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Corriere della Sera 29.3.2014. Il dubbio di Piero Ostellino/I diritti da difendere per non essere travolti.

Un lettore di quelli che si credono progressisti e sono (solo) parolai, commentando il «Dubbio» di sabato scorso — dove parlavo del «contributo di solidarietà», una tassa arbitrariamente imposta su certe pensioni — mi rimprovera di preoccuparmi del mio «orticello»; quando si toccano gli interessi, dice, anche lei si inalbera e difende il proprio portafogli… Eppure, il «contributo di solidarietà» è stato condannato dalla Corte costituzionale, ma subito ripristinato; l’indicizzazione delle pensioni, nel frattempo, è stata abolita — col risultato che molti pensionati perderanno progressivamente potere d’acquisto — e c’è chi definisce «d’oro», e pensa di dimezzarle, assegni di duemila euro lordi al mese, mille netti dopo le tasse, con i quali molti non ci pagano neppure l‘affitto. Diciamola, allora, tutta. Nei Paesi civili il diritto di proprietà è a fondamento di tutte le libertà e a nessuno passerebbe per la testa di prendersela con chi lo difende. Nella fattispecie, la pensione, per chi ha regolarmente pagato i contributi, è una proprietà. Solo da noi, per la diffusa cultura pauperista — a metà (ancora) fascista e per l’altra metà catto-comunista — la proprietà è condannata e chi la difende è accusato di pensare solo a se stesso. Difendere il frutto del proprio lavoro è riprovevole — da parte di chi definisce «la più bella del mondo» la nostra Costituzione — nella Repubblica «fondata sul lavoro». Ci sarebbe di che riderne, se, per dirla con Marx, immaginata come tragedia, tale cultura non trascolorasse nel ridicolo. Ora, come chi mi segue sa, io difendo i diritti e le libertà dell’uomo qualunque che il dispotismo burocratico tiranneggia in molti modi; in primo luogo, con una pressione fiscale oltre ogni elementare ragionevolezza. Gli stipendi dei nostri lavoratori sono i più bassi d’Europa ma, per le tasse che gravano sul lavoro, i loro costi sono i più alti. Tale situazione impedisce all’Italia di crescere e la relega agli ultimi posti, non solo in Europa, ma nel mondo, nella graduatoria dei Paesi industrializzati. Ma pare che preoccuparsene sia segno di egoismo. Pare che per molti italiani sia giusto che, in nome di un’idea di solidarietà sociale francamente alla rovescia, si ignorino diritti e interessi del lavoratore e si difendano quelli della burocrazia parassitaria che quegli stessi diritti mortificano. Ma quando la gente comune, che ne è vittima, ubbidisce alle parole d’ordine di un potere tendenzialmente dispotico — per di più, da noi, propagandate da media fra i peggiori del mondo per conformismo — vuol dire che la sindrome del totalitarismo si sta già diffondendo e il Paese è preparato a esserne travolto. A difendere la gente comune sono rimasti i quattro gatti liberali fra i quali mi annovero. Ma il Paese è in balia di un pauperismo da Terzo mondo o da Paese di socialismo reale, né pare capace e desideroso di risollevarsi. Allora, sapete che vi dico ? Da cittadini a sudditi cui vi stanno riducendo e state diventando senza ribellarvi, affogate pure nel vostro sinistrismo parolaio. Io mi sono scocciato. Andate al diavolo!  postellino@corriere.it



22.3.2014 - Pensione ridotta per «solidarietà». Questo prelievo è una confisca, la generosità, invece, si esercita liberamente. //di Piero Ostellino, Corriere della Sera  del 22/3/2014//-TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=14244



 



 



 



 



 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 







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