Stabilito da una sentenza della Cassazione
E' REATO DI "MOLESTIA"
BRACCARE UN PERSONAGGIO
DI UN FATTO DI CRONACA
La Corte suprema ha infatti convalidato la condanna di un fotografo milanese che aveva pedinato per un giorno Ada Satragni, la dottoressa che per prima aveva soccorso il bimbo del delitto di Cogne - Sulla stessa linea anche un provvedimento deontologico del 2002 dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia
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Dovrà pagare cinquecento euro di multa per molestia e altri ottomila come risarcimento danni un fotografo milanese che per un'intera giornata aveva pedinato Ada Satragni, la dottoressa che per prima aveva soccorso il piccolo Samuele Lorenzi, vittima del delitto di Cogne.
Lo ha deciso la Prima sezione penale della Corte di Cassazione convalidando la condanna che era stata emessa poco più di un anno fa dal Tribunale di Aosta dopo che il medico di Cogne aveva denunciato il fotografo.
I fatti erano avvenuti il 26 luglio 2006 a più di quattro anni dal delitto. Il protagonista della vicenda è Cristian Castelnuovo, 33 anni, fotografo e collaboratore di agenzie fotografiche che si occupano di fotogiornalismo.
Castelnuovo, secondo l'accusa, aveva per tutta la giornata pedinato e chiesto informazioni sulla Satragni, inseguendola sino nei pressi della sua abitazione tanto che la professionista, spaventata, aveva chiesto aiuto ai carabinieri. Castelnuovo, sempre secondo i suoi accusatori, s'era giustificato presentandosi come uno studente universitario impegnato in ricerche per una tesi sul delitto.
La condanna era stata contestata dai legali del fotografo che ricorrendo alla Cassazione avevano impostato la difesa sostenendo che non c'erano prove della "morbosità e dell'insistenza dei pedinamenti" e che in più l'interesse del loro assistito era determinato da motivi di ricerca.
La Cassazione ha invece dichiarato, con la sentenza 3622, inammissibile il ricorso di Cristian Castelnuovo, sostenendo che "non puo' ragionevolmente negarsi che il complesso delle condotte descritte abbiano determinato nella parte lesa un vivo sentimento di preoccupazione, un incisivo coinvolgimento emotivo piu' che molesto, nel che deve riconoscersi integrato l'elemento oggettivo del reato". Aggiungendo poi che "si e' in presenza di una condotta oggettivamente caratterizzata da 'petulanza', ossia da quel modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto e impertinente, che per cio' stesso interferisce sgradevolmente nella sfera della quiete e della liberta' delle persone".
Inoltre la Corte ha anche messo in evidenza che "l'eventuale convinzione delll'agente di operare per un fine non biasimevole non incide ne' sul dolo ne' sulla sussistenza del reato". Quest'ultima valutazione, ovviamente, anche tenendo per buone le giustificazioni, decisamente dubbie per l'accusa, portate dal fotografo.
Volendo trarne una "morale" pratica per chi esercita la professione di giornalista - anche se, nel caso specifico, Cristian Castelnuovo non risulta essere in questa condizione almeno stando a quanto è pubblicato ad oggi negli elenchi degli iscritti all'Albo accessibili tramite il sito web dell'Ordine della Lombardia- d'ora in poi ci sarà da fare moltissima attenzione nel puntare le proprie attenzioni su un preciso personaggio.
Il reato di molestia è nel Codice penale ( art.660 ) e, oltre a una multa ( 500 euro è il massimo ), prevede pure la galera ( sei mesi ). "Chiunque - dice testualmente - in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire un milione".
Tutto questo pure senza voler tenere conto poi del fatto che nel novembre 2002, per un caso molto analogo - vedi : http://www.diritto.it/rubriche/temp/ordine_giorn7.html - l'Odg della Lombardia ( allora presidente Franco Abruzzo ) aveva già "condannato" a due mesi di sospensione dall'attività professionale il fotoreporter pubblicista Giuseppe Fella per aver compromesso con la sua condotta il rispetto della "dignità professionale".
Così anche se Fella, pure lui placcato dai carabinieri, non aveva fatto misteri sui motivi professionali del suo comportamento.
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Amedeo Vergani, presidente Gsgiv dell'Alg
Milano, 9 febbraio 2010