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TV. CASSAZIONE: VESPA
MULTATO PER
DIFFAMAZIONE. PIÙ
RIGORE NEI TALK SHOW

CRITICHE AL SINGOLARE FENOMENO MEDIATICO CHE TENDE A OFFRIRE UNA REALTÀ VIRTUALE.

Roma, 25 novembre 2009. La Cassazione ha confermato la condanna per diffamazione nei confronti di Bruno Vespa per «non avere impedito» che nel corso della trasmissione tv 'Porta a Portà dedicata all'omicidio di Alberica Filo Della Torre, andasse in onda un servizio in cui «la morte della nobildonna era stata gratuitamente accostata ad una serie di ipotesi oggettivamente diffamatorie, in un contesto oscuro e inquietante di servizi segreti con conseguenziale pregiudizio per l'onore e la reputazione dei familiari». In particolare, la V Sezione penale (sentenza 45051), respingendo il ricorso del noto giornalista, condannato con l'autrice del servizio a mille euro di multa oltre al risarcimento dei danni ai famigliari della contessa, ha colto l'occasione per invitare ad un «maggior rigore» da parte dei talk show che rivisitano processi in tv. Nel dettaglio, i supremi giudici criticano quel «singolare fenomeno mediatico che tende a offrire una realtà immaginifica o virtuale, capace, non di meno, per forza di persuasione, di sovrapporsi, ove acriticamente recepita dagli utenti, a quella sostanziale o, quanto meno, a collocarsi in un ambito in cui i confini tra immaginario e reale diventano sempre più labili e non facilmente distinguibili». Piazza Cavour rileva come «secondo un fatto di costume oggi invalso e comunemente accettato» sia «consentito pure rivisitare nei talk show televisivi gravi fatti delittuosi oggetto di indagini e persino di processo, nella ricerca di una verità mediatica in parallelo a quella sostanziale o a quella processuale». Iniziative, deve rilevare la suprema Corte che «riscuotono a quanto pare apprezzabili indici di gradimento nell'utenza» ma che comunque «sembrano inserirsi in un singolare fenomeno mediatico che tende a offrire una realtà virtuale». Ebbene, avvertono gli 'ermellinì «non è consentito neppure in chiave retrospettiva riferire di ipotesi investigative o di meri sospetti degli inquirenti (veri o presunti che siano) senza precisare, al tempo stesso, che quelle ipotesi o sospetti sono rimasti privi di riscontro». Un avvertimento che gli 'ermellinì rimarcano perchè «le ipotesi degli investigatori che non abbiano trovato conforto nelle indagini sono il nulla assoluto».


Tornando alla vicenda di 'Porta a Portà, la Cassazione, confermando la sentenza della Corte d'Appello di Roma del 5 novembre 2008, sottolinea come Bruno Vespa e la giornalista autrice del servizio «nelle rispettive qualità sono venuti meno ai doveri deontologico con ciò arrecando un danno ingiusto a pietro mattei e ai suoi famigliari, pur essi lesi dall'offesa alla memoria della loro congiunta, la cui tragica scomparsa è stata gratuitamente accostata a fatti riservati di vita famigliare o a scenari oscuri e inquietanti, quali rivenienti da un coacervo di mere congetture investigative o giornalistiche rimaste prive di riscontro o persino smentite da sentenza divenuta irrevocabile». Da rilevare ancore che in primo grado il Tribunale di Roma aveva assolto Vespa e la giornalista con la formula dell'insussistenza del fatto ritenendo che la notizia «pure incompleta» rientrasse nel diritto di cronaca per l'interesse pubblico. Giudizio ribaltato dalla Cassazione che, più in generale, ricorda che esiste anche un «diritto all'oblio» soprattutto per fatti avvenuti lontani nel tempo. (Adnkronos)


 


 


 


 


 


 


 


 


 





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