gli altri pensionati (Inps e Casse) che non subiranno tagli ai loro assegni. L'uguaglianza di trattamento è un cardine fondamentale del sistema costituzionale italiano. Epure la normativa (art. 76 della legge 388/2000) impone all'Inpgi di adeguarsi, con delibere ad hoc, a quella dell'Inps. Sul punto soccorre la  sentenza n. 437/2002 della Corte costituzionale: "E’, infatti, da osservare anzitutto che il perseguimento dell’obiettivo tendenziale dell’equilibrio di bilancio non può essere assicurato da parte degli enti previdenziali delle categorie professionali  con il ricorso ad una normativa che, trattando in modo ingiustificatamente diverso situazioni sostanzialmente uguali, si traduce in una violazione dell’art. 3 della Costituzione".  Nella sentenza n. 275/2016 della Corte Costituzionale si legge un assunto clamoroso: "I diritti incomprimibili dei cittadini vengono prima del pareggio di bilancio". Fra i diritti incomprimibili figura la pensione (artt. 36 e 38 Cost.). L'autonomia delle Casse, quindi, si  ferma e arretra davanti al muro dei diritti fondamentali dei cittadini pensionati.


I Ministeri dell'Economia e del Lavoro (con la citata Nota 2.2.2016 n. 36/1379 in http://riformagiornalisti.it/files/2016/02/nota-ministero.pdf) hanno già bocciato il prelievo sulle pensioni dei giornalisti previsto dalla delibera n. 24 del 27 luglio 2015: "Con riferimento all'istituzione del contributo straordinario per il riequilibrio finanziario - sebbene possa essere ritenuto uno degli "strumenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico", così come previsti dalla normativa di settore, cioè l'art. 2, comma 2, del d. lgs n. 509/1994 - si ritiene di porre in evidenza, sotto un profilo di legittimità, che, in quanto imposto da un atto non avente forza di legge che incide su pensioni già maturate e in pagamento (c.d. diritti acquisiti), nonché al di sotto della soglia di salvaguardia posta dall'attuale normativa (14 volte il trattamento minimo Inps) espone l'Ente ad un probabile contenzioso dagli esiti molto incerti. Ciò anche alla luce delle numerose pronunce contrarie della Corte di Cassazione in relazione ad analoghe iniziative adottate da altri enti previdenziali di diritto privato. Pertanto, tale particolare misura potrebbe comportare per l'INPGI, in definitiva, addirittura maggiori oneri nel prossimo futuro a fronte di una disponibilità di risorse, nell'immediato, per altro non quantificate e presumibilmente esigue". Questo passaggio virgolettato è richiamato (in sede di concerto) dal Ragioniere generale dello Stato nella sua Nota 27.1.2017 (prot n. 15917) indirizzata al Ministero del Lavoro.  Per quanto riguarda il contributo straordinario, il Ragioniere generale dello Stato   "rinvia alla valutazione di codesto Dicastero (il Lavoro, ndr) riguardo la legittimità del provvedimento alla luce della criticità presentate, per l'analoga contribuzione istituita con la delibera n. 24 del 27 luglio 2015, nella nota n. 1379 indirizzata all'Inpgi il 2 febbraio 2016". La Ragioneria generale dello Stato è un Dipartimento del Ministero dell'Economia e delle Finanze.


Del contributo straordinario si parla anche nella Nota 36/1944 dedicata alla riforma regolamentare dell'Inpgi: "In merito al contributo straordinario, oggetto della delibera del CdA n. 63/2016, va segnalato come le valutazioni, per essere apprezzate, avrebbero dovuto essere poste in evidenza separata. Tuttavia, nella nota di trasmissione della medesima, l'INPGI precisa che "[. . .] l'impatto economico stimato sul bilancio dell'ente è di circa 6 milioni di euro l'anno [. . .]" il quale, applicato solo per i primi 3 anni, non  sembra influire in modo sostanziale sulla situazione di equilibrio attestata dal bilancio tecnico al 2015. Benché le proiezioni indichino un miglioramento dell'equilibrio di lungo periodo, si evidenzìa che la gestione non soddisfa i requisiti dl stabilità imposti dalla normativa in materia, presentando ancora preoccupanti elementi di squilibrio gestionale a partire dal primo anno di simulazione:


-i saldi, previdenziale e totale, permangono negativi per più di un ventennio;


- il patrimonio, benché positivo, non garantisce la copertura della riserva corrente per i primi 35 anni di proiezione". 


4) é, forse, sfuggita una riga decisiva della sentenza n. 173/2016 della Corte costituzionale che ha ritenuto legittimo il taglio di tutte le pensioni - comprese quelle Inpgi - oltre 91mila 250 euro per il triennio 2014-2016? Come é arcinoto le sentenze vanno lette nella loro interezza senza interpretazioni di comodo o di parte. Ebbene i giudici della Consulta hanno ritenuto legittima la "legge Letta" (n. 147/2013, legge di stabilità per il 2014), in quanto "il contributo di solidarietà é stato considerato come una misura contingente, straordinaria e temporalmente circoscritta, cioé una tantum". Il governo Renzi e il governo Gentiloni hanno poi puntualmente rispettato alla lettera il verdetto dell'Alta Corte, rinunciando all'approvazione di un'eventuale proroga del taglio. Di conseguenza il taglio delle pensioni previsto dalla "legge Letta" é definitivamente terminato il 31 dicembre 2016. Viceversa i circa 1.400 giornalisti (su 6.927) titolari di pensioni Inpgi superiori ai 91mila 250 euro lordi l'anno si sono visti prorogare il taglio delle loro rendite per altri 3 anni fino al febbraio 2020 e addirittura in misura maggiore di quanto già previsto dalla "legge Letta". E' la conseguenza dell'approvazione della riforma dell'Inpgi da parte del Ministero vigilante del Lavoro. Eppure l'estensore della Nota 36/1945 cita l'espressione "una tantum" senza trarne le conseguenze logico-giuridiche ma sostenendo che il prelievo "Letta" ha una natura giuridica diversa (!!!) rispetto a quello varato dal Cda dell'Inpgi "non avente forza di legge". Ci si chiede:


A) questo nuovo taglio é davvero in linea con la sentenza n. 173/2016 della Corte Costituzionale, visto che complessivamente durerà 6 anni, anziché 3 come per gli altri pensionati italiani a parità di reddito? Può l'Inpgi decidere  in autonomia di prolungare di ulteriori tre anni per i soli giornalisti i "prelievi" già decisi per tutti con la legge 147/2013 (e che già la Consulta con la sentenza n. 173 del 2016 ha previsto essere improrogabili, essendo requisito di costituzionalità del prelievo il loro essere misura "contingente, straordinaria e temporalmente circoscritta, cioè una tantum")?


B) essendo l'Inpgi l'unico ente previdenziale privatizzato sostitutivo dell'Inps, é sufficiente una Nota interministeriale per reintrodurre il taglio delle pensioni o era, invece, e a maggior ragione necessaria una legge?


5) PENSIONI PIU' ELEVATE. CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ.  DEPOSITATA LA SENTENZA 5 LUGLIO 2016 N. 173. CORTE COSTITUZIONALE:  "IL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA' NON INSOSTENIBILE ANCHE SE COMPORTA SACRIFICI". ''L''INTERVENTO LEGISLATIVO NEL SUO PORSI COME MISURA CONTINGENTE, STRAORDINARIA E TEMPORALMENTE CIRCOSCRITTA SUPERA LO SCRUTINIO ''STRETTO'' DI COSTITUZIONALITÀ". "IL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ, PER SUPERARE LO SCRUTINIO ''STRETTO'' DI COSTITUZIONALITÀ, DEVE OPERARE ALL''INTERNO DEL COMPLESSIVO SISTEMA DELLA PREVIDENZA; ESSERE IMPOSTO DALLA CRISI CONTINGENTE E GRAVE DEL SISTEMA; INCIDERE SULLE PENSIONI PIÙ ELEVATE (IN RAPPORTO ALLE PENSIONI MINIME); PRESENTARSI COME PRELIEVO SOSTENIBILE; RISPETTARE IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ; ESSERE COMUNQUE UTILIZZATO COME MISURA UNA TANTUM". "UN CONTRIBUTO SULLE PENSIONI COSTITUISCE, PERÒ, UNA MISURA DEL TUTTO ECCEZIONALE, NEL SENSO CHE NON PUÒ ESSERE RIPETITIVO E TRADURSI IN UN MECCANISMO DI ALIMENTAZIONE DEL SISTEMA DI PREVIDENZA". LA CORTE HA RITENUTO LEGITTIMA ANCHE LA NORMA SULLA RIVALUTAZIONE DECRESCENTE DEGLI ASSEGNI.   IN CODA LA CONSULTA SPIEGA LA SUA SENTENZA. IN ALLEGATO IL TESTO DELLA SENTENZA (SCARICABILE CLICCANDO IN ALTO O IN BASSO). - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=21256


6)  Sentenza 275/2016 della Corte Costituzionale: i diritti "incomprimibili" dei cittadini vengono prima del pareggio di bilancio (art. 81 Cost.). Risolta una controversia fra Regione Abruzzo e Provincia di Pescara: non devono venire meno i servizi agli studenti disabili a causa delle politiche di austerity. "E'  la  garanzia  dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e  non  l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione".  E' una sentenza di grande rilievo che mette in secondo piano i vincoli dell'articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio (imposto dalla Ue al Governo Monti) rispetto ai diritti fondamentali dei cittadini. E TRA QUESTI DIRITTI FONDAMENTALI CI SONO ANCHE IL DIRITTO ALLA PENSIONE  (artt. 36 e  38 Cost.) E IL DIRITTO ALLA PEREQUAZIONE  ANNUALE DELLE PENSIONI (EX SENTENZA 70/2015 DELLA CONSULTA). - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=22341


7) Cassazione civile/Sentenza 26102/14. Casse: stop al prelievo di solidarietà. Illegittimo il contributo di solidarietà imposto ai pensionati della Cassa dottori commercialisti per il periodo 2009/2013. Un regolamento non può incidere sui diritti acquisiti e tagliare i trattamenti in essere. - di Maria Carla De Cesari/www.ilsole24ore.com -12.12.2014 – TESTO IN- TESTO IN  http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=16359


.CASSAZIONE. STOP AI PRELIEVI DI SOLIDARIETÀ IMPOSTI AI COMMERCIALISTI IN PENSIONE!  (in http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_17189.asp) - I contributi di solidarietà introdotti d'imperio dagli Enti previdenziali privati per moderare le pensioni più alte e far quadrare l'equilibrio finanziario, proprio non piacciono alla Suprema Corte. La sentenza n. 26102/2014, depositata l'11 dicembre scorso, ha infatti giudicato illegittimo il prelievo di solidarietà per il quinquennio 2009/2013 imposto ai pensionati della Cassa dei Dottori Commercialisti, per contrarietà al principio di ragionevolezza e di tutela dell'affidamento. Come già affermato nelle sentenze nn. 11792/2005, 25029/2009 e 20235/2010, secondo i giudici della Cassazione: “Una volta maturato il diritto alla pensione di anzianità, l'Ente previdenziale debitore non può con un atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l'importo, tanto meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò lederebbe l'affidamento del pensionato, tutelato dal capoverso dell'articolo 3 della Costituzione, nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo”. Pertanto, i diritti acquistati, gli importi pensionistici già maturati, non possono in nessun caso essere messi in discussione. Per preservare l'equilibrio finanziario e garantire l'erogazione futura delle prestazioni, dunque, le Casse previdenziali professionali possono agire su altre leve, ad esempio: aumentando le aliquote, riparametrando i coefficienti o modificando i criteri di calcolo dei trattamenti futuri.  Il Cda dell'Inpgi si nasconde dietro il parere favorevole al taglio delle pensioni dato dalle parti sociali (Fnsi e Fieg). Ma le parti sociali (ex dlgs 509/1994) vanno sentite sulle scelte del Cda che riguardano il futuro dei giornalisti oggi in attività, non  certamente sui diritti 'acquisiti' o 'acquistati'.  Le scelte (in tema di rendite) del Cda non hanno  (e non possono avere) alcun effetto retroattivo e sul punto la CASSAZIONE CIVILE afferma: “I diritti acquistati e gli importi pensionistici già maturati non possono in nessun caso essere messi in discussione. Le Casse non possono ricorrere ai prelievi di solidarietà, istituto che esula totalmente dalla loro sfera di autonomia decisionale” (cfr Cass., n. 11792/2005,' Cass. n. 25029 del 2009; Cass. n. 25212 del 2009; Cass. n. 20235 del 2010; Cass. N. 8847 del 2011; Cass. n. 13067 del 2012; Cass. n. 1314 del 2014; Cass. 26102/2014 e 26229/2014). (1)

8) PREVIDENZA. Casse vincolate ai diritti acquisiti. La  Cassazione, per la seconda volta in due giorni, nega il contributo di solidarietà sulle pensioni in essere. Il taglio dell’assegno non può passare da un atto amministrativo. IN CODA un commento dell’avv. Anna Campilii). - di Maria Carla De Cesari-www.ilsole24ore.com-13.12.2014 - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=16370


9) Cassazione, nuovo round ai vecchi iscritti alla Cassa dei dottori commercialisti. I  supremi giudici hanno escluso la possibilità di incidere sui diritti acquisiti riducendo gli assegni attraverso il meccanismo dei contributi di solidarietà. - Testo in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=16583


10) Commercialisti. Non cambia la linea della Corte. La Cassazione  boccia il contributo di solidarietà.   Per i giudici di legittimità  la previsione della legge di Stabilità 2014 non è sufficiente per giustificare la scelta. (IN CODA la sentenza e in allegato la giurisprudenza sul punto). - di  Federica Micardi/ilsole24ore - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=21022


11) Per ben 3 volte la Cassazione ha bocciato quello stesso “contributo di solidarietà” che la maggioranza del CdA INPGI ha voluto  reintrodurre dal 2017 sulle pensioni dei giornalisti in corso di pagamento. Un ente previdenziale privatizzato non può tagliare i vitalizi, perché ciò spetta eventualmente solo al Parlamento. Per deliberare la riduzione dell'importo dela rendita, l'INPGI ha sostenuto proprio le stesse tesi che la Suprema Corte aveva già respinto per ben tre volte consecutive negli ultimi 21 mesi. In tutti e tre i casi i supremi giudici hanno definitivamente confermato altrettanti verdetti emessi dalle Corti d'appello di Torino (2) e Venezia e dai tribunali di Torino, Belluno e Verbania. In totale, 9 sentenze e 9 sconfitte per i 2 enti previdenziali (Cassa Nazionale di Previdenza a favore dei dottori commercialisti e Cassa Nazionale di Previdenza dei ragionieri e periti commerciali).


Si riportano qui appresso i principi affermati nelle 3 sentenze emesse dai supremi giudici (la n. 53 del 2015, la n. 6702 del 2016 e la n. 12338 del 2016) che hanno bocciato inesorabilmente il “contributo di solidarietà” sulle pensioni in corso di pagamento, introdotto dopo il 2007 da due Casse previdenziali privatizzate.


Ecco le 3 storie e i 6 princìpi fissati dalla Cassazione contro il taglio delle pensioni nei 3 casi esaminati:


1° CASO. La Cassa Nazionale di Previdenza a favore dei dottori commercialisti ha applicato un “contributo di solidarietà” sulle pensioni dei propri iscritti dal 2009 al 2013. Sette dottori commercialisti piemontesi hanno presentato ricorso contro il taglio della loro pensione e hanno sempre vinto: prima davanti al tribunale di Torino (sentenza n. 340 del 2010), poi in Corte d’appello a Torino (sentenza n. 768 del 2011) e infine in Cassazione (sentenza n. 53 del 2015, depositata l'8 gennaio 2015, cliccare su: http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20150109/snciv@sL0@a2015@n00053@tS.clean.pdf
Per la Corte d’appello di Torino, “alla luce del disposto della legge n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, il regolamento della Cassa, in quanto atto non avente forza di legge, non poteva prevedere un riduzione delle pensioni già maturate e in pagamento, configurando queste ultime un diritto acquisito e non un'aspettativa. Né tali conclusioni potevano essere ribaltate dopo le modifiche alla legge n. 335 introdotte dall'art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, giacché l'espressa previsione di salvezza degli atti e delle deliberazioni adottati prima della predetta modifica legislativa non significa che tali atti siano conformi a legge, sicché la loro legittimità ed efficacia deve essere vagliata alla luce del vecchio testo normativo per i pensionamenti che, come nella specie, erano stati attuati entro il 2006”. Nel caso in esame il provvedimento unilaterale della Cassa aveva inciso su pensioni già in essere, non per impedirne un aumento, ma per ridurne l'ammontare, onde non poteva comunque invocarsi la nuova normativa. Né la fattispecie in questione, riguardante il contributo di solidarietà sulle pensioni per il periodo 2009/2013, contrariamente all'assunto della Cassa, avrebbe potuto essere trattata in modo diverso da quella presa in considerazione dalla Corte di Appello di Torino con sentenza n. 779 del 2008, confermata dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 25029 del 2009), concernente il periodo 2004/2008”.
Il verdetto di 2° grado è stato impugnato dalla Cassa Commercialisti con 5 motivi di ricorso:


1) Per erronea interpretazione dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, rilevando che la richiamata norma ha stabilito che:
a) i provvedimenti adottati dalle Casse non costituiscono un "numero chiuso", dovendo comunque rispondere all'esigenza di salvaguardare l'equilibrio del bilancio di lungo termine;
b) il principio del cosiddetto "pro rata temporis" non vincola in maniera rigida le scelte delle Casse;
c) i criteri di gradualità ed equità tra le generazioni costituiscono valori da attuare nella regolamentazione dei regimi previdenziali gestiti dalle Casse. Ed ha richiamato in proposito la funzione pubblica degli enti previdenziali privatizzati, e ciò anche nella prospettiva di tutela delle categorie degli attivi e dei futuri iscritti in coincidenza del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, il tutto nell'ambito del rispetto dei principi costituzionali e uguaglianza e solidarietà.
2) per violazione di norme legge, deducendo che, alla luce dell'autonomia regolamentare riconosciuta alle Casse di previdenza dal D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2, comma 2, e finalizzata a salvaguardare nel tempo l'equilibrio economico finanziario, doveva riconoscersi la facoltà di imporre, nell'ambito di organici progetti di riforma, un contributo di solidarietà sulle pensioni già liquidate.
In questo quadro così delineato risultava evidente come la deliberazione della Cassa costituiva senz'altro un provvedimento in grado di "assicurare maggiore stabilità finanziaria al sistema previdenziale", determinando un miglioramento per quanto contenuto della situazione finanziaria della stessa e concorrendo, insieme con tutte le altre entrate, alla possibilità che essa facesse fronte non solo agli oneri attuali e più vicini, ma anche a quelli più lontani nel rapporto variabile attivi/pensionati".
3) per violazione di norme di diritto, in relazione all'art. 38, 2° comma, della Costituzione, ribadendo la necessità che le Casse dei liberi professionisti assicurassero ai lavoratori la tutela previdenziale.
4) per violazione di norme di diritto, in relazione all'art. 2 della Costituzione, in quanto la stessa Corte costituzionale (cfr sentenza n. 173 del 1986) aveva evidenziato la necessità, nel passaggio da un sistema di tipo mutualistico ad uno di tipo solidaristico, di coniugare il principio di solidarietà stabilito da questa norma con quello di gradualità e di equità tra le generazioni.
5) Per violazione di norme di diritto, in relazione all'art. 3 della Costituzione, ribadendo che la conferma della tesi prospettata dalla Corte d’appello di Torino avrebbe comportato uno squilibrio a tutto danno dei giovani iscritti rispetto ai pensionati, beneficiari del più vantaggioso sistema reddituale, dovendosi distribuire i necessari sacrifici tra i soggetti che, sia in veste di lavoratori attivi, che di pensionati, sono parti di un rapporto previdenziale in atto.
Ma la Cassazione ha respinto i 5 motivi di ricorso della Cassa, affermando questi 6 princìpi giuridici:
1) "Il necessario rispetto del principio del cosiddetto pro rata temporis contenuto nella ricordata legge n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, indica chiaramente che i provvedimenti adottandi dalle Casse di previdenza allo scopo di assicurare l'equilibrio di bilancio devono garantire l'intangibilità degli effetti derivanti, per gli assicurati le cui prestazione pensionistiche non siano state ancora acquisite, delle quote di contribuzione già versate e, quindi, della misura delle prestazioni potenzialmente maturate in itinere; dal che discende che, a fortiori, non possono essere incise le prestazioni pensionistiche ormai in atto, siccome compiutamente maturate ed erogate al momento degli interventi correttivi”.
2) “il diritto soggettivo alla pensione (che per il lavoratore subordinato o autonomo matura quando si verifichino tutti i requisiti) può essere limitato, quanto alla proporzione fra contributi versati ed ammontare delle prestazioni, dalla legge, la quale può disporre in senso sfavorevole anche quando, maturato il diritto, siano in corso di pagamento i singoli ratei, ossia quando il rapporto di durata sia nella fase di attuazione, essendo però necessario che la legge sopravvenuta non oltrepassi il limite della ragionevolezza, ossia che non leda l'affidamento dell'assicurato in una consistenza della pensione, proporzionale alla quantità dei contributi versati. Tale "...limite costituzionale imposto al legislatore induce a maggior ragione a ritenere contrario ai principio di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione, comma 2) l'atto infralegislativo, amministrativo o negoziale, con cui l'ente previdenziale debitore riduca unilateralmente l'ammontare della prestazione mentre il rapporto pensionistico si svolge, ossia non si limiti a disporre per il futuro con riguardo a pensioni non ancora maturate";
3) "una volta maturato il diritto alla pensione d'anzianità, l'ente previdenziale debitore non può con atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l'importo, tanto meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò lederebbe l'affidamento del pensionato, tutelato dal capoverso dell'art. 3 della Costituzione, nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo" (cfr Cass., n. 11792/2005,' Cass. n. 25029 del 2009; Cass. n. 25212 del 2009; Cass. n. 20235 del 2010; Cass. N. 8847 del 2011; Cass. n. 13067 del 2012; Cass. n. 1314 del 2014; Cass.
26102/2014 e 26229/2014).


4) "la legge n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, poi modificata dall'art. 1, comma 763 della legge n. 296 del 2006, permette agli enti previdenziali privatizzati - attraverso la variazione delle aliquote contributive, la riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico - di variare gli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio che li lega agli assicurati, ma non consente agli stessi di sottrarsi in parte all'adempimento, riducendo l'ammontare delle prestazioni attraverso l'imposizione di contributi di solidarietà";
5) "la normativa in vigore é ostativa all'imposizione di un contributo forzoso di solidarietà sulle pensioni e non si pone in contrasto con l'art. 38, 2° comma, della Costituzione, perché gli enti previdenziali privatizzati possono mettere in atto, come già detto, le più opportune iniziative per assicurare nel tempo la tutela previdenziale/pensionistica degli iscritti, con la salvaguardia però dell'integrità delle pensioni già maturate e liquidate”;

6) "non incide sulla soluzione della questione in esame neppure il recente intervento legislativo (art. 1, comma 488, legge n. 147 del 2013), che pone come condizione di legittimità degli atti e delle deliberazioni- adottati dagli enti di cui all'art. 1, comma 763, della legge n. 296/2006 - che essi siano "finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine", ciò che sicuramente non costituisce un connotato dei contributo in esame, proprio perché "straordinario" e limitato nel tempo".


2° CASO. La Cassa Nazionale di Previdenza a favore dei dottori commercialisti ha applicato un “contributo di solidarietà” sulle pensioni dei propri iscritti dal 2009 al 2013. Tre dottori commercialisti veneti hanno presentato ricorso contro il taglio della loro pensione e anch'essi hanno sempre vinto: prima davanti al tribunale di Belluno, poi in Corte d’appello a Venezia (sentenza n. 792 del 2013) e infine in Cassazione (sentenza n. 12338 del 2016, depositata il 15 giugno 2016, cliccare su: http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20160616/snciv@sL0@a2016@n12338@tS.clean.pdf


La motivazione é sostanzialmente analoga a quella del 1° caso (sentenza n. 53 del 2015).


3° CASO. La Cassa Nazionale di Previdenza dei ragionieri e periti commerciali ha applicato un “contributo temporaneo straordinario di solidarietà” sulle pensioni dei propri iscritti dal 2004 al 2008. Un ragioniere piemontese in pensione ha presentato ricorso contro il taglio del suo vitalizio e anch'esso ha sempre avuto ragione: prima davanti al tribunale di Verbania, poi in Corte d’appello a Torino (sentenza n. 746 del 2013) e infine in Cassazione (sentenza n. 6702 del 2016, depositata il 6 aprile 2016, cliccare su: http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20160407/snciv@sL0@a2016@n06702@tS.clean.pdf
La motivazione é sostanzialmente analoga a quella del 1° caso (sentenza n. 53 del 2015).


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.12.12.2013 - Nuova sentenza (304/2013). La Corte costituzionale ribadisce indirettamente i principi di incostituzionalità dei tagli delle pensioni attraverso la definizione del concetto di tributo (che, come tale, è universale). “La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente precisato che gli elementi indefettibili della fattispecie tributaria sono tre: la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una (definitiva) decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico (che produce obblighi, ndr); le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese. Un tributo consiste in un «prelievo coattivo che è finalizzato al concorso alle pubbliche spese ed è posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva»; indice che deve esprimere l’idoneità di tale soggetto all’obbligazione tributaria”. TRADUZIONE: il prelievo previsto dalla legge di stabilità 2014 sulle pensioni superiori a 90mila euro ha natura tributaria per la sua destinazione a “pubbliche spese” e non può ricadere su una parte dei cittadini (i pensionati), mentre i cittadini lavoratori a parità di reddito ne sono esenti. Pubblichiamo la sentenza. – IN  http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=13494


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.26.7.2016 - IL COMMENTO. Tagli alle pensioni, il difficile equilibrio tra conti e diritti. ATTACCO FRONTALE ALLA CORTE COSTITUZIONALE. Il prof. Enrico De Mita demolisce la sentenza 173/16 con la quale la Consulta ha legittimato il prelievo Letta sugli assegni Inps e Inpgi. “Secondo la Corte il prelievo istituito dal comma 486, articolo 1, legge 147/2012 non è configurabile come tributo non essendo acquisito allo Stato, né destinato alla fiscalità generale essendo prelevato in via diretta dall’Inps e dagli enti previdenziali coinvolti i quali lo trattengono all’interno delle proprie gestioni. La tesi non è persuasiva. Si confonde pubblico con statuale, mentre la finalità del concorso è quella generale della collettività. Configurare la spesa degli enti previdenziali come avulsi dalle finalità dell’ordinamento appare una forzatura. Le prestazioni imposte si caratterizzano solo per l’imposizione (senza che la volontà del privato vi concorra) e possono coprire una vasta gamma di prestazioni, mentre le prestazioni finalizzate alla spesa pubblica, sono sempre tributarie, qualunque sia il settore o l’ambito di essa. La Corte è costretta a “inventare” garanzie costituzionali incomprensibili quando dice che il contributo di solidarietà è consentito al legislatore ove non ecceda i limiti di ragionevolezza e affidamento e della tutela previdenziale. Quando il sacrificio «trova giustificazione nell’emergenza economica ma nella sostanza è un tributo, se questo viola i principi costituzionali l’imposizione è incostituzionale». La Corte è un giudice che fa politica. Il sillogismo puramente logico deve cedere il passo alle ragioni concrete che la Corte, collegialmente, adotta. Dunque il contributo non è un tributo, con tutte le cautele confuse che la Corte ha dovuto scrivere. La Corte, ha scritto Sabino Cassese, si interessa di politica sotto specie di diritti, attraverso il diritto. È giudice delle regole non dei fini. Nella sentenza in esame è chiaro che la Corte voleva tutelare dei fini ma la motivazione in diritto è posticcia". - di Enrico De Mita,il sole 24 ore 24 luglio 2016 - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=21344


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(1). Fonte: Pierluigi Franz                                 -          data, 7-12 aprile 2017


 




 


 


 







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