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Lavoce.info (30/6/2009)
EDITORI SENZA
TRANSPARENCY

di Tito Boeri e Roberto Ceredi

La Consob adegua all'Europa la diffusione dell'informativa finanziaria italiana: le società quotate e i gestori di risparmio possono utilizzare sistemi informatici per le comunicazioni obbligatorie al mercato. Ma la nuova norma non è piaciuta agli editori dei giornali, che perderebbero pubblicità per 50 milioni. E dalla loro parte, oltre al Governo, trovano uno schieramento bipartisan in parlamento e lo stesso presidente della Consob, Cardia. Che zitto zitto dà le dimissioni per vedersele respingere. E mettere così in difficoltà i commissari Consob non allineati.


In questi giorni si è consumato un fatto molto grave nel silenzio totale di quotidiani come Il Sole 24Ore e delle principali reti televisive. Ne vogliamo dare notizia ai lettori sperando che i siti indipendenti, le radio e i giornalisti liberi ne diano notizia. La posta in gioco è molto importante. Comporta la riconquista da parte degli editori di giornali (segnatamente quelli economici, oggi più volte invitati dal Governo a fornire un’immagine tranquillizzante della crisi) di un business temporaneamente perduto del valore di circa 50 milioni di euro e la delegittimazione delle autorità indipendenti e in particolare di coloro che, fra i quattro commissari Consob, si sono trovati in rotta di collisione con il loro presidente. Ma vediamo i fatti.


 


IL COMUNICATO ESOTERICO


Un sorprendente comunicato stampa ha annunciato venerdì 26 giugno che “Il Consiglio dei Ministri ha respinto [oggi] le dimissioni del Presidente della Consob, dottor Lamberto Cardia, presentate a seguito della riscontrata impossibilità di fare adeguare le determinazioni della Commissione alla unanime volontà espressa dal Parlamento in merito alle norme di attuazione della direttiva europea sulla trasparenza societaria”. Sorprendente perché le dimissioni di Cardia non erano note neanche ai commissari della Consob e sul sito dell’Autorità vigilante e regolamentatrice della trasparenza non ne appare traccia. Sorprendente anche perché le motivazioni delle dimissioni e della fiducia “confermata” a Cardia “esprimendo apprezzamento per il suo operato, in particolare per il suo atteggiamento di rispetto istituzionale verso il Legislatore” risultano del tutto incomprensibili a chi legge il comunicato. Per capire cosa è successo occorre fare un passo indietro, tornare a un fatto di cui avevamo (in grande solitudine) dato notizia su questo sito.


 


LA DELIBERA DELLA CONSOB


Due mesi fa (1) la Consob ha recepito la direttiva europea “Transparency” consentendo alle società quotate e ai gestori di risparmio di utilizzare sistemi informatici (regolati e vigilati) per le comunicazioni obbligatorie al mercato. Come richiesto dall’Europa, la comunicazione gratuita via Internet non discrimina contro investitori di altri paesi dell’Unione, che non hanno accesso alla carta stampata. Inoltre comporta un risparmio di circa 50 milioni (2) per le imprese quotate in un momento in cui si cerca di alleggerire i costi per le imprese, in particolare i costi relativi all’accesso del mercato di borsa. Importante perciò semplificare gli obblighi informativi, ovviamente a parità di efficacia. L’altra faccia della medaglia di questi risparmi sono minori ricavi soprattutto per i gruppi Sole 24 Ore e Class (Milano Finanza/MF e Italia Oggi).


 


LA CONTROFFENSIVA DELLA LOBBY DEGLI EDITORI


La reazione della lobby degli editori non tarda a farsi sentire. Passano pochi giorni e Milano Finanza critica pesantemente il provvedimento, facendo sapere che la delibera è stata assunta dalla Commissione con il voto contrario del presidente. Si noti che il voto a maggioranza (che di norma non viene mai reso noto all’esterno) non è di per sé un fatto rivoluzionario per un organo collegiale in cui il presidente è un “primus inter pares”. Il 28 maggio la Fieg (Federazione italiana editori di giornali) e le società Sole 24 Ore e Class Editori presentano al Tar del Lazio una richiesta di sospensiva e, nel merito, di annullamento del provvedimento. Nel contempo alla Camera e al Senato le commissioni competenti (3) pronunciandosi peraltro su materie al di fuori della delega che stavano discutendo, esprimono parere favorevole, con consenso bipartisan, alla proposta del Governo di un decreto legislativo che modifica il Testo unico della finanza per recepire la “Transparency” ma reintroduce le norme sulla pubblicità a pagamento sulla carta stampata.


 


L’AUTORITÀ DIPENDENTE


A questo punto il presidente Cardia sollecita i suoi colleghi a prendere atto della volontà del Governo e dei pareri espressi dalle Camere e ad abrogare la controversa delibera ripristinando lo status quo “in ossequio alle volontà del legislatore”. Si noti che non si è in presenza di alcuna legge dello Stato (ovviamente vincolante per tutti), ma solo di richieste pressanti della Fieg e di un semplice parere di commissioni parlamentari. Dunque, la scelta di Cardia di chiedere alla Commissione di annullare il provvedimento ha il contenuto della rinuncia a essere autorità indipendente dalla politica. Non ci sono, infatti, ragioni giuridiche per tornare immediatamente sul provvedimento. Infatti, il Tar respinge la richiesta di sospensiva, il che dimostra che la posizione della Consob sgradita al suo presidente, al Governo e ai giornali, aveva fondamenti giuridici solidi.


Non ci sono comunque delibere formali della Commissione né in un senso, né nell’altro. Nulla avrebbe quindi impedito di aspettare una norma definitiva e adeguare il regolamento Consob alla scelta, diversa dalla generalità dei paesi europei e più costosa per le imprese, voluta dal Parlamento. Giocando d’anticipo, Cardia presenta le dimissioni al Consiglio dei ministri del 26 giugno, prontamente respinte dall’esecutivo. Il Governo vara contestualmente un decreto pieno di errori tecnici (perché elaborato dagli uffici di Palazzo Chigi anziché dal ministero competente) che addirittura impone che tutta l’informativa societaria venga pubblicizzata a mezzo stampa. Si va dunque molto al di là del ripristino dello status quo.Èun chiaro regalo alla Fieg che difficilmente non comporta contropartite. Nella conferenza stampa successiva al Consiglio dei ministri, il presidente del Consiglio rinnova l’invito agli investitori pubblicitari a non fare pubblicità sui giornali che trattano la crisi economica con toni catastrofisti.


Ma c’è anche una minaccia alle autorità indipendenti e ai loro commissari. Milano Finanza, gruppo Class editori, nel riportare la notizia del decreto aggiunge: "Ora si porrà una questione di continuità dell'attività da parte dei commissari che hanno risposto picche al Parlamento".È un chiaro messaggio: i commissari non allineati con il presidente farebbero bene a preparare le valigie.


 


IL SILENZIO DELLE QUOTATE


In tutta questa vicenda spicca il silenzio di Confindustria che dovrebbe sostenere la causa delle imprese. Ma ancora più assordante è il silenzio di Assonime, la principale associazione delle società quotate. Si noti che Assonime è presieduta da Luigi Abete, un imprenditore che opera nel mondo dell’informazione ed è consigliere d’amministrazione del Sole 24 Ore.


…………..


 (1)Per l’esattezza con la delibera 16850 del 1 aprile 2009.


(2)Stima attribuita alla Fieg (Federazione italiana editori di giornali) da Milano Finanza, 27/6/2009, “Fiducia a Cardia dal Governo”.


(3)Senato: VICommissione Finanze; Camera dei Deputati: V Commissione Bilancio; VI Commissione Finanze; XIV Commissione Politiche dell’Unione europea.


 


 





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