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L’IPOTESI DI TAGLIARE LE PENSIONI PIÙ ALTE- Il contratto tradito

di Piero Ostellino
Corriere della Sera 19 agosto 2014

IN http://www.corriere.it/editoriali/14_agosto_19/contratto-tradito-165d3e46-275f-11e4-9bb1-eba6be273e09.shtml


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Pensioni alte già tagliate da anni, le medie già bloccate. Ma sanno che dicono?


di Lucio Fero


Pubblicato il 18 agosto 2014


ROMA  -  Giuliano Poletti, ministro del Lavoro: “Stiamo studiando l’ipotesi di un contributo di solidarietà a carico delle pensioni alte…”. Ipotesi? Le pensioni alte, cioè da 80mila euro lordi annui, sono già tagliate da un contributo di solidarietà fin dal 2011. Contributo che poi la Corte Costituzionale ha giudicato appunto incostituzionale e non perché sia giusto o ingiusto. Incostituzionale è tassare più degli altri solo i pensionati sopra gli ottantamila euro. Se lo Stato vuole può tassare più di quanto non faccia adesso tutti i redditi sopra quella cifra. Vengano da pensioni o stipendi o ricavi, la tassa deve essere uguale per tutti perché ogni reddito è uguale, o dovrebbe esserlo, di fronte al fisco. Questo ha detto la Corte Costituzionale sul contributo di solidarietà, la tassa sulle pensioni alte, varata dai governo Berlusconi e Monti.


Poi venne il governo Letta e, per farla breve, il contributo di solidarietà, la tassa sulle pensioni alte è sparita e ora Renzi e Poletti ci ripensano? No, la tassa non è mai sparita, anzi è cresciuta. Sei per cento di trattenuta sopra i 91mila euro e poi 12 e poi 18 per cento al crescere dell’importo della pensione. Dunque il contributo tassa sulle pensioni alte c’è dal 2011 e, carta di legge finanziaria canta, è in vigore fino al 2016. Poletti e gli altri con lui quando parlano di tassare le pensioni alte lo sanno o no che la tassa già c’è? Sanno quel che dicono? O parlano a macchinetta?


Altra “ipotesi”: bloccare la rivalutazione delle pensioni “medie”. Ma il blocco è per legge già in atto: la completa rivalutazione rispetto all’inflazione si ferma alla fascia di pensioni tra 1.500 e 2.000 euro lordi. Sono leggi in vigore, in vigore ogni mese in ogni pensione. Qualcuno vuol prendersi la briga di informare Poletti e magari anche Renzi?


Altra ipotesi, stavolta ipotesi davvero: tagliare solo le pensioni “altine” messe insieme con la tattica della raffica di promozioni prima di andare in pensione. Quando ancora funzionava la pensione calcolata sull’ultimo stipendio era un sistema furbetto molto di moda. Pensioni dette retributive, cioè calcolate sullo stipendio percepito e non sui contributi versati. Pensioni in effetti almeno matematicamente ingiuste. Ma valle a pescare oggi. Pagate in massima parte dalla Pubblica Amministrazione, quella stessa Pubblic Amministrazione che in massima parte non dispone della contabilità dei contributi previdenziali versati per i suoi dipendenti. Insomma stabilire la differenza tra contributi versati e quindi giusta pensione contributiva e pensione retributiva costruita artificialmente è di fatto impossibile, un terno al Lotto. Di che stanno parlando, sanno di che parlano?


No, proprio non lo sanno e sembra inutile informarli. Proprio come sembra inutile informare ogni cittadino che la pensione non sempre sono “soldi suoi” messi da parte. Le pensioni si pagano con i contributi di quelli che sono al lavoro. Chi era al lavoro e poi va in pensione con i “soldi suoi” ha pagato le pensioni di quelli di prima. Funziona così e quindi come funziona in Italia? Funziona che ci sono sempre più pensioni da pagare e sempre meno contributi pagati. Il saldo negativo è di 20 miliardi nel 2012. E chi ce li mette quei 20 miliardi? Ce li mette lo Stato, cioè la fiscalità generale, insomma le tasse.


Le tasse pagano la differenza e pagano quasi quattro milioni (3.869.133) di assegni di pura assistenza (invalidità, guerra, pensioni sociali). Più altri 4.733. 031 “integrazioni al minimo, cioè persone che hanno versato contributi che non garantiscono neanche il minimo della pensione. Dunque ci sono otto milioni e mezzo di pensioni fondate per nulla o solo in minimissima parte sui contributi. Otto milioni e mezzo di pensioni di pura assistenza. In generale ci sono 23 milioni e mezzo di pensioni pagate a 16 milioni e mezzo di pensionati. Ogni pensionato in media riceve 1,4 pensioni. Bisognerebbe tenerne conto quando si riferisce del numero di pensionati sotto un certo reddito.


Se si sommano le spese assistenziali a quelle del disavanzo delle singole gestioni previdenziali (la più scassata e idrovora di risorse  è quella dei dipendenti pubblici, quelle che pagano invece le pensioni agli altri sono quelle dei precari e degli extracomunitari) il conto fa 83,6 miliardi di pensioni pagate per via di tasse e non di contributi. Vogliono aumentare quella cifra, sanno di che parlano?


Con tutta evidenza non lo sanno o fanno finta di non saperlo. Come sul terreno fiscale, anche su quello contributivo la metà della popolazione italiana dichiara di non avere redditi da lavoro. O si aggredisce questa colossale menzogna o si aumentano le tasse, magari chiamandole contributo di solidarietà. Domanda per i Renzi, i Poletti ma anche per i Bonanni, Camusso e i tanti signor Rossi e  Bianchi: meglio far pagare i contributi a chi non li paga o aumentare le tasse ai pensionati da 55 mila euro lordi l’anno (tremila netti al mese)? Ricordandosi per carità quando si concede intervista ai giornali che le pensioni alte sono già tagliate da tre anni e lo saranno per legge altri tre e che il blocco delle pensioni medie c’è già. magari ricordarselo anche il giornalista che intervista…


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Pensioni: contributo di solidarietà sopra i 2.000 euro lordi al mese?


Pubblicato il 18 agosto 2014


http://www.blitzquotidiano.it/blitz-blog/pensioni-contributo-di-solidarieta-sopra-i-2-000-euro-lordi-al-mese-1950967/


ROMA- Il Governo della Repubblica popolare delle banane è popolato di pazzi o peggio. Certamente è diventato il porta bandiera della illegalità, il perno di un colpo di Stato strisciante. Per loro la legge non esiste, la Costituzione è cartaccia, la Corte costituzionale sono vecchi babbei da non stare nemmeno a sentire.


Stanno pensando a un nuovo prelievo sulle pensioni elevate, quelle che chiamano d’oro solo perché chi le percepisce è colpevole di avere avuto uno stipendio elevato, dopo che un già pesante contributo le colpisce, reiterato dal Governo Letta in spregio alla Corte costituzionale che ne aveva dichiarato l’illegittimità. Se volete la solidarietà, aveva detto la Corte al Governo, chiedetela a tutti, è una operazione che compete al Fisco, tanto il dare quando il prendere e nell’ordinamento italiano sono escluse le tasse ad personam o ad corporationem.


Lo scopo del nuovo prelievo è contribuire a risolvere il caos degli esodati che gli stessi funzionari del Ministero del Lavoro che stanno pensando al prelievo hanno creato.


Ma poiché un nuovo assalto alle pensioni d’oro porterà pochi spicciolo nelle casse dello Stato, l’idea è quella di estendere il concetto di oro, facendo diventare oro quello che è rame e di abbassare l’asticella fino alle pensioni da 3.500 euro lordi al mese, da tagliare del 10%, almeno quelle calcolate con il sistema contributivo.


Poco importa quanto alla fine entrerà al Fisco o sarà disponibile per aiutare gli esodati: quello che è certo è che con queste fantasie si mettono i discussione principi fondamentali su cui si basa il rapporto di fiducia fra Stato e cittadini.


Dopo una prima boutade del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che in una intervista raccolta da Enrico Marro per il Corriere della Sera di domenica 17 agosto aveva anticipato la possibilità di un contributo sulle pensioni superiori ai 3 mila euro lordi mensili, il sottosegretario Luigi Bobba ha fornito altri particolari a Rosaria Amato di Repubblica:


“La riforma del lavoro potrebbe prevedere un contributo di solidarietà sulle “pensioni d’oro”, a sostegno dei lavoratori esodati. L’ipotesi è allo studio, conferma il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba: «Dovremo fare un intervento legittimo (in modo che non venga bocciato dalla Corte costituzionale), ed equo: ovvero chi ha redditi da pensione particolarmente alti attraverso un contributo sostiene gli interventi a favore di coloro che non hanno né salario né pensione”.


Pura follia. Giusto aiutare i più deboli, ma lo deve fare lo Stato non la corporazione dei pensionati: ci eravamo illusi che lo Stato corporativo fosse moto col fascismo. Rosaria Amato precisa:


“Non è ancora stabilito a partire da quale cifra scatterà il contributo: da ambienti vicini al ministero si apprende che chi ha una pensione modesta, fino a 1500, 2000 euro al mese, certo non potrà essere chiamato a versare questo contributo”.


Annamaria Furlan, segretario generale aggiunto Cisl, non può mancare di notare la demenzialità dell’idea:


“Le pensioni d’oro sono poche, la maggior parte dei pensionati prende un assegno da 800 euro bloccato da 16 anni e non ha neanche avuto il contributo di 80 euro”.


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Pensioni: contributo sopra i 90 mila lordi


di Cesare Damiano       


Pubblicato il 18 agosto 2014      


http://www.cesaredamiano.org/


L’importante e’ che non si faccia confusione tra pensioni e soprattutto quando si parla di netto o di lordo.


Secondo me il limite tra quello che non va toccato e quello che invece va toccato è quello che ha stabilito il governo di Enrico Letta con la soglia di 90 mila euro lordi l’anno, sotto la quale non si può andare a prendere”. Lo ha dichiarato Cesare Damiano del Partito democratico a Tgcom24. “La seconda questione é che quei soldi risparmiati devono tornare al sistema pensionistico migliorando le pensioni basse oppure aiutando a trovare delle soluzioni per gli esodati, che sono rimasti a bocca asciutta”, aggiunge.


(Com/Lum/ Dire) 16:12 18-08-14


 


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Pensioni d’oro, Meloni (Fdi): O Poletti è in malafede o non sa di cosa parla


di red/ilp - 18 agosto 2014 18:23


fonte ilVelino/AGV NEWS Roma


http://www.ilvelino.it/it/article/2014/08/18/pensioni-doro-meloni-fdi-o-poletti-e-in-malafede-o-non-sa-di-cosa-parla/6ccd4e95-d1d7-4a23-9bed-7b87b0ab7f8d/


“Due sono le cose: o il ministro Poletti è in malafede oppure non conosce la materia della quale sta parlando. Il tema delle pensioni d'oro, infatti, è stato lungamente dibattuto alla Camera dei deputati grazie


alla proposta di Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale di revocarle, assieme ai vitalizi, e di procedere al ricalcolo col metodo contributivo della parte eccedente 10 volte la pensione minima. La proposta però è stata bocciata e insabbiata in Parlamento dalla quasi totalità dei partiti politici, con il Pd di Renzi in testa”. È quanto dichiara il presidente di Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale, Giorgia Meloni. “Proprio a partire dallo scandalo delle pensioni d'oro, questa maggioranza ha dimostrato di non aver alcuna intenzione di toccare i privilegi esistenti, facendo pagare tutto il costo della crisi alla povera gente. Le parole di Poletti e il dibattito che hanno scatenato sono solamente un'ennesima pagliacciata.


Anche perchè stando alla proposta del ministro nella migliore delle ipotesi si arriverebbe a un contributo di solidarietà di bassa entità che andrebbe a colpire indifferentemente chi un'elevata pensione l'ha meritata pagando i contributi e chi invece la percepisce in virtù delle leggi truffaldine della prima repubblica. Se Poletti vuole veramente fare un'azione concreta e non la solita demagogia riprenda la proposta di FdI-An e la faccia propria”.


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Pensioni, ecco perché mi inquietano i pensieri del ministro Poletti


18 - 08 - 2014


di Giuliano Cazzola      


 


http://www.formiche.net/2014/08/18/pensioni-ecco-perche-mi-inquietano-i-pensieri-del-ministro-poletti/


 


Non ci siamo, compagno Poletti. Con l’intervista al Corriere della Sera non è solo il ministro del Lavoro a gettare la maschera. Insieme a lui lo fa tutto il governo. Non abbiamo a che fare con una sinistra innovativa che è “andata a scuola” da Pietro Ichino e da Tito Boeri e che, giunta al potere, si appresta a dare attuazione a quelle idee che, per anni, hanno fatto il giro delle conferenze e … dei salotti.


No. Purtroppo anche il Pd a trazione renziana resta inviluppato nel consueto reticolo di ideologie malate quando si tratta di affrontare temi di grande rilevanza economica e sociale; si attarda a “rammendare le solite vecchie calze” anziché promuovere quelle misure che, ben al di là dello loro effettiva portata, manderebbero un segnale di cambiamento ai mercati, che si nutrono pure di simboli. Ed è singolare che un “grande comunicatore” (lo sono anche i truffatori) come Pier Matteo Renzi-Tambroni non sia in grado di cogliere quanto di emblematico ci sarebbe in una revisione significativa della disciplina del licenziamento individuale.


A chi scrive, tuttavia, non interessano tanto le considerazioni che Giuliano Poletti svolge a proposito dell’articolo 18. Sono convinto, infatti, che, dopo la riforma del contratto a termine, con l’abolizione della causale per tutta la sua durata e con la possibilità di ben 5 proroghe, il problema di quel maledetto articolo che sta tra il numero 17 e il numero 19 della legge 300/1970 si sia fortemente ridimensionato, perché il decreto n. 34 (Dio gliene renda merito, compagno Poletti!) ha aperto, a favore delle imprese, un’uscita di sicurezza per almeno un triennio (sempre che la Corte di Giustizia non accolga il ricorso della Cgil).


Dopo di ciò, il governo e la maggioranza possono confezionare a loro piacimento quel sarchiapone del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (introducendo un periodo di prova tanto lungo da essere ridicolo, modulando le sanzioni contro il licenziamento illegittimo, dapprima e per un certo numero di anni attraverso la penale, poi con la reintegra); ma nessun imprenditore preferirà avvalersene al posto del nuovo contratto a termine, per il semplice fatto che, grazie a quest’ultimo istituto, si evita il rischio di finire in giudizio, come invece potrebbe sempre avvenire anche con il contratto a tempo indeterminato di nuovo conio. E non si venga a dire che l’utilizzo del sarchiapone potrà essere incoraggiato con incentivi e sconti, in primo luogo perché è ora di smetterla con la prassi di “drogare” l’occupazione; in secondo luogo perché – come sosteneva Marco Biagi – nessun disincentivo normativo può essere compensato da un incentivo economico. Basta mettere a confronto l’esperienza compiuta con il “pacchetto Giovannini” che premiava, con un bonus da 600 euro mensili fino a 18 mesi, le assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato. Bene. Appena è entrato in vigore il contratto a termine ‘’made in Poletti’’ le aziende hanno cessato di utilizzare l’opportunità dell’incentivo di Giovannini per rivolgersi al nuovo istituto (benché più oneroso dell’1,4%).


Il Pd vuole tenersi l’articolo 18? Si accomodi. Il governo di Pier Matteo Renzi-Tambroni può anche provvedere ad imbalsamarlo, a richiuderlo in una teca e ad organizzare vere e proprie visite guidate, come si faceva un tempo nel Mausoleo di Lenin a Mosca sulla Piazza Rossa.


Tornando all’intervista di Poletti mi inquieta di più la parte sulle pensioni. Il ministro insiste nel contrabbando degli esodati, i quali, nella sua proposta, non sono più quei lavoratori rimasti intrappolati nella riforma Fornero, perché – prima della entrata in vigore dei nuovi requisiti – avevano cessato ogni attività e si trovavano a disporre di un reddito mediante l’erogazione di ammortizzatori sociali o di extraliquidazioni datoriali. I problemi di queste persone sono stati risolti grazie a ben 6 provvedimenti di salvaguardia (che tra l’altro hanno dimostrato quante esagerazioni e demagogia ci siano state nell’indicazione del numero degli interessati).


Poletti si spinge molto più avanti, fino alla vecchia pratica di piegare il sistema pensionistico alle esigenze del mercato del lavoro. Da quello che si comprende, le sue proposte – in linea con la rottamazione dei dipendenti pubblici di cui alla legge Madia – vanno tutte a parare su modelli di prepensionamento, sia pure meno generosi di quelli con cui si fece fronte alla ristrutturazione produttiva degli anni ’80. E’ la via più comoda, quella di risolvere i problemi delle persone erogando loro delle pensioni piuttosto che aiutarle a ritrovare un lavoro; ma ormai è divenuta insostenibile per le finanze pubbliche. Le risorse occorrenti non si troveranno mai: neppure mettendole a carico di qualche centinaia di migliaia di pensioni d’oro, che, peraltro, già sono sottoposte ad un contributo di solidarietà. Secondo Poletti “dipende da dove si fissa l’asticella”. Siamo già all’esproprio proletario? Staremo a vedere. Ovviamente confido nell’arrivo della Trojka…


 


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Previdenza


Lasciate in pace il ceto medio


di Dario Di Vico


http://www.corriere.it/opinioni/14_agosto_18/lasciate-pace-ceto-medio-a6e1a106-2696-11e4-bbeb-633ac699516c.shtml


 


La parola chiave della politica sociale di metà agosto è «asticella». L’ha usata ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, intervistato sul Corriere da Enrico Marro. Si discuteva di un (non tanto) ipotetico


contributo di solidarietà (slittamento lessicale che sostituisce la parola «tassa») a carico delle pensioni alte ed è rispuntato un progetto e un vecchio dilemma dei governi succedutisi in questi tribolati anni.


Se il contributo di solidarietà lo si carica sugli assegni mensili veramente d’oro e d’argento le risorse che si rastrellano per questa via alla fine sono poche, assomigliano dal punto di vista del bilancio dello Stato a briciole.


Se invece l’asticella ministeriale del prelievo viene collocata più in basso ecco che la platea dei colpiti diventa molto più larga e si raccoglie decisamente di più. Il guaio è che in questo modo non ci si limita a sforbiciare i redditi dei superburocrati che godono di una pensione aurea ma si tassa di nuovo una parte significativa del ceto medio. Il governo Renzi ha scelto questa strada?


La tesi di un prelievo con asticella bassa nel dibattito di politica economica viene in genere attribuita al deputato Yoram Gutgeld, renziano della seconda ora che in passato aveva immaginato un contributo


del 10% sulle pensioni superiori a 3.500 euro per un incasso totale di 3,3 miliardi.


Dopo essere stato per un lungo lasso di tempo in ombra, Gutgeld dovrebbe essere il perno della squadra di economisti che Matteo Renzi vuole vicino a sé da settembre a Palazzo Chigi e non è un caso, dunque, che i ministri ricomincino a ventilare l’ipotesi del contributo di solidarietà.


Gutgeld è un ex manager di punta della società di consulenza McKinsey ed è naturale quindi che nella sua formazione economico-culturale prevalga un’impostazione di tipo illuministico, sorprende caso mai che Renzi, attentissimo al consenso popolare, la faccia propria.


Una nuova tassa che colpisca il ceto medio, seppur la sua porzione relativamente più agiata, riporterebbe indietro le lancette dell’orologio del Pd. I democratici sarebbero risospinti nel solco della tradizione della sinistra italiana poco attenta ai mutamenti di opinione del ceto medio tartassato. Attenzione, però.


Già nei giorni scorsi le cronache hanno registrato un repentino cambio di umore a Nord Est con un sondaggio secondo il quale anche gli artigiani veneti - che pure avevano votato e si erano spellati le mani per Renzi - cominciano a nutrire dubbi sull’efficacia della sua azione.


Il segnale, per quanto agostano, non va sottovalutato: vuol dire che i disillusi non albergano solo tra le élite. Ma al di là delle considerazioni che attengono al campo dei sondaggi e degli indici di popolarità, aprire uno scontro con il ceto medio proprio ora, alla ripresa delle attività dopo la breve pausa estiva, sarebbe un errore grossolano.


Il Paese ha bisogno di un semestre di mobilitazione per la crescita, di sforzi sinergici tra azione di governo e sentimento della società civile. Gli 80 euro in busta paga devono servire a far riprendere i consumi e rianimare la boccheggiante domanda interna. Se invece alla fine a dominare la comunicazione dovesse essere ancora una volta la parola «tasse» saremmo punto e a capo. Saremmo pronti per organizzare il Festival della Depressione.


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Pensioni: le ambiguità estive di Poletti


di Michele Carugi |


18 agosto 2014


http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/18/pensioni-le-ambiguita-estive-di-poletti/1093010/


 


condivide le idee ambiguamente espresse di Poletti oppure no.


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Pensioni, Poletti rilancia il prelievo sulle retributive


Lunedì, 18 Agosto 2014 10:58


di Davide Grasso


http://www.pensionioggi.it/notizie/previdenza/pensioni-poletti-rilancia-il-prelievo-sulle-retributive-6732


 


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18 - 08 - 2014


di Giuseppe Pennisi


http://www.formiche.net/2014/08/18/il-siluro-pensioni-la-annebbiata-strategia-europea-dellitalia/


Le vie dell’Inferno – dice un antico proverbio – sono tappezzate da buone intenzioni. L’intervista concessa dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, al Corriere della Sera potrebbe rivelarsi un boomerang nei confronti della strategia europea del governo.


CHI TARTASSA COSA


È questa la prima preoccupazione, di breve periodo, che si registra a Bruxelles (e non solo). Riguarda non tanto la parte dell’intervista relativa al diritto del lavoro, in particolare al futuro dell’art.18 nel nuovo Statuto dei Lavoratori; più volte annunciato ma di cui esiste solo la bozza redatta, oltre dieci anni fa, dal mai troppo compianto Marco Biagi. Le preoccupazioni si riferiscono a quanto sussurrato in materia di nuove imposte (sotto il nome di “contributi di solidarietà”) in tema di previdenza e di “asticella” che potrebbe scendere dagli attuali 90.000 euro (sul cui futuro incombono ricorsi alla Corte Costituzionale, che ha già due volte ha dichiarato tali misure discriminatorie e costretto il Governo a rimborsare,pagando anche gli interessi di legge) a circa 60.000 euro. Bruxelles non si preoccupa tanto di quello che sembra un “esproprio proletario” nella tradizione di epoche che si vorrebbero dimenticare.


PREOCCUPAZIONI EUROPEE


Le preoccupazioni europee sono di due aspetti:


- La certezza del diritto in Italia.


- Le implicazioni verso quella “unione europea delle pensioni”, essenziale per fare funzionare il mercato unico e l’unione monetaria (e di cui Formiche.net ha trattato il 3 maggio scorso).


In primo luogo, tutta la costruzione che stanno faticosamente mettendo in piedi il Presidente del Consiglio ed il Ministro dell’Economia e delle Finanze si basa sull’aumento della credibilità internazionale dell’Italia. Spetta ad altri, per il momento, decidere se tale credibilità internazionale sia vera o fittizia. Per questo motivo, ad esempio, ci si è impegnati tanto nel giungere all’approvazione, in prima lettura da parte del Senato, della riforma delle Costituzione, si vuole presentare al Consiglio Europeo del 30 agosto una proposta cogente per ridurre i tempi della giustizia civile e si preme sulle amministrazioni per i pagamenti dei propri debiti commerciali con le imprese.


RIFORMARE DI NUOVO LA PREVIDENZA?


Una nuova riforma della previdenza che sconvolga la certezza dei diritti di chi ha già maturato la pensione, oltre a mettere repentaglio la situazione sociale interna ed a colpire – come dimostrato da studi Censis ed Eurostat – i giovani (i quali spesso sono mantenuti agli studi grazie alle pensioni dei nonni) più che gli anziani – è la prova del nove che l’Italia della certezza delle regole se ne impipa ed è pronta – unico Paese al mondo (secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro) a fare una riforma della previdenza l’anno spesso solo per la vanagloria di chi vuole associare ad essa il proprio nome. Tutto ciò è segnale di poca serietà. Anche in materia di impegni economico-finanziari e di riforme strutturali.


In secondo luogo, la proposta dell’EIOPA – European Insurance and Occupational Pensions Authority, acronimo poco conosciuto nella galassia delle sigle europee – di cui parlammo in maggio sta facendo strada poiché è tassello essenziale del mercato unico e dell’unione monetaria – si può leggere per esteso su sito del Social Science Research Network.


LA PROPOSTA POLETTI




La proposta consiste nel fare confluire contributi pubblici e privati in Personal Pension Plans (PPP) uniformi per tutti i lavoratori europei che potrebbero scegliere se utilizzare questa strada o sistemi previdenziali nazionali. La proposta Poletti, ove ciò avvenisse, avrebbe l’effetto di fare confluire verso i PPP europei i contributi di tutti i percettori di reddito medio-alto, dissanguando l’INPS. O a Via Veneto, dove ha sede il dicastero, non ci hanno pensato o peggio ancora non sono al corrente di quanto avviene in Europa, oppure, alla Luigi XIV hanno preso l’atteggiamento Après moi le déluge. In parole povere, dopo di me, la liquidazione dell’INPS. Danneggiando i pensionati ai livelli più bassi di trattamento.







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