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La Stampa Mercoledì 15 Febbraio 2023 Pagina 30- MATTARELLA CON I GIORNALI PER LA LIBERTÀ. - L'appello del capo dello Stato a istituzioni, società civile e industria dei media al congresso della Fnsi: "È compito di tutti garantire le condizioni per una stampa indipendente. Solo così si ha una vera democrazia".

di UGO MAGRI

Nei giorni scorsi qualcuno, tra i più giovani, s'è domandato che cosa fosse mai il Minculpop, lo strano acronimo risuonato durante gli strascichi di Sanremo. Era il Ministero della cultura popolare, cane da guardia dell'ortodossia fascista: oggi, in un mondo profondamente diverso, diremmo del pensiero unico, dell'informazione che parla una voce sola, quella di chi comanda. Senza evocare il Minculpop e tantomeno lo spauracchio del Ventennio, Sergio Mattarella interviene per rammentare che non può esserci vera democrazia, con la sua libera dialettica, con il confronto-scontro delle idee, senza il pluralismo delle notizie e delle fonti da cui ci abbeveriamo. Il presidente non si ferma a questa constatazione da semplice cittadino che vede, ascolta, legge, si documenta sui media, internet compreso. Invita chi di dovere (la lista è lunga: libera imprenditoria, forze politiche, il Parlamento, il governo medesimo) a prendere le misure necessarie perché in Italia prosperi una stampa indipendente. Anche, se necessario, investendoci dei denari pubblici. Come sempre, in questi ultimi tempi ancor di più, Mattarella si appella all'incontestabile, cioè alla Costituzione che letta da sinistra oppure da destra rimane comunque un faro per tutti. Coglie l'occasione offerta dal congresso nazionale Fnsi (Federazione nazionale della stampa italiana) per ribadire principi all'apparenza assodati, tipo: «L'attività professionale dei giornalisti non può essere soggetta a vessazioni, intimidazioni o violazioni della loro libertà» in quanto «ne va di quella di tutti». O anche, in conformità all'articolo 21: «Creare e garantire le condizioni per una stampa indipendente è compito che interpella le istituzioni, la società civile nelle sue diverse articolazioni, l'industria dei media, la coscienza professionale di ciascun giornalista». Ma come riuscirci, questo è il problema. L'idea di Mattarella è che solo un'editoria «in buona salute» potrà affrancarsi dai ricatti, dai condizionamenti, dagli interessi faziosi cui verrebbe soggiogata se si trovasse con l'acqua alla gola. È un rischio che corre non solo l'Italia, sia chiaro. Ovunque l'industria mediatica è alle prese con la rivoluzione digitale che rappresenta una doppia sfida: può proiettare in avanti il grado di consapevolezza collettiva oppure tradursi, mette il guardia l'uomo del Colle, «in un impoverimento del patrimonio culturale e informativo». L'esito è tutt'altro che scontato. Ecco dove trova giustificazione, nel giudizio di Mattarella, «l'intervento diretto a favorire, anche con risorse pubbliche, il pluralismo informativo» sostenendo i processi innovativi, insomma la grande transizione in atto. L'informazione plurale non è meno rilevante, nell'ottica dei padri e madri costituenti, di altri «beni» quali la salute, la cultura, l'istruzione, la previdenza sociale. Se si spende per quelli, non si vede perché abbandonare i media al loro destino. Il presidente vola alto, non spetta a lui indicare gli strumenti; ma suona sottinteso: ci vorrebbe una nuova legge di sistema visto che l'attuale (legge 416) risale al 1981. Altre situazioni, altri mondi. Ulteriore concetto: nella definizione di cosa sia una notizia e di come vada trattata, determinante rimane la professionalità giornalistica. L'intermediazione, per Mattarella, è ancora necessaria. Tanto più se l'alternativa fosse rappresentata dagli algoritmi dell'intelligenza artificiale. Il presidente fa un passo oltre; si mette nei panni dei giornalisti e richiama due scomodi articoli della Carta (numero 35 e 36) per rammentare che la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme, che la retribuzione dev'essere proporzionata alla sua quantità e qualità, in ogni caso sufficiente ad assicurare un'esistenza libera, dignitosa. Guarda caso, sono otto anni che il Contratto nazionale di lavoro giornalistico è scaduto. Mattarella sollecita la «definizione di un quadro contrattuale solido e definito che di questi valori sappia essere efficace strumento», con le parti sociali nel ruolo di protagoniste. Sarebbe ora. —


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Articolo 21 della Costituzione: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure". 


 





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