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Saranno le sezioni unite civili della Cassazione a pronunciarsi in modo definitivo sui diritti acquisiti sulle pensioni. IN CODA l’ordinanza della Sezione Lavoro della Cassazione civile.


Cassazione civile (Sezione Lavoro) - Ordinanza interlocutoria n. 25688 del 04/12/2014 (Presidente: G. Vidiri, Estensore: G. Napoletano)- MODIFICHE "IN PEIUS" DEI CRITERI DI CALCOLO DELLA QUOTA RETRIBUTIVA DELLA PENSIONE – PRINCIPIO DEL "PRO RATA" - APPLICABILITÀ - MODALITÀ - RIFERIMENTO TEMPORALE – QUESTIONE DI MASSIMA DI PARTICOLARE IMPORTANZA.
La Sezione Lavoro ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, della questione, considerata di massima di particolare importanza, sulle modalità di riliquidazione della pensione di anzianità, in caso di modifiche "in peius" dei criteri di calcolo della quota retributiva, secondo il sistema del “pro rata”, nel regime dettato dall’art. 1, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, prima delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, alla luce dell’interpretazione autentica di quest’ultima norma fornita dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
L'intera motivazione é pubblicata qui sotto:



Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 04-12-2014, n. 25688



PREVIDENZA SOCIALE- Pensione di anzianità e vecchiaia



Fatto - Diritto P.Q.M.



REPUBBLICA ITALIANA



IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE  SEZIONE LAVORO



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:



Dott. VIDIRI Guido - Presidente -



Dott. VENUTI Pietro - Consigliere -



Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere -



Dott. NAPOLETANO Giuseppe - rel. Consigliere -



Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -



ha pronunciato la seguente:



ORDINANZA INTERLOCUTORIA sul ricorso 21706/2011 proposto da:



M.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA PAMPHILI 59, presso lo studio dell'avvocato SALAFIA ANTONIO, rappresentato e difeso dall'avvocato CARBONE Leonardo, giusta delega in atti;



- ricorrente -



contro



CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 44/46, presso lo studio dell'avvocato PERSIANI Mattia e dell'avv. GIOVANNI BERETTA, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;



- controricorrente -



avverso la sentenza n. 202/2011 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 14/04/2011 R.G.N. 676/2010;



udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;



udito l'Avvocato CARBONE LEONARDO;



udito l'Avvocato BERETTA GIOVANNI per delega orale PERSIANI MATTIA;



udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.



Svolgimento del processo - Motivi della decisione



Rilevato che:



la Corte di Appello di Ancona rigettava la domanda dell'iscritto in epigrafe alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e periti commerciali, proposta nei confronti di detta Cassa, per ottenere, essendo andato in pensione a decorrere dal 1 giugno 2008, la riliquidazione della pensione di anzianità secondo il sistema del pro rata e la condanna della Cassa al pagamento delle relative differenze;



avverso detta sentenza il pensionato ricorre in cassazione sulla base di due motivi con i quali, denunciando la violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, critica la sentenza impugnata in punto di ritenuta non applicazione del sistema pro rata; la Cassa intimata resiste con controricorso.



Ritenuto che:



le questioni sollevate con il ricorso si collocano nella scia di un contenzioso seriale tra assicurati e Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (in seguito anche Cassa), già più volte venuto all'esame di questa Corte che si è ripetutamele pronunciata in proposito;



è sufficiente ricordare che l'orientamento favorevole agli assicurati è stato ripetutamente ribadito da questa Corte (cfr. Cass., sez. lav., 18 aprile 2011, n. 8846; Cass., sez. lav., 2 maggio 2011, n. 9621; Cass., sez. 6-L, 7 marzo 2012, n. 3613; Cass., sez. lav., 30 luglio 2012, n. 13607, da ultimo Cass., sez. 6-L, 14 febbraio 2014, n. 3520) e risulta fissato nel seguente principio di diritto: "Nel regime dettato dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12 (di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche a tale disposizione apportare dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763 (legge finanziaria 2007), la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata - il cui rispetto è prescritto per le casse privatizzate ex D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti - ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei crateri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare delle Casse.



Pertanto con riferimento alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali e alle modifiche regolamentari adottare con Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003, che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regolamentare, la quota A di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota B, calcolata con il criterio contributivo, opera - per il calcolo della quota A - il principio del pro rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio di calcolo: la media di 15 redditi professionali annuali più elevati nell'arco di 20 anni di contribuzione anteriori a quello di maturazione del diritto a pensione, e non già la media dei redditi degli ultimi 24 anni";



in questa situazione di raggiunto assetto della giurisprudenza di legittimità sulla portata e sull'ambito di applicazione della clausola di garanzia costituita dalla regola del pro rata di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12, nella sua originaria formulazione, è da ultimo intervenuto il legislatore con una disposizione qualificata come di interpretazione autentica - la L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilità 2014) - che ha previsto: "L'ultimo periodo della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, si interpreta nel senso che gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine";



la portata (e l'interpretazione) di tale disposizione costituisce un rinnovato punto controverso tra le parti in causa;



la questione è stata oggetto di una prima pronuncia di questa Corte (Cass., sez. lav., 12 agosto 2014, n. 17892) relativa ancora a trattamenti pensionistici con decorrenza precedente al 1 gennaio 2007, pronuncia che, nel ribadire l'orientamento giurisprudenziale precedente, ha posto a base del decisum il fondamentale rilievo secondo il quale alla norma di cui alla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, citato comma 488, non può attribuirsi natura retroattiva risultando anche "inapplicabile al presente giudizio di legittimità, essendo subordinata ad un accertamento, l'essere gli atti e delibere degli enti finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine, in ogni caso non consentito a questa Corte";



a tanto la Corte, nella predetta sentenza, è pervenuta in base alla considerazione che la norma della finanziaria 2014, lungi dall'esprimere una soluzione ermeneutica rientrante tra i significati ascrivibili alla L. n. 296 del 2006, citato art. 1, comma 763, ad esso nettamente deroga, innovando rispetto al testo previgente, peraltro senza alcuna ragionevole giustificazione, in contrasto col divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento e della tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti assicurati e già pensionati, in assenza di motivi imperativi di interesse generale costituzionalmente rilevanti (cfr. da ultimo C. Cost. n. 170 del 2013, n. 103 del 2013, n. 271 del 2011) ed in violazione dei principi generali di eguaglianza e ragionevolezza (cfr. C. Cost. n. 209 del 2010);



nella sentenza in parola, secondo la Corte, nel caso di specie, non è dato ravvisare quali sarebbero i motivi imperativi d'interesse generale, idonei ad attribuire effetto retroattivo alla norma in questione con la conseguenza che risulta violato altresì il parametro costituito dall'art. 117 Cost., comma 1, in relazione all'art. 6 della Convenzione europea, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, incidendo sull'esito giudiziario di controversie in corso;



successivamente la Corte ha preso in esame i trattamenti pensionistici con decorrenza a partire 1 gennaio 2007 e con sentenza 13 novembre 2014 n. 24221 seguita da altre emesse nella stessa udienza ha affermato il principio secondo cui "Nel regime dettato dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12 (di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche a tale disposizione apportare dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763 (legge finanziaria 2007), la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata - il cui rispetto è prescritto per gli enti previdenziali privatizzati ex D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, quale è la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti - ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei crateri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare degli enti suddetti. Pertanto con riferimento alle modifiche regolamentari adottate dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003), che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regolamentare, la quota A di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota B, calcolata con il criterio contributivo, opera - per il calcolo della quota A dei trattamenti pensionistici liquidati fino al 31 dicembre 2006 - il principio del pro rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio di calcolo della pensione. Invece per i trattamenti pensionistici liquidati a partire dal 1 gennaio 2007 trova applicazione della L. n. 335 del 1995, medesimo art. 3, comma 12, ma nella formulazione introdotta dalla L. n. 296 del 2006, citato art. 1, comma 763, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine, "avendo presente" - e non più rispettando in modo assoluto - il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni con espressa salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. n. 296 del 2006; atti e deliberazioni che, in ragione della disposizione qualificata di interpretazione autentica recata dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilità 2014), si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine.



Consegue che è legittima la liquidazione dei trattamenti pensionistici fatta dalla Cassa con decorrenza del 1 gennaio 2007 nel rispetto della citata normativa regolamentare interna (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003)";



in tale pronuncia la Corte ha sì confermato il precedente orientamento di cui alla citata sentenza del 12 agosto 2014 n. 17892, ma con riferimento ai trattamenti pensionistici liquidati con decorrenza anteriore al 1 gennaio 2007 in quanto per quelli successivi ha ricostruito una portata applicativa della norma di interpretazione autentica diversa e più ridotta - e tanto sul presupposto che l'interpretazione adeguatrice non può risolversi solo nella negazione dell'interpretazione ritenuta contrastante con un parametro costituzionale, ma implica la scelta di un'interpretazione alternativa che valga a fugare quei dubbi di costituzionalità che altrimenti imporrebbero al giudice comune di sollevare la questione di costituzionalità;



tutto il precedente iter argomentativo non solo fa emergere la sia pure parziale difformità di interpretazione della L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488, che comporta implicazioni anche di rilievo costituzionale, ma evidenzia, altresì, come si sia anche in presenza di questioni di massima di particolare importanza;



tali ragioni inducono alla rimessione della causa al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite;



questa decisione della remissione che si è ritenuta da questa Corte da privilegiare su ogni altra, stante il principio del giusto processo e della sua "ragionevole durata" (art. 111 Cost., comma 2) e stante ancora il rafforzamento della funzione nomofilattica delle Sezioni Unite della Cassazione anche a seguito delle novelle del 2006 e del 2009, e che è, pertanto, da preferire anche rispetto ad altra pur praticabile decisione alternativa, quella cioè del rinvio pregiudiziale al giudice delle leggi a seguito di opzioni ermeneutiche sul disposto della L. n. 145 del 2013, art. 1, comma 488, che fanno sorgere dubbi di incostituzionalità non manifestamente infondati;



tale considerazione sollecita a sua volta alcune più generali riflessioni di natura ordinamentale capaci di ulteriormente confortare la soluzione scelta;



in una relazione tematica dell'Ufficio Massimario della Corte di Cassazione avente oggetto "Le questioni ancora aperte nei rapporti tra le Corti Supreme nazionali e le Corte di Strasburgo e di Lussemburgo" - è stato osservato testualmente che "emblematico, al fine di decidere le relazioni tra le Corti e le criticità connesse al carattere multilivello della tutela dei diritti fondamentali, appare il caso riguardante il personale Amministrativo Tecnico e Ausiliario (A.T.A.) della scuola, che ha visto interessate in successione cronologica la Corte di cassazione, la Corte costituzionale, la Corte di Strasburgo e la Corte di Lussemburgo";



quanto ora riportato induce a ritenere che se la definizione del noto caso del personale A.T.A. (relativo al trasferimento dai ruoli degli enti locali ai ruoli del personale dello Stato - Comparto scuola, avente ad oggetto il criterio del c.d. "maturato economico") non è giunta seppure dopo molti anni ad un approdo definitivo (ed infatti la CEDU recentemente ha continuato a pronunziarsi in materia in senso contrario anche ai più recenti arresti della Corte di cassazione;



cfr. ex plurimis sentenze 25 marzo 2014, Biasucci c. Italia; 13 maggio 2014 Marino e Colacione c. Italia e Bordoni c. Italia, che hanno confermato la violazione dell'art. 6, par. 1, della Convenzione EDU da parte dell'Italia) - non è certo azzardato prevedere che in relazione alla questione del pro rata si prospetti un analogo, difficile e tormentato percorso decisionale perchè, in una fattispecie in buona misura assimilabile al caso A.T.A., viene ora richiesto all'interprete il difficile compito di individuare in un ordinamento sovranazionale un giusto equilibrio tra esigenze di interesse pubblico e tutela dei diritti fondamentali individuali e di pervenire, nell'ambito dei Paesi della Comunità europea, ad un bilanciamento tra i diritti della collettività e quelli individuali a copertura costituzionale, attraverso l'osservanza degli obblighi di interpretazioni convenzionalmente conformi;



per ragione di completezza motivazionale per quanto interessa in questa sede di legittimità è opportuno rimarcare, infine, come l'attuale assetto ordinamentale a livello sovranazionale continui a caratterizzarsi per una non facile e non definita regolamentazione dei rapporti tra alte Corti di giustizia, che finisce per determinare non di rado una eccessivo ritardo nelle risposte giudiziarie con ricadute pregiudizievoli anche sul versante socio-economico; in tale contesto volto a garantire il principio del giusto processo e della sua "ragionevole durata" in applicazione del disposto dell'art. 6 della Convenzione EDU - un non secondario contributo alla riduzione dei tempi della giustizia può essere fornito da pronunzie delle Sezioni Unite che siano prontamente chiamate a pronunziarsi, a seguito di quanto dettato dall'art. 374 c.p.c., comma 2, su questioni di massima di particolare importanza, come quella in esame; non può, infatti, negarsi che la pronunzia di dieta delle Sezioni Unite - se congiunta al rinvio pregiudiziale in un ottica di collaborativo dialogo con il giudice delle leggi - consenta di pervenire in tempi ragionevoli ad approdi giurisprudenziali certi ed affidabili;



corollario conclusivo delle argomentazioni sinora svolte è, dunque, che una procedura di fattivo e sollecito coordinamento tra le Alti Corte di Giustizia - volta a garantire una "unità del diritto oggettivo nazionale" su cui poi parametrare la compatibilità con il diritto comunitario e con quello sovranazionale - finisce per agevolare una riduzione dei tempi richiesti per pervenire ad una decisione definitiva a livello comunitario;



non può invero dubitarsi che si previene in tal modo, anche in sede di giurisprudenza di merito, il sorgere di possibili contrasti o il loro protrarsi, e si limita nello stesso tempo il rischio di un abuso dello strumento del rinvio pregiudiziale, che ha indotto la Corte di Giustizia ad apprestare apposite "Raccomandazioni alla attenzione dei giudici nazionali" allo scopo di limitare l'amplissimo ricorso allo strumento del rinvio pregiudiziale,causa di certo non ultima della violazione del principio della "ragionevole durata" del processo.



P.Q.M.



La Corte, letto l'art. 374 c.p.c., rimette la causa al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l'eventuale assegnazione della presente causa alle Sezioni Unite.



Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 novembre 2014.



Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2014



                                    



 











    




 



 






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