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PRIVACY. Nuovo Codice dei giornalisti. Il Garante precisa e replica alle critiche, ma Franco Abruzzo gli contesta la violazione della Costituzione e della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. “Il garante ha posto un limite (l’essenzialità dell’informazione) all’articolo 21 della Costituzione che non è nella Costituzione stessa e che è in netto contrasto con il testo del Codice in vigore. Nemmeno il Parlamento può cambiare un principio-cardine della Carta fondamentale presente anche nella Convenzione europea dei diritti dell’Uomo”. “Il Garante, al momento, è in attesa che il testo venga sottoposto al Consiglio nazionale dell'Ordine che dovrà a breve esaminarlo”. IN CODA il comunicato del Garante e IN ALLEGATO la bozza del nuovo Codice della privacy per l'attività giornalistica in attesa di approvazione.

di Franco Abruzzo - consigliere (e già presidente dal 1989 al 2007) dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia


Milano, 18 marzo 2014. Il Garante della privacy, nella bozza del nuovo Codice dei giornalisti,  ha posto nell’articolo 1 (comma 2) un limite (l’essenzialità dell’informazione) all’articolo 21 della Costituzione che non è  nella Costituzione stessa e che è in netto contrasto con il testo del Codice in vigore. Nemmeno il Parlamento può cambiare un principio-cardine della Carta fondamentale presente anche nella Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Il secondo comma dell’articolo 21 dice che  “la stampa  non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.  Nel comma 2 dell’articolo 1 della bozza, invece, si legge: “In forza dell’art. 21 della Costituzione, la professione giornalistica si svolge senza autorizzazioni o censure, nei limiti dell’essenzialità dell’informazione. Nella ricerca della verità sostanziale dei fatti e nella diffusione delle notizie, accurate e corrette, il giornalista rispetta la dignità e i diritti della persona”.  Nel contesto dei grandi principi sulla libertà d’informazione, il Garante cala la barriera/bavaglio del  limite dell’essenzialità, che equivale a una censura,   e poi  aggiunge un altro micidiale tassello: la diffusione di notizie “accurate”. Tutti sanno  che i cronisti lavorano contro un nemico: il tempo. Se un fatto esplode alle 21 e le pagine vengono chiuse alle 23.15, il cronista dovrà fare i salti mortali senza rete per raccogliere dati e particolari  “accurati” su quanto è accaduto. Una impresa non facile, anzi disperata. La mancata “accuratezza” (citata anche nell’articolo 3) diventa così un capo di accusa se  quel cronista viene querelato o deferito al Consiglio territoriale di disciplina. Rimuovere un articolo dall’archivio di un sito d’informazione equivale a una censura: è questo un principio stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (sentenza 16 luglio 2013 sul ricorso n. 33846/07)  anche se un tribunale nazionale ha accertato una violazione del diritto alla reputazione. La Corte di Strasburgo ricorda che gli archivi web dei giornali non solo sono protetti dall’articolo 10 della Convenzione che garantisce la libertà di espressione, ma rivestono anche un ruolo centrale in una società democratica per il valore storico. Il pronunciamento della Corte di Strasburgo è in controtendenza rispetto all’intervento del Garante della privacy italiano e a una  sentenza della Cassazione (la n. 5525 del 2012). Il Garante ribadisce, però,  il suo punto di vista nel secondo comma dell’articolo 4 della bozza del nuoco Codice. Le autorità italiane, comunque, hanno l’obbligo giuridico di uniformarsi ai giudicati di Strasburgo fatto salvo lo scrutinio di costituzionalità. Per la Corte dei diritti dell'uomo è  giustificata la divulgazione di notizie di interesse generale e pertanto le intercettazioni  sono integralmente pubblicabili, mentre  non è consentito il  sequestro del materiale  utilizzato dai giornalisti.  Questa pronuncia (Ressiot e altri contro Francia, 28 giugno 2012)  riguarda un caso verificatosi in Francia.  Per la Corte, nel bilanciamento dei vari interessi in gioco, è prioritaria la tutela della libertà di stampa, essenziale in una società democratica. Sulla pubblicazione integrale delle intercettazioni  cosa pensa il Garante? Il cronista deve sentirsi limitato dal vincolo della “essenzialità”? La Corte di Strasburgo con la sentenza 10 febbraio 2009, facendo prevalere il diritto di cronaca sulla privacy,  ha condannato la Finlandia, stabilendo che  spetta al giornalista e non alla Corte europea né ai tribunali nazionali verificare se la riproduzione di un vecchio articolo riguardante una persona indagata e una sua fotografia siano necessarie, perché è il giornalista che deve decidere sulle modalità di diffusione di una notizia. La pubblicazione dell'informazione sull'indagine a carico dell'imputata contribuisce – precisa la Corte – alla pubblica discussione su problemi di carattere generale. Così come è giustificata la divulgazione del nome. Questo perché, anche se non si tratta di una figura pubblica o di un politico, la notizia serve ad attirare l'attenzione su un problema generale come quello degli abusi sull'utilizzo di fondi pubblici. Anche questa sentenza fa a pezzi la  bozza di Codice del Garante. Il giudice nazionale deve tener conto delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo ai fini della decisione, anche in corso di causa, con effetti immediati e assimilabili al giudicato. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 19985 del 30 settembre 2011, ha respinto il ricorso presentato da un uomo che aveva chiesto i danni per essere stato diffamato su un noto quotidiano. I giudicati di Strasburgo condizionano i tribunali italiani, ma condizionano anche l’operato del Garante della privacy o no? Va  sottolineato che la normativa sulle professioni (dl 138 convertito con la legge 148/2011) ha  un punto forte, quando afferma (comma 5/a dell’articolo 3) che “l’accesso alle professioni è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull’autonomia e sull’indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica del professionista”. Il richiamo all’ ”indipendenza di giudizio” del professionista assurge a un preciso diritto-dovere in relazione al concreto svolgimento dell’attività giornalistica. Le professioni non tollerano vincoli che le limitino. Si pensi ai giornalisti e alla libertà di cronaca  e di critica. Sul rovescio i professionisti non possono tenere comportamenti che violano il solenne assunto. La stretta del Garante è in contrasto netto con la legge citata (legge di riforma). Il popolo  può ritenersi  costituzionalmente "sovrano" (nel senso rigorosamente tecnico-giuridico di tale termine) in quanto venga, - al fine di un compiuto e incondizionato formarsi dell'opinione pubblica, senza limitazioni e restrizioni di alcun genere -, pienamente informato di tutti i fatti, eventi e accadimenti valutabili come di interesse pubblico. Lo ha affermato la sezione Terza civile della Cassazione con la sentenza  n. 16236 del 9 luglio 2010. E’ giunto il momento in cui i giornalisti debbano alzare la  testa  e affermare a mo’ di giuramento: “Vogliamo una legge di un solo articolo: è lecito pubblicare  tutto ciò che non sia precluso dal divieto temporaneo posto dal Gip”. Il diluvio di regole e regolette serve solo a imbrigliare la libertà di infromazione e l’autonomia dei giornalisti. Basta!


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Codice deontologico dei giornalisti: precisazione di Antonello Soro, Presidente del Garante della privacy. -  Roma, 18 marzo 2014.  Sono apparse in questi giorni, su testate e agenzie, prese di posizione contro il nuovo testo del codice deontologico dei giornalisti attribuito al Garante privacy, con formule suggestive e utili a creare allarme come "bavaglio", "coltre di silenzio" "divieti al diritto di cronaca". E' dunque bene chiarire subito alcuni punti essenziali. Il Garante per la privacy aveva espresso a suo tempo l'esigenza di aggiornare l'attuale codice dei giornalisti, vecchio di più di quindici anni. Tale esigenza è stata condivisa dall'Ordine nazionale dei giornalisti, con il quale si è avviato un proficuo confronto.  E' auspicabile che il lavoro svolto in questi mesi con l'Ordine non vada sprecato. E, dunque, la prima cosa da sottolineare è che il Garante non ha imposto nulla. All'Autorità spetta, per legge, il compito di promuovere l'adozione del codice di deontologia, il quale, come tale, deve quindi essere proposto dagli stessi giornalisti. Il Garante, al momento, è in attesa che il testo venga sottoposto al Consiglio nazionale dell'ordine che dovrà a breve esaminarlo. Non esiste quindi nessuna "via amministrativa", come qualcuno strumentalmente tenta di accreditare presso gli stessi giornalisti, per imporre limiti alla libertà di stampa. Né il Garante ha mai pensato di stabilire divieti o attentare alla libertà di informazione che è la cifra della nostra democrazia: gli interventi adottati in questi anni dall'Autorità dimostrano infatti il massimo rispetto per il diritto di cronaca. L'esercizio di tale diritto deve essere sempre libero: ma chi lo esercita deve sapere che può arrivare fino al punto di mettere in gioco altri diritti fondamentali, fino al limite di violare, in alcune circostanze, la dignità delle persone. Quel limite non è puntualmente predeterminato per legge: è piuttosto un punto di equilibrio che sta nella responsabilità del giornalista ricercare, non una volta per tutte, ma ogni volta che fa uso del potere e della libertà di informare. L'"essenzialità dell'informazione" costituisce, da oltre un decennio, la dimensione giuridica utilizzata dai giornalisti per esercitare il bilanciamento tra diritto di informare e diritto alla privacy. Il codice deontologico, previsto dal legislatore e non dal Garante, costituisce una forma di autoregolamentazione attraverso la quale i giornalisti possono individuare criteri e misure più adatti per realizzare questo equilibrio. E rappresenta, a parere del Garante, la via migliore per definire autonomamente quei criteri rispetto ad eventuali decisioni o limiti dettati per legge.


Quanto ad alcune affermazioni lette in questi giorni, spesso sull'onda del sentito dire, va precisato che:




  • il "diritto all'oblio" è un principio consolidato nella giurisprudenza europea (sancito anche nel Regolamento votato giorni fa dall'Europarlamento), ancor più valido oggi in presenza degli archivi on line dei giornali (il cui aggiornamento, peraltro, da alcuni anni viene già normalmente attuato dagli editori su richiesta degli interessati);


  • la proposta di "privilegiare", non imporre,  la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni e non la pura e semplice trascrizione - "salvo i casi in cui non sia compromesso il diritto di cronaca" - fa riferimento ai principi già previsti dal codice di procedura penale;


  • la tutela delle persone totalmente estranee al procedimento giudiziario, rispetto a fatti privi di interesse pubblico, è prevista non solo nella Raccomandazione del Consiglio d'Europa del 2003, ma costituisce un principio di civiltà. (TESTO IN http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/2999302).

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  • NUOVO CODICE. L’UNIONE CRONISTI ATTACCA IL GARANTE DEI DATI PERSONALI: “LA PRIVACY IN SOCCORSO DI POLITICI E POTENTI. Il Garante vorrebbe ridurre il diritto-dovere di cronaca e l’indipendenza della notizia”. FNSI: “No a limitazioni per via amministrativa del diritto-dovere di cronaca". IN ALLEGATO la bozza del nuovo Codice della privacy per l'attività giornalistica in attesa di approvazione. IN CODA la riflessione dell'avvocato Caterina Malavenda. FRANCO ABRUZZO: "Il Garante uccide la cronaca. Chiedo una legge di un solo articolo: si pubblica  tutto ciò che non sia precluso dal divieto temporaneo posto dal Gip". - TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=14203









 









 








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