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EXFISSA. Molto delicata la posizione di amministratori ed ex amministratori di Inpgi dopo il deposito della sentenza di primo grado del giudice del lavoro di Roma, Dario Conte, con la quale lo stesso Inpgi è stato condannato a pagare l’ex fissa ad un ex inviato del Messaggero. Molto delicata perché il giudice del lavoro di Roma in sentenza scrive di colpa grave da parte degli organi di Inpgi preposti alla sorveglianza della liquidità del Fondo ex fissa. Il giudice afferma che “ è nulla la clausola di esonero dell’Istituto dall’obbligazione ai pagamenti per mera ragione di illiquidita’”. Nulla “ per violazione dell’articolo 1229 comma 1 del codice civile che vuole nulle le clausole di esonero da responsabilità per dolo o colpa grave”.

di Francesco M. de Bonis

31.7.2015 - Si è fatta molto delicata la posizione di amministratori ed ex amministratori di Inpgi dopo il deposito della sentenza di primo grado del giudice del lavoro dottor Conte con la quale lo stesso Inpgi e la Fnsi sono stati condannati a pagare l’ex fissa ad un ex inviato del Messaggero oltre agli interessi, alle spese di giudizio, onorari e tasse. Molto delicata perché il giudice del lavoro di Roma in sentenza scrive, argomentando in maniera precisa e documentata, di colpa grave da parte degli organi di Inpgi preposti alla sorveglianza della liquidità del Fondo ex fissa. E proprio per non aver sorvegliato come avrebbero dovuto (“che la liquidità sia adeguata alle necessità e comunque mai inferiore al 10 per cento dell’ammontare del contributo annuo dovuto al Fondo stesso, calcolato sulla scorta dei dati di bilancio preventivo dell’Istituto”, comma 3 ,articolo 6 della convenzione 1994, ndr) il giudice Dario Conte afferma che “ è nulla la clausola di esonero dell’Istituto dall’obbligazione ai pagamenti per mera ragione di illiquidita’”. Nulla “ per violazione dell’articolo 1229 comma 1 del codice civile che vuole nulle le clausole di esonero da responsabilita’ per dolo o colpa grave”.


Posizione delicata, si diceva in apertura, per il presidente Inpgi , per il direttore generale, ma anche per tutti quegli amministratori che si sono succeduti ai vertici dell’Istituto almeno dalla fine degli anni ’90 o inizio degli anni Duemila. Difatti se la sentenza della sezione lavoro del tribunale di Roma finirà nella documentazione della Corte dei Conti, e’ facilmente prevedibile la Procura presso la Corte stessa voglia approfondire i rilievi che il giudice di merito di primo grado ha indicato in sentenza. E se questi rilievi trovassero conferma nei successivi accertamenti non e’ affatto da escludere la possibilità dell’avvio di procedimenti a carico di uno o piu’ amministratori Inpgi.


Ma vediamoli nel dettaglio questi rilievi che il dottor Conte fa emergere in sentenza. Rilievi che peraltro gli avvocati Luigi Albisinni e Achille Buonafede, che rappresentavano in giudizio il giornalista ricorrente e rappresentano circa 30/35 altri giornalisti pensionati in altrettanti ricorsi, avevano ripetutamente evidenziato nelle loro memorie. “Come si è premesso – scrive in sentenza il giudice Conte – l’articolo 6, comma 3 della Convenzione obbligava l’Inpgi a sorvegliare la liquidità di gestione ed a segnalare immediatamente agli stipulanti la necessita’ di reintegro, precisando, sulla base di di apposita documentazione presentata al Comitato di gestione, la somma necessaria e l’ente o gli enti tenuti al reintegro”.


Orbene, sebbene l’Inpgi stesso assuma di essere in crisi di liquidità da almeno 4 anni – scrive in sentenza il magistrato del lavoro – non consta che esso abbia mai assolto all’obbligo di chiedere il reintegro della liquidità, tantomeno con le modalità previste dall’art. 6 comma 3, limitandosi a comunicare mensilmente agli stipulanti le somme erogate e le pratiche giacenti, e a deliberare, nel dicembre 2010, infruttuosamente per mancata approvazione dei ministeri vigilanti, un prestito al Fondo integrativo a rivalersi sulle aziende interessate”. (ndr: sempre lo stesso sistema: invece di farsi dare i soldi dagli editori Inpgi e Fnsi pensano bene di far loro dei prestiti con i soldi dei giornalisti).


Scrive ancora il giudice Conte nella sentenza: “Peraltro, la piu’ antica comunicazione, quella del 5 luglio 2010, dava già atto di 427 giacenze per pendenze già allora ammontanti a oltre 46 milioni di euro (vedi delibera del 14/10/2010) contro appena 102 pratiche liquidate, il che, considerato che di lì in poi le giacenze sono aumentate di poche decine al mese, rende evidente che la situazione di illiquidità risaliva ad epoca ben anteriore, e , solo aggravata dalla congiuntura, trovava causa nella totale mancanza di strumenti di programmazione atti a consentire la tempestiva verifica dell’adeguatezza delle entrate in rapporto alle uscite. Di cio’ dà conferma la ridetta delibera del 14/12/2010 che afferma che la crisi del settore dell’editoria <aveva comportato un ulteriore differimento temporale nell’erogazione delle prestazioni rispetto alla relativa maturazione>, i cui tempi di attesa erano ormai (già allora) di circa 5 anni: Il che significa che c’erano già, nel 2010, pendenze per illiquidità dal 2005/2006, eppure nulla era stato fatto fino ad allora per dotare il Fondo della liquidità necessaria a soddisfare i diritti che andavano a maturare”.


Fin qui stralci della sentenza. Appare molto pesante e dura per i vertici Inpgi la frase della sentenza che dice che la situazione di illiquidità del Fondo ex fissa trovava causa nella totale mancanza di strumenti di programmazione atti a consentire la tempestiva verifica dell’adeguatezza delle entrate in rapporto alle uscite. Come dire: l’Inpgi non si era dotato di alcun paracadute per sapere come andavano le cose ma soprattutto non aveva programmato (come chi amministra soldi di altri dovrebbe fare come prima cosa) piani e soluzioni per evitare il disastro intervenendo su Fnsi e Fieg per far rimpolpare le casse del Fondo. E la programmazione – appare evidente- è compito esclusivo di chi amministra aziende, enti pubblici e privati. Non aver programmato, non aver visto, non esser intervenuti per tempo – lo fa ben capire la sentenza – è colpa grave per chi ritiene di saper amministrare, come un saggio padre di famiglia, le casse di Inpgi e del Fondo ex fissa.


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.31.7.2015 - EXFISSA – TRIONFALE comunicato della direttora dell'Inpgi: “Stiamo stravincendo (18 vittorie contro una sola sconfitta) contro i giornalisti, che chiedono l'immediato pagamento della indennità”. Ma la motivazione della sentenza romana pubblicata il 29 luglio è un precedente che inquieta perchè l'Istituto, secondo il tribunale, non ha esercitato alcuna adeguata pressione sulla Fieg al fine del reperimento dei mezzi finanziari. Sul sito ufficiale dell’Istituto pubblicata una apposita sezione dedicata alla speciale indennità contrattuale.- TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=18390


 


.29.7.2015 - EX-FISSA. Tribunale del lavoro di Roma. Duro atto di accusa all'Inpgi nella motivazione della sentenza. L'Istituto condannato a pagare ad un ex inviato speciale del Messaggero 81.460 euro oltre agli interessi del 5 per cento annuo dalla data del suo pensionamento, il primo febbraio 2013, e assieme alla Fnsi 7.000 euro per spese e onorari. L'Inpgi non era e non è un mero gestore del Fondo ex fissa. Così come la clausola all'articolo 6 del regolamento del Fondo che esonerebbe l'Istituto dai pagamenti per ragioni di mera illiquidità, appare nulla per violazione dell'articolo 1229 (co.1) del Codice civile che vuole nulle le clausole di esonero da responsabilità per dolo e colpa grave. Nel caso dell'Inpgi saremmo di fronte ad una colpa grave per non aver l'Istituto attivato quanto previsto da regolamento e convenzione per dotarsi della liquidità necessaria al pagamento delle ex fisse. In sostanza nessuna pressione sulla Fieg perché fornisse i mezzi finanziari. - di Francesco M. de Bonis – TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=18380


 







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