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Il potere d’acquisto delle pensioni evapora di anno in anno. Grazie al giochino dei blocchi totali (cinque dal 1995 ad oggi) o parziali della perequazione, una pensione liquidata nel 2000 ha perso negli ultimi quindici anni ben oltre il 25%, senza considerare che il netto si è ulteriormente ridotto a causa delle addizionali Irpef che, nello stesso periodo, sono aumentate del 150%.

di Guglielmo Gandino

30.10.2015 - Il taglio pensioni inserito nella Legge di Stabilità 2016 per i trattamenti sopra 4 volte il minimo può ancora essere evitato. Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti ricorda che la misura non scatterà da subito ma tra due anni, quando è prevista la proroga dell’attuale indicizzazione ridotta: «Essendo un intervento che scatta solo nel 2017, abbiamo tutto il 2016 per valutare se questa debba essere la soluzione definitiva o se ci possono essere altre strade». È proprio questo che mi preoccupa. Se un Ministro della Repubblica - e con lui i parlamentari tutti - ha bisogno di un intero anno per valutare la congruità di una misura chiaramente iniqua e incostituzionale, siamo proprio all’ultima spiaggia.


Come italiano mi preoccupa ancor di più che il Presidente Mattarella, che avrebbe la funzione di garante, sottoscriva questa Legge di Stabilità contenente una clausola come questa, che è palesemente in contrasto con almeno tre sentenze della Consulta, la 316/2010, la 208/2014 e la 70/2015.


E dire che almeno una di queste l’ha votata anche lui, Sergio Mattarella Giudice della Consulta, laddove la n. 208/2014 specifica che «il trattamento pensionistico ordinario ha natura di retribuzione differita» (sentenza n. 116 del 2013). Di conseguenza «dagli articoli 36 e 38 discende il principio che, al pari della retribuzione percepita in costanza del rapporto di lavoro, il trattamento di quiescenza, che della retribuzione costituisce il prolungamento a fini previdenziali, deve essere proporzionato alla qualità e alla quantità del lavoro prestato e deve, in ogni caso, assicurare al lavoratore e alla sua famiglia i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita».


Però, grazie al giochino dei blocchi totali (cinque dal 1995 ad oggi) o parziali della perequazione sulle pensioni, una pensione liquidata nel 2000 ha perso negli ultimi quindici anni ben oltre il 25%, senza considerare che il netto si è ulteriormente ridotto a causa delle addizionali irpef che, nello stesso periodo, sono aumentate del 150%. Sicché negli ultimi quindici anni non soltanto la rivalutazione della pensione lorda è stata la metà della rivalutazione monetaria storica, ma la pensione netta è inesorabilmente diminuita.


Qualcuno potrebbe obiettare che la Costituzione Italiana è molto chiara in materia. Perché allora sta succedendo tutto questo? Perché si ha l’ardire di mettere le mani in tasca anche a pensionati da 2.000 euro lordi, ovvero di 1.400 euro netti? La risposta è ovvia. Direbbe Boeri o Poletti o Padoan: per «ragioni di finanza pubblica»! (articolo 81 della Costituzione).


Eppure le «ragioni di finanza pubblica» non hanno fatto abolire le doppie pensioni dei parlamentari, e neppure hanno fatto ridimensionare le pensioni degli ex-sindacalisti calcolate con il retributivo sulla  base dell’ultimo stipendio gonfiato, e neppure hanno determinato il licenziamento dei consiglieri di amministrazione di almeno 6.000 enti inutili, e neppure hanno fatto vietare il cumulo di chi percepisce tre/quattro vitalizi per oltre 25-30.000 euro al mese, e neppure hanno fatto drasticamente tagliare le pensioni calcolate artificiosamente sull’ultimo stipendio fino allo scandalo dei 90.000 euro lordi mensili.


Nossignori, in tutti questi casi le «ragioni di finanza pubblica» non hanno efficacia. Ma ce l’hanno eccome sui lavoratori che per 40 anni hanno versato fior di contributi e che adesso si vedono compromessa la loro stabilità finanziaria famigliare grazie a chi, in nome di un pauperismo catto-comunista inspiegabile ma reale, ha deciso di abbassare il livello di vita di tutti i lavoratori in pensione, indipendentemente dalla mole di contributi versati durante la vita lavorativa. E poi si ha il coraggio di parlare di solidarietà?


Solidarietà verso chi? Verso i migranti irregolari clandestini, una minima parte dei quali possono vantare lo status di “rifugiato politico”. Ma non certamente verso chi ha lavorato una vita e adesso vede la sua pensione mensile assottigliarsi sempre di più.


Mi chiedo: possibile che il Presidente Mattarella non si renda conto che una pensione che ha perso il 20-30% mette in seria difficoltà finanziaria il percettore della stessa? E che è assolutamente un disastro se questa pensione non viene correttamente rivalutata nei prossimi anni?


Eppure il Presidente firma con leggerezza una norma che impedisce il ritorno alla n. 388/2000 che prevede un sistema di indicizzazione per scaglioni (<1.500€ 100%, >1.500<2.500€ 90%, >2.500€ 75%), per prorogare invece, anche nel 2017-18, la n. 147/2013 che prevede l’indicizzazione dell’intera pensione secondo il livello della pensione stessa: 0-1.500: 100%, >1.500<2.000: 95%, >2.000<2.500: 75%, >2.500<3.000: 50%, >3.000: 45%.


Gli anni 2014-15 sono stati a bassa inflazione (0,30-0,40%). Già il 2016 si prospetta all’1%. Ma la BCE ha dichiaratamente affermato che il QE è stato lanciato proprio per riportare l’inflazione media europea almeno al 2%. Per i pensionati sarà il fallimento! Dunque per questa categoria di persone non valgono le regole della solidarietà?


No, con i pensionati no! Non potendo anticipare artificiosamente la morte loro e dei loro eredi, con i pensionati si preferisce agire subdolamente espropriandoli a poco a poco di quello che loro stessi si sono costruiti in 40 anni di sacrifici, con il benestare di Parlamento, Governo e della stessa Presidenza della Repubblica.


Quindi le sentenze della Corte Costituzionale sono carta straccia, diciamocelo chiaro. Ma se è davvero così, come purtroppo è, allora risparmiamo almeno i ricchi emolumenti dei Giudici che la compongono. Ne faccio una questione di coerenza, a questo punto.


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 





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