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Stampa

Dibattito/Caso Giannino:
il problema è davvero il
giornalismo d’avanspettacolo?
No, è certo giornalismo
cosiddetto autorevole a farci
venire, spesso, i brividi.

di Paolo Maria Rocco
giornalista professionista

Il “caso” Oscar Giannino come la goccia che fa traboccare il vaso? Io non credo. Come anche non credo si possa usare Giannino per trattarlo come un piede di porco: buono a farci introdurre nottetempo nella casamatta. Come anche non credo che il giornalismo si debba rigenerare: da che? E in quale senso? Gentile Chiodini, spero di non essere frainteso: io non credo –come tu invece sostieni- che sia il giornalismo da avanspettacolo a dover preoccupare, o quello gossiparo: esistono da sempre e, a volte, si sono rivelati più seri del giornalismo serio (mi capisci, vero?). E’, invece, certo giornalismo cosiddetto autorevole a farci venire, spesso, i brividi. Quello che da posizioni di sepolcro imbiancato distilla porcherie fresche come gocce di rugiada. E poi, finché le regole sono queste... Vogliamo dirlo fuori dai denti? Troppi interessi tra loro confliggenti, troppi maneggioni, troppe ipocrisie, troppi manierismi, troppa cautela nel non disturbare il manovratore, che non è solo il politico di turno al quale si demanda (con adeguate proposte, evviva!) l’approvazione di norme che rispettino, ancor meglio e più di oggi, la libertà di stampa e il lavoro del giornalista in tutte le sue sfaccettature. A cominciare dagli Ordini regionali –non tutti, sì- che, essi stessi proni, tutelano la professione condotta a braghe calate un giorno sì e l’altro pure, il giornalismo è nudo da un pezzo, oramai. Non ce ne siamo accorti? Sicuro? E allora, mi dirai, come non essere d’accordo con me e contro il “giornalismo d’avanspettacolo”? Ma da quanto tempo se ne parla, ce lo vogliamo chiedere, di certa deriva mondana dell’informazione? Ci vogliamo chiedere la ragione per cui su tutto ciò si levano alte intemerate che poi diventano do di petto a cadenza elettorale? Il giornalismo che si interroga su se stesso quando s’accorge, tardivamente, d’essere stato troppo morbido con qualcuno e troppo accondiscendente con l’altro? In una parola “inutile” a chiunque? Corrotto? Hai saputo che nella sua vita di giornalista a un giovane uomo probo non è stato dato mai altro ordine che passare le carte che gli arrivavano con la prospettiva di una scalata nella gerarchia? Avrebbe potuto tentare un deragliamento, o un guizzo. Quanto sarebbe bastato per compromettere la continuità del modo più odioso e intollerabile di intendere il giornalismo. Come qualche autorevolissimo uomo delle Istituzioni che non sarà ricordato per il suo coraggio e neanche per una qualche arte del compromesso; no, lo ricorderemo perché su tante importanti questioni o ha sorvolato o ha taciuto o ha straparlato. E’ quanto basta, appunto, per assicurarsi una promozione. Proprio come alcuni (molti, troppi) giornalisti che, così, oltre alla doverosa pagnotta si guadagnano la considerazione dei compagni di merenda e uno strapuntino col cuscino di gommapiuma nel salotto buono. Allora, il problema è davvero, come dici, il giornalismo d’avanspettacolo? Ma hai letto di Guido Ruotolo che appena ieri ha intervistato Ingroia sulla Stampa? Non pensi che, quantomeno, vi sia un conflitto d’interessi considerando che Guido è fratello di Sandro, il giornalista santoriano in Lista con Ingroia? Va bene, se proprio ci tieni: no all’informazione gossipara, da avanspettacolo, e te lo dice uno, io, che, in vent’anni di professione quel tipo di giornalismo non l’ha mai frequentato (però: povere casalinghe di Voghera, dopo tanto impegno obtorto collo un po’ d’evasione se la meritavano ora che sono anzianotte…), e no ai sepolcri imbiancati. E comunque, l’ironia… Magari, caro Chiodini, ci fosse qualcuno che, ogni tanto (ogni tanto, eh!) la usasse, adottando peraltro uno stile diverso da quello corrente da rapporto giudiziario. L’ironia, anche, ci vuole, Chiodini, –che, per suo statuto, è sempre critica- quando è solo la malinconia che essa genera a ricordarci che non si può ridere di tutto: sarebbe, ogni tanto, salutare (se non tradisce, beninteso, l’informazione: ma lo do per scontato). E sennò, al bando l’ironia e uno come, per esempio, Guareschi lo si mandi al macero definitivamente così il giornalismo italiano è salvo. Basta discettare sui massimi sistemi, e senza vergogna e con coraggio proviamo ad evocare, anche, almeno un po’ dello spirito del grande raccontatore di Fontanelle: quello di cui dicevano “è svanito!” (è matto), senza però sospettare che quello potesse rispondere, fregandosi le mani, “sì, lo sono, grazie a Dio!”. Insomma, Chiodini, grazie per la tua proposta ma ora vorrei capire se sei saggiamente “svanito” nel senso guareschiano del termine. Perché se è così, le tue intenzioni sono condivisibili, a partire da proposte concrete e valutabili.


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DIBATTITO. Con Giannino perdiamo anche noi


di  Paolo Zucca - Il Sole 24 Ore-Plus24


TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=11502


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DIBATTITO. LETTERA di Ezio Chiodini a Franco Abruzzo: il caso Giannino deve far riflettere l’intera categoria professionale. E’ il momento di una rigenerazione del giornalismo italiano, così come da tempo si avverte il problema di una rigenerazione della politica.


TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=11487


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