Home     Scrivimi     Cercadocumenti     Chi è     Link     Login  

Cerca documenti
Cerca:
in:


Documenti
Attualità
Carte deontologiche
CASAGIT
Corte di Strasburgo
Deontologia e privacy
Dibattiti, studi e saggi
Diritto di cronaca
Dispensa telematica per l’esame di giornalista
Editoria-Web
FNSI-Giornalismo dipendente
Giornalismo-Giurisprudenza
  » I fatti della vita
INPGI 1 e 2
Lavoro. Leggi e contratti
Lettere
Ordine giornalisti
Premi
Recensioni
Riforma professione
Scuole di Giornalismo e Università
Sentenze
Storia
Tesi di laurea
TV-Radio
Unione europea - Professioni
  I fatti della vita
Stampa

Pensione ridotta per «solidarietà». Questo prelievo è una confisca, la generosità, invece, si esercita liberamente.

di Piero Ostellino
Corriere della Sera – 22/3/2014

Avevo già il sospetto che Renzi, malgrado le dichiarate e lodevolissime intenzioni, non cambierà l’Italia. Ora, ne ho la certezza. Me la dà il prelievo mensile sulla mia pensione, chiamato, con un ridicolo sofisma, «contributo di solidarietà sociale». Pare serva — come si dice con burocratica espressione — da «copertura finanziaria» a una riduzione delle tasse a favore di qualcuno.


In un sistema liberale, lo Stato fa pagare le tasse per i servizi che fornisce e che i privati non fornirebbero perché ritengono poco conveniente farlo. La solidarietà è una forma di generosità che il cittadino esercita volontariamente; non è una costrizione fiscale. Nell’Ottocento, la chiamavano «carità»; oggi, l’ipocrisia del politicamente corretto la chiama «contributo di solidarietà». Ma è una confisca. In un sistema socialista, lo Stato fa pagare le tasse, oltre che per i servizi che fornisce, anche, dice, per altri motivi. Che si sostanziano nella «redistribuzione della ricchezza». Di solito, i servizi sono pessimi e della giustizia sociale sbandierata non se ne vede l’ombra. Pare che, ad eliminare quel tanto di individualistico e volontaristico che c’è nella parola carità e a tramutarlo in solidarietà, bastino le buone intenzioni. È la Giustizia sociale, bellezza…



La «redistribuzione della ricchezza» non è il passaggio di soldi da un cittadino (ritenuto benestante) ad un altro (ritenuto bisognoso), ma il passaggio di libertà e di potere di scelta dalla sfera privata a quella pubblica; dai cittadini ai politici. I quali, dei soldi così confiscati fanno, poi, quello che vogliono. Di solito, li spendono male. Il dirigismo distorce sia il sistema economico, sia quello politico. Distorce il sistema economico perché non sono i prezzi a creare l’equilibrio fra domanda e offerta; ma sono, surrettiziamente, le misure discrezionali della politica a pretendere di farlo. I politici hanno la presunzione di sapere che cosa sia «giusto» e quale sia il «Bene comune». Ma nessuno è in grado di avere un così alto e generalizzato livello di conoscenza e di competenza. Il difetto sta nel manico. È nella carenza di conoscenza che si sostanzia l’arbitrarietà. Il socialismo è, sotto il profilo gnoseologico, una truffa. Il dirigismo distorce anche il sistema politico perché assegna a degli uomini la presunzione di un potere di coazione che la delega ai propri rappresentanti, da parte del popolo sovrano, non assegna loro. Anche qui, il difetto sta nel manico. Il concetto di sovranità — cui il giacobinismo ha aggiunto l’attributo «popolare» nella seconda parte della Rivoluzione francese, quella dell’egualitarismo non solo legale e del Terrore — ha finito col dare all’astratta figura ideologica del popolo lo stesso ruolo che aveva il sovrano assoluto nell’Antico regime.



I liberali Burke, Constant, Tocqueville ne avevano colto e denunciato subito i pericoli per le libertà individuali e per la stessa democrazia. Ma i totalitarismi del Novecento hanno portato il concetto alle estreme conseguenze e così fanno tutte le democrazie rappresentative contemporanee. Spendaccione e fiscali.



postellino@corriere.it






Editore/proprietario/direttore: Francesco Abruzzo - via XXIV Maggio 1 - 20099 Sesto San Giovanni (MI) - telefono-fax 022484456 - cell. 3461454018
---------------------------------
Decreto legge n. 63/2012 convertito con la legge 103/2012. Art. 3-bis (Semplificazioni per periodici web di piccole dimensioni): 1. Le testate periodiche realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica ovvero on line, i cui editori non abbiano fatto domanda di provvidenze, contributi o agevolazioni pubbliche e che conseguano ricavi annui da attività editoriale non superiori a 100.000 euro, non sono soggette agli obblighi stabiliti dall'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, dall'articolo 1 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, e dall'articolo 16 della legge 7 marzo 2001, n. 62, e ad esse non si applicano le disposizioni di cui alla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008, e successive modificazioni. 2. Ai fini del comma 1 per ricavi annui da attività editoriale si intendono i ricavi derivanti da abbonamenti e vendita in qualsiasi forma, ivi compresa l'offerta di singoli contenuti a pagamento, da pubblicità e sponsorizzazioni, da contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati.
---------------------------------
Provider-distributore: Aruba.it SpA (www.aruba.it) - piazza Garibaldi 8 / 52010 Soci (AR) - Anno XV Copyright � 2003

Realizzazione ANT di Piccinno John Malcolm - antconsultant@gmail.com