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SOPAF/INPGI/ENPAM/CASSA RAGIONIERI. 14 aprile (h 14.30): davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Milano compaiono Giorgio e Luca Magnoni, padre e figlio. Il collegio dovrà decidere sulla costituzione delle parti civili (c’è anche l’Ordine nazionale dei Giornalisti, ma non l’Inpgi) e sul patteggiamento (4 anni e 6 mesi per Giorgio; 3 anni e 6 mesi per Luca Magnoni). Questa misura, sostenuta dal Pm Gaetano Ruta, appare in salita, perché padre e figlio non hanno avviato alcuna trattativa diretta a risarcire le tre Casse professionali. L’Inpgi, non costituendosi parte civile, afferma in sostanza di figurare solo nominalmente tra i danneggiati “avendo assunto il ruolo di soggetto terzo, totalmente estraneo ai fatti”. E conseguentemente non ha chiesto il ristoro dei danni patiti per 7,6 milioni (secondo le ipotesi accusatorie del pm). Il presidente dell’Inpgi Andrea Camporese, indiziato di truffa ai danni dell’Istituto che rappresenta, ha sempre respinto la ricostruzione istruttoria della pubblica accusa. Rimane da ricostruire il passaggio dei 30 milioni tra Inpgi e Sopaf: prima o dopo la consegna delle 224 quote Fip? IN CODA LA CRONISTORIA DELLA VICENDA SOPAF/INPGI

di FRANCO ABRUZZO


Milano, 13 aprile 2015. L'Enpam (ente di previdenza dei medici), la Cassa di previdenza dei ragionieri, 71 azionisti di Treviso, l'Ordine provinciale milanese dei medici nonché i commissari e i liquidatori della Sopaf hanno chiesto di costituirsi parte civile nel processo milanese a carico di Giorgio Magnoni e del figlio Luca, nell'ambito del “giudizio immediato” con al centro la holding finanziaria Sopaf. In questo gruppo dal 31 marzo figura anche  l’Ordine nazionale dei Giornalisti: domani sarà presente in aula, alla ripresa del processo (dopo le udienze dell’8 gennaio e del 12 marzo), il presidente Enzo Iacopino patrocinato dall’avvocato  Enrico Pennasilico (che difende anche l’Ordine milanese dei medici).  Nessuna richiesta di costituzione di parte civile, invece, è stata proposta dall'Inpgi (l'ente di previdenza dei giornalisti) che, invece, ha depositato, con l’avvocato Fabio De Matteis, una dichiarazione come parte offesa. Questa mossa ha provocato e provocherà ancora polemiche infinite nel mondo giornalistico.  L’istituto in sostanza, non costituendosi parte civile, ha rinunciato a  far valere le sue pretese risarcitorie nei confronti degli imputati. Traducendo la terminologia giuridica in concetti popolari l’Inpgi afferma in sostanza di figurare (solo nominalmente) tra i danneggiati. Conseguentemente, come detto,  non ha  chiesto il ristoro dei danni patiti per 7,6 milioni (secondo le ipotesi accusatorie del   pm Gaetano Ruta). Questa posizione processuale  traduce e rispecchia un comunicato dell’Inpgi nel quale si può leggere: “L’Ente ha assunto il ruolo di soggetto terzo, totalmente estraneo ai fatti, risalenti al febbraio 2009, oggetto di accertamento”. La spiegazione - (alquanto riduttiva che non tiene conto dell'immagine della Fondazione) - fornita dal legale dell’Istituto, Fabio De Matteis, è che con l’eventuale accoglimento del patteggiamento la parte civile può ricevere come “risarcimento” solo le spese legali. “Rimane, comunque, aperta la possibilità di intentare in futuro una causa civile”. In una tranche, ancora aperta, del procedimento è indagato anche il presidente dell'Inpgi, Andrea Camporese, che ha sempre respinto le accuse. Questo filone dell’inchiesta dovrebbe giungere a maturazione tra una decina di giorni al massimo.  Il tribunale (presidente Giuseppe Fazio) nella  udienza di domani, 14 aprile (h 14.30),    vaglierà le costituzioni di parte civile nonché la richiesta di patteggiamento dei Magnoni (4 anni e 6 mesi per Giorgio; 3 anni e 6 mesi per Luca). Il collegio non ha deciso sull'istanza di patteggiamento, ma ha chiesto chiarimenti al pm e alle parti civili in relazione "alle azioni risarcitorie, se ci sono state, da parte degli imputati". Tutti i soggetti che hanno chiesto di essere riconosciuti parte civile  (con gli avvocati Alessandro Diddi, Elena Manfredi, Francesco Murgia, Enrico Pennasilico e Gaetano Scalise) hanno spiegato di non aver ottenuto alcun risarcimento, mentre il pm ha chiarito che la proposta di patteggiamento è, comunque, "meritevole di accoglimento" perché i Magnoni hanno messo a disposizione i loro beni (6,1 milioni, ndr) nell'ambito della procedura concorsuale della società (conclusasi con il concordato preventivo) e "non mi risulta abbiano disponibilità finanziarie aggiuntive". C’è molta incertezza sulla decisione del tribunale sul punto. Per ora  sono in 'stand by' le istanze di patteggiamento. I difensori degli imputati  Corrado Alleva, Francesca Ghetti e  Maurizio Parisi hanno sposato (ovviamente) la linea possibilista del Pm Ruta. Il patteggiamento (“l'applicazione della pena su richiesta delle parti”)  non ha natura di sentenza di condanna (si legga in http://www.studiolegalegallo.it/patteggiamento.html).


INDAGATO ANCHE IL PRESIDENTE DELL'INPGI. Giorgio Magnoni e il figlio Luca sono stati personaggi chiave della Sopaf (holding di partecipazione finanziaria) e delle società controllate al centro di una clamorosa inchiesta giudiziaria. Giorgio Magnoni in particolare è accusato di  molteplici reati (associazione per delinquere aggravata, bancarotta fraudolenta, truffa aggravata, frode fiscale, appropriazione indebita, trasferimento fraudolento di valori finalizzato ad agevolare il riciclaggio,  avvalendosi di “gruppi criminali organizzati in più di uno Stato”). Giorgio Magnoni è accusato anche di truffa aggravata ai danni di Inpgi (per 7,6 milioni) ed Enpam (per 20 milioni) nonché di corruzione aggravata nei riguardi del presidente della Cassa ragionieri (frattanto Paolo Saltarelli l’11 novembre 2014 è finito in carcere  nell’ambito di un procedimento collaterale che vede la Cassa ragionieri truffata per 52 milioni - in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=16057). In una tranche dell'inchiesta sulla Sopaf è indagato, come riferito, anche il presidente dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti (Inpgi), Andrea Camporese, che ha sempre respinto le accuse, dicendosi estraneo ai fatti oggetto dell’inchiesta (in http://www.inpgi.it/?q=node/1301  e in http://www.inpgi.it/?q=node/1310). L’Inpgi ha acquistato da Sopaf 224 quote di Fip (Fondo immobili pubblici)  versando 30 milioni di euro (l’operazione ha già reso all’Istituto circa 10 milioni di euro). Sopaf, questa è l’accusa, ha realizzato “una plusvalenza - rappresentata  dalla differenza tra prezzo di acquisto da ‘Immowest Promotus Holding Gmbh’ (con sede a Vienna, ndr) e rivendita a Inpgi - pari a euro 7.600.000”. SOPAF E LA VENDITA DELLE QUOTE FIP. “Sopaf non era titolare delle quote Fip – si legge nel decreto – mentre la società agiva da intermediario tra venditore ed acquirente”. Sopaf non  aveva, scrive il Pm, “le risorse finanziarie per acquistare le quote di Fip”. Il 3 marzo 2009 Sopaf “incassava da Inpgi 30 milioni di euro per l’acquisto di 224 quote di FIP e a sua volta utilizzava tali risorse per eseguire il pagamento a favore di ‘Immowest Promotus Holding Gmbh’ a titolo di acquisto delle quote di FIP”. “L’operazione di trasferimento delle quote si perfezionava” il 12 marzo successivo “con il passaggio della titolarità delle 224 quote di Fip a favore di Inpgi”. Camporese, “con propria delibera”, il 19 febbraio 2009 “aveva disposto l’acquisto di 224 quote di Fip  del valore unitario di euro 140.077 al prezzo complessivo di 30 milioni di euro, utilizzando fondi in disponibilità della gestione separata Inpgi”. Questa delibera è stata “ratificata” dal CdA dell’Inpgi in data 7 aprile 2009. Al CdA, scrive il Pm, lo stesso Camporese, “utilizzando artifici e raggiri”, aveva “rappresentato falsamente” Sopaf come “titolare delle quote di Fip”.


COLPO DI SCENA. Il 24 marzo 2015 l’Inpgi ha diffuso un comunicato che rivela un colpo di scena: “E’ necessario sottolineare che dagli atti del procedimento a carico dei signori Magnoni, - ai quali i legali dell’Ente hanno avuto accesso a partire dall’inizio del mese di febbraio di quest’anno -, è emerso che (si legge, ndr) il giorno successivo a quello nel quale era stato effettuato il versamento di 30 mln,  la Sopaf  ha provveduto a “girocontare” l’intera somma sul conto “intermedio vincolato”  (vale a dire, quello corretto sul quale gli importi sarebbero dovuti transitare sin dall’inizio) con valuta al giorno precedente”. Ne consegue che Sopaf ha incassato i 30 mln successivamente alla consegna delle 224 quote Sip. Negli ambienti del Palazzo di Giustizia circola scetticismo su questa versione. Le operazioni bancarie  si sarebbero incrociate tra il 10 e il 12 marzo 2009 e Sopaf avrebbe avuto nella sua disponibilità i 30 milioni per il tempo necessario a farsene forte con i proprietari viennesi delle azioni Fip. E’ andata davvero  così? Lo sapremo domani.  Rimane, comunque,  in piedi la questione della congruità del prezzo delle singole quote Fip.


LE ACCUSE PESANTISSIME FORMULATE DAL PM GAETANO RUTA. Lo scandalo Sopaf è esploso il 9 maggio 2014, quando furono arrestate 7 persone (su 19 indagati). I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, alla truffa aggravata, all’appropriazione indebita, alla frode fiscale e al riciclaggio, avvalendosi di complici criminali esteri. Truffati, come riferito, anche tre istituti di previdenza per un totale di 79,6 milioni (52 mln la Cassa ragionieri, 20 mln l’Enpam e 7.6 mln l’Inpgi). Scattarono diverse acquisizioni di documenti da parte della GdF negli uffici dei  presidenti degli enti e furono sequestrati 60 immobili (la maggior parte nel centro di Milano) e bloccati oltre 300 rapporti bancari in varie parti d'Italia per un valore complessivo che si stima vicino ai 185 milioni di euro. L’Inpgi emise un comunicato in cui si poteva leggere che “L’Ente ha assunto il ruolo di soggetto terzo, totalmente estraneo ai fatti, risalenti al febbraio 2009, oggetto di accertamento” (in  http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=14655  e in http://www.inpgi.it/?q=node/1232). Risale al 2 dicembre 2014 la decisione del gip Donatella Banci Bonamici di accogliere la richiesta di giudizio immediato avanzata dal pm  Ruta per Giorgio Magnoni e il figlio Luca.


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Per il Tribunale di Milano il danno è solo dell'Inpgi, ma l'istituto non è d'accordo - MILANO, 14 aprile 2015.  Il danneggiato dall'eventuale truffa all'Inpgi è l'istituto di previdenza e non i singoli giornalisti. Con questa motivazione la I Sezione Penale del Tribunale di Milano ha respinto, oggi, la richiesta di costituzione di parte civile dell'Ordine nazionale dei Giornalisti e di tre giornalisti che, a titolo personale, ne avevano avanzato richiesta. Con la stessa motivazione non è stato ammesso come parte civile anche l'Ordine dei Medici di Milano. Il Collegio giudicante avrebbe dovuto, inoltre, pronunciarsi sulla richiesta di patteggiamento dei Magnoni (4 anni e 6 mesi per Giorgio e 3 anni e 6 mesi per il figlio Luca), ma sul punto la decisione è stata rinviata all'udienza del 19 maggio. L'avvocato di Giorgio Magnoni, a sostegno dell'opposizione della parte civile, ha, tra l'altro, esibito un documento dell'Inpgi nel quale l'istituto ribadisce che dall'operazione Sopaf non ha subito alcun danno ma, anzi, ci ha guadagnato. (www.giornalistitalia.it)



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.8.4.2015 -.LA CRONISTORIA DELLA VICENDA SOPAF/INPGI DAL 2009 AD OGGI. – TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=17216



 



 



 



 






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