di http://blog.panorama.it
Il punto sono i soldi. Per adesso non c’è ancora traccia dei miliardi destinati agli ammortizzatori sociali. Pare servano almeno 2,2 miliardi di euro all’anno. E allora, dove prenderli?
Tre le opzioni:
- le risorse ottenute eliminando alcuni vecchi ammortizzatori sociali
- i risparmi generati dalla riforma delle pensioni o dalla spending review
- i proventi della lotta all’evasione.
Ecco nel dettaglio dove si annida il tesoretto a disposizione dell’esecutivo.
I NUOVI SUSSIDI. Innanzitutto, va ricordato che l’intenzione del governo è di creare , con un percorso a tappe entro il 2017, l’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego), che prevede l’erogazione di una nuova indennità universale per tutti i disoccupati, compresi i lavoratori che erano assunti con un contratto precario nelle aziende private o nella pubblica amministrazione. L’assegno sarà pari al 70% dell’ultimo stipendio (30% per la parte sopra i 1.250 euro), avrà un tetto massimo di 1.119 euro e coprirà (in caso di disoccupazione) una platea di lavoratori molto vasta che arriva a circa 12 milioni di persone
IL SERBATOIO DELLA MOBILITA’. Buona parte delle risorse per finanziare i nuovi ammortizzatori, arriverà eliminando due categorie di sussidi oggi eistenti: l’assegno di mobilità (di cui hanno beneficiato nel 2011 oltre 188mila disoccupati) e l’indennità di disoccupazione (ordinaria, straordinaria e ridotta, che ha coperto lo scorso anno oltre 2,1 milioni di lavoratori). Per questi ammortizzatori, lo stato ha speso, nei 12 mesi passati, quasi 13 miliardi di euro, di cui 4,7 miliardi (secondo un’analisi effettuata dalla Uil) sono stati coperti dai contributi versati dai lavoratori e dalle imprese, mentre poco più di 8 miliardi sono arrivati dalla fiscalità generale, cioè hanno pesato direttamente sui conti pubblici.
CACCIA A 4,5 MILIARDI. Eliminando queste indennità (e sostituendole con quella nuova), il governo recupererà dunque un “bel gruzzoletto”. I soldi non saranno però sufficienti a finanziare la riforma, sostanzialmente per 2 ragioni. In primo luogo, perché l’attuale assegno di disoccupazione ha un importo e una durata molto ridotti rispetto al nuovo sussidio voluto dal governo: l’esecutivo vorrebbe infatti allungare la copertura dell’assegno dagli attuali 8 mesi (con un importo che arriva al 60% dello stipendio) fino a 12 mesi (18 mesi per gli ultra55enni).
Inoltre, va ricordato che il trattamento di mobilità non scomparirà dall’oggi al domani, ma soltanto in maniera graduale: verrà cioè eliminato nel 2015, mentre la durata massima dell’assegno scenderà da 30 a 24 mesi entro il 2014 (con alcune eccezioni per i lavoratori residenti nelle aree depresse).
Nel periodo transitorio, per finanziare i nuovi ammortizzatori sociali, il governo avrà dunque bisogno di una massiccia iniezione di risorse che, ammonta a circa 4,5 miliardi di euro all’anno, secondo le stime della Uil.
“Abbiamo però elaborato le nostre previsioni”, dice a Panorama.it il segretario confederale Guglielmo Loy, “sulla base di uno scenario macroeconomico un po’ meno disastroso di quello degli ultimi 3 anni, caratterizzati da una grave crisi economica”.
Se la recessione dovesse continuare e la disoccupazione salire ancora, insomma, la spesa per i nuovi ammortizzatori potrebbe risultare più alta di quella ipotizzata dalla Uil.
IL TESORETTO DISPONIBILE. Dove verranno trovati i soldi? Innanzitutto è prevista la creazione di un sistema assicurativo, pagato di tasca propria dalle aziende e dai lavoratori. In altre parole, vi sarà un aumento dei contributi sulle retribuzioni, con un aliquota fino all’1,3% per i dipendenti assunti a tempo indeterminato. Per i contratti dei precari, invece, è previsto un ulteriore aggravio dell’1,4%, con l’aliquota complessiva che dovrebbe toccare il 2,7%.
Vi saranno dunque nuovi oneri per le aziende e sui salari, almeno in alcuni settori (come il turismo e l’artigianato) dove i contributi alla disoccupazione sono oggi molto bassi e oscillano tra lo 0,18 e lo 0,4%. Grazie a questi aumenti, il governo dovrebbe rastrellare una cifra attorno a 2,3 miliardi di euro all’anno. Per coprire le maggiori spese, però, mancano ancora all’appello 2,2 miliardi, che il ministro Fornero dovrà reperire da altre fonti.
PENSIONI, LOTTA ALL’EVASIONE E SPENDING REVIEW. La prima ipotesi, ancora molto in bilico, è che venga destinata agli ammortizzatori sociali una parte delle risorse derivati dalla riforma delle pensioni. Si tratta di un serbatorio di risparmi nell’ordine di 2,7 miliardi di euro, che saliranno a 6 miliardi nel 2013. Molti di questi soldi, però, sono già vincolati dai piani di riduzione del debito pubblico. E così, diventa sempre più probabile il ricorso ad altre soluzioni.
Una quota delle riosorse potrebbe essere raccolta dai proventi della lotta all’evasione fiscale: su questo fronte, sono stati recuperati nel 2011 ben 12 miliardi di euro.
Si tratta però di una voce sempre molto aleatoria, che non garantisce entrate sicure ogni 12 mesi. La terza ipotesi è di attingere ai risparmi generati dalla spending review, il piano di revisione integrale di tutte le voci della spesa pubblica, che dal prossimo anno dovrebbe originare dei tagli ad ampio raggio. Le uscite complessive dello stato oggi superano abbondantemente i 700 miliardi di euro: una cifra enorme che può e deve essere ridotta.
andrea telara
(in http://blog.panorama.it/economia/2012/03/14/ammortizzatori-sociali-ecco-i-tre-tesoretti-in-cui-si-nasconde-la-paccata-di-miliardi-che-serve-alla-fornero/)