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SOPAF: “DILAPIDATI” 3.000 EURO PER COSTRINGERE L’INPGI A COSTITUIRSI PARTE CIVILE. Una dichiarazione presidente del Consiglio nazionale dell’Odg, Enzo Iacopino, in relazione al comunicato apparso su un blog.

9.5.2016. Alcune associazioni regionali di stampa (alcune, non tutte e sarebbe carino sapere quali) hanno diffuso un comunicato dal titolo “Processo Sopaf, rigettata la costituzione di parte civile dell’Ordine: soldi gettati al vento. E io pago” (testo in https://assostamparegionali.wordpress.com/2016/05/05/processo-sopaf-rigettata-la-costituzione-di-parte-civile-dellordine-soldi-gettati-al-vento-e-io-pago/)


Nel testo mi si accusa di aver dilapidato 3.000 euro dei colleghi, proponendo l’istanza di costituzione perché voglio “ad ogni costo apparire protagonista in vicende giudiziarie che appartengono ad altri”. Non mi sorprende l’idea proprietaria degli organismi di categoria, che i sottoscrittori del documento in tutta evidenza dimostrano di avere. La decisione di costituirci parte civile, quando non si sapeva che cosa avrebbe fatto l’Inpgi, non è mia, che dell’Odg sono il presidente e non il padrone, ma è stata assunta all’unanimità dai membri dell’esecutivo nazionale (29.02.2016) e ratificata dal Consiglio nazionale in data 15 marzo 2016 (un solo voto contrario e 19 astensioni).


Gli esperti di diritto e i custodi della moralità non tengono in alcuna considerazione almeno due fatti.


Il primo: l’Inpgi, con un cambio di strategia, ha deciso di costituirsi parte civile e non si è limitato a dichiararsi parte offesa come aveva in precedenza fatto. Una scelta avvenuta dopo che l’Odg aveva preannunciato la sua determinazione. Ha inciso questa posizione nel cambio di rotta dell’Istituto? Ciascuno può maturare la sua opinione.


Il secondo: il Tribunale di Milano ha respinto la richiesta dell’Inpgi di costituirsi parte civile contro Giorgio Magnoni, il boss della Sopaf, perché “tardiva”. Il nostro Istituto decise di non farlo, quando almeno secondo il Tribunale era il tempo giusto, ancorando la decisione ad alcuni pareri dei suoi legali.  Questa è cronaca. Giudiziaria. Nel rispetto delle verità. Quel che mi colpisce, invece, è il silenzio dei custodi della moralità, i vigilantes sull’impiego dei soldi pubblici, su un altro fatto.


L’Inpgi non si costituì parte civile contro Giorgio Magnoni, interpretando i pareri di avvocati-consulenti nella vicenda Sopaf. In una comunicazione era stato previsto un costo totale della prestazione dei legali che sarebbe andato da 30.000 a 50.000 euro (da 10 a quasi 17 volte quello che ha speso l’Odg). Un costo totale del patrocinio legale, processo compreso. Per quelle prestazioni sono stati, invece, corrisposti (così è stato detto nel consiglio generale dell’Istituto) ben 120.000 euro. Chi lo ha deciso? Non il Consiglio di amministrazione, ma un qualche “principe-padrone” dei soldi nostri. Come dite? Senza che il Cda lo sapesse hanno fatto esplodere le parcelle da 30-50 mila euro a 120 mila? Già.


Chi lo ha fatto? Mistero.


Che cosa state pensando? Quaranta volte la somma impiegata dall’Odg per stimolare l’Inpgi a fare il suo dovere?


No, non è vero.


Perché mai? Perché la parcella per la difesa nel processo dopo la costituzione di parte civile dovrà essere ancora corrisposta e se tanto (due pareri e poco altro usati per non costituirsi in giudizio e buonanotte) mi dà tanto, ne vedremo delle belle.  Ve ne informerò in dettaglio.


Ma su questo i custodi della moralità, i manipolatori della verità, tacciono. E tacciono anche sul danno (vedremo cosa farà la Corte dei Conti nei confronti di quanti ne sono direttamente responsabili) che deriverà all’Istituto dalla mancata costituzione di parte civile contro Giorgio Magnoni della rinomata ditta Sopaf perché la richiesta è stata “tardiva”.


 


Con buona pace dei circa 7.000.000 di euro su 30 milioni di investimento che la Sopaf ha lucrato con una operazione che è valsa all’allora presidente Andrea Camporese il rinvio a giudizio per corruzione e truffa aggravata ai danni dell’Istituto. Tremila euro contro 120.000 (per ora): già, uno scandalo. Un altro scandalo.





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